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FRONTE AL NEMICO

Gli occhi di Ankar intravidero Sophira nascosta nel verde della giungla intenta a formare un cerchio immaginario con il continuo movimento della sua fionda primitiva.

Il resto del gruppo iniziò a stringere le proprie armi.

"Sei qui per portare guerra?" chiese Lika piena di rabbia.

Poco dopo le pupille dei presenti osservarono la pietra nell'arma della gatta cadere non molto lontana dai piedi del lupo rosso.

La giovane cacciatrice fermò l'oggetto stretto nella mano sinistra con la testa bassa.

"Io non volevo questo." sussurrò.

Ormai era conscia di essere stata usata dal nuovo leader, soprattutto dopo che quest'ultimo le aveva chiesto di inseguire il lupo da sola.

"Non importa ciò che volevi, importa ciò che hai fatto."

Il canide a capo del piccolo gruppo fece qualche passo in avanti per poi fermarsi davanti alla sorella adottiva, il suo muso nero gli fissava il petto ma, in questo caso, era direzionato verso le cosce.

"Io..."

"Non una parola, nostra madre è in gabbia come una bestia e la tua mano ne ha colpa."

Il lupo si spostò sulla destra.

"Prosegui in quella direzione e in quattro giorni sarai al villaggio che mi ha accolto."

Non aspettò una risposta dalla felina, fece un cenno con la testa verso la strada opposta a quella appena indicata.

Tutti tennero fede alle parole appena dette e seguirono il cacciatore.

"Ankar!"

Sophira lo osservò fermarsi per poi tornare di fronte a lei, anche se nel verso opposto rispetto a pochi istanti prima.

"Ti prego."

"Non confondere il verme per un serpente..."

Il lupo usò una frase sostituita nei secoli a venire con: "Non farti strane idee".

"... Non ti ho attaccata, ma non vuol dire che ti ho perdonata."

"Posso rimediare!"

"Hai già fatto abbastanza."

Detto questo si voltò intenzionato a non girarsi più spinto dalla sua missione.

La gatta nera restò ferma senza avanzare nemmeno di un centimetro, i piedi sembravano ancorati sul terreno, ma l'unica cosa ad esserlo davvero era il suo cuore afflitto dalla colpa.

Non avvertì nemmeno qualcuno avvicinarsi alle sue spalle.

Ankar guidava il gruppo ma stavolta lo faceva nella carica verso la battaglia e non nella ritirata da essa. 

Spostava la giungla che intralciava vista e passo con la lancia bramosa di ricevere il liquido scarlatto di Micah sulla punta affilata e mortale.

Usò la memoria nutrita per anni e, infine, si inginocchiò sicuro di essere nei dintorni del suo villaggio natale ormai diventato una zona di pericolo.

"Ricordate: Micah è mio e solo lui merita la morte."

Qualcuno alle sue spalle annuì, mentre gli altri restarono in silenzio.

Poco dopo il ventre rosso si poggiò sul terreno e strisciò abbastanza per consentire agli occhi di vedere la sua casa trasformata dal gatto bianco in un incubo per i cacciatori e in una vergogna per chi li aveva preceduti.

"Abbiamo un piano?" sussurrò Liam alla destra del lupo.

"Cosa ti ha detto Onias?" chiede sottovoce Tagan posta al fianco sinistro.

Ankar puntò lo sguardo sul cane colpito dalla domanda e intento a pensare a ciò che l'ariete aveva pronunciato prima di sparire.

"Un istante prima scappiamo come tapiri terrorizzati e un istante dopo avanziamo come giaguari affamati."

"Mi ha fatto venire fame."

Il lupo sorrise ricambiato dal canide.

"Mi dispiace interrompere la vostra tenera conversazione ma ho chiesto qualcosa che potrebbe farci sopravvivere."

Il cacciatore nel mezzo tornò a fissare la meta, gli occhi si spostavano da un punto all'altro come quelli di un'aquila alla ricerca della sua preda.

"Dobbiamo avere più lance, liberate i prigionieri."

"E tu?" chiese la figlia di Lockla.

"Mornei è prigioniero nella casa di Micah."

Il pelo rosso come il fuoco avvertì qualcosa cadere su di esso poco sotto il collo e la mano sinistra indagò, sentì acqua sui polpastrelli.

Il naso ne percepì altra e, poco dopo, tante gocce rapide quanto rumorose caddero dal cielo.

"Il Dio Cielo è dalla nostra parte..."

Era difficile poter vedere qualcuno nascosto nella giungla fitta, ma se pioveva diventava ancora più complesso.

Uno scudo semovente proteggeva la loro missione.

"... Procedete separati e tornate insieme alle gabbie, sarete meno visibili isolati che i gruppo."

Non diede nemmeno loro il tempo di rispondere e avanzò silenzioso.

Tornò accovacciato intento a muoversi con la schiena piegata in avanti con la stessa forma di un'onda adatta per surfare.

Si aggirava come una spia nel luogo dove aveva prodotto il primo vagito e si nascondeva da chi chiamava fratelli.

Poggiò la schiena sulla parete esterna della casa dove si trovava al momento e sospirò, l'avrebbe riconosciuta fra altre mille.

La casa in cui era nato.

Accarezzò la pietra intento a chiudere gli occhi trasportato indietro nei ricordi felici.

Poteva vedere come suo padre lo facesse diventare più alto mettendolo sulle spalle grigie e robuste, assistette nuovamente all'arrivo di Sophira affranta per la sua perdita, infine camminò nuovamente con Insta per andare a cacciare insieme.

"Lo farò anche per te, padre." sussurrò.

Agitò, poi, il braccio destro e la punta della lancia si poggiò sul collo di Tagan.

"Buonsole anche a te."

Il cane alzò le mani spaventata dal gesto.

"Non dovevi andare con gli altri?" chiese il lupo mentre abbassava l'arma.

"Non puoi riuscire da solo, con il gruppo di Kuningas potevi uccidere tutti, ma questo è il tuo villaggio."

Il canide ricoperto di pelo rosso sospirò nuovamente, chi gli stava vicino aveva visto bene: se avesse potuto uccidere tutti poteva farcela da solo tramite la copertura della pioggia, alla conoscenza del luogo e con l'aggiunta del suo innato talento nell'improvvisare.

Ma la sua lancia era destinata solo a Micah, mentre tutte le altre non avrebbero esitato a trapassarlo da parte a parte.

"E sia... Non fare quel sorriso non ho detto che le nostre parole sono uguali."

"L'hai detto proprio ora dicendo che non l'hai detto."

I due si espressero con una frase usata per dire: "Hai ragione."

CIAO!
Allora come andrà?

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