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Capitolo Sette.

CAPITOLO 7

Ero nel letto, di lì a poco sarei dovuta andare a lavoro, ma a causa della mia pigrizia decisi di esitare ancora un po', il caldo delle coperte mi richiamava a sé in un modo irrinunciabile.
Avevo sempre bisogno di cinque minuti la mattina, mi servivano per accendere definitivamente il cervello e per metterlo il moto.

Udì un rumore.
Ero sicura provenisse da dentro la mia camera, ma la paura mi paralizzò, tanto da impedirmi di aprire gli occhi.

<< Amber so che sei sveglia >>
Una voce mi fece sobbalzare, di scatto mi alzai, appoggiando la schiena verso la spalliera di legno del letto.
Cosa ci faceva lui a casa mia?
Cosa ci faceva il padre di Harry nel mio appartamento?

<< Come sei entrato? >> Chiesi furiosa.

<< Queste non sono informazioni che ti riguardano. >> disse avvicinandosi sempre di più al letto, per poi sedersi proprio di fronte a me. << Piuttosto, perchè spii mio figlio? >>

Spalancai gli occhi, fingendo una faccia perplessa.

<< Ho situazioni ben più importanti da sbrigare, non ho bisogno di indagare su un figlio di papà >>

<< Ascoltami bene,ragazzina >> Disse afferrandomi per la parte superiore del pigiama << Ti lascio giocare all'investigatrice, ma sappi che alla prima occasione dove mi metterai i bastoni tra le ruote, puoi considerarti ... >>

Lo interruppi.

<< Morta? Come i suoi fratelli? Ucciderà anche me per evitare di intaccare i suoi interessi? Lo faccia pure, ho già notato la pistola nella tasca sinistra del pantalone. Sono ragazzina, ma si ricordi che proprio questa ragazzina le ha tolto il lavoro. Sbaglio, Martin? >>

<< Come.. >>
Il suo viso divenne improvvisamente pallido, il suo sguardo cambiò improvvisamente, esprimendo la sua reale preoccupazione.

<< Come lo so?! Questi sono segreti professionali Signor Garrett, lei dovrebbe saperlo, un'agente non rivela mai i trucchi del mestiere. >>  affermai ironicamente

Lui rise.

<< Ho sempre pensato la tua perspicacia fosse sprecata per l'FBI >>

Con molta disinvoltura mi incamminai verso la cucina, superandolo con tranquillità.
Lui fece altrettanto e mi raggiunse, avvicinandosi verso la porta ed aprendola.

<< Ci rivederemo Amber, o Hailey, come preferisci. >> Disse sorridendo ed accendendosi una sigaretta

Uscì finalmente da casa mia, sbattendo quasi la porta, che con il suo tonfo fece tremare i quadri di Matisse appesi alle pareti.
Mi accasciai sul divano sorseggiando thè, mentre riflettevo e cercavo di capire il modo in cui quel tizio fosse entrato in casa mia.
Era impossibile che avesse forzato la porta, e tantomeno che avesse una copia delle chiavi.
Mi vestì frettolosamente, controllando di aver messo tutto nella borsa: cellulare, chiavi e auricolari per il tragitto.
Spensi le luci e mi avviai verso la porta, aprendola e controllando eventuali segni di scasso.
Mi trovai di fronte un Harry visibilmente arrabbiato che, con le braccia conserte in modo minaccioso, batteva nervosamente e ripetutamente il piede destro sulla moquette.
Lo fissai, alzando un sopracciglio istintivamente, come dimostrazione della mia perplessità.

<< Ehm..Buongiorno >> Esclamai con un tono davvero strano, quasi come se fossi a disagio.

Lui non rispose, continuando a puntare i suoi occhi verdi su di me, mentre il suo sguardo assumeva sembianze sempre piu' minacciose.

<< Buongiorno ho detto >> Replicai, alzando il tono di voce.
Lui invece niente, se ne stava lì impassibile. Mi fissava, senza parlare, sbarrandomi la strada.
Gli chiesi di parlarmi ma purtroppo non ricevetti una risposta, continuò questa sceneggiata ridicola, ignorandomi e alimentando questo pseudo-sciopero della parola.
Così, invasa dal nervosismo, lo scansai, iniziando a scendere nervosamente e velocemente le scale.
Non potrete mai immaginare e capire quanto odio le persone che non rispondono alle domande che gli vengono poste.
Lui mi seguì, giù per le scale e poi fuori dal palazzo.
Accellerai il passo, convinta di demotivarlo, ma lui mi imitò, potevo chiaramente sentire i suoi passi aumentare di velocità.
Così mi fermai, di botto.
Lui, dai riflessi evidentemente lenti, si scontrò con la mia schiena.
Mi voltai furiosa, evidentemente infastidita da tutta quella sceneggiata. Speravo quasi fosse uno scherzo, almeno l'avrei presa sul ridere.

<< Cosa diamine stai facendo? >> Urlai, attirando l'attenzione di tutti i passanti sul marciapiede.

Lui continuava a fissarmi, questa volta accennando un sorrisetto e scuotendo leggermente la testa come per esprimere il suo dissenso.
Ma niente, la sua bocca non proferì parola.
Tirai un respiro profondo, che però non servì a calmarmi, mi rigirai intenta ad andare via ma lui mi bloccò il polso.

<< Perché hai passato la notte con mio padre? >>
Mi irrigidì notevolmente.
Ero ancora voltata di spalle, lui dietro di me freddo, la sua voce priva di espressione e la sua presa salda sul mio polso.
Respirai profondamente, il cuore mi batteva all'impazzata, aveva visto il padre uscire da casa mia e aveva totalmente frainteso la situazione.
Con un colpo violento mi girò verso di lui.

<< Ora sei tu a non parlare? >> Ringhiò avvicinandosi al mio viso

<< Come puoi pensare che ho passato la notte con tuo padre? >> Risposi, usando un tono visibilmente malinconico.

<< Non lo penso, l'ho visto uscire questa mattina da casa tua. Vuoi raccontarmi per caso che avete fatto solamente colazione? >>

<< Se proprio ti interessa saperlo, è venuto a casa mia per chiedermi di te >> Mentì.

<< Aveva ragione. Sei un'arrampicatrice sociale >>

Ritirai la mano, ancora stretta dalla sua, e feci qualche passo indietro,intenta ad allontanarmi da lui. Cercai di pensare che quelle erano parole dettate dal nervosismo, dalla situazione strana che si era creata,ma non posso non ammettere che mi ferirono realmente.
Come poteva credere che ero un'arrampicatrice sociale?
Come poteva solo dirlo?
Probabilmente Luke aveva ragione a non fidarsi di lui.

Mi allontanai sempre di più da lui, passo dopo passo.

<< Quando hai intenzione di scusarti, sai dove trovarmi >> Esclamai, mentre mi voltavo e continuavo sulla lunga strada che mi avrebbe portato al Chopstick.

Quando arrivai lì trovai Emma e Luke seduti ad un tavolo sommerso da fogli di carta.
Tirai con violenza la borsa sul tavolo accanto, e mi sedetti vicino loro due, che mi gurdavano sbigottiti.

<< Cosa c'è? Perché mi fissate? >> Li aggredì

<< È di buonumore questa mattina >> Sussurò ironico Luke ad Emma.

<< Ti ho sentito >> Risposi secca, fulminandolo con lo sguardo.

Gli chiesi se avevano novità, mentre mi preparavo un caffè espresso super concentrato.
Loro risposero mostrandomi dei fogli, annunciando di essere arrivati ad una svolta che a parer loro sembrava importante.

<< Ha vissuto in Messico >> Esclamò Emma

<< Lavorando per l'azienda di Carlos Ray >> Continuò Luke

<< Il narcotrafficante! >> Concludemmo tutti e tre all'unisono

La vicenda si faceva sempre più ingarbugliata.
Tentammo di riassumere su un foglio tutto quello che avevamo scoperto su quell'uomo, creando una sorta di schema.
Per ora sapevamo solo che:
-John Hadid in realtà era Martin Garrett
-Aveva tolto di mezzo due suoi fratelli, per questioni d'affari.
-Le denuncie erano a suo carico, ma le aveva attribuite a suo figlio.
-Aveva contatti con il narcotrafficante più famoso del Sudamerica.

Tutti i punti concordavano.
Harry era stato accusato ingiustamente dal padre?
La soluzione sembrò la più plausibile, sul fascicolo il ragazzo era stato incolpato di omicidio, traffico di soldi falsi, violenze e spaccio di stupefacenti.
Avevamo trovato tutti i punti, ne mancava uno solo, i soldi falsi.

<< Hailey, cerca di scoprire qualcosa su questa questione del denaro e siamo a cavallo >> Disse Emma, aggiustandosi i capelli biondi.
<< Avete suggerito questa pista all'ufficio centrale? >> Chiesi

<< Si >> Disse Luke amareggiato << Ovviamente per ora non ci stanno dando molta importanza, ma farò un nuovo rapporto dove spiego tutto dettagliatamente >>

Sorrisi, ripresi la borsa ed andai via, raccomandando ai due di informarmi il prima possibile su qualsiasi minima svolta.
Arrivai nel palazzo, salendo frettolosamente le scale, intenta a bussare a casa di Harry, speravo si fosse calmato, o perlomeno reso conto delle follie che aveva detto.

Bussai, poco sotto lo placchetta dorata con il suo nome inciso.
Nessuna risposta.
Riprovai, ma niente.
Pensai fosse uscito ma, mentre stavo per andare via,sentì dei passi avvicinarsi, e la porta si spalancò.
Harry era lì, visibilmente arrabbiato con me, a torso nudo.
Allungai il piede, intenta ad entrare, anche senza il suo permesso, ma dei capelli rossi che penzolavano dal bracciolo del divano mi bloccarono.
Le mie sopracciglia si inarcarono.

E quella chi era?

<< Mai disturbare un ragazzo in buona compagnia Hailey >> Esclamò chiudendomi la porta in faccia.

Io lì, bloccata e con la bocca semi-aperta.

Gli occhi fissi sul numero 125 della sua porta e una rabbia atroce che stavo cercando di reprimere.

Harry Hadid questa me l'avrebbe pagata.

Ciao ragazze! ❤
Grazie per il supporto e per le recensioni alla storia,ci sto mettendo anima e corpo,spero vi piaccia la trama e il modo in cui è scritta.
Domani cercherò di pubblicare il nuovo capitolo,un bacio.
Emma

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