PUTIFERIO
Ankar fu il primo a poggiare le ginocchia sul terreno intento a osservare il suo villaggio, la lancia veniva stretta nella mano destra e puntata verso il cielo.
Delle foglie vennero mosse come se una folata del vento, creata dal dio di quest'ultimo, le avesse centrate, ma, in realtà, si trattava di Tagan con l'arma che toccava il terreno come le dita seette su di essa.
Dalla parte opposta, ossia la sinistra del lupo, un altro cacciatore si inginocchiò.
Rohan.
Lo sciacallo rendeva il suo stesso respiro pesante e leggermente rumoroso, il canide rosso dovette poggiare la propria mano sulla sua bocca per attutire il rumore.
Il simile dal pelo violaceo annuì.
Quattro giorni prima Ankar era in procinto di partire non appena Kawab aveva concluso il racconto, alle sue spalle la carogna fissava la giungla che si ergeva infinita sulla schiena della terra.
Il lupo iniziò a camminare rapido con la base della lancia che toccava il terreno come fosse il bastone di un anziano.
"Dove vai?" chiese Tagan intenta ad avvicinarsi anch'essa armata.
"Io..."
"Vengo con te!"
Il cane superò il simile di classe intento a fissarla ammutolito.
"Se cammini via io resto senza nessuno da infastidire."
La cacciatrice scosse la testa sorridente con i propri capelli intenti a danzare, il canide rosso alzò le spalle privo di argomentazioni ed ebbe il tempo di fare un paio di pedate prima di accorgersi che nessuno lo seguiva.
Il più giovane del gruppo era ancora lì, come una statua benedetta con il respiro, non distoglieva lo sguardo da ciò che sarebbe diventato il suo percorso.
"Rohan?"
Finalmente il cacciatore posò gli occhi su qualcosa di diverso.
"Che succede?"
Ankar arretrò fino a ridurre la distanza con chi parlava.
"Non ho mai messo piede fuori dal villaggio, neanche una volta." sussurrò.
"Cosa?"
"Mio padre e mia madre sono stati uccisi dagli sciacalli, questo penso che lo sai, ma nei loro ultimi istanti dissero mai di me."
Il cacciatore dal pelo coloro fuoco fissò il meno maturo intento ad abbassare lo sguardo.
"Perciò, per quella tribù, io non esisto, se dovessero saperlo il villaggio sarebbe esposto a continui pericoli."
Diceva il vero, amare chiunque non rientrasse nella stessa specie era già un atto impuro fra i peggiori.
Ma un figlio avuto da tutto ciò era qualcosa di ancora più imperdonabile, la tribù avrebbe fatto il possibile, e oltre, per cancellare il frutto del tradimento.
"Io... io... lo so, ti devo la vita ma se metto piede oltre questo punto potrei causare una guerra."
Mentre parlava indicava con la lancia una linea immaginaria davanti a sè, un confine mai oltrepassato.
Il lupo fece un respiro.
"Te lo giuro, il Dio Guerra non potrà sorridere per l'inizio di una guerra fra loro e noi... Se uno sciacallo dovesse vederti non avrà il tempo di raccontarlo."
Rohan cercava di controllare il respiro, mentre il canide posto al centro fissò qualcosa poco più a destra.
Due gabbie di legno di forma rettangolare e alte quanto un cacciatore di media statura erano l'una vicino all'altra.
Le occupanti di essa: Lika e Talia.
La lupa sedeva a gambe conserte e la iena teneva la schiena poggiata sulla parete laterale, quella di fianco all'amata, con gli altri inferiori stesi fino a sentire la parte opposta della piccola costruzione sulle piante dei piedi.
Le parole del gatto rimbombavano nella loro testa come fosse una caverna buia.
Avevano da poco gettato le armi quando il gatto si avvicinò per imporre il suo primo cambiamento.
"Non ho nulla contro il vostro amore, ma voi siete due cacciatrici forti e dovete concepire figli con altri cacciatori."
Entrambe non esitarono a mostrare di essere contrarie, furono così veloci da sembrare due bambine.
"Non volevo usare la mano di pietra... Lika, se entro dieci giorni non avrai accettato la mia proposta ucciderò Talia."
Le due si guardarono spaesate, ma non era ancora finita.
"Talia, se entro dieci giorni non avrai fatto lo stesso ucciderò Lika."
Erano passati otto giorni da allora.
Loro due avevano ricevuto il divieto di parlare, toccarsi e perfino guardarsi negli occhi.
Il loro stesso amore era stato usato contro di loro come l'arma più distruttiva, non volevano rinunciare l'una all'altra ma, di certo, tutte e due avrebbero fatto di tutto per non vedere morire chi amavano.
Successe tutto in un istante, la mano destra della lupa e la sinistra della iena si erano strette come in una abbraccio.
I capelli rossi di Lika poggiarono su una sbarra legnosa insieme alla fronte e la nuca di Talia faceva in modo di far guardare in alto la testa.
"Eravate state avvertite!"
Kabal sorprese le due e, dal sorriso, non sembrava troppo seccato.
"Sapete, ho già preparato la punizione adatta per questa occasione."
Il topo fece urlare le proprie nocche, le fece scrocchiare, e afferrò una pietra di medie dimensioni.
Le cacciatrici, tuttavia, non mollarono la presa e approfittarono di tutto questo per guardarsi negli occhi dopo otto giorni.
Il roditore avanzò pronto a usare l'oggetto naturale sulle braccia tese.
Poco dopo, però, qualcuno lo fece cadere... Una mano rossa afferrò la pelle dietro il suo collo e gli fece sbattere la faccia sulla gabbia di Lika.
"Ankar!"
Il lupo sbattè il volto di Kabal sulla gabbia di Talia per poi dargli una ginocchiata sul ventre e una gomitata sulla schiena.
Quando fu a terra strinse la sua mano sinistra e la usò per sollevarlo prima di colpirlo sul volto.
"Volevi spezzare le braccia di Talia e Lika?!"
Un calcio sul fianco lo fece rotolare poco più in là.
"Sappi che sarò io a spezzare te!"
Afferrò le caviglie e, con un po' di fatica, lo lanciò qualche passo più in là.
Infine premette il piede sullo sterno mentre sollevava la pietra che il topo voleva usare poco prima.
Sarebbe bastato mollare la presa in avanti e tutto sarebbe finito... ma tutto ciò non rientrava nei suoi piani.
L'oggetto venne lanciato sul terreno.
"Ringrazia il Dio Sole, non mi ha creato come te."
Dalla giungla uscirono Tagan e Rohan, poco dopo le due gabbie erano aperte.
"Ankar, nostra madre e tutti quelli che non seguono Micah sono in delle gabbie."
Lika indicò la direzione.
"Ankar!"
Tagan mise sull'attenti il simile di classe che si voltò e diede un calcio a Kabal pronto per colpirlo alle spalle.
Il topo cadde e la testa sbattè sulla pietra toccata più volte.
Gli occhi aperti e la macchia sempre più crescente di scarlatto non lasciavano dubbi, il topo aveva visto il Dio Morte.
Nessuno fra i presenti lo sapeva, ma Jarvia aveva visto tutto sin dal principio.
"... Questo è tutto."
Il puma aveva raccontato le vicende appena avvenute al gatto intento a fissare Mornei dormiente.
"Svolta interessante."
Fu l'unica cosa che disse il felino.
"Micah, Kabal è morto."
"No..."
Il gatto avanzò verso Jarvia fino a poter sentire il suo respiro sul collo.
"... Kabal è stato ucciso da Ankar che, nonostante il suo vecchio implorasse pietà, non ha esitato a distruggere la sua faccia con una pietra."
"Micah..."
Prima che altre obiezioni potessero essere messe alla luce il pollice destro del gatto si poggiò sulle labbra del puma.
Quest'ultimo si bloccò quando avvertì il tocco di chi amava su di sè.
"Mi aiuterai?"
CIAO!
Allora che ne pensate?
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