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Questo è per noi

-Si può sapere come mai fai sempre tardi agli eventi importanti?-

Ignorai le lamentele di mio padre, alzando gli occhi al cielo.
Già ero nervosa, se anche lui avesse continuato a mettermi pressione, sarei sicuramente scoppiata.

Controllai di aver preso tutto il necessario, mentre a passi veloci mi dirigevo verso l'auto.

-Tesoro, le scarpe!-

Arrestai la mia camminata sul vialetto, puntando lo sguardo sui miei piedi, avvolti dalle comode pantofole che utilizzavo in casa.
Inaspettatamente, scoppiai a ridere, seguita dai miei genitori.
Una volta indossate le scarpe che avevo appositamente scelto per la cerimonia, li raggiunsi nuovamente, pronti ad entrare in macchina per partire.

-Sì, sono un po' agitata- mi giustificai, grattandomi la testa.

Mia madre mi accarezzò le braccia, sorridendo orgogliosa.

-Va tutto bene, ce l'hai fatta. Non che avessimo dubbi-

Non si riferiva solo al diploma che avrei ritirato durante la cerimonia di quella mattina.

I miei genitori si erano accorti che qualcosa non andava, dalle vacanze di Natale.
Avevo passato il tempo rinchiusa nella mia camera a piangere e per giorni non avevo parlato con nessuno.

Quando, finalmente, mi ero decisa a tornare ad una vita più o meno normale, loro avevano cercato di capire cosa stesse succedendo.
Non erano stupidi, sapevano che la mia sofferenza era dovuta ad una persona, e tutto ciò che avevo detto loro era che mi ero innamorata.

Avevo parlato di Noah, un ragazzo più grande che mi aveva rubato il cuore, ma che purtroppo si era trasferito portandolo con sé.
Non era stato per niente facile abituarmi alla sua assenza.
I miei genitori erano dispiaciuti e si erano resi conto che ciò che era successo mi aveva scossa nel profondo.
Molte volte mia madre aveva provato ad estorcermi qualche informazione in più, ma avevo preferito evitare il discorso.
Noah era un capitolo chiuso, doveva esserlo, altrimenti non ne sarei mai uscita.

Quando ero rientrata a scuola, dopo le vacanze, i miei amici avevano fatto di tutto per starmi vicino ed impedirmi di crollare.
Piano piano ero riuscita a tornare alla mia vita, anche grazie a loro.

I primi mesi erano stati un incubo, dato che, nonostante Noah se ne fosse andato, sapevo che ogni tanto sarebbe tornato per fare visita a suo nonno Frank e a suo zio, il professor Davis.
Dopo aver passato un periodo in cui, ogni volta che mi sembrava di scorgerlo tra la folla, le ferite nella mia anima sembravano riaprirsi per fare sempre più male, avevo deciso di mettere un punto a quella situazione.
Dovevo andare avanti per la mia strada, come immaginavo stesse facendo anche lui.

Avevo frequentato per qualche settimana un amico di Josh, il ragazzo di Sarah, ma le cose non erano andate bene e, quindi, mi ero completamente isolata da possibili relazioni, concentrandomi su me stessa.

Quella decisione mi aveva permesso di scoprire nuovi interessi e passare sempre più tempo con i miei amici.
I miei voti a scuola, già soddisfacenti, erano arrivati a sfiorare la perfezione e per quel motivo mi ero aggiudicata la possibilità di tenere il discorso durante la cerimonia di consegna dei diplomi.

-Stai crescendo troppo in fretta- sussurrò mio padre, abbracciandomi.

I miei occhi si inumidirono e strinsi le labbra per non piangere, commossa dall'affetto immenso che mi dedicavano le due persone che mi avevano messa al mondo.

-Era anche l'ora, papà- scherzai, tirando su con il naso.

Feci per allontanarmi dalle sue braccia, quando la voce di mia madre ci fermò.

-Ehi! Cosa pensate di fare? Mettetevi come prima, che vi faccio una foto-

-Mamma!- mi lamentai, -Faremo tardi! Dobbiamo passare da nonna Maggie, prima di andare-

-C'è sempre tempo per una foto, signorina- rispose lei, lapidaria, -E poi, avrò bisogno di rivivere questo momento quando tra qualche mese te ne andrai- concluse, sventolandosi con una mano per non commuoversi.

Ridacchiai insieme a mio padre, poggiando la testa sulla sua spalla, mentre mia madre scattava una quantità indefinita di foto.
Fermò addirittura una vicina di casa per chiederle di farne alcune a tutti e tre insieme.
Non protestai, sapendo quanto fosse importante per loro avere dei ricordi di quella giornata.
Entro la fine dell'estate mi sarei trasferita per frequentare il college, e, nonostante i miei genitori fossero fieri ed orgogliosi, sapevo che avrebbero sofferto la mia mancanza.

Prima di raggiungere la scuola, deviammo il percorso.
Fui l'unica a scendere dall'auto, mentre loro mi aspettavano.

-Non fare tardi, tesoro, ricordati che devi ripassare il discorso!- esclamò mia madre, mentre mi incamminavo verso l'entrata del cimitero.

La tranquillizzai, alzando il pollice nella sua direzione, continuando a camminare.

Rimasi in piedi, quella volta, davanti alla tomba di nonna Maggie.
Ero stata così tante volte a trovarla che ormai non sentivo più quella sensazione angosciante, ma, al contrario, mi sollevava il pensiero di poter in qualche modo parlare con lei.

-È arrivato il grande giorno, nonna- sussurrai al vuoto, respirando profondamente, -Spero che tu sia fiera di me. Io sto bene, sono felice e davvero soddisfatta di quello che sono diventata. Sto per cominciare una vita nuova, in una città nuova, con gente nuova. Sono un po' spaventata, certo, ma non vedo l'ora- ridacchiai, stringendomi nelle spalle, -Oh, ti saluta Frank. Sono stata a trovarlo l'altra settimana. Questa volta mi ha regalato una bellissima spilla e mi ha detto di portarti delle rose rosse. In questo momento non le ho con me, ma la prossima volta te le porterò-

Sospirai, pronta ad andare.

-Il vestito che ho indossato al ballo di fine anno era meraviglioso, e tu sei davvero incredibile. Sono quasi certa che quando mi sposerò spunterà fuori un abito da sposa, vero?- scherzai, scuotendo la testa, -Adesso devo andare, nonna, ma ci vediamo presto-

Accarezzai la foto che la ritraeva sorridente e mi avviai verso il cancello, diretta alla cerimonia.

-Non te la stai facendo sotto?- mi sussurrò Jennifer all'orecchio, -Io nei tuoi panni starei morendo dall'ansia-

Mi voltai verso di lei, fulminandola con un'occhiataccia.

-Grazie, menomale ci sei tu con il tuo sostegno- ironizzai, scuotendo la testa.

Lei rise, colpendomi leggermente con la spalla.

-E dai, che palle che sei. Ti prendo un po' in giro, altrimenti che gusto c'è?-

Non le risposi, facendo la sostenuta.

-Andrai sicuramente benissimo, hai ripetuto quel discorso almeno un centinaio di volte- tentò di rabbonirmi, con successo.

Era vero, mi ero preparata così bene che non c'era motivo di agitarsi, ma io e l'ansia eravamo una cosa sola e quindi non potevo rilassarmi completamente.

Ci trovavamo a scuola, nel campo di football che era stato preparato per la consegna dei diplomi.
Mancavano pochi minuti all'inizio della cerimonia ed io e i miei amici ci eravamo ritrovati prima che cominciasse.
Al centro del campo era stato allestito un palco, davanti al quale si trovavano tantissime sedie per gli studenti e le famiglie.
Noi ci saremmo posizionati in prima fila, pronti per salire sul palco una volta che il preside ci avrebbe chiamati.
Una sensazione di angoscia mi colpì, al pensiero di dover parlare di fronte a così tante persone.

-Pensi che sia un discorso stupido?- chiesi a Jennifer, improvvisamente preoccupata.

Lei sbuffò, prendendomi per le spalle.

-È meraviglioso e farai un figurone-

La ringraziai, abbracciandola.
Io e Jennifer eravamo diventate inseparabili.
Certo, non mancavamo di punzecchiarci continuamente e prenderci in giro, ma era un'amicizia tanto naturale e spontanea da non poter essere considerata altro che giusta.
Quello che aveva fatto per me dopo ciò che era successo con Noah non lo avrei mai dimenticato.
Così come non avrei dimenticato il gesto immensamente nobile che aveva compiuto durante il ballo di fine anno, qualche giorno prima.
Era stata, ovviamente, nominata regina, ma, una volta salita sul palco, aveva insistito affinché salissi con lei e condividessi quella sua vittoria.
Si era addirittura sfilata la corona e l'aveva posata sulla mia testa.
Inutile specificare che la serata si era conclusa con una sbronza colossale insieme ai nostri amici.
Il tutto, ovviamente, lontano dagli occhi dei professori.

-Ehi, la Regina e la Sirenetta. Come mai vi state abbracciando invece di scannarvi come al solito?-

Sarah ci raggiunse con un sorrisone stampato in faccia e io le corsi immediatamente incontro.
Le saltai al collo e per poco non rotolammo a terra.

-Che accoglienza! Te la stai sicuramente facendo sotto per il discorso- ridacchiò, una volta che si fu liberata della mia stretta micidiale.

-È quello che penso pure io!- commentò Jennifer, salutandola con un bacio sulla guancia.

Anche lei e la mia migliore amica avevano stretto un bel legame.
Io e Sarah eravamo una cosa sola, ma per svariati motivi il tempo che passavamo insieme si era leggermente ridotto.
Il mio evitare i ragazzi come la peste si sposava bene con la scelta di Jennifer di concentrarsi su sé stessa, perciò ci eravamo avvicinate.
Questo però non impediva a me, Sarah e Mike di onorare le nostre tradizioni ed uscite, frutto di anni di amicizia.
Lei e Josh conducevano una relazione seria e apparentemente magnifica.
Certo, litigavano come tutti, ed ogni volta io e Jennifer l'ascoltavamo per poi rimproverarla di essere troppo pretenziosa ed esagerata.

Dietro di lei vidi sbucare Josh, che la guardava con una tenerezza tale da rendermi un po' invidiosa.
Quei due erano davvero sdolcinati, tuttavia formavano una coppia fantastica.

-Ariel, mi hanno detto che terrai tu il discorso... nervosa?-

Alzai gli occhi al cielo, dopo averlo abbracciato velocemente.

-Ma perché me lo chiedete tutti?-

Lui rise, mentre passava un braccio attorno al corpo della mia migliore amica.

-Mike?- chiesi poi, guardandomi intorno.

-Oh, è al telefono con Lucy. Si stanno augurando buona fortuna- spiegò Josh, indicando con un cenno del capo dietro di sé.

Anche Lucy si trovava alla cerimonia dei diplomi della sua scuola e purtroppo non sarebbe stata presente, così come Mike per lei.
La consolazione era che da quel momento in poi si sarebbero visti più spesso, dato che entrambi avrebbero frequentato l'università di Miami.

Dopo pochi minuti Mike ci raggiunse, salutandoci.
Lo strinsi forte a me.

-Mi dispiace per Lucy, ma almeno andrete insieme al college- cercai di tirarlo su, sciogliendo la presa sul suo corpo.

Lui annuì, sorridendo.

-Lo so, non vedo l'ora!- affermò, felice, -Tu come stai? Sei nervosa per il discorso?-

Ora li picchio tutti, uno ad uno.

Ringhiai, frustrata, allontanandomi da lui senza rispondere.

-Ma che ho fatto?- protestò, confuso.

-Oh, non preoccuparti, Mike. È solo agitata per il discorso- intervenne Jennifer, provocando una risata generale.

-Giuro che se farò una brutta figura ve la farò pagare- li minacciai, puntando loro il dito.

-Fallo prima che ci trasferiamo per il college- mi schernì Sarah, facendomi la linguaccia.

-Come se Princeton fosse tanto lontana da me!- risposi, alzando gli occhi al cielo.

Ebbene sì, Sarah aveva coronato il suo sogno di frequentare il corso di letteratura a Princeton.
Josh, nel frattempo, si era laureato e stava cercando lavoro in New Jersey, per starle vicino.

La nostra conversazione fu interrotta dopo pochi minuti.

-Signorina White?-

Mi voltai, confusa, incrociando lo sguardo del professor Davis.
Era un uomo alto, sulla sessantina, sempre elegante e gentile. Aveva i capelli grigi e portava gli occhiali.
Negli ultimi mesi, vederlo mi provocava uno strano effetto, dal momento in cui non potevo evitare di collegarlo alla figura di Noah. Era il fratello di sua madre, dopotutto, l'uomo che aveva contribuito a crescerlo dopo la morte dei genitori.

-Mi dica- gli risposi, sorridendo.

-Posso parlarle qualche minuto?-

Mi guardai intorno, colta alla sprovvista.

-Certamente- risposi poi, annuendo.

Salutai i miei amici, informandoli del fatto che li avrei raggiunti direttamente alle nostre postazioni, e seguii il professore qualche passo più avanti.

-Dunque, Ariel, sono molto fiero di te. Lo sai, vero?-

Alle sue parole, aggrottai la fronte.
Io ed il professor Davis avevamo sempre avuto un legame particolare, ma non si era mai rivolto a me in tono così informale.
Dal suo ritorno dopo le vacanze di Natale, le cose si erano ulteriormente complicate.
Mi ero accorta che sapesse qualcosa di me e Noah fin da subito.
Mi guardava in modo diverso e un giorno mi aveva trattenuta dopo la lezione per parlarmi della mia lettera di raccomandazione per il college.
Aveva estratto una busta dalla sua valigetta e l'aveva posata sulla mia mano.
Ero rimasta abbastanza interdetta, chiedendogli se non volesse leggerla insieme a me, ma lui aveva scosso la testa.
Non l'aveva scritta lui, ma, dopo averla letta, aveva deciso di firmarla e spedirla, non prima di fare una copia per me.
Sapevo benissimo chi l'avesse scritta e la rivelazione mi aveva provocato una ricaduta lungo il mio percorso di disintossicazione da Noah Carter.
Quando lo avevo raccontato ai miei amici, Jennifer mi aveva consigliato di non leggerla, seguita dagli altri.
Alla fine, l'avevo bruciata, relegando la questione in un cassetto del mio cuore.
Quando, però, avevo capito che quella stessa lettera mi aveva dato una grandissima mano per l'ammissione, me ne ero pentita.

-La ringrazio, professore- gli risposi, dondolandomi sui talloni, -C'è altro che vorrebbe dirmi?-

Lui si guardò intorno per qualche secondo, poi sospirò e dalla tasca della giacca tirò fuori un cofanetto.
Me lo porse ed io lo afferrai, rigirandolo tra le mani.

-E questo cosa sarebbe?- gli chiesi, incuriosita.

-Mi ha chiesto di dartelo- mormorò a bassa voce, -È un regalo per il diploma e per l'ammissione al college-

Le sue parole mi pietrificarono e, per l'emozione, il cofanetto scivolò dalle mie mani, cadendo sull'erba del campo.
Lo raccolsi velocemente e lo ringraziai.
Lui mi sorrise cortese.

-Okay, ti lascio sola. Ci vediamo tra poco, e buona fortuna per il tuo discorso-

Quando se ne fu andato, mi lasciai andare ad un sospiro tremante.
Non c'era neanche bisogno di specificare da parte di chi fosse il regalo, e ciò mi infastidiva.
Non ero per niente andata avanti, se dopo sei mesi la mia reazione era quella di una stupida ragazzina ancora innamorata.

Perché, sì, ero sempre innamorata di Noah Carter, ma ero anche arrabbiata per com'erano andate le cose.
Se in un primo momento avevo cercato di rispettare la sua scelta di interrompere i contatti, successivamente mi ero ritrovata a covare sempre più rancore.
Il motivo era semplice: soffrivo così tanto che non potevo credere che per lui fosse così facile scordarsi di me.

Mi decisi ad aprire il cofanetto che avevo tra le mani e, non appena lo feci, ciò che vidi mi fece sgranare gli occhi.
All'interno trovai una collana d'argento fine, ma ciò che mi sorprese fu il ciondolo ad essa appeso: era composto da due filamenti ad elica che ricreavano la struttura del DNA, colorata e precisa come le illustrazioni presenti nei libri.
Mi scappò una risata e nello stesso momento una lacrima scivolò lungo la mia guancia.
Non c'era alcun biglietto, perché non serviva.
Avevo capito il messaggio.

Quel gesto accese in me una consapevolezza pericolosa: Noah faceva sempre parte di me.
Allo stesso tempo, mi chiedevo che significato avesse per lui.
Decisi di indossarla immediatamente, riponendo il cofanetto nella borsa che avevo portato con me.
Non avevo più tempo per interrogarmi su quella questione.
Mi aspettava la cerimonia che avrebbe sancito la fine del mio
percorso da liceale e l'inizio della mia nuova vita.

-Facciamo un applauso ai diplomandi di quest'anno della Sandalwood High School!-

Uno scroscio di applausi invase il campo di football e sovrastò i miei pensieri, riscuotendomi dal torpore nel quale ero piombata dopo la chiacchierata con Davis.

Sapevo che il momento del mio discorso si stava avvicinando sempre di più, ma la mia mente non riusciva a lasciare il pensiero di Noah e del ciondolo, che in quel momento stringevo forte tra le dita.
Mi aveva scioccata, non mi sarei mai aspettata un gesto del genere da parte sua.
Credevo che fossimo finalmente andati avanti entrambi, ma quella mossa aveva rimescolato le carte in tavola, e io mi chiedevo che significato avesse.

Capii di essermi nuovamente estraniata, quando Jennifer mi colpì leggermente il fianco con un gomito.
La guardai, confusa.

-Tocca a te tra poco!- sibilò, muovendo il capo verso il palco.

Le lanciai uno sguardo riconoscente e mi lisciai la toga, in attesa.

-Per questo i nostri studenti sono brillanti- stava dicendo il preside Peacock, -E, per l'occasione, una delle nostre migliori studentesse terrà un breve discorso- si interruppe, schiarendosi la voce.

Il cuore cominciò a martellarmi nel petto e ritrovai tutta l'agitazione che sembrava avermi abbandonata.

-È una ragazza che non si è mai persa d'animo, che ha lottato per i grandi risultati ottenuti, e che onorerà la nostra scuola quando tra pochi mesi comincerà una nuova avventura all'Università di Yale- affermò, pieno di orgoglio.

-Sto sudando, aiutami- sussurrai a Jennifer, nel panico.

-Non essere stupida, vai e spacca tutto!- cercò di calmarmi, stringendomi la mano.

-Invito la signorina Ariel White a raggiungermi sul palco-

La mia camminata fu accompagnata da un forte applauso, fischi ed esclamazioni di incoraggiamento.
Quando raggiunsi il preside, gli sorrisi educatamente, mentre ci scambiavano una stretta di mano.
Una volta raggiunto il microfono, con il leggio davanti, presi un profondo respiro, prima di incrociare gli sguardi di tutti i presenti.
Erano davvero tante persone, forse troppe.

-Salve- cominciai, schiarendomi subito dopo la voce, -Eccoci qui. Ho preparato un discorso e l'ho recitato così tante volte da farmi venire il mal di testa- scherzai, provocando delle risate generali, -Ma la verità è che l'emozione che sto provando adesso non l'avevo messa in conto- confessai, imbarazzata, ricevendo un altro piccolo applauso per darmi la carica.

, ce la posso fare. È il mio momento e niente e nessuno potrà rovinarlo.

Respirai profondamente, prima di poggiare le mani sul leggio e stringerne i bordi, per scaricare la tensione.

-Quando ho cominciato il liceo non avevo la minima idea di cosa avrei fatto dopo, e non me lo sono chiesto per molto tempo. Ho sempre pensato che prima o poi lo avrei capito, grazie ad un'illuminazione divina o una specie di epifania- mi bloccai per ridacchiare, -Ma la realtà è che non succede mai. Nessuno verrà mai a dirti cosa farai, né come lo farai. Semplicemente devi scegliere, da solo, e ci devi pensare molto bene. Ho capito di voler studiare biologia al penultimo anno e ho iniziato l'ultimo pronta a tutto pur di realizzare il mio sogno di studiare a Yale. Esserci riuscita mi riempie di gioia e soddisfazione- sorrisi, guardando i miei genitori e i miei migliori amici.

Alla fine, ce l'avevo davvero fatta. Non appena avevo ricevuto la lettera di ammissione, il mio pensiero era volato a nonna Maggie.
Non ero riuscita a mantenere la promessa di portarla via con me, ma avrei continuato da sola quel progetto che avevo immaginato insieme a lei.

Questo è per te, nonna. Ma anche per me, soprattutto per me, e finalmente l'ho capito.

-Non voglio essere troppo sdolcinata o disillusa, ma penso davvero che ognuno di noi abbia il suo posto nel mondo. Basta solo volerlo e lottare con tutte le forze- mi interruppi, prendendo l'ennesimo respiro per infondermi coraggio.

Capii di aver bisogno di prendermi del tempo per pensare a ciò che era successo con il professor Davis quando, nella folla, mi sembrò di scorgere un paio di occhi blu fin troppo familiari.
Mi pietrificai sul posto, boccheggiando per qualche istante.

Lo vedo davvero o è un'allucinazione?

Noah Carter si trovava sul lato destro rispetto alla folla, in disparte accanto a Davis, e mi fissava con una tale intensità da bruciarmi la pelle.
Distolsi immediatamente lo sguardo, conscia che altrimenti non sarei riuscita a concludere il discorso e a tornare alla mia postazione.

Ringraziai i professori, i miei compagni, soprattutto i miei migliori amici, e terminai il mio monologo con un augurio di buona fortuna per tutti.

-Questo è per noi, amici, e spero che andrà tutto per il meglio!-

Tornai al mio posto con un sorriso felice, tra gli applausi generali e gli abbracci di Sarah e Jennifer.

La cerimonia durò un altro po', giusto il tempo di consegnare personalmente i diplomi a tutti gli studenti.
Quando fu il mio turno, salii per la seconda ed ultima volta sul palco, stringendo la mano del preside che si congratulò.

Il mio sguardo volò subito dove prima aveva individuato Noah, non trovandolo più.
Cominciai a credere di averlo immaginato, mentre mi scioglievo nei festeggiamenti generali.

-Jen- la richiamai, mentre ci avviavamo verso le nostre famiglie, -Credo di avere un serio problema di allucinazioni- sussurrai, senza farmi sentire.

Lei mi guardò confusa, inarcando un sopracciglio.

-Di cosa stai parlando?-

Scossi la testa, fissando lo sguardo in un punto indefinito.

-Ho visto Noah- dissi, e prima che potesse rispondere la bloccai, -Ti giuro che l'ho visto. Ma adesso è sparito-

-Meglio così, no?- commentò lei, scettica.

Forse aveva ragione lei, ma non sapeva della mia conversazione con Davis, né del regalo che in quel momento portavo al collo.

-Aspetta, fammi spiegare. Davis prima mi ha dato un cofanetto, al cui interno ho trovato questa- spiegai, indicando la collana con il ciondolo, -È da parte di Noah. Deve pur significare qualcosa-

A quel punto, Jennifer si fece più attenta e si avvicinò per scrutare meglio l'oggetto da me indossato.
Rimase interdetta per qualche secondo, poi sorrise in modo strano.

-Come mai quell'espressione?- le chiesi, incuriosita e disorientata.

-Perché significa per forza qualcosa- decretò, in tono solenne.

Mi agitai sul posto e lei se ne accorse.

-Che devo fare?- domandai, in tono sofferente.

Sospirò e bloccò la nostra camminata, prendendomi per le spalle.

-Adesso mi ascolti bene. Non devi fare assolutamente niente. Ti godi questa giornata com'è giusto che sia e, se davvero è qui e se davvero ha intenzione di parlare con te, verrà a cercarti-

Il suo tono non ammetteva repliche e mi trovai d'accordo con lei.
Del resto, era stato Noah a mandarmi il regalo e se era venuto qui ci doveva essere per forza un motivo.
Fu con quel pensiero che raggiunsi i miei genitori e i miei amici, passando il tempo a festeggiare e a farci delle foto per ricordare quel momento così importante.

Ero stata all'erta tutto il tempo, senza riuscire neanche a intravedere Noah, ma fu quando, ormai terminati i festeggiamenti, ci apprestavamo a tornare a casa, che il mio cuore subì un duro colpo.

-Ciao, ragazzi. Ci tenevo a congratularmi con voi per questo traguardo importante-

Il respiro mi si fermò in gola, mentre il cuore prese a martellarmi nel petto.
Sapevo chi fosse.

Quanto mi è mancata la sua voce.

Mi voltai verso di lui, con i muscoli irrigiditi.
Notai l'imbarazzo di Sarah e Mike nel salutarlo, mentre Jennifer lo stava letteralmente incenerendo con lo sguardo.

-Professor Carter, che bella sorpresa!- esclamò il mio amico, sorridendo debolmente, -Se n'è andato senza alcun preavviso. Come sta?-

Noah sollevò un angolo della bocca, senza degnarmi di uno sguardo, mentre infilava le mani nelle tasche dei pantaloni.
Indossava un completo elegante, simile a quello della notte del ballo invernale.
Era più bello di come lo ricordassi.

-Sì, è vero- disse, grattandosi il mento a disagio, -È stata una cosa improvvisa e ho preferito mandare i miei saluti tramite mio zio-

Quando, dopo le vacanze di Natale, Noah non si era presentato a scuola e avevamo assistito al ritorno di Davis, gli studenti erano rimasti sorpresi e anche dispiaciuti.
Lui aveva raccontato tutta la storia, parlando di sua moglie e dell'importante operazione chirurgica che aveva sostenuto e della sua conseguente assenza temporanea, coperta da suo nipote, giovane laureato in cerca di un impiego.
Avevo già raccontato tutto ai miei amici, ma vivere l'effettiva mancanza del professor Carter aveva scombussolato la vita scolastica di tutti.

-Davis ci ha spiegato ogni cosa- rispose educatamente Sarah, -Sappiamo che ha insegnato in un liceo a Somerville-

Somerville era una città vicino a Boston, come lui stesso mi aveva raccontato.
Noah annuì lentamente, schiarendosi la voce.

-Sì, sono riuscito a finire l'anno lì- tagliò corto, -Vi vedo bene, ne sono molto contento-

Continuò a conversare con i miei amici, tra cui anche una riluttante Jennifer, mentre io non riuscivo a muovermi.
L'ultima volta che lo avevo visto stava dormendo e non lo avevo nemmeno salutato.
Avevamo passato la notte più bella della mia vita, che non avrei mai scordato e alla quale mi capitava spesso di ripensare.

-Jennifer- si rivolse a lei, dopo aver appreso i futuri piani di Mike e Sarah, -Tu che università frequenterai?-

Dal momento in cui non era più un nostro professore, non ci sorprendemmo del tono informale con il quale si rivolse a noi.

-La Parsons, a New York- rispose lei, sorridendo senza scoprire i denti.

Jennifer avrebbe studiato moda, la sua passione, in uno degli istituti più validi del paese nella Grande Mela.
Ero fiera di lei e contenta del fatto che non sarebbe stata poi molto lontana da me.
Ci saremmo viste il più possibile, accordandoci anche con Sarah.

Noah si congratulò anche con lei e poco dopo calò il silenzio.
A quel punto, decisi di intervenire.

-Ragazzi- dissi, con voce più bassa di quanto volessi, -Potete lasciarci soli per qualche minuto?-

I miei amici non se lo fecero ripetere due volte, sollevati dal poter scappare da quella situazione imbarazzante.
Solo Jennifer si allontanò poco convinta, continuando a lanciarci delle occhiate di traverso.
Alzai gli occhi al cielo, non riuscendo a trattenere un sorriso esasperato per il suo comportamento.

-Non credo di piacerle molto- mormorò Noah, spezzando il silenzio.

-È solo molto diffidente. Avevi ragione, alla fine- ammisi, riferendomi a quando sosteneva che Jennifer non mi odiasse e, al contrario, si sentisse in colpa per come mi aveva trattata.

-Sono felice che abbiate legato-

Annuii lentamente, con lo sguardo puntato sulle mie scarpe.

-Congratulazioni. Non ti ho detto niente perché so già da tempo che andrai a Yale. Non che avessi dubbi al riguardo- scherzò, rivolgendomi uno di quei sorrisi che mi fecero mancare l'aria.

Oh, Noah, guarda cosa mi hai fatto.

-Ho ricevuto il tuo regalo, ti ringrazio davvero. È bellissimo- ammisi, improvvisamente in imbarazzo.

-Lo vedo- disse soltanto, fissando il ciondolo, ed io non riuscii ad evitare di arrossire vistosamente.

-So che la lettera che hai scritto su di me ha giocato un ruolo importante nella mia ammissione-

-L'hai letta?- mi domandò, speranzoso.

Scossi la testa, mordendomi il labbro inferiore.

-L'ho bruciata- confessai, lasciandolo interdetto, -Ma me ne sono pentita subito. Comunque, ti ringrazio lo stesso-

Lui si strinse nelle spalle.

-Te lo avevo promesso e te lo sei meritato- rispose sinceramente, sorridendomi con dolcezza.

Non riuscivo a sostenere né il suo sguardo, né il suo atteggiamento così amichevole nei miei confronti.
Come faceva a mantenere la calma e a fare finta di niente?
Io non sapevo se saltargli al collo per baciarlo o per strozzarlo.

-Non solo perché sono venuta a letto con te, quindi?- scherzai, maledicendomi subito dopo.

Cazzo, che battuta infelice.

Inaspettatamente, però, Noah rise, contagiandomi subito dopo.

-Per quello avrei dovuto scrivere una lettera di merda- affermò, inarcando un sopracciglio, -Mi sono svegliato ed eri sparita-

La mia risata si spense, lasciando il posto ad un silenzio carico di tensione.
La mia mente ritornò a quella notte, ai nostri baci, ai sospiri e al dolore di doverlo lasciare.
Se non avessi riportato la conversazione su un terreno meno pericoloso, le cose sarebbero sicuramente degenerate.

-Be', adesso siamo qui- esclamai, facendo spallucce, -Mi fa piacere vederti-

-Anche a me, Ariel- sussurrò, carezzando il mio nome con la voce, -Sono fiero di tutto quello che stai facendo. Quindi ti trasferirai al campus?-

-Sì, partirò a fine agosto, per cominciare le lezioni con calma- lo informai, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, -Tu, invece? Insegnerai ancora in quel liceo a Somerville?-

Noah strinse le labbra, vagando con lo sguardo intorno a noi.

-Non lo so ancora, a dir la verità, ma non credo di allontanarmi molto da lì-

Stupidamente, fui felice di sapere che non avesse intenzione di tornare in Florida.
Nonostante trovarmelo davanti mi stesse dando la dolorosa impressione che niente sarebbe tornato come prima, la speranza dentro di me non scemava.

-So che sei stata spesso a trovare mio nonno-

Sorrisi istintivamente, ripensando a Frank e al suo sguardo tenero.

-Sì, mi sono affezionata a lui. Spero non ti dispiaccia-

Mi sorrise dolcemente, scuotendo la testa.

-Non pensarlo nemmeno. Sono contento, gli piaci molto e sapere che gli sei stata vicino mentre non c'ero mi ha fatto stare meglio-

La conversazione si esaurì ed il mio disagio cominciò a crescere.
Stavo per chiedergli il perché del regalo, della sua presenza quel giorno e tante altre cose che mi avevano logorato negli ultimi mesi, quando si decise a parlare.

-Sono felice che tu stia bene. Ti auguro buona fortuna e una buona estate-

Mi sorprese la sua voglia di concludere quel breve momento, quindi rimasi completamente immobile mentre si allontanava da me.

Che mi avesse detto addio definitivamente?
Forse il suo era un modo per salutarci da persone civili, prima di tornare alle nostre vite l'una senza l'altro.

Non ebbi tempo di elaborare un pensiero sensato, che subito i miei amici mi raggiunsero nuovamente.

-Cosa voleva?- chiese Sarah, impaziente.

Mi strinsi nelle spalle, improvvisamente triste.
Il mio umore era precipitato in un attimo.
Capii che il suo potere di destabilizzarmi non si era ridotto neanche un po' e mi accorsi che quella non poteva essere la fine.

Non può assolutamente andare così.

Mi chiedevo cosa avrei fatto, ma allo stesso tempo non riuscivo a fare un bel niente.
Non avevo intenzione di cercarlo, non sapevo nemmeno se in quei mesi avesse conosciuto qualcun'altra o meno, non mi sentivo nella posizione di poter pretendere niente da lui.
Allora perché lui era entrato di nuovo nella mia vita, quando avevo lottato con tutte le mie forze affinché ne uscisse?

-Non lo so... credo che volesse salutarmi una volta per tutte- sussurrai, sorridendo amaramente.

Jennifer passò un braccio attorno alle mie spalle.

-Benissimo, che si fotta! Allora adesso andiamo a festeggiare- decretò, seguita da cenni d'assenso di Mike e Sarah.

Annuii, cercando di risultare felice e pronta a godermi la giornata.
La realtà era che mi sentivo tremendamente confusa e atterrita dalle sensazioni che rivedere Noah mi aveva suscitato.

Nonostante tutto quello che era successo, tutto ciò che avevamo passato, qualcosa dentro di me mi urlava che non sarebbe finita in quel modo tra noi.

Ciao a tutti!
Capitolo immenso rispetto ai miei standard, lo so, ma non avrebbe avuto senso spezzarlo!

Allora, questa è la situazione attuale.
Il capitolo si svolge durante la cerimonia dei diplomi, a giugno.
Sono passati circa cinque mesi dall'ultima volta in cui Ariel e Noah si sono visti, la notte del ballo.
Ovviamente le cose sono cambiate e non è possibile che torni tutto come prima in pochi minuti.
Vedremo...

Adesso è certo: manca l'ultimo capitolo e, infine, l'epilogo!

Non ho molto da dire, per qualsiasi cosa sono qui!

Un bacio a tutti ❤️

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