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Quarta one-shot non-fandom seconda traccia

{Il silenzio.
La quiete di tre vite assenti.}

Jack Pinson, un uomo superficialmente bizzarro, vagabondava tra le strade di New York, ispezionando con i suoi occhi da falco ogni singolo oggetto interessante gettato intorno a lui. Molte delle volte introduceva la sua imponente mano nella tasca dei pantaloni che portava addosso un po' sfilacciati, e non perché andavano di moda, bensì perché rubati da qualche cassettone dell'immondizia. Con fare molto mansueto, fischiettava liberamente scrutando le sue scarpe che, molto probabilmente, non corrispondevano neppure al suo numero di piedi, ed era compiaciuto di aver scorto esse da un signore di classe al quale l'età si poteva raggirare intorno ai quarant'anni. Vedeva scorrere i giorni tutti usuali, talmente uguali da non distinguere più la luce dal buio, e viceversa, ma, quel giorno era stato diverso per lui. Non sapeva che ore fossero quella sera, anche perchè non possedeva un orologio, comprese solo che era tardi dal fatto che le sue palpebre si stavano chiudendo per far sì che l'occhio non capitalizzasse più nessuna traccia di stelle, luna, volta emisferica, niente, ma..., la sola assenza di mondo intorno a lui.

**

Ebbe un risveglio un po' strambo, il suono dei taxi, delle macchine, dei bus penetrarono nelle sue orecchie, fino a giungere irrimediabilmente ai suoi timpani, come un rumore talmente brutto da udire che dovette otturarsi con il corrispettivo indice di entrambe le mani esse. Sbuffò con le sue labbra un po' secche quando concepì di essere crollato in un marciapiede, dove passeggiava tranquillamente gente della città, a volte fissandolo con disgusto. -Al diavolo!- urlò ai passanti, ma, forse, più a sè stesso, toccandosi reputativamente quei pantaloni per cercare di eliminare quello sporco presente nei suoi pantaloni, ma quello rimase, e lui non ne fece una tragedia. Del resto, non gliene importava più di tanto, specialmente in quel momento. Quella mattina doveva sbrigare delle faccende, quindi s'incammino in un bar centrale di quella città, non aveva soldi, allora si accomodò sugli sgabelli dietro il bancone e ordinò di voler un cappuccino gratis, ma ovviamente non potè, ogni cosa aveva il suo prezzo, perciò gli venne un'idea più scaltra.
Un signore che precedentemente era accanto a lui stava proseguendo verso la cassa e in men che non si dica gli estrasse il portafogli presente negli skinny jeans e si andò a sedere con fare molto innocente. Nessuno se ne accorse, era troppo furbo, e nessuno lo individuò, almeno in quell'ora. Egli, non trovando il portafogli, si stranizzò, e forse credeva di averlo dimenticato in macchina, quindi prese nella tasca anteriore dei suoi jeans un pezzo da cinquanta e aspettò pazientemente il resto. Poi, se ne andò, lasciando l'assassino libero di pagare e sorseggiare con estrema tranquillità il suo buon cappuccino.
In tivù, mentre, stavano trasmettendo il telegiornale. Cosicchè una notizia lo fece sussultare:
"UCCISI TRE UOMINI. ASSASSINO IN LIBERTÀ." La sua immagine apparì subito dopo, e lui, sputando il cappuccino scappò, lasciando interdetto il lavoratore che stava tranquillamente pulendo le tazzine, completamente ignaro della notizia.
Uscii con un presentimento al basso ventre molto strano. Probabilmente, gli indagatori in quel momento stavano cercando di trovare qualcosa di più per possibili cause. Che sciocchi, pensò lui subito dopo. Anche se lo avessero trovato, a lui non avrebbe fatto una piega. La sua vita faceva già così schifo, quindi non c'era di che preoccuparsi.
Era tutto estremamente bloccato, il traffico era presente tra le strade, ma ancor più la sfilza di macchine della polizia che circondavano un negozio di quelle parti.
-Mani in alto!- urlarono, mettendolo al cospetto, ed inginocchiadosi aspettando che gli agganciassero le manette. -Andremo in questura.- l'assassino annuì, senza obiettare. Era già un po' intontito di suo, e almeno per adesso non voleva pensare.



**

Si ritrovò in un posto dalle pareti gelide, seduto su una sedia di ferro battuto fredda, che gli congelava il sedere, dietro un bancone in cui era presente un poliziotto.
-Spiega realmente cosa è accaduto. Perché li hai uccisi!- battè le mani sul banco con estrema rabbia. Jack spostò il suo sguardo ai lati e notò altri due che impugnavano la pistola verso di lui. -Okay. Li ho uccisi perchè mi andava.- rise a crepapelle, facendo imbestialire i poliziotti. Egli lo sparavano nella gamba. -Cazzo.- imprecò. -Eh, va bene....In realtà, li conoscevo. Erano dei bravi ragazzi, devo ammettere. Loro tre non si sono mai conosciuti realmente, ma io ho avuto l'occasione di analizzarli uno per uno. Avevano un insegnante in comune, Dane Mister, il mio peggior nemico. Da piccolo, mi insegnò le prime arte marziali, complimentandosi con me per come ero abile, poi, con il passar del tempo, lui cominciò a dirmi di abbandonare perchè man mano che il tempo passava io facevo sempre più schifo e non capivo il motivo. Così decisi di andarmene, e di vivere il mondo là fuori. Un bel giorno mi feci coraggio ed entrai, ero curioso di scoprire come il mio ex maestro insegnava le arti marziali alle altre persone. Notai questi tre ragazzi un po' deboli, con un faccia un po' da stupidi. Li assunsi affinché avessero potuto eseguire in modo corretto il lavoro: avrebbero dovuto indagare sul passato di Dane, per scoprire di più. Successivamente, non scoprendo nulla, si sono rifiutati. Avevano troppa paura, che fannulloni. Be', in base a delle ricerche scoprì che il maestro era stato minacciato per via di accuse precedenti, e in quell'anno vedeva probabilmente che io stavo diventando troppo forte e lui troppo debole per mandarmi ancora avanti. Mi deluse molto, come mi delusero quei ragazzi. Così li uccisi. Non potevo pensare pure a loro, erano un peso che volevo togliermi dalle scatole.- gli uomini erano scioccati dalla sua confessione. Corsero verso di lui, oramai avevano deciso cosa farne. Lo avrebbero rinchiuso in cella. Era un pazzo psicopatico, che non meritava la libertà. -Ora che ormai sapete tutto, vi dico addio.-

Un colpo.
Dritto in testa.
Dritto nel cervello.

~La sua vita era nulla, e lui non voleva proprio avere a che fare con essa.~

Spazio autrice

È stata scritta di fretta, ma finalmente ce l'ho fatta. È stato bello partecipare a questo concorso, davvero. Mi sono sbizzarrita in dei generi che non avevo mai provato sin ad ora. Probabilmente non arriverò almeno ai tre posti, ma lo spero comunque. Grazie. Ecco. ❤❤

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