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Cogliere l'attimo


Aveva preso l'Iphone XR dalla tasca destra dei suoi jeans Levi's e l'aveva acceso. Non era l'ultimo modello, ma a lui non importavano queste cose. Aveva aperto i contatti e li aveva scorsi, fino ad arrivare a quello che stava cercando. Era lì in rubrica da anni, inutilizzato. Il pollice destro si era fermato a pochi millimetri dal tasto per chiamare.

Era cominciata come una tranquilla giornata di lavoro. Era venuto in Piazza del Duomo a Milano per trovare momenti da catturare con la sua Nikon D7500 per poi esporli alla sua mostra fotografica. Era una perfetta giornata primaverile: non pioveva, il cielo terso, la temperatura mite. Aveva scelto di venire di mercoledì per evitare che ci fosse troppa confusione. Aveva tirato fuori dalla borsa la sua macchina fotografica, aveva regolato la luce e il tempo di scatto e se l'era appesa al collo, in cerca di soggetti da immortalare.

Una bambina di circa 5 anni con indosso un vestitino rosa giocava con un labrador biondo. Il cane le leccava la faccia e lei rideva, felice. Click.

Un ragazzo di 20 anni scattava foto col cellulare alla sua fidanzata, in posa davanti al Duomo. Click.

Una donna di mezza età osservava la vetrina della Rinascente con in mano sacchetti con la scritta Zara. Click.

Una guida turistica che teneva in alto un ombrellino chiuso, azzurro con al seguito un gruppo di turisti asiatici, forse giapponesi. Click.

Una ragazza, forse adolescente, seduta sulle scale del Duomo, intenta a leggere, incurante delle gente che le camminava attorno. Click

Un ragazzo di fronte alla Mondadori con la chitarra tra le mani, la custodia nera aperta davanti a lui, che suonava e cantava "Oh mia bela madunina". Click

Si era fermato, osservando una scena. Un uomo di mezza età, in camicia bianca e pantaloni eleganti, aveva preso per mano una donna più giovane di lui. Lei indossava un vestito a righe bianco e nero. "Forse sono padre e figlia. Anzi no. Sicuramente sono padre e figlia. Devono essere molto uniti", aveva pensato.

Anche lui aveva una figlia. Non la vedeva da anni. Da 5 per l'esattezza. Non si parlavano più. Era cominciata da un piccola litigata, non ricordava neanche più per cosa, ma era diventata sempre grande, ingestibile. Come una piccola crepa nel muro che si era allargata fino a compromettere la stabilità di un edificio e che alla più piccola scossa di terremoto non era riuscita a resistere.

Chissà come stava. Era felice? Si era sposata? Aveva avuto figli? Dove abitava adesso?, si chiedeva. Senza rendersene conto, aveva tirato fuori il telefono ed era arrivato al numero della figlia. Il pollice fermo a pochi millimetri dallo schermo. Sapeva che per riallacciare i rapporti con la figlia avrebbe dovuto soffocare il proprio orgoglio e ammettere di aver sbagliato. Non sarebbe stato facile rientrare nella sua vita.

"È più importante il mio orgoglio o mia figlia?", si era chiesto. Il pollice aveva premuto il tasto di chiamata e aveva avvicinato il telefono all'orecchio, trattenendo il respiro. Uno squillo e poi una voce: "Spiacenti. Il numero da lei composto non è più attivo." 

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