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Seconda prova non-fandom

Cara Ellen,
compongo questa lettera per te, perché sostanzialmente ne ho bisogno. Sai perfettamente che non l'ho mai dedicata a nessuno, poiché ho sempre avuto paura di mostrare i sentimenti che crogiolano nel mio cuore.
La lancetta dell'orologio probabilmente starà eseguendo il monotono tic tac e lo scorrere del tempo starà avanzando notevolmente, ma io non riesco a percepirlo.
C'è un qualcosa dentro di me che mi consiglia di continuare ad ascoltare, qualcosa che va oltre tutto. La musica si deposita nel sangue, e diventa la prima sostanza nutritiva di cui effettivamente io ho bisogno per restare in vita. Senza di essa morirei, ma io, in realtà, sono già morto. Morte, che parola complicata, vero? Eppure io ho sentito che essa si è fermata come un chiodo fisso nel mio cuore e non se n'è più andata. È divenuta un macigno che non si può più dissolvere, un peso troppo grande per me. Ho raggiunto la morte quando è morto Alden, il mio migliore amico, l'ho sentita da quando ho capito che non ti potrò incontrare per un tempo ancora lungo. Ho assaporato lentamente il gusto del sangue amaro, affinché io potessi risanarmi. Il problema è che non si può ricostituire un giocattolo se già è stato rotto, o almeno se si prova ad aggiustarlo non ritornerebbe più come prima. Ellen, io non sono più nessuno. Sono un piccolo oggetto che si trova ancora appeso in un filo sottile, che si è aggrappato per troppo tempo e che adesso si sta lasciando andare, per sempre. Alden per me è sempre stato la mia àncora perfetta, una persona troppo importante per me. Quanti ricordi quando eravamo piccoli. Io, lui e un nostro amico giocavamo sempre a nascondino nel tempo libero e quando io mi dovevo nascondere, lo facevo con il mio migliore amico, nella nostra piccola casetta sull'albero. Il piccoletto non ci trovava mai e allora ci tenevamo costretti ad uscire.
-Shh.- mi sentenziava lui, mostrando un sorrisetto furbo. Io gli sorridevo complice, stando minuto e piccolo piccolo in quella casetta di legno, che stava in silenzio e manteneva i segreti che ci confessavamo quotidianamente io ed Alden.
-Non vi trovo, uffa.- si udivano le grida del bambino un po' scocciate. Noi, ovviamente, non lo potevamo osservare, i nostri occhi si raggiravano intorno al quel congiungente spazio che ci divideva relativamente di poco. Allora uscivamo allo scoperto e piano piano, non facendo rumore e cercando di non calpestare le foglie scricchiolanti sul giardino, arrivavamo al posto stabilito, dove si andava a contare, e pronunciavamo la cosiddetta frase per liberarci. Sentendo le risate, il ricciolino veniva da noi e diceva, mettendo il broncio e stabilendo la posizione di braccia conserte -Adesso non voglio contare di nuovo io.- e allora uno dei due si rassegnava e andava a contare, per far che non divenisse triste.
Che giornate felici quelle. Riuscivo ad incontrare la felicità quando ero piccolo, adesso non più...
Adesso siamo solo io e la profondità del mare in tempesta. Adesso il mare è furioso, nervoso, triste, affranto ed io non ce la faccio più.
Forse comprenderai la mia sofferenza d'animo o forse no, ma non importa.
Tutto colpa di uno stupido incidente stradale. Giuro che me la pagherà, chiunque sia stato. Vendicherò la morte del mio migliore amico e forse anche più per me, prima di sprofondare ancora di più nel vuoto e forse mi lascerò cadere da quel filo che mi tiene tanto appeso, sperando di rincontrare Alden, anche solo per poterlo riabbracciare.
Ti voglio bene.
                                             Un bacio
                                     Thomas.

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