Iɭ kaɾma cɧҽ ɩŋɩʑɩa aɖ aɠɩɾҽ
Eppure Levi gliel'aveva detto, lo aveva avvisato di non osare fare stupidaggini, che la vita del suo povero padre dipendeva da quanto bravo sarebbe stato a mantenere il silenzio riguardo quell'argomento.
Ma Eren era testardo, lui non si sottometteva mai, odiava le minacce e odiava lasciarsi mettere i piedi in testa. Era un tipo che lottava, che con ostinazione cercava sempre di avere la meglio e di uscire da ogni brutta situazione.
Ma con un ghoul non c'era da scherzare, con un ghoul non si rischiava solo di perdere a livello morale, ma anche a livello fisico.
Eren era rimasto immobile per tutto il tempo mentre i paramedici entravano in casa prestando al proprio padre i primi soccorsi.
Il ragazzo aveva lo sguardo perso in quella scritta sul muro, la leggeva e la rileggeva, tutto il resto non sembrava catturarlo in alcun modo, nemmeno le domande dei medici su quanto fosse accaduto.
All'arrivo dei poliziotti Eren venne portato in centrale per delle domande, ma ancora il ragazzo, in evidente stato di shock, non riusciva a dare nessuna risposta.
Sapeva che il padre fosse morto, non c'era bisogno che venisse informato. Aveva visto la sua gola aperta, gli occhi spalancati che mostravano il terrore che lo aveva assalito nei suoi ultimi istanti di vita.
Che stupido, se solo avesse avuto le palle di affrontare quel bastardo e di ucciderlo!
Non poteva dire la verità, non voleva rischiare che qualcun altro venisse ucciso. Doveva essere lui ad ammazzare quel fottuto bastardo e lo avrebbe fatto con le sue stesse mani!
Armin e Mikasa giunsero poco dopo alla centrale per stare vicini al loro migliore amico. Mikasa non era stupida e aveva capito che dietro alla morte cruenta del padre di Eren ci fosse il proprio fratello.
Anche lei, in quel momento, sentì l'odio nei suoi riguardi accrescere di intensità.
I funerali si svolsero tre giorni dopo. Al cimitero vi erano tutti i compagni di classe del ragazzo.
Jean, Marco, Connie, Historia, Ymir, Sasha, Rainer, Berthold e altri due, che Eren non conosceva ancora così bene.
Tutti quanti erano riuniti per dare al loro triste compagno tutto il loro sostegno, persino Jean, che diceva sempre di detestarlo.
Ma in quei momenti nel cuore di Eren non c'era spazio per niente se non per l'odio e il desiderio di vendetta.
Nel frattempo, Levi, era seduto in classe ad attendere, benché sapesse che nessun alunno sarebbe entrato quel giorno e sapeva anche perché.
Stava per mettersi a segnare le varie assenze quando la porta dell'aula venne aperta da Erwin, che entrò dentro e poi la richiuse.
<< Assurdo. >>
Disse, mettendosi seduto su un banco, di fronte alla cattedra di Levi.
Questo non sollevò lo sguardo, fin troppo impegnato a mettere le assenze sul registro.
<< Davvero assurdo, Levi. Cosa ci fai qui? Tu dovresti essere a quel funerale, vicino al tuo alunno come il resto dei professori. Perché sei qui? >>
Dal tono che Erwin stava usando, il corvino comprese che fosse arrabbiato.
Dunque sospirò, posando la penna rossa sulla cattedra per fissarlo, incrociando le braccia al petto.
<< Neanche tu sei andato, quindi perché stai facendo la morale a me? >>
<< Io ho una scuola da dirigere! Tu invece no. E sei il suo professore, maledizione. Ma non ti fa sentire uno schifo? Quel giovane sta passando il momento più brutto della sua vita, ha perso suo padre dopo aver perso sua madre da bambino e... >>
<< Se ci fossi andato non si sarebbe sentito meglio. E comunque è naturale che i genitori muoiano prima dei figli. >>
A quelle parole gelide e piatte Erwin strinse la mascella. A volte non lo riconosceva neanche, un tempo Levi non era così freddo. Un tempo era più morbido, più... Umano.
Ma forse, quelli, erano davvero altri tempi.
<< Hai ragione, forse non si sarebbe sentito meglio, ma sicuramente vedere di poter contare anche sull'appoggio di tutti i suoi docenti l'avrebbe un po' aiutato. >>
Levi si limitò a non rispondere, chiaro segno che quel discorso non lo toccava.
Allora il biondo si alzò e con rabbia raggiunse la porta.
<< A volte mi chiedo se tu non abbia una pietra al posto del cuore. >>
Disse, prima di lasciare l'aula.
Levi sollevò lo sguardo alla porta, poi sospirò e come se nulla fosse tornò a segnare le assenze.
<< L'ha voluto lui. Io l'avevo avvisato. >>
Sussurrò, chiudendo infine il registro.
Inutile dire che il ragazzo non venne a scuola il giorno dopo, neanche quello dopo ancora.
Quella sera faceva freddo, ma Levi sentiva lo stomaco iniziare a dare le prime proteste. Aveva bisogno di mangiare e per mangiare doveva cacciare.
Indossò una tutta nera e infine la maschera che rendeva sconosciuto il suo volto agli occhi di chiunque, non poteva rischiare di essere visto, se non dalla sua vittima che avrebbe divorato.
Uscì di casa a notte inoltrata, conosceva un vicolo non molto distante da casa sua dove un gruppo di drogati si radunava. Avrebbe mangiato uno di loro, tossico più, tossico meno, che differenza c'era?
Fu esattamente ciò che fece. Due fuggirono all'istante terrorizzati, la terza, una ragazza non più grande di 25 anni, era invece servita a fargli da pasto.
La fame era stata tale da non lasciare niente, se non il sangue e i vestiti. E la testa.
Si richiuse la zip della maschera all'altezza della bocca e alzatosi notò alla fine del vicolo una figura.
Si bloccò, mettendosi istantaneamente in allerta. Per un momento pensò fosse Eren, l'odore era simile, ma non poteva essere lui.
Rispetto al ragazzo era più alto e muscoloso.
- Zeke Jeager, presumo. -
Fu Levi il primo a parlare.
A dare una conferma alla sua supposizione fu la risatina dell'uomo.
Purtroppo non c'erano luci in quel vicolo, ma Levi non aveva bisogno di vederlo bene in viso.
<< Basta nascondermi, ho deciso di passare all'azione, Ackerman. In fondo è giusto che paghi dopo quello che mi hai fatto.
Ma non stasera, sta' tranquillo.
Sono solo passato a vedere come stavi. Sei in forma, bravo. >>
Un'altra risata accompagnò quelle parole e nel giro di un momento non ci fu più.
Levi non lo seguì, per quanto volesse divorare quel figlio di puttana, decise di attendere la sua prima mossa. Era curioso di vedere cos'avesse in mente.
Eren tornò a scuola una settimana dopo.
Aveva profonde occhiaie, segno che erano giorni che non dormiva. Aveva una pessima cera e puzzava, si stava trascurando.
Armin e Mikasa erano arrivati alla conclusione che il loro amico fosse ormai caduto in depressione.
Dopo tre ore di grammatica e antologia, fece il suo ingresso il professore di storia.
Levi non batté ciglio al vedere Eren finalmente presente, non poteva importargli di meno.
<< Andate subito a pagina 145. >>
Ordinò.
Gli alunni fecero immediatamente come venne loro ordinato, tutti tranne Eren.
Il ragazzo teneva lo sguardo puntato alla finestra, osservando il giardino spoglio della sua scuola.
Levi, nonostante l'avesse notato, decise di ignorarlo e di fare la sua lezione. Essendo sazio era anche di buon umore.
La lezione si svolse tranquilla e al termine di tutte le lezioni si diresse al parcheggio, dov'era la propria moto.
<< Ti sei divertito, vero, professore? >>
Eren si avvicinò a lui, mentre Levi di spalle si voltava a guardarlo.
<< Mi piace il mio lavoro. >>
<< Mi riferisco a mio padre. Ti sei divertito ad ammazzarlo? >>
Ovviamente fin dal principio Levi sapeva a cosa si stesse riferendo, ma continuare ad istigare il ragazzo si stava rivelando il suo hobby preferito.
Fece spallucce, lo sguardo privo di emozioni. Non un sorriso, non un accenno di niente in quei maledetti occhi scuri.
<< Hai proprio una brutta cera, lo sai? >>
<< FOTTITI! >>
A quel punto Eren lo agguantò per il colletto della camicia, buttandosi sul moro con tutto il suo peso, per iniziare a sbatterlo contro il pavimento più e più volte, gli occhi gonfi di lacrime che traboccavano cristalline bagnandogli le guance.
<< Perche?? Perché mi hai rovinato la vita in questo modo, perche?? Perché cazzo lo stai facendo!? Che cazzo ti ho fatto di male!? >>
E mentre il ragazzo si sfogava, Levi lo lasciava fare. Non gli faceva male, era solo un moccioso che urlava e sbraiatava ma che non riusciva mai a concludere nulla.
Sentì le sue mani farsi strette al proprio collo, ma anche in questa circostanza Levi non disse nulla, limitandosi a fissarlo.
Eren si abbassò verso il suo viso, ringhiando per la rabbia come un animale selvatico.
<< Io te lo giuro... Io ti ammazzerò con le mie stesse mani! >>
E in quel momento, nascosta dietro un'auto, vi era Hanji, la professoressa di chimica e biologia che amava, di tanto in tanto, rendersi dio.
Con un sorriso quasi insano uscì due boccette dalla tasca, fissando bramosa il liquido trasparente al loro interno.
<< Sarebbe veramente sensazionale scambiare la natura di quei due...
Rendere predatore chi adesso è preda.
Rendere preda chi adesso è predatore. Oh sì Zeke, è questa la vendetta perfetta. >>
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro