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IL PESO DELLE CONSEGUENZE

Le orecchie di Ankar avvertirono qualcosa proprio alle sue spalle e quando si voltò, simultaneamente con Tagan, osservò il cacciatore alle sue spalle.

Zet era in piedi con le braccia alzate e la propria lancia stretta fra le mani salde e sicure del colpo seguente diretto al simile rosso come il fuoco.

Il lupo e il cane erano troppo esausti per poter anche solo pensare di bloccare o evitare l'attacco imminente, fissavano colui che consideravano un amico intento a ucciderli... Ma qualcosa non andava secondo i piani.

Da diversi secondi il canide con la voglia restava nella posizione offensiva eppure l'arma era ancora stretta fra gli arti tremanti, il suo sguardo continuava a fissare l'obiettivo eppure mostrava esitazione mista alla voglia di uccidere in una lotta perenne.

In pochi istanti l'oggetto letale venne gettato sul terreno dove, poco dopo, finirono anche le ginocchia nere che si mischiarono al bianco del suolo.

Dei singhiozzi invasero l'aria silenziosa e piena di tensione, Zet piangeva con i palmi sul volto come un bambino indifeso.

Ankar e Tagan lo fissavano.

"Sono... sono il fratello di Turkis." ammise intento a scoprire la faccia.

Le lacrime erano sparse sulle guance come fossero il parabrezza di un'auto dopo l'intervento dei tergicristalli in una giornata piovosa.

Il simile davanti a lui si alzò barcollante e avanzò di un passo.

"Lo so."

I due presenti fissarono colui che aveva appena parlato.

"Cosa?" sussurrò Zet.

Il lupo si sedette davanti a lui con la gamba sinistra stesa sul terreno, mentre il piede destro si poggiava eretto perché il corpo potesse essere proprio davanti al giovane cacciatore frustrato.

"Quando ti ho chiesto di dirmi i parenti del gruppo di Kuningas hai omesso il fratello di Turkis, sapevo che ne aveva uno... ne ho sentito parlare durante il mio viaggio come prigioniero."

Il canide con la voglia sembrò evitare lo sguardo del simile, mentre quest'ultimo continuava a parlare.

"Ricordi il nostro primo incontro?"

La risposta fu un sì dettato da una testa intenta ad annuire senza emettere un singolo fiato, non poteva parlare neanche se l'avesse voluto le troppe emozioni lo trasportavano in un turbine tagliente per qualsiasi parola.

"Il cacciatore che non ti voleva dare il cibo ha parlato di tuo fratello, ma tu ti sei affrettato a dire che era morto durante una battuta di caccia."

Solo allora Zet decise di avere un contatto visivo.

"Perché? Perché non hai agito?"

"Perché sapevo che non volevi uccidermi."

Il lupo in ginocchio si sentì ancora più frustrato e poggiò la fronte sul terreno nel tentativo di sprofondare in esso fino a sparire.

"Hai avuto occasioni infinite per provarci ma eri sempre al mio fianco a darmi la tua amicizia."

Ankar poggiò la mano sulla schiena nera del cacciatore nel tentativo di poter trasferire conforto dal tocco leggero ma deciso.

Non funzionava, Zet restava in quella posizione e scuoteva leggermente la testa sempre più stravolto e confuso.

Il lupo rosso, infine, sospirò e tornò in posizione eretta prima di offrire la mano al simile, la stessa che poco prima toccava la sua schiena.

"Nessun dio ti costringe a decidere ora..."

Finalmente il cacciatore alzò lo sguardo e notò l'arto proprio davanti alla fronte mischiata con il bianco polveroso.

"... Io sarò pronto a riceverti qualunque sarà la tua scelta: amico o nemico."

Zet afferrò con lentezza il polso del lupo in piedi e si alzò, lo sforzo appena fatto fece barcollare il canide dal pelo rosso che per poco cadde di schiena ma venne tenuto in piedi da Tagan.

Il cane strinse il braccio sinistro del cacciatore con la mano destra e il suo fianco destro tramite la sinistra per poi farlo voltare delicatamente.

Si portò l'avambraccio poco dopo il collo e toccò il fianco più lontano intenta a far toccare i propri corpi per dargli un sostegno nel camminare.

"Come sta?" chiese rivolta a Zet

Ankar si voltò.

"Non bene."

Il lupo era scomparso.

Passarono delle ore, il sole era alto nel cielo azzurro e illuminava il villaggio.

Il lupo rosso era seduto su una roccia fra la sede della tribù e la giungla, quando avvertì dei suoni si alzò a denti stretti per i dolori urlati dal corpo.

"L'avete trovato?"

Lockla, in testa al gruppo, scosse la testa in silenzio.

Si avvicinò al cacciatore, mentre un paio di tapiri venivano trasportati poco più in là per diventare cibo.

"Non resisterà molti giorni da solo in mezzo alla giungla."

Ankar fissò il luogo appena nominato.

"Zet è giovane quanto impulsivo ma abbastanza saggio da capire tutto questo... Fidati."

Il giaguaro si allontanò.

Il lupo con la voglia era scomparso dalla sera prima, tutti avevano partecipato alla sua ricerca nel villaggio e nei dintorni, ma senza successo.

Il cacciatore sarebbe stato occupato con questi pensieri per tutto il giorno, a che di più, finché non notò una sua vecchia conoscenza fra gli alberi sorridere verso di lui.

Si avvicinò in silenzio fino a quando pochi passi li separavano, il canide lo fissava in silenzio senza ricambiare il costante sorriso che l'altro mostrava.

"Mi avevano detto che eri venuto... Io ero a caccia qui..."

"Kawab, che cosa vuoi?" chiese il simile di classe con freddezza.

Il sorriso di poco prima svanì e la preoccupazione prese il sopravvento.

"Andiamo avanti a stento, riusciamo a prendere poche prede... Ankar, moriamo di fame perché nessuno è veloce come te."

Ci fu un attimo di silenzio che sembrò infinito per i due.

"Mia madre..."

Kawab scosse la testa, nessuno dei cacciatori inviati alla Grande Caccia era tornato finora.

"Le fatiche della tribù non sono più sulle mie spalle."

"Ankar..."

"Le vostre fatiche non sono più le mie!"

"Ti prego! Sei uno di noi!"

Il lupo sembrò cambiare il suo sguardo d'ira, almeno fino alla frase seguente.

"Abbiamo bisogno di te!"

Tutto tornò a galla nell'oceano dei ricordi: il suo gesto, l'esilio, la delusione e le loro mani alzate.

Non poteva dimenticare e non voleva farlo.

"Non ne avevate quando mi avete cacciato via, la tua mano era alzata! Hai votato! Hai scelto!"

La sfuriata, seppur controllata, smosse il cane che arretrò con la schiena per lo spavento. 

"Mio padre diceva che gli dei ci hanno dato il dono della scelta ma ci hanno maledetti con le conseguenze di essa."

Il lupo si voltò e fece per andarsene.

"Ti prego, torna dalla tua tribù."

Ankar si fermò e guardò nuovamente il vecchio amico.

"È questa la mia tribù ora."

Il canide bianco fissò quello rosso camminare sempre più lontano fino a sparire dalla visuale.

Nessuno sapeva cosa sarebbe successo poco dopo al villaggio natale di Quinta Alba.

CIAUUU!
Allora, che vi aspettate?

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