NELLE MANI DEL NEMICO
Enolare era seduta sul giaciglio della sua casetta mentre osservava l'interno di quest'ultima diverso ogni secondo di più.
Le lance poggiate sulla parete davanti a lei erano troppe per una sola cacciatrice.
Tutto quello spazio vuoto non le sembrava piccolo, anzi era quasi infinito ai suoi occhi tristi e bassi.
Toccò le foglie su cui era seduta... Quel giaciglio sembrava enorme adesso.
"Enola."
Sophira entrò nella casetta mentre la mano sinistra stringeva la fionda, i suoi occhi notarono subito il dolore della volpe mentre il cuore avvertiva la stessa emozione.
"Che cosa abbiamo fatto?" chiese più a sé stessa che alla gatta vicino a lei.
"Dovevamo tenere le mani basse." continuò.
Non passò nemmeno un'ora dell'esilio di Ankar: la sicurezza era svanita come un castello di sabbia distrutto da un vento impetuoso, il coltello della colpa aveva aperto una ferita sul cuore dalla quale sgorgava sangue in continuazione.
Il sangue del pentimento.
La felina che lo chiamava fratello provava lo stesso e Kawab non poteva dirsi diverso.
"Avreste dovuto."
Le cacciatrici fissarono l'entrata, Jarvia toccava la parete con la schiena e il petto con le braccia conserte mentre la sua lancia era di fianco al corpo, sul lato destro, poggiata sul legno.
"Che cosa vuoi?" chiese la volpe con tono cupo e severo.
"Mostrarvi la verità..."
Avanzò fino a trovarsi fra le due mentre voltava lo sguardo più volte come per controllare le loro espressioni.
"... non avete il diritto di piangere perché siete state voi a volere ciò."
"Anche la tua mano era alzata!"
Sophira strinse la fionda con il grande desiderio di usarla ma si trattenne mentre il suo sguardo rivelava una rabbia mostrata dal gesto precedente.
"Vero, ma io ho seguito Micah perché credo in lui... La domanda è spontanea, se voi credevate in Ankar perché avete aiutato il gatto a esiliarlo?"
Le due sotto accusa non poterono fare altro che fissare il puma mentre riprendeva l'arma e usciva.
Come? Come potevano negare tutto?
Non potevano.
Il passato era cucito nei loro ricordi e le scelte sbagliate erano state fissate con un ago arrugginito e rovente, il dolore era infinito come se quell'ago fosse rimasto lì nascosto fra le cuciture.
Ankar continuava il cammino da prigioniero, erano passate almeno cinque ore, il modo in cui era stato legato era a dir poco scomodo ma la forza nelle gambe e il respiro allenato lo aiutavano a proseguire.
Ma non faceva la parte della preda.
Infatti in quelle poche ore aveva assorbito ogni singola informazione sui tredici cacciatori.
Poteva iniziare da Lyon, il suo rapitore, aveva da poco compiuto vent'anni e questa era la prima volta che veniva portato dal padre.
Quest'ultimo era Kuningas e non sapeva molto su di lui tranne che fosse il leader ma leggeva qualcosa nei suoi occhi.
Pazzia? Furore? Forza? Follia? Amore?
Poteva essere qualsiasi cosa.
Lo sciamano era Turkis, parlava spesso di un fratello minore che abitava nel villaggio dal quale provenivano ma del quale non parlavano spesso.
Seguivano Boka e Sota, il primo era il toro che aveva contribuito a legarlo e il secondo suo fratello minore, quest'ultimo mostrava un bel contrasto visto il pelo nero come il carbone e le corna bianche come il gesso... Ankar però continuava a vedere questo aspetto come un bersaglio in mezzo alla giungla.
Su di loro non sapeva nulla tranne l'evidente fatto che il minore voleva possedere fisico e forza del maggiore.
Invece su Kaede poteva dire qualcosa in più, gli bastava tornare indietro alla notte passata.
Il suo sonno era sempre stato leggero e non ci mise molto ad avvertire qualcuno davanti a lui, era una iena dal fisico snello mostrato quasi volontariamente mentre i suoi occhi fissavano il lupo ammaliati.
Il canide rosso tuttavia fissava il petto della cacciatrice con una sola domanda, il seno era coperto in modo inusuale ossia solo al centro da un pezzo di stoffa secco quanto una cintura che girava sul busto, ma la cosa che lasciava Ankar perplesso era il modo in cui la carogna lo mostrava... come se volesse che il lupo lo guardasse.
"Lo sai..."
Il canide carceriere iniziò ad accarezzare gli addominali del prigioniero dal basso verso l'alto.
"... tu mi sembri così carino..."
L'indice passò sui pettorali con una velocità moderata.
"... è un peccato sprecare tanta bellezza."
Quando il dito arrivò poco sotto il labbro le zanne lo mancarono di poco mentre la femmina sorrideva.
"Kaede! Non disturbare la carne!"
Era così che Kuningas li chiamava... La carne.
La iena sorrise e si alzò mentre andava all'indietro come un gambero per non perdere il contatto visivo con il simile di classe.
Ankar non era uno sciocco, aveva capito il gioco di Kaede: sembrava divertirsi con i maschi, fingeva di essere una femmina facile da conquistare ma in realtà era lei il conquistatore e il maschio una sfida da vincere, adorava piegare la loro volontà e più la preda era resistente, più lei voleva domarla.
Quella notte scelse il lupo rosso e quando capì che era stata smascherata si sentì eletrizzata... non le era mai successo e questo significava l'inizio della sfida più grande e quindi di una soddisfazione inimmaginabile una volta compiuta.
Il canide prigioniero continuava a camminare mentre fissava Enena, la serpe, con la sua pelle verde come le uova marce, ma petto e ventre erano gialli come la paglia ed era impossibile da non notare vista la differenza fra i due colori, il lupo fissava però l'arma interessante.
Una frusta creata con quattro o più liane legate insieme.
Poi c'era Apis, la vespa, le sue ali non sarebbero state un problema visto che erano bloccate dalla nascita, i suoi genitori volevano ma ormai era passati a miglior vita da anni, il cacciatore studiava le cicatrici sparse sul suo corpo diviso fra giallo e nero e notava che i capelli scuri come il fango fossero legati da una coda simile a quella di Sophira ma più folta.
Se li legava erano d'intralcio e perciò potevano tornargli utili.
Ma un altro intoppo era l'arco di Tente, un'aquila non solo di nome, ogni tanto scoccava una freccia contro un albero assai lontano e diceva: "Non vi conviene scappare... Le mie frecce corrono come i giaguari".
"Non vi conviene scappare... Le mie frecce corrono come giaguari."
Il suo becco giallo sorrideva superbo sul volto bianco mentre sembrava mostrare il corpo marrone come il legno, la modestia non era il suo forte.
Non poteva mancare Roz che portava due lance intere, Jarvia le maneggiava mezze, poggiava le basi sul terreno come faceva un anziano per camminare ma lui quelle armi le usava per togliere la vita.
Ankar doveva evitare il confronto diretto con un tipo simile.
Osservava poi la mazza di Lynx, la pietra era appuntita da un lato e solida dall'altro, lui invece camminava proprio di fianco al lupo che notò un fisico enorme quanto Roz e Boka.
"Qualcosa da dire?"
Chiese con durezza mentre la testa si voltava verso il lupo che stette in silenzio, ne aveva di cose da dire ma non era il momento adatto sopratutto per la poca pazienza mostrata da come stringeva la mazza.
Una vena venne mostrata sul collo marrone come tutto il resto del corpo.
Questo era uno svantaggio se si poteva usare contro il proprietario.
"Allora guarda avanti."
Il canide obbedi e fissò gli ultimi due: Masha e Jakov.
Rispettivamente un'orsa polare candida e una lucertola rossa come il fuoco, entrambi portavano una lancia a testa ma era interessante vedere come il plantigrado avesse una muscolatura più gonfia rispetto al rettile.
Osservava i capelli bianchi a caschetto della femmina mentre si muovevano per ogni passo e cercò di memorizzare la camminata del maschio per capire quanto potesse resistere in corsa.
Ma un'altra cosa attirò la sua attenzione... uno spiazzo senza alberi e al centro un ariete seduto di spalle con indosso una veste nera.
CIAO!
Piaciuto?
Masha e Jakov sono due furry ispirati da Deviantart (HellBridge e Jackthesoul).
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