Non è una buona idea
Per tutto il tempo seguente, continuai a lanciare occhiate a Noah, aspettando il momento giusto per alzarmi e riuscire ad intercettarlo, il tutto il più discretamente possibile.
Ad un certo punto, finalmente si alzò e si diresse verso il bancone, con il bicchiere vuoto. Mi alzai a mia volta e presi in mano il mio.
-Ragazzi, io faccio il terzo giro, vado e torno!- informai i miei amici accennando al bicchiere.
Loro annuirono e tornarono a parlare, senza chiedermi altro. Sembrava non si fossero accorti delle mie intenzioni, o più semplicemente non erano interessati e io avrei dovuto vincere il premio "paranoica dell'anno".
Presi un respiro profondo e mi diressi verso il bancone, facendomi strada tra la folla di persone che mi separava da quest'ultimo.
Mi posizionai di fianco a Noah e poggiai il mio bicchiere facendo rumore. Il barista mi notò e si avvicinò a me con un sorriso.
-Vorrei un Sex on the beach, per favore!- alzai la voce per farmi sentire sopra la musica.
Annuì e si allontanò cominciando a preparare il mio cocktail.
Mi ero accorta dello sguardo di Noah su di me, ma non riuscivo a guardarlo in faccia. Ogni traccia della mia sicurezza sembrava svanita in quel momento.
Questo perché, prima di fare qualsiasi cosa, dovresti pensarci più di un millisecondo.
Continuai a fissare il bancone mordicchiandomi il labbro inferiore.
Forse non era stata un'idea tanto geniale raggiungerlo, dato che stavo facendo la figura della cretina non degnandolo nemmeno di uno sguardo.
Il barista tornò indietro con il mio drink, quindi preparai il portafogli per pagare, quando una voce mi fermò.
-Per la ragazza offro io-
Mi immobilizzai e scattai subito con gli occhi su Carter, alzando un sopracciglio.
-È un problema?- mi chiese lui, mentre allungava una banconota al barista.
Scossi la testa e accennai un sorriso.
-No, no... grazie, non dovevi, cioè non doveva- balbettai colta alla sprovvista.
Sorrise anche lui e ripose nel portafogli il resto che gli aveva dato il ragazzo al bancone.
-Ariel, sei qui per un motivo?- mi chiese ad un tratto, avvicinandosi di più a me per non dover urlare.
Deglutii e spostai gli occhi in un punto indefinito.
-Sì, cioè no, voglio dire... forse-
Ma cosa mi stava succedendo? L'alcol aveva avuto l'effetto opposto a quello che mi sarei aspettata. Altro che sfacciataggine, io mi ero completamente fusa le sinapsi.
Noah mi guardò divertito.
-Okay, immagino che tu voglia parlare- si guardò intorno e poi tornò a me, -Ci vediamo in bagno, è meglio che nessuno ci veda, altrimenti chissà cosa potrebbero pensare-
Detto questo si allontanò da me, lasciandomi ancora più perplessa.
In tutto questo io non ero riuscita a ribattere, nemmeno una sola sillaba.
Tornai al tavolo con il mio drink e lo poggiai davanti alla mia sedia.
-Ragazzi, vado in bagno, queste bevute stanno avendo effetto- scherzai fingendo nonchalance.
Erano tutti su di giri per l'alcol e non mi prestarono molta attenzione, il che mi tranquillizzò.
Per sicurezza lanciai anche un'occhiata verso gli amici del professore e notai con sollievo che anche loro erano concentrati a ridere e scherzare.
Mi diressi quindi verso i bagni, trovando Noah in fila.
Appena mi vide mi si avvicinò e indicò la coda di persone alle sue spalle.
-Credo sia meglio andare a parlare fuori-
-Lo credo anche io- risposi, ringraziando di essermi portata dietro la giacca di pelle.
Uscimmo da una porta, che non era quella principale dalla quale ero entrata, e sbucammo in una stradina nella quale si trovavano altre persone a fumare o semplicemente chiacchierare senza il frastuono della musica.
Una volta fuori, respirai a pieni polmoni l'aria fresca di ottobre, seguendo Noah fino ad un punto poco più appartato del vicolo.
In quel momento non avevo più scuse, avrei dovuto cominciare a parlare senza perdere tempo inutile, ma lui mi precedette ancora.
-Allora... cosa volevi dirmi?-
Riuscivo a vederlo più chiaramente, alla luce dei lampioni e della luna, che rifletteva nei suoi occhi blu trasformandoli in due pozze scure nelle quali mi sentii persa.
Teneva le mani nelle tasche dei jeans neri e la giacca di pelle era aperta su una maglietta nera. Ai piedi portava degli anfibi dello stesso colore. Eravamo vestiti in modo simile.
-Cos'ho di strano?- mi chiese scrutandomi confuso.
Mi riscossi dai miei pensieri e lo guardai negli occhi.
-Oh niente, non pensavo che fossi un tipo da anfibi e giacca di pelle- scherzai, accennando al suo abbigliamento.
Sorrise e abbassò lo sguardo, annuendo lentamente.
-Be', non siamo vestiti in modo tanto diverso... stai molto bene-
Chiusi gli occhi e deglutii.
Non andava affatto bene la piega che stava per prendere il discorso. Non andava bene perché mi stava piacendo. Non ero stupida, Noah era pur sempre un ragazzo giovane davanti ad una ragazza messa in tiro, fuori da un locale e con qualche drink di troppo in circolo. O almeno, io sicuramente stavo cominciando a sentirne l'effetto.
-Ti ringrazio, ma sono qui per parlare di un'altra cosa-
Mi lanciò un'occhiata di traverso e si appoggiò con le spalle al muro, al mio fianco.
-Sono tutto orecchie-
Che atteggiamento strafottente.
-Come mai oggi a scuola ti sei comportato così?-
Perfetto, avevo lanciato la bomba e non sarei più potuta tornare indietro.
-Così come, scusa?-
Lo guardai irritata, conscia del fatto che lui sapesse benissimo di cosa stessi parlando.
-Lo sai benissimo-
Scoppiò a ridere e con una spinta si staccò dal muro, avvicinandosi a me.
In risposta io distolsi lo sguardo dal suo, a disagio.
-Vorrei sapere cosa c'è di tanto divertente-
Schioccò la lingua sul palato e si inumidì le labbra, guardando il muro alle mie spalle.
-Ariel, dimmi cosa ti ha dato fastidio e parliamone-
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Mi sembrava tutto così assurdo. Io e il professor Carter a discutere fuori da un locale all'una di notte.
-Senti, ho notato benissimo la tua freddezza prima della lezione di stamattina, non girarci intorno-
Assunse un'espressione sorpresa, che mascherò subito con un mezzo sorriso.
-Sono il tuo professore e tu una mia alunna. Ti ho semplicemente invitata ad entrare in classe, dato che la campanella era suonata-
Il suo discorso non faceva una piega, ne ero consapevole, ma sentivo lo stesso che c'era qualcosa di strano. E soprattutto, aveva capito a cosa mi stessi riferendo, senza che dovessi spiegarglielo.
-Questo l'avevo capito, ma poi te ne sei andato di fretta e io volevo parlarti, però-
-Vuoi sapere dove sono andato?- mi interruppe con un sorriso divertito.
Mi imbarazzai fino al punto in cui sentii la pelle del viso bruciare.
-No!- esclamai, torcendomi le mani l'una con l'altra.
-Allora qual è il problema?-
Non seppi cosa rispondere perché, di nuovo, il suo discorso aveva senso.
Mi sentii una completa idiota. Ovvio che non fosse successo niente, lui si era comportato in modo assolutamente normale.
Allora perché ti dà così tanto fastidio?
-Hai ragione, non c'è alcun problema. Volevo solo chiarire- risposi infine, sorridendo debolmente.
Lui rimase a fissarmi per qualche secondo, scavando nel mio sguardo.
Feci per tornare indietro, quando mi sentii afferrare per il polso.
-Ariel... ti chiedo scusa se il mio atteggiamento può averti ferita in qualche modo, ma non credo sia una buona idea parlarne adesso-
Rimasi impalata a fissarlo, con ancora la sua mano che avvolgeva il mio polso. Lui se ne accorse e lasciò delicatamente la presa.
Spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mi schiarii la gola, non sapendo bene come ribattere. Cosa intendeva?
-E perché non sarebbe una buona idea?-
Lui sospirò e si passò una mano sul viso.
-Lo so, forse ti sembrerò poco professionale, ma... è tardi ed ho pur sempre bevuto- spiegò, a disagio.
Soppesai le sue parole, mordicchiandomi il labbro inferiore.
-Lo capisco, ma non stiamo facendo niente di male... sei stato tu a farmi capire che fuori da scuola possiamo comportarci come due normali conoscenti-
Noah sollevò un angolo della bocca e scosse la testa, facendomi accigliare.
-Ho detto qualcosa di sbagliato?- chiesi con tono irritato.
Ero fin troppo sicura di me in quel momento, ma il suo atteggiamento stava cominciando ad irritarmi.
A quel punto mi si avvicinò, appoggiandosi al muro con una spalla.
-Penso davvero che la conversazione dovrebbe chiudersi qui-
Per qualche secondo rimasi senza parole, boccheggiando in maniera goffa e confusa, poi la mia faccia si trasformò in una maschera di incredulità.
-Davvero? Vuoi fare il misterioso?-
Rimase in silenzio, continuando a fissarmi. Tutto ciò non fece che aumentare la mia rabbia.
-Sai che ti dico? Pensavo di poter avere un rapporto normale e, perché no, di amicizia- sbottai, delusa, -soprattutto dopo quello che ci siamo detti su mia nonna, al funerale, al bar...- mi bloccai, realizzando quanto fosse fuori luogo quella conversazione.
Da quando abbiamo tutta questa confidenza? Anzi, da quando io mi permetto di rivolgermi così a lui?
Stavo cominciando a capire a cosa si riferisse.
-Appunto- rispose infine, distogliendo lo sguardo dal mio.
In quel momento mi sentii davvero una stupida. Stavo davvero facendo il terzo grado al mio professore per essersi comportato in modo strano e freddo con me a scuola?
Ma non era possibile che fosse tutto nella mia testa, il primo a prendere confidenza era stato lui, e già dal funerale di nonna Maggie avevo capito che il nostro rapporto non avrebbe più potuto seguire una strada formale e professionale. Non per me, almeno. Carter aveva assistito ad uno dei momenti più vulnerabili della mia vita, aveva conosciuto, a quanto pareva, una delle persone a me più care. Come potevo ignorare queste cose?
Mi riscossi dai miei pensieri e sospirai, stanca di non capirci più niente.
-Credo che dovremmo fare finta di niente- affermai, con tono dolce, -Ricominciamo da capo, come una normale studentessa e un normale professore-
Noah sollevò un angolo della bocca e annuì.
-Già... è l'unica cosa sensata da fare-
Perché una cosa obiettivamente giusta, mi sembra così forzata e sbagliata?
Decisi quindi di rientrare all'interno del locale, per raggiungere i miei amici, quando la sua voce mi fermò un'ultima volta.
-Sei bellissima, comunque-
Fu in quel momento che capii, la realtà mi colpì come un pugno al petto: non sarebbe stato affatto facile fare finta di niente.
Per nessuno dei due.
La mattina seguente mi alzai in uno stato di apatia. Non avevo bevuto poi così tanto, quindi il risveglio non fu particolarmente traumatico.
Ero sempre turbata dalla conversazione che avevo avuto con Noah, ma non riuscivo a non pensare agli sguardi intensi che mi aveva rivolto, il suo sorriso malizioso e i complimenti che mi aveva fatto.
Guardai il soffitto della mia camera e sospirai, rassegnata.
Non dovrei reagire in modo così eccessivo... Carter è il mio professore, e comunque tra noi non è successo niente.
Il problema principale era proprio quello: non era successo niente, eppure ero uscita dalla conversazione come se avessi fatto uno sforzo immane che mi aveva moralmente distrutta.
Mi chiedevo cosa sarebbe successo, se le cose fossero andate avanti... se avessi risposto al suo complimento, cosa che avevo desiderato ardentemente, se mi fossi avvicinata di più a lui, se non avessi deciso di chiudere la conversazione... se lui non si fosse trattenuto dal dirmi cosa gli stesse passando per la testa.
Forse non ti sarebbe piaciuto saperlo. O, forse, ti sarebbe piaciuto così tanto che te ne saresti pentita.
Non sapevo davvero cosa pensare o dove sbattere la testa. Il mio invito a ricominciare da capo era una cosa più facile a dirsi, che a farsi.
Tutto ciò che avevo guadagnato da quella serata era un grande senso di amarezza e tanta stanchezza per aver fatto le ore piccole.
Ovviamente avevo cercato di nascondere il mio stato d'animo ai miei amici, cosa non difficile dal momento in cui eravamo tutti un po' brilli. Sarah e Mike mi avevano riaccompagnata a casa e, dopo qualche chiacchiera, ci eravamo salutati dandoci appuntamento direttamente il lunedì a scuola.
Il finesettimana trascorse molto velocemente: studiai, mangiai con i miei genitori e raccontai loro della mia prima seduta con la dottoressa Weigh, per poi passare il resto del tempo appollaiata sul divano a guardare la televisione o a leggere. La cosa certa era che per quel weekend avevo già dato abbastanza, e non avevo voglia di uscire ancora.
La domenica decisi di andare a correre nel parco vicino casa mia, per scaricare le tante emozioni che avevo accumulato in quei giorni.
Più passava il tempo e più sentivo la mia ansia crescere se pensavo all'indomani, quando avrei rivisto Carter a scuola.
La cosa da una parte mi elettrizzava, ma dall'altra non mi permetteva di rilassarmi.
Sarei davvero stata capace di fare finta di niente?
Buongiorno a tutti! Oggi aggiorno prima del previsto, ma non stavo più nella pelle!
Tengo molto a questo capitolo, perché è uno dei momenti in cui le maschere di Ariel e Noah cadono, non del tutto, ma abbastanza per rendersi conto di ciò che sta succedendo tra loro.
Cosa pensate di ciò che si sono detti?
Credete che sarà facile, per loro, mantenere la promessa fatta?
Voglio ringraziare tutti voi per i commenti, i voti e le visualizzazioni che avete dato a questa piccola creatura che è la mia storia. Siete meravigliosi, ho conosciuto tante persone davvero gentili e sapere che ci sia qualcuno impaziente di leggere ciò che scrivo e che si emoziona a farlo, mi rende davvero soddisfatta e felice.
E finalmente abbiamo raggiunto (e superato) 1k visualizzazioni!
Tutto merito vostro... a venerdì prossimo! Un bacio <3
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