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Ogni singola cellula del suo corpo gridava desiderio, correva sotto la pioggia da ormai venti minuti buoni quando Neil si decise a fermarsi per riprendere fiato. Dio quanto lo voleva, se non fosse stato sconsiderato un gesto sconveniente avrebbe baciato il primo sconosciuto che gli fosse capitato a tiro. Aveva sperato che la pioggia potesse placare quella sensazione, ma la sua anima continuava a bruciare come il camino di un vulcano colmo di lava. Osservò il mare infrangersi furiosamente contro gli scogli del molo e pensò che in qualche modo si trovava d’accordo con lui, sentiva una immensa frustrazione opprimergli il petto, un grumo di sensazioni gli impastava la bocca, avrebbe voluto sputare; lo fece. Una donna corse a ripararsi dalla pioggia sotto la tenda di un negozio chiedendosi se Neil fosse pazzo a starsene sotto il diluvio senza neanche un ombrello.
“Dio, perché a me?” si chiese a voce alta e riprese a correre furiosamente. Si fermò di colpo quando sentí il sapore del sangue in bocca. Ormai era fradicio, la spiacevole sensazione dei vestiti incollati alla pelle lo metteva a disagio, cercò tuttavia di concentrarsi su ciò che provava in quel momento tentando di rilassarsi. Margareth, la sua terapista, diceva che correre faceva bene al corpo e allo spirito, al contrario di un bicchiere di vino che confortava solo il secondo. Ora la pioggia cadeva più debolmente, alzò lo sguardo verso il cielo e sentí le gocce ticchettargli sul viso delicatamente. Aprí le labbra in un sorriso, uno squarcio di denti bianchi sul suo viso abbronzato; finalmente poteva dirsi rilassato, Margareth aveva ragione, ce l’aveva sempre. Si chiese perché non avesse mai intrapreso la strada della psicologia pure lui: gli piaceva scavare nelle persone, ma non gli piaceva parlarci, trovava penosa ed estremamente pesante anche la più piccola interazione umana; concluse di aver fatto la scelta giusta iscrivendosi a lettere antiche. Quello dello psicologo era un lavoro sporco, forse più di altri definiti in tal modo. Occorreva mettere le mani nel fango, nel pozzo profondo dell’anima, bere dalla coppa della verità. Forse stava esagerando, era dopotutto un lavoro come un altro, come fare il medico.
Sì passò entrambe le mani tra i capelli biondo-castani umidi di pioggia e camminò lentamente verso la balaustra metallica che costeggiava il lungomare, nuvole nere si addensavano all’orizzonte e correvano verso il mare aperto. Non pioveva più, Neil inspirò a fondo l’aria pulita che soffiava da est e fu scosso da un brivido, aveva ancora i vestiti completamente fradici.
Sì soffermò ad osservare le variazioni del grigio azzurro del cielo e pensò che assomigliassero alla sua vita, variegata, complicata, chiaroscurale, pronta a rivoltarsi contro di lui ed estremamente imprevedibile. Lasciò andare in altro sospiro profondo e si strinse nelle braccia.
Sentí dei passi avvicinarsi, era una persona piuttosto schiva, avrebbe voluto volentieri evitare di parlare con chiunque se ne avesse avuto la possibilità, anche coi camerieri per ordinare. Solo con Margareth poteva (o doveva, visto che la pagava) parlare per ore e ore di tutto ciò che ruotava intorno a lui, come asteroidi intorno a un pianeta. In lontananza scorse la shilouette definita di Harry, il passo sicuro del ragazzo accorciava sempre di più la. Distanza di sicurezza che Neil avrebbe voluto interporre fra loro.
Harry era sempre più vicino, Neil si prese un momento per contemplarlo in tutta la sua monumentalità. Metteva un passo davanti all'altro con una fierezza disarmante, sembrava sempre che fosse pronto a sbaragliare chiunque gli avesse sbarrato il cammino, quando Neil lo vedeva entrare in facoltà al college con quella sua camminata orgogliosa e disinvolta avvertiva un moto di stizza, non avrebbe saputo dire se di paura o eccitazione. Il ragazzo sembrava averlo notato, tirò lentamente una mano fuori dalla tasca per salutarlo e Neil pregò che andasse di fretta. Ricambiò il saluto mentre Harry gli sorrideva, i suoi denti bianchissimi apparivano ancora più candidi grazie alla sua carnagione color ebano. A Neil parve di scorgere un luccichio malizioso negli occhi di Harry, ma si disse che doveva solo essere stato accecato dall'outfit sgargiante del ragazzo.
"Corsetta mattutina?" chiese Harry in tono scanzonato, il tono morbido e leggero come una piuma, il suo sorriso era disarmante.
"Già" rispose Neil irrigidito. Si impose di non tradire alcuna emozione, benché gli risultasse molto difficile dato che il fiume di lava che la pioggia era riuscita a fermare aveva ripreso a scorrere dentro di lui. Harry, che era una persona dotata di profonda empatia, pensò di aver capito al volo il bisogno di Neil di non mettere altre parole fra loro e si mise in silenzio accanto a lui a osservare il mare. Neil ora non sapeva più se desiderasse sparire o restare immobile per sempre, spirò una folata di vento e lui rabbrividí. Senza alcun preavviso Harry si tolse la sciarpa che portava al collo, la aprì e gliela mise intorno alle spalle.
"Sei fradicio, avresti dovuto portare una felpa, speriamo che non ti prenda un malanno" Neil assunse la mobilità di un tronco di legno, ogni muscolo del suo corpo era come pietrificato. Per anni lui ed Harry avevano giocato a fare un continuo tira e molla, flirt e litigate, ma un gesto così intimo, un tono così domestico, Neil non l'aveva mai udito né visto da parte sua.
"Non mi ammalo mai" rispose laconicamente.
Harry inarcò un sopracciglio con fare sicuro e riprese ad osservare il mare con un mezzo sorrisetto, Neil non aveva ancora deciso se sarebbe stato più soddisfacente baciarlo e andarsene oppure dargli una testata.

Harry a suo tempo aveva impiegato diversi giorni prima di avere un contatto casuale con lo splendido ragazzo dagli occhi verdi. Dio solo sa quanti stratagemmi avesse architettato per trapassare la solidissima ed impenetrabile muraglia che Neil aveva eretto intorno a sé. Ricordava ancora come era riuscito a strappargli un invito a cena: era una splendida giornata di primavera e lui stava studiando steso nel parco del campus quando Neil era passato davanti a lui. Il sole splendeva, gli uccellini cinguettavano e i fiori sbocciavano rigogliosi nei prati, sembrava di essere in un film Disney. Era sempre stato convinto di piacere a Neil, ma non aveva mai avuto il coraggio di strappargli una conversazione più lunga di un paio di frasi di circostanza. Neil stava correndo, lo faceva spesso, Harry era convinto che accadesse perché cercava di scappare dai problemi che lo circondavano, così da non doverli mai affrontare in modo diretto. Aveva sorriso tra sé e sé e aveva furtivamente allungato il piede per fargli un "involontario" sgambetto. Era sempre stato un ragazzo molto sfacciato, non aveva mai avuto bisogno di ricorrere a stratagemmi di quel tipo per ottenere un' uscita con qualcuno, il suo carisma e il suo fascino gli avevano sempre garantito successo senza il bisogno che si sforzasse mai troppo, ma quella volta era diverso, aveva voglia di divertirsi e aveva preso la sua cotta per Neil come una nuova sfida. Neil era naturalmente ruzzolato a terra, ma non solo, aveva avuto la sfortuna di cadere dritto dritto in una pozzanghera infangandosi da testa a piedi. Harry si era subito avvicinato scusandosi e dichiarandosi dispiaciutissimo del fatto che non l'avesse visto.
"No davvero, non c'è problema, devo solo tenere gli occhi più aperti" aveva detto Neil inchiodandolo a terra coi suoi brillanti occhi verdi, facevano quasi paura, richiamavano fortemente il verde sfolgorante della tenera erba primaverile.
"Faresti bene, sono stupendi" aveva risposto Harry senza pensarci e si era dato uno schiaffo mentale, non era quello l'approccio adeguato.
"Cioè, volevo dire, sì dovresti stare attento, ma anche io dovrei fare lo stesso" Neil lo aveva guardato confuso, ma non era parso dispiaciuto nel sentire un complimento, aveva sorriso timidamente e aveva fatto per tirarsi in piedi. Harry gli aveva dato una mano e, una volta aiutatolo a rialzarsi, aveva notato quanto Neil fosse imponente rispetto a lui. Aveva tenuto la mano sul braccio di Neil per un tempo indefinito ed erano rimasti a fissarsi in silenzio finché non era diventato imbarazzante. Neil stava per riprendere la sua corsa quando Harry gli aveva gridato:"No, ti prego, aspetta!"
Neil lo aveva guardato con fare interrogativo.
"Ti andrebbe di uscire con me una di queste sere?" dio aveva usato un tono così patetico, dove diamine era finita tutta la sua ostentata sicurezza?
Neil lo aveva guardato intensamente, con le sopracciglia corrugate e aveva risposto di sì per poi riprendere a correre. Harry era rimasto di sasso, non si era mai sentito così entusiasta per un appuntamento. Non sapeva né dove né quando si sarebbero incontrati, aveva avuto il coraggio di invitare Neil e tanto gli bastava. Poi erano usciti ed era stata una delle serate migliori della sua vita, Neil si era rivelato spiritoso e meno chiuso di quanto non si fosse aspettato, non aveva saputo dire se il merito fosse stato suo o dei drink che gli aveva offerto. Quando l'aveva riaccompagnato a casa si era alzato sulle punte, gli aveva dato un timido bacio sulla guancia e gli aveva augurato buona notte.
"Spero che vorrai rivedermi ancora" aveva sorriso e lo aveva guardato con i suoi occhi scuri come pozzi di petrolio attendendo la risposta con ansia e incrociando le dita dentro la tasca.
"Prima di quanto tu creda" aveva risposo Neil, si era avvicinato e gli aveva lasciato un delicato bacio a fior di labbra. Harry avrebbe tanto voluto approfondire ma si era detto che non aveva senso correre, gli aveva accarezzato dolcemente il viso e se n'era andato euforico.
Dopo tre piacevolissimi mesi trascorsi a frequentarsi Harry e Neil avevano avuto la loro prima discussione seria, i loro caratteri erano troppo diversi per non entrare in conflitto anche sulle piccole cose come scegliere il ristorante in cui cenare. Era cominciato così un doloroso tira e molla, fatto di sguardi carichi di rabbia e sofferenza, baci affamati nel buio della sera, litigate furiose e sesso ancora più furioso. Non avevano mai preso la decisione di fidanzarsi ufficialmente perché sapevano entrambi che sarebbe stato troppo doloroso lasciarsi davvero, la verità era che avevano bisogno l'uno dell'altro e che non potevano fare a meno della reciproca compagnia. Per quanto litigassero e discutessero finivano sempre per cercarsi, per incontrarsi casualmente e per capire quanto fossero irresistibilmente attratti l'uno dall'altro. Era come giocare a scacchi: una partita lunga, difficile e pericolosa che prevedeva perdite sul campo e conquiste sempre più ardite.

"Mi dispiace" disse Neil senza alcun contesto.
"Per cosa?" chiese Harry, dimenticava sempre il motivo delle loro litigate, non era mai molto importante, ma il ricongiungimento e le scuse erano sempre doverose.
"Per la nostra ultima diatriba" rispose Neil.
"Scemo, lo sai che mi piace un sacco quando usi un linguaggio forbito, riesce a rendere ancora più formali anche le frasi banali"
Neil sorrise, ammise a sé stesso di essere felice di aver incontrato Harry, forse le persone non erano così male dopotutto. Harry afferò I lembi della sciarpa in cui aveva avvolto Neil e lo attirò a sé fino a trovarsi faccia a faccia con lui. Dio quanto adorava i suoi occhi verdi. Lo baciò dolcemente senza pensarci due volte, sentí la montagna Neil sciogliersi lentamente, pensò di essere molto bravo ad alleviare la tensione.
"Sei il mio scorbutico preferito" disse e lo baciò di nuovo. Neil lo strinse in un abbraccio ed Harry si sentí come un fagiolo avvolto nella bambagia.
"Harry" disse Neil sulle sue labbra.
"Dimmi"
"Voglio che questa diventi una cosa seria"
Ad Harry sembrò di essere appena stato investito da un tir.
"Dici davvero?" chiese quasi farfugliando.
"Non costringermi a ripeterlo"
Un sorriso raggiante illuminò gli occhi scuri di Harry, fece una risata carica di gioia buttando la testa indietro. Non avrebbe potuto desiderare altro nella sua vita, una brezza fresca soffiò dal mare scomligliando i capelli di Neil.

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