Il mio limite è la follia
Mi sono innamorato di Alexander sei anni fa.
Era un bellissimo ragazzo biondo con occhi azzurri che dava tutto se stesso per proteggere gli altri.
Una notte, però, lui non tornò a casa...
Non chiamò...
Nessuno mi contatto...
La paura si fece strada in me.
Lui non aveva mai saltato una volta di chiamarmi.
La mattina scopro tramite televisione che è stato investito da un pirata della strada e che è scapato dopo averlo fatto.
Vado in ospedale per vedere come sta, ma quando arrivo è troppo tardi.
La sorella appena mi vede fa per dire qualcosa...
Lui mi ha lasciato e qualcosa in me si spezza irrimediabilmente.
Non verso lacrime...
Non urlo...
Non soffrirò davanti a coloro che non mi hanno avvisato di quello che è successo...
Lascio quel luogo senza pensare ad altro...
Non mi resta che dargli un ultimo addio in grande stile.
Un sorriso malvagio compare sul mio volto...
Non dovevano strapparmi l'unica ancora che mi teneva saldo alla realtà...
Ma qual'è la realtà?
Qual'è il limite che la separata dalla fantasia?
Qual'è il limite che ti tiene lontano dal baratro della follia?
Non ne ho idea e adesso non lo saprò mai più...
La notte passa rapida e la mattina assisto nell'ombra al suo funerale.
Quando vanno tutti via mi avvicino alla sua tomba e poso sopra di essa un mazzo di rose rosse.
«Avevamo deciso di sposarci. Eri la mia ancora di salvezza, ma adesso so cosa devo fare»
Me ne vado da quel luogo e riguardo quel video per ore riuscendo a trovare la targa della macchina.
Dopo una breve ricerca su internet violando i computer delle motorizzazioni del paese trovo a chi appartiene quell'auto e vado a destinazione.
Aspetto...
Aspetto minuti...
Aspetto ore...
Ed eccolo che torna a casa con la macchina ancora sporca di sangue e ammaccata dove aveva colpito il mio Alexander...
Aspetto ancora un po'...
Lo vedo entrare in casa e rido...
Rido malvagio...
Rido divertito da quello che succederà a breve...
Scendo dalla macchina e completamente vestito di nero mi mimetizzo nell'oscurità.
Il dolore ha spezzato il mio legame con la realtà e la pazzia nella mia testa dilaga.
Entro in quella casa e li prendo uno alla volta...
Sono lui e la sua dolce metà...
E rido nel vedere il loro terrore...
Rido mentre l'eccitazione scorre nelle mie vene...
«Chi sei? Cosa vuoi?»
Rido e mi porto un dito sulle labbra facendo segno loro di stare zitti.
«Chi sono? Cosa voglio? Domande inutili per voi che avete ucciso la mia fonte di vita... Sarò il vostro peggior incubo»
Mi osservano terrorizzati...
Oh sì, tremate...
Mi farete divertire moltissimo...
Lei si alza e corre al telefono e rido di gusto...
«Siete isolati. Nessuno sentirà le vostre urla. Tutti i vostri vicini sono ad una festa...»
La osservo cercare un modo per uscire da questa casa, ma le finestre sono sbarrate e l'unica porta e quella di cui ho preso le chiavi per impedire loro di aprirla.
Rido nuovamente nel vedere la loro disperazione...
«Avete fatto l'errore più grande della vostra vita»
Questa volta cercano di farsi piccoli in un angolo della casa, ma la mia arte dev'essere sfoggiata...
Prendo lei e rido quando lui fa per avvicinarsi.
«Non è una buona idea, potrei eliminarla subito e tu non avresti il tempo di soffrire come me»
La butto a terra senza preoccuparmi che si faccia male o meno.
La vedo raggomitolarsi a terra e la prendo a calci, voglio che soffra...
Si contorce e cerca di proteggersi...
Il compagno non si muove dal suo posto...
Rido divertito...
È un codardo...
Hanno ucciso il mio Alexander...
Li odio...
La morte per loro dev'essere solo una liberazione dal senso di colpa...
Prima, però, soffriranno...
Soffriranno come se fossero immersi nelle fiamme degli inferi.
Lei perde conoscenza e rido.
Sto diventando un mostro? No, non lo diventerò. Io non sono come loro.
Metto fine alle sofferenze di lei sgozzandola.
Rido quando il sangue caldo cola tra le mie dita e lo osservo ammaliato per alcuni minuti.
Il movimento dell'uomo attira la mia attenzione...
Sta cercando di scappare...
Ci prova...
Rido e lancio quello stesso coltello contro di lui.
La sua mano resta infilzata contro la parete.
Lo sento urla e una scarica di adrenalina percorre il mio corpo inebriando ogni mia cellula.
Non immaginavo fosse così...
Avere in pugno la vita di qualcuno...
Mi sento immortale.
Mi avvicino a lui e strappo il coltello senza molta delicatezza.
Lo prendo per i capelli e lo trascino vicino alla moglie.
«Guardala. Era bellissima e guarda come l'hai ridotta»
«Sei stato tu a fare questo!»
Rido alle sue parole...
«Si chiama causa effetto. Se porti via qualcosa a qualcuno devi stare attento, la vendetta è sempre alla porta»
Non gli do il tempo di dire altro che molto gentilmente uso lo stesso coltello che ho usato per sgozzare la donna dandogli lo stesso trattamento.
Rimango lì ad osservare la scena per un po' e prima di uscire per scrupolo controllo che siano davvero morti.
Nessun battito...
Nessun segno di vita...
Adesso posso andarmene.
Ho portato a termine la mia vendetta.
Non ho lasciato tracce del mio passaggio.
Nessuna impronta...
Nessun capello...
Nessuna traccia di saliva...
Niente di niente.
Non avranno niente per incolparmi di questo omicidio se mai penseranno che sia io.
Rientrato a casa mi lavo tranquillamente e metto in lavatrice i vestiti per cancellare eventuali tracce di sangue.
Sono pazzo, forse, ma non così pazzo da farmi mettere in carcere.
Indosso gli abiti da lavoro e scendo in garage per ripulire il mio mezzo di trasporto.
Tolgo il telo dalla macchina che ho usato per coprire il sedile e lo lavo con la varechina.
Tutti sanno che di notte lavoro in casa come meccanico e che faccio dei controlli alla macchina quindi non si insospettiranno se lavorerò e laverò la macchina a quest'ora.
Adesso ditemi voi qual'è il limite tra sanità mentale e follia?
Se sono folle spetta a voi giudicarlo.
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