Per sempre insieme a noi
-Cosa pensi di fare d'ora in avanti?-
Sospirai, incapace di trovare una risposta a quella domanda così scontata ma altrettanto difficile.
Io, Sarah e Mike avevamo deciso di trovarci al bar vicino alla nostra scuola prima dell'inizio delle lezioni, poiché mi sentivo agitata al pensiero che probabilmente quel giorno Noah sarebbe tornato.
Mi ero occupata di far avere il materiale che mi aveva consegnato a tutti i miei compagni, dicendo loro che avevo ricevuto una mail con gli allegati da parte del professore.
Avevo raccontato ai miei amici ciò che era successo a casa sua per filo e per segno, ricevendo in cambio facce sbalordite e neanche l'ombra di un consiglio su come comportarmi. Erano quasi più scioccati di me e non potevo biasimarli: era oggettivamente una situazione complicata.
Per utilizzare un eufemismo.
-Non lo so, ragazzi. Che dovrei fare? Non posso certo andare a parlarci- mi lamentai, parlando a bassa voce.
Mike mi sorrise intenerito mentre beveva il suo cappuccino pieno di schiuma di latte.
-Invece è proprio ciò che dovresti fare-
Strabuzzai gli occhi e scossi violentemente la testa.
-Assolutamente no!-
Sarah alzò gli occhi al cielo, poggiando rumorosamente la sua tazza sul piattino.
-Ariel, non puoi certo fare finta di niente. Ci avete già provato e non mi pare che sia andata molto bene-
Sbuffai, mentre sbocconcellavo il mio muffin al cioccolato.
Non ha tutti i torti.
-Aspetterò che faccia qualcosa lui, non voglio mettermi nei guai più di quanto lo sia già-
E lo pensavo davvero. Non avevo intenzione di entrare in qualcosa più grande di me, dal quale non sarei uscita facilmente, soprattutto senza alcuna garanzia.
Noah aveva avuto un atteggiamento difficilmente fraintendibile con me, ma ciò non bastava, dal momento in cui non aveva reso abbastanza chiare le sue intenzioni. Ormai era palese ad entrambi che ci fosse attrazione, ma andare oltre era un qualcosa di per niente scontato.
I miei amici mi scrutarono dubbiosi, accettando però in silenzio la mia decisione, quindi decisi di cambiare argomento.
-Quindi per sabato è tutto risolto?- chiesi alla mia amica, finendo di bere il mio caffè.
Le si illuminarono gli occhi e, fortunatamente, annuì sorridendo.
-Sì, e non vedo l'ora di festeggiare!-
Sorrisi di rimando e un dubbio si insinuò nella mia mente.
-Allora... chi verrà?- le chiesi, con nonchalance.
-Saremo un bel po', sai che adoro fare le cose in grande! Un centinaio, più o meno-
Mike scosse la testa esasperato, lanciandole uno sguardo divertito.
Mi trovavo d'accordo con lei; d'altra parte, la nostra era una scuola molto frequentata, si era tenuta in contatto con altre persone conosciute alle scuole primarie e aveva invitato quasi tutte le sue compagne di kick boxing. Per non parlare della quantità immensa di cugini coetanei che si ritrovava. Inoltre, c'erano gli amici del mare che avevamo conosciuto grazie a Mike e che ero quasi sicura avesse invitato.
La mia non era una domanda generale, però. Volevo sapere se ci fosse una persona in particolare.
-Quindi ci saranno anche Jaxon, Daniel, Elisabeth, Lucy, Colton e...-
-E Jordan, sì- concluse lei, interrompendomi, mentre si puliva gli angoli della bocca con un tovagliolo.
Al solo sentire quel nome, provai una sensazione di adrenalina e agitazione.
Del resto, era sempre stato così tra me e Jordan. Ci eravamo sempre visti a grandi intervalli di tempo e, talvolta passavano molti mesi. Era questo il motivo principale che ci aveva spinti a non andare oltre l'amicizia, ma dal compleanno di Mike le cose si erano notevolmente complicate.
Non era stato il primo per me, né io la prima per lui, ma questo non aveva reso ciò che avevamo condiviso meno intenso o importante. Era una cosa naturale, tanto che i nostri amici non ne erano rimasti sorpresi, sapevano che prima o poi sarebbe successo.
Purtroppo, però, dopo esserci sentiti per qualche settimana dopo quell'episodio, ci eravamo per l'ennesima volta persi di vista.
Nonostante i nostri amici del mare non avessero potuto essere presenti al funerale di nonna Maggie, si erano fatti sentire tutti, con messaggi di conforto e affetto che avevo apprezzato molto. Anche Jordan mi aveva contattata in quell'occasione, ma il dolore che provavo aveva assopito tutto l'interesse che quel gesto avrebbe potuto suscitare in me in altri contesti.
In quel momento, quindi, il pensiero di rivederlo mi eccitava e mi chiedevo cosa sarebbe successo. Da quando Noah era entrato a far parte della mia vita, però, il mio pensiero era raramente volato verso Jordan, e questa era un'altra delle cose che mi avevano spaventata, facendomi capire che ciò che provavo per Carter stava crescendo troppo velocemente.
Sorrisi ai miei amici, cercando di nascondere l'agitazione che quella notizia mi aveva provocato.
-Bene, sono contenta-
Sarah socchiuse gli occhi, scrutandomi con attenzione.
-Ariel, voglio ricordarti di non fare cazzate. Aldilà di Noah, sul serio, non voglio vederti stare male-
Mi scaldava il cuore la sua preoccupazione, anche se sapevo benissimo prendere le mie decisioni da sola.
-Sono d'accordo. Jordan è un bravissimo ragazzo ed è mio amico, ma tu sei la mia piccola sirenetta e non voglio che uno di voi due soffra per qualcosa di troppo complicato- aggiunse Mike, stringendomi la mano sul tavolino.
Abbassai lo sguardo, colpita dalle sue parole.
-Non preoccupatevi, ragazzi, non succederà niente. Io e Jordan ci vogliamo troppo bene per rovinare tutto-
Soddisfatti della mia risposta, i miei migliori amici mi sorrisero incoraggianti e insieme ci avviammo verso la scuola, prima che cominciassero le lezioni. L'ansia mi stava divorando ed ero quasi certa che ciò non fosse dovuto all'interrogazione di letteratura.
-Buongiorno, ragazzi! Come potete vedere, l'influenza non ha avuto la meglio su di me e sono tornato più forte di prima-
Così Noah fece il suo ingresso, più allegro del solito, ammiccando nella direzione di tutte le ragazze della classe, provocando mormorii eccitati e un mio sorriso esasperato.
Mi era mancato davvero tanto ed ero felice che fosse tornato.
Ci fu un saluto generale da parte di tutti che lo fece sorridere sinceramente, contento di essere mancato ai suoi studenti. Alla sua età e al suo primo impiego era sicuramente una cosa soddisfacente sapere di essere apprezzato così tanto.
Si sfregò le mani, mentre scorreva lo sguardo su uno dei suoi fogli, dove aveva probabilmente annotato ciò che avremmo fatto durante quell'ora di lezione.
Non potei fare a meno di arrossire quando il suo sguardo incrociò il mio e lui mi sorrise impercettibilmente, provocando un drastico aumento della mia frequenza cardiaca.
Morirò presto, se continua così.
Come sempre, fece il giro della cattedra e si appoggiò ad essa con il bacino, sfogliando un libro.
-Avete domande sul materiale che vi ho fatto avere dalla signorina White?- chiese poi, scrutandoci attentamente, ricevendo cenni di diniego da tutti.
Era un approfondimento ulteriore di ciò che avevamo già trattato a lezione, ed ero quasi sicura che in realtà non ci servisse poi così tanto. Infatti, nessuno chiese delucidazioni a proposito.
Sorrisi abbassando lo sguardo, realizzando che probabilmente era stata una scusa per vedermi.
Mike colpì lievemente il mio braccio con il gomito per attirare la mia attenzione.
-Cerca di essere più discreta- mi sussurrò all'orecchio, facendomi arrossire imbarazzata.
-Idiota- borbottai, mentre rideva di gusto insieme a Sarah.
Tornai con lo sguardo su Noah e cercai di concentrarmi su ciò che stava spiegando, incontrando non poche difficoltà ogni qualvolta i suoi occhi trovavano i miei.
Sono completamente andata.
Quando la campanella segnò la fine della lezione, aspettai che tutti i miei compagni lasciassero l'aula, scambiando un'occhiata d'intesa con i miei amici.
Finii di riporre le ultime cose nello zaino, mentre Noah sfogliava la sua agenda.
Lo raggiunsi con lo zaino in spalla, fino a fermarmi davanti a lui, schiarendomi la voce.
Alzò lo sguardo e mi guardò di sottecchi, accennando un mezzo sorriso che mandò in tilt le mie sinapsi.
-Signorina White- mi salutò, con un cenno del capo, -Ha bisogno di qualcosa?-
Eh, avrei bisogno di tante cose.
Scossi la testa per scacciare i pensieri invadenti che la stavano affollando e sorrisi imbarazzata.
-In realtà, volevo sapere come si sente. Si è ripreso dall'influenza?- gli ressi il gioco, poggiando i palmi sulla cattedra.
Sbuffò una risata e si alzò, portandosi davanti a me.
-Sì, è molto gentile da parte sua questo interesse. Ho avuto una visita che mi ha...- si bloccò, come per cercare le parole giuste, -aiutato a stare meglio- sussurrò infine, sempre più vicino al mio viso.
Arrossii a quell'allusione e non potei fare a meno di sorridere come un'idiota.
Feci per ribattere, quando un rumore di tacchi ci costrinse ad allontanarci, spezzando l'atmosfera carica di elettricità che si era creata.
Volsi lo sguardo alla porta e mi pietrificai, incontrando la figura ammaliante di Karen Cooper.
-Oh, scusatemi! Non volevo disturbare- esclamò mortificata, rimanendo sull'uscio della porta dell'aula.
Noah le sorrise amichevolmente e scosse la testa.
-Karen, non preoccuparti, dimmi pure-
Solo colleghi, certo.
Le si illuminarono gli occhi e si portò una ciocca di quei capelli rossi e setosi dietro l'orecchio.
-Ero solo passata per confermare l'orario di stasera, ho prenotato per le otto e mezza-
Sentii il petto sprofondare e sorrisi amaramente, guardando in basso.
Che stupida che sono.
Avevo seriamente pensato che un ragazzo come Noah avesse intenzione di perdere tempo con una studentessa?
-Oh, certo. Allora ci vediamo stasera- la salutò lui, leggermente a disagio a causa della situazione.
Mi sentivo di troppo e potevo percepire lo sguardo di Noah bruciare sulla mia pelle.
La professoressa Cooper ci salutò con un cenno della mano e sparì dietro la porta.
Senza perdere ulteriore tempo mi affrettai ad andarmene, troppo delusa e ferita per rimanere nella stessa stanza con lui, ma la mia camminata venne bloccata dalla sua mano attorno al mio polso.
Lo fulminai con lo sguardo e ritirai il braccio, strattonandolo.
Nei suoi occhi leggevo dispiacere e mortificazione.
-Ariel, non è come pensi-
Scoppiai a ridere, per niente divertita, incrociando le braccia al petto.
-E cosa starei pensando? Sentiamo-
Noah chiuse gli occhi e respirò profondamente, ma non gli diedi il tempo di ribattere.
-Penso solo di essere stata una stupida ad aver creduto alle tue parole- sussurrai, prima di lasciare la stanza e correre lontano da lui.
Parcheggiai l'auto lungo la strada e spensi il motore, prendendo un profondo respiro per calmarmi.
Avevo deciso di venire da sola, nonostante le insistenze dei miei genitori nel volermi accompagnare. Era una cosa fin troppo intima, non sarebbe stato giusto nei confronti del meraviglioso rapporto che avevo con nonna Maggie.
Afferrai con delicatezza i fiori che avevo poggiato sul sedile del passeggero ed inspirai il loro odore: ortensie e peonie. Erano fiori belli, semplici ed eleganti; proprio come la nonna.
Camminavo tra le lapidi con un grande senso di angoscia.
I cimiteri mi davano un'orribile sensazione e questo mi agitava, ma ero determinata in ciò che stavo facendo.
Giunta davanti alla tomba di nonna Maggie, mi inginocchiai lentamente, poggiando il piccolo bouquet di fiori sulla pietra liscia.
Accarezzai la foto che la ritraeva sorridente e sorrisi di rimando, percependo la consistenza di una lacrima che scorreva sul mio viso.
-Ciao, nonna- sussurrai con fatica, a causa del nodo che mi stringeva la gola.
-Scusami per essere venuta a trovarti solo adesso, ma sai che questo posto mi inquieta leggermente- risi tra le lacrime, sedendomi a terra accanto a lei.
-Mi manchi, tantissimo- continuai, con voce rotta, -Non riesco più a mangiare i pancakes. Senza di te non sanno di niente. E non riesco più a guardare Love Story, né ad ascoltare Frank Sinatra. Sono sempre al trentesimo capitolo di Cime tempestose e non voglio finirlo senza di te-
Mi interruppi per regolarizzare il mio respiro.
-Mi sento in colpa perché ultimamente sto meglio, con mamma e papà le cose si stanno aggiustando e non piangevo da settimane. Allora perché sento che mi manca l'aria? Perché ho paura di non poter respirare senza te al mio fianco?-
Piansi per molto tempo, senza badare al tempo che passava, seduta accanto alla lapide con le mani ad abbracciare le gambe e il volto nascosto tra esse.
Dopo un tempo indefinito, sentii dei passi scricchiolanti avvicinarsi a me, e successivamente una mano grande e calda stringere la mia spalla.
Alzai di scatto lo sguardo e guardai spiazzata i miei genitori. Mia madre aveva una mano a coprire la bocca e singhiozzava, mentre mio padre era accovacciato accanto a me, con gli occhi colmi di lacrime.
Quella scena mi strinse il cuore e cominciai a piangere più forte, tuffando il volto nel petto di mio padre, che prontamente mi avvolse tra le sue braccia, cullandomi come fossi ancora una bambina.
Anche mia madre si unì all'abbraccio, accarezzandomi dolcemente i capelli e lasciandomi un bacio sulla nuca.
Rimasi in quella posizione per svariati minuti, in un silenzio spezzato solo dai miei singhiozzi, tra le braccia delle due persone più importanti della mia vita.
-Che ci fate qui?- sussurrai con la voce graffiata dal pianto.
-Abbiamo pensato che avessi bisogno di noi- spiegò mio padre, il quale cercava di mantenere ferma la voce nonostante il tremolio delle sue labbra.
-Non avevamo intenzione di essere invadenti- si affrettò a specificare mia madre, passando i suoi pollici sulle mie guance per asciugarmi le lacrime.
Li guardai sorridendo senza smettere di piangere.
-Grazie- sussurrai, abbracciandoli nuovamente.
Il mio pianto si era trasformato in un qualcosa di liberatorio, ero grata ai miei genitori per ciò che mi avevano dimostrato nell'ultimo periodo e per il gesto che avevano appena compiuto.
Non avrei mai creduto di avere così tanto bisogno di loro; invece, come sempre, i miei genitori sapevano meglio di me cosa mi servisse.
Eravamo noi tre davanti alla lapide di nonna Maggie e non potei fare a meno di pensare a quanto sarebbe stata felice di vederci lì.
Alzai lo sguardo al cielo e sorrisi.
Ti voglio bene, nonna.
-Sarà per sempre insieme a noi- sussurrò mio padre, guardando con tenerezza la foto di sua madre.
Ci stringemmo ancora, in pace e soddisfatti di quel momento che sembrava sancire un nuovo inizio per la nostra famiglia.
-Che ne dite di cenare fuori?- irruppe poco dopo mio padre.
Annuii sorridendo mentre ci alzavamo da terra.
-Dove vorresti andare, tesoro?- mi chiese mia madre, mentre ci incamminavamo lungo il cancello per uscire dal cimitero.
Li guardai con un sorriso furbo, conscia del fatto che avrei ottenuto ciò che volevo.
Mio padre alzò gli occhi al cielo, allargando le braccia.
-Va bene! Vada per il giapponese-
Così ci allontanammo, con il suono dei nostri passi accompagnato dalle nostre risate.
-E così sono venuti a sostenerti in un momento così importante, eh?-
Kelsey mi guardava con un sorriso dolce, seduta sulla sua poltrona con le gambe accavallate.
-Sì, e non avrei mai pensato di averne così tanto bisogno fino a che non li ho visti davanti a me- risposi strofinando le mani un po' imbarazzata.
-Ariel, i tuoi genitori ti amano, e ricorda che un figlio ne avrà sempre bisogno-
Non potei fare a meno di pensare a Noah e a Matt, orfani cresciuti dai nonni; sicuramente pieni di affetto e amore, ma privati di una parte essenziale della vita.
Basta pensare a quello stronzo.
Nonostante tutto, ero contenta di come stesse procedendo la mia vita, sentivo di essermi incamminata nella giusta strada.
Kelsey sospirò soddisfatta, alzandosi e dirigendosi alla sua scrivania.
-Be', credo che il mio aiuto non serva più-
Corrugai la fronte e schiusi le labbra, confusa.
-In che senso?-
Lei mi si avvicinò, rimanendo in piedi.
-Penso che tu possa proseguire da sola, d'ora in avanti- affermò con tono dolce.
Spalancai gli occhi e mi mossi agitata sulla poltrona.
-No! Cioè, è presto per dirlo-
Non mi puoi abbandonare.
Kelsey sbuffò una risata.
-Ariel, so cosa stai pensando. Hai paura di non farcela, ma ti sbagli di grosso. Avevi solo bisogno di un piccolo aiuto, ma sappiamo entrambe che ci saresti riuscita in fretta-
Annuii, sorridendo appena.
-Per questo devo ringraziarti- mormorai a bassa voce.
-Oh, no, è tutto merito tuo-
Mi alzai, pronta per salutarla definitivamente.
-Allora...- cominciai, senza sapere cosa dire.
Lei mi strinse la mano tra le sue.
-Ovviamente sappi che in qualsiasi momento tu abbia bisogno di me, ti basterà chiamarmi- mi rassicurò, porgendomi un suo biglietto da visita.
Lo presi e lessi i vari contatti, notandone uno scritto a penna.
-Ho inserito anche il mio numero di cellulare personale, non si sa mai-
-Ti ringrazio- sussurrai, pervasa da una sensazione di calore e affetto.
Mi accompagnò fino alla porta.
-Ciao, Ariel. Credi sempre in te stessa-
Lasciai lo studio con il sorriso sulle labbra, soddisfatta del mio percorso.
Mi scuso immensamente per questo ritardo, ma non ho potuto fare altrimenti!
Capitolo abbastanza intenso per la nostra Ariel, sicuramente pieno di emozioni e sentimenti contrastanti...
Bene, cosa pensate? Noah e Karen saranno davvero solo colleghi/amici?
E Jordan? Sappiate che lo incontreremo nel prossimo capitolo! Avrete capito che rapporto c'è tra i due, diciamo pure che si tratta di un legame particolare e molto profondo!
Non ho molto altro da dire se non, come sempre, grazie; a voi che mi supportate (e sopportate) in questa mia avventura e che seguite i miei deliri :')
Ci vediamo al prossimo aggiornamento, venerdì 24 luglio!
A presto, un bacio <3
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