Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Non è affatto semplice

Il contatto con il corpo di Noah mi incendiò, provocando uno sfarfallio nel mio stomaco.

Oddio, finalmente.

Mi sembrava di aver atteso quel momento per un tempo infinito e quasi stentavo a credere che stesse accadendo davvero.

Allacciai le braccia al suo collo e mi allungai sulle punte dei piedi per approfondire il bacio, mentre la sua mano si spostava dal fianco alla schiena, cingendomi saldamente per farmi aderire al suo petto.

Senza staccarci, ci muovemmo di qualche passo fino a quando i miei fianchi sbatterono contro una superficie in legno. Allontanai le mani dal suo corpo solo per aggrapparmi ad essa e, come se mi avesse letto nella mente, Noah mi sollevò fino a farmi sedere sopra al tavolo, posizionandosi tra le mie gambe.

Successivamente, portò le mani ai lati del mio viso, facendo una leggera pressione con il pollice sulla mia guancia. Schiusi le labbra di riflesso, accogliendo la sua lingua e accarezzandola con la mia.

In quel momento potevo toccare il cielo con un dito. Mai mi era capitato di provare certe emozioni per un bacio e questo mi spaventò.

Il contatto, dapprima cauto e indeciso, sì trasformò in famelico e ciò aumentò quando intrecciai le mani nei suoi capelli, stringendoli e tirandoli appena.

Noah emise un sospiro che annientò qualsiasi mia resistenza e infilò una mano sotto al mio maglioncino, percorrendo con le dita tutta la mia spina dorsale.

Ero totalmente in balia del suo tocco, tanto che dovetti attingere a tutta la mia forza di volontà per interromperlo, non prima di aver mordicchiato il suo labbro inferiore.

Posai la fronte sulla sua, affannata e accaldata, aprendo piano gli occhi.

Quello che lessi nei suoi bruciò gli ultimi rimasugli di buonsenso che mi rimanevano e scatenò una tempesta nel mio basso ventre.

Dovevamo fermarci o sarebbe successo l'irreparabile.

Mi schiarii la voce, imbarazzata, cercando di ricompormi.

Lui sorrise maliziosamente e passò il pollice sulle mie labbra, seguendone il contorno.

Ti prego, smettila.

-Questo è un bacio- sussurrò Noah, lascivo, -Dillo al tuo amico-

Avvampai, sotto il suo sguardo bruciante di desiderio.

-Idiota- borbottai, senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.

Non potevo credere a ciò che era appena successo, nonostante sapessi che fosse oramai impossibile mantenere le distanze tra di noi, e il fatto che continuasse a fissarmi con così tanta intensità non mi permetteva di pensare lucidamente.

-Non guardarmi così-

Noah sollevò un sopracciglio, senza smettere di sorridere.

-Va bene- mormorò infine, facendo per allontanarsi.

Lo afferrai per il colletto della camicia, riportandolo ad un palmo dal mio viso, e in uno slancio di sicurezza gli lasciai un altro bacio sulle labbra.

-Meglio se ci fermiamo- sussurrò ad occhi chiusi, per poi arretrare di qualche passo.

Era semplicemente meraviglioso, con la camicia spiegazzata dalle mie mani, i capelli scompigliati e le labbra gonfie per i nostri baci.

Mi chiedevo che aspetto dovessi avere io, accaldata com'ero.

Annuii, poggiando i piedi a terra e scendendo dal tavolo.

-Pensi ancora di essere stata una stupida per aver creduto alle mie parole?-

Arrossii, schiarendomi la voce e portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Diciamo che ti sei guadagnato il beneficio del dubbio- lo provocai, fingendo un'aria altezzosa.

Lui sollevò un angolo della bocca, in un gesto tremendamente sexy.

In quel momento, potevo affermare con assoluta certezza cosa si celava dietro agli sguardi che ci eravamo sempre lanciati; tanta attrazione e tanti pensieri inopportuni che mi stavano affollando la mente.

-Ah, sì?- mormorò, avvicinandosi lentamente.

Posai una mano sul suo petto, impedendogli di raggiungermi.

-Sì, Casanova. Com'è andata la cena con Karen?- gli chiesi candidamente, fingendo una calma che non mi apparteneva.

Sostenne il mio sguardo per qualche secondo, impassibile, poi le sue labbra si incresparono in un sorrisetto sfrontato.

-Bene, grazie. Piuttosto, tu e quel Jordan come siete arrivati alla conclusione di essere solo amici?-

Maledetto manipolatore.

Distolsi lo sguardo dal suo, farfugliando parole a caso.

Mi bloccò, tirandomi per il polso e intrappolandomi tra le sue braccia, poi sospirò e passò una mano tra i miei capelli arruffati.

-Puoi parlarmi sinceramente- mi rassicurò con dolcezza, mentre mi rilassavo sotto alle sue carezze.

Non mi sentivo in colpa per il mio bacio con Jordan al compleanno di Sarah, dato che tra me e Noah non c'era stato ancora niente ed ero convinta di non interessargli sul serio, ma raccontarglielo mi metteva una certa agitazione.

Ci spostammo a sedere sul divano, i corpi che si sfioravano e gli sguardi incatenati.

-Premetto che ero davvero furiosa con te- cominciai, mettendo le mani avanti, -Io e Jordan ci conosciamo da molto tempo. Abita a Melbourne e studia al college a Miami-

Noah mi ascoltava interessato.

-Non proprio vicino a Jacksonville. Come vi siete conosciuti?-

-È un amico di Mike- gli spiegai.

-Sullivan?- mi chiese, per conferma.

Annuii, sorridendo.

-Lui e Sarah Anderson sono i miei migliori amici. Mike ha una casa al mare a Cocoa Beach e fin da quando eravamo bambini passavamo la maggior parte dell'estate laggiù con lui- raccontai, ripercorrendo quei momenti spensierati, -Abbiamo fatto amicizia con tanti ragazzi che frequentavano gli stessi nostri posti, tra i quali era presente anche Jordan. C'è sempre stato un legame profondo tra di noi, anche se ci vedevamo poco. Poi, con il passare degli anni, siamo diventati grandi, abbiamo cominciato ad uscire e a passare il tempo in modo diverso da prima- affermai in tono eloquente, lanciandogli un'occhiata di sottecchi.

-Fammi indovinare- mi bloccò lui, sorridendo sghembo, -Siete passati dal giocare a nascondino ad andare alle feste, bere, fumare, baciare sconosciuti...- lasciò la frase in sospeso.

Annuii imbarazzata.

-Sono cose che capitano a tutti con l'età, chi meglio di me può capire?- mi rassicurò, sistemando i polsini della camicia.

Mi imbambolai, concentrandomi sui movimenti lenti e studiati delle sue dita.

Deve saper fare tante cose con quelle mani...

Mi schiaffeggiai mentalmente per la piega che avevano preso i miei pensieri.

-Be', credo tu abbia ragione- concordai, -Questo ha condizionato molto il nostro rapporto. Penso che fossimo entrambi molto confusi, e quest'estate, al compleanno di Mike, tra noi è successo qualcosa che ha amplificato ancora di più questa confusione-

Non menzionai nei dettagli cosa effettivamente era accaduto tra me e Jordan, certa che comunque avesse capito, né lui chiese delucidazioni al riguardo.

D'altra parte, non me la sentivo ancora di parlargli delle mie esperienze, era decisamente troppo presto.

Noah annuì, continuando ad ascoltarmi.

-Non ci siamo più sentiti, a parte qualche messaggio dopo la morte di mia nonna- sussurrai l'ultima parte del discorso e lui mi strinse una mano in un gesto di incoraggiamento, -E quando sabato ci siamo rivisti al compleanno di Sarah, era tutto davvero strano. Ci siamo baciati, ma abbiamo capito subito che stavamo sbagliando-

Noah fece una smorfia, ma rimase in silenzio.

-Ero molto arrabbiata con te- ripetei nuovamente, stavolta in tono incerto, -E dovevo essere certa che tra me e Jordan non ci fosse niente- cercai di giustificarmi.

-Non dirò certo che mi faccia piacere, ma ti ringrazio per essere stata sincera. Non devi assolutamente sentirti in colpa- disse allora, sorridendo debolmente.

Lo guardai sollevata, seppur dispiaciuta.

-Avevo paura a dirtelo-

-Perché?-

-Pensavo che potessi farti un'idea sbagliata di me- gli confidai, mordendomi il labbro inferiore.

Lui sospirò, facendosi più vicino a me.

-Cerca di non fraintendere ciò che ti dirò- mi avvertì, -Non ho più diciotto anni, sono più grande e ho più esperienza di te nei rapporti, com'è normale che sia. Non hai fatto niente di sbagliato- fece una pausa, -Sono uscito a cena con Karen, è vero-

Le sue parole mi ferirono, ma sapevo di essere nella sua stessa situazione, quindi non lo diedi a vedere.

-Il problema è che avrei preferito mille volte passare una serata con te-

I miei occhi si illuminarono e sorrisi, lusingata.

-Ed è successo qualcosa tra voi...?-

Noah si inumidì le labbra, prendendo qualche secondo per rispondere.

-Cosa vuoi sentirti dire?-

-Solo la verità-

Certo, è un po' come prendere un martello e colpirsi il ginocchio.

-Io e Karen ci siamo frequentati per qualche settimana, quindi sì- affermò dunque, con sguardo basso.

Quella confessione fu come una doccia gelata.

Per qualche settimana?!

Era inevitabile che fossero finiti a letto insieme.

Ero abbastanza scioccata, motivo per cui non ebbi alcuna reazione.

-Pensavo di poter smettere di pensare a te, ma mi sbagliavo- continuò lui, poggiando una mano sulla mia coscia.

Ero ferita? Senza alcun dubbio, ma avevo davvero il diritto di fargli la morale? Anche io ero stata pronta a dimenticarlo con Jordan, nonostante il risultato fosse stato poi tutt'altro.

-Per questo, già da tempo ho chiuso qualsiasi cosa ci fosse tra noi e adesso abbiamo un rapporto professionale. L'altra sera non eravamo soli, ci siamo visti insieme ad altri colleghi per discutere di alcune questioni legate alle gite scolastiche che faremo quest'anno- mi spiegò, e non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.

-Ho deciso di chiuderla, perché non avrei fatto altro che prendere in giro lei e soprattutto me stesso- concluse, cercando il mio sguardo.

Rimasi in silenzio, bisognosa di metabolizzare quanto avevo appreso.

-Ariel, di' qualcosa, per favore-

Il suo tono implorante mi costrinse a riportare la mia attenzione su di lui.

-Lo capisco, ma... tutte le cose che ci siamo detti?-

-È esattamente a causa di ciò che ci siamo detti!- alzò di poco la voce, -Non potevo accettare di provare certe cose per una mia studentessa, soprattutto al mio primo incarico-

Non penso di poterlo biasimare, nemmeno io avevo intenzione di invaghirmi del mio professore.

-Va bene, ti credo e non posso fartene una colpa- gli dissi, in tono sicuro e sincero.

Quella situazione non era facile per nessuno dei due, e non aveva senso creare altri problemi con discussioni inutili.

-Forse non capisci a che livelli fossero arrivati i miei pensieri- ribatté però lui, -Desideravo sempre di più che al suo posto ci fossi tu e mi sentivo uno stronzo. Ma cosa potevo farci? Ho provato a starti lontano, ma come vedi non ci sono riuscito-

Il mio cuore fece una capriola e le sue parole ebbero effetti devastanti sulle mie capacità cognitive.

Non esisteva più Jordan, né Karen Cooper, c'eravamo soltanto io e Noah a giocare quella partita a carte scoperte.

-Non ci siamo riusciti- lo corressi, indicandoci, provocando la sua risata.

Anche la sua risata è sexy, ma come posso resistergli?

Dopo qualche secondo, però, si fece serio in volto, afferrando le mie gambe e posandole delicatamente sulle sue.

-Devi sapere che quello che sta succedendo tra noi è una cosa davvero pericolosa- disse, in tono grave.

Un improvviso nodo alla gola mi impedì di ribattere.

Cosa potevo dire, quando aveva pienamente ragione?

-Capisco- sussurrai, distogliendo lo sguardo dal suo.

Le sue dita si posarono delicate sotto al mio mento, riportando i miei occhi nei suoi.

-No, non hai capito- asserì, senza perdere la dolcezza con la quale si stava rivolgendo a me, -Sto rischiando il mio lavoro, e tu la tua credibilità come studentessa migliore nella mia materia, senza menzionare il poter perdere la possibilità di andare a Yale-

I miei occhi si inumidirono di rabbia e frustrazione e feci fatica a trattenere le lacrime.

Aveva ragione, stavamo rischiando tutto.

Ma perché più una cosa è bella, più è sbagliata?

Noah mi avvolse in un abbraccio, lasciandomi un bacio sulla fronte.

Quando vide che mi ero calmata, accarezzò la mia guancia, stampando le labbra sulle mie in un casto bacio.

-Ti sto dicendo queste cose per metterti davanti alla realtà. Se ho fatto quel che ho fatto è perché sono pronto a rischiare- sussurrò, sorridendomi con tenerezza.

Mi sciolsi nel sentire le sue parole e non riuscii a trattenere una lacrima, dovuta alle troppe emozioni che avevo provato in quel breve lasso di tempo.

Lui la raccolse con il pollice e la spazzò via.

-Non piangere- mi sussurrò, -Non vorrei mai compromettere la tua carriera né farti soffrire, ma non potevo più fare finta di niente. Però devi essere consapevole dei rischi ai quali stiamo andando incontro. La decisione spetta a te-

Lo guardai, mordicchiando il mio labbro inferiore, divisa tra razionalità e istinto.

Stavo per rischiare tutto, ma non ero mai stata tanto sicura di qualcosa.

-Anch'io sono pronta a rischiare-

Noah sorrise e mi cinse i fianchi, portandomi a cavalcioni sulle sue gambe.

Allacciai le braccia al suo collo, premendo le labbra sulle sue, in un bacio che si trasformò velocemente in un contatto disperato e pieno di passione.

Lui spostò le mani dalla mia schiena alle natiche, sorridendo sulle mie labbra. Gli morsi il labbro inferiore, in un gesto di ammonimento, poi mi staccai velocemente.

-Devo andare- sussurrai sulle sue labbra.

-Perché?- si lamentò, stringendo la presa sul mio corpo.

Già... perché?

-Devo tornare a casa e pranzare-

In un attimo mi ritrovai seduta sul divano, mentre Noah si alzava in piedi e, con un occhiolino, si defilava in cucina.

Lo seguii e mi appoggiai allo stipite della porta, osservandolo mentre armeggiava tra il frigo e i fornelli.

-Questo sarebbe un invito a pranzare con te?- gli chiesi, avvicinandomi per aiutarlo, afferrando un pomodoro che sciacquai sotto il getto del lavandino.

-E il tuo sarebbe un sì?- ribatté con un sorrisetto ironico, facendomi ridere.

-La risposta mi sembra fin troppo scontata-

Ero felice e non mi sarei mai aspettata che la mia giornata andasse in quel modo.

Affettai i pomodori e, mentre Noah cuoceva il pollo, apparecchiai la tavola, soffermandomi più volte a guardarla mentre ripercorrevo il nostro bacio.

-Questa è la seconda volta che pranziamo insieme- osservò lui, tagliando un pezzo di carne per poi portarlo alla bocca.

Quel semplice gesto mi fece avvampare, e di riflesso mi schiarii la voce, distogliendo lo sguardo dalle sue labbra.

-Ed è anche la seconda volta che vengo a casa tua-

Lui sollevò un angolo della bocca, poi deglutì e bevve un sorso d'acqua dal bicchiere.

-La cosa non mi disturba affatto- rispose, lanciandomi uno sguardo malizioso.

Scossi la testa sorridendo, in un tentativo di mascherare l'emozione che la sua frase aveva suscitato in me.

-Quanti anni hai?- gli chiesi, cambiando argomento.

Sapevo più o meno quale fosse la sua età ma non glielo avevo mai chiesto e quindi non ne ero certa.

-Ne ho compiuti ventisei a marzo- rispose, -E tu grazie a Dio ne hai compiuti diciotto- concluse, sospirando di sollievo.

Annuii, sorridendo divertita dalla sua espressione.

-Scommetto che hai controllato nei registri scolastici molto tempo fa- lo presi in giro, portando il bicchiere d'acqua alle labbra.

Noah rise, annuendo.

-Ovviamente, Ariel White, nata il dieci febbraio del duemila a Jacksonville- rispose, afferrando la mia mano sul tavolo e posandovi un bacio sopra.

Inarcai un sopracciglio, senza smettere di sorridere.

-Sai che potrei pensare che tu sia un pazzo maniaco?-

Mi pizzicò il polso, e io gemetti di dolore ritirando il braccio.

-Dovevo documentarmi prima di rischiare il carcere- mi rimbeccò.

-Non posso darti torto- gli risposi, facendo un occhiolino .

Una volta finito di pranzare, lo aiutai a sparecchiare e a mettere in ordine la cucina.

-Quindi... Princeton, eh?- spezzai il silenzio, mentre riponevo la padella nello scaffale del mobile.

Noah mi guardò di sottecchi, e, dopo aver azionato la lavastoviglie, si pulì le mani allo strofinaccio, poggiando i fianchi contro il lavello.

-I miei nonni hanno fatto il possibile per poter permettere a me e Matt di frequentare i migliori college del paese- spiegò, fissando un punto indefinito davanti a sé.

Lo raggiunsi, portandomi davanti a lui e posando la mano sulla sua guancia.

-Mi dispiace per ciò che avete passato- sussurrai, accarezzandolo.

Al contatto delle mie dita sul suo viso, Noah chiuse gli occhi, inclinando leggermente la testa.

-Lo so, ma non ti devi preoccupare. Siamo stati davvero fortunati ad avere dei nonni come loro-

Un dubbio si insinuò nella mia mente.

-E loro adesso...- lasciai la frase in sospeso, incapace di proseguire.

-Solo nonno Frank è rimasto in vita... Matt si è preso cura di me negli ultimi anni, finché non sono diventato economicamente indipendente. Ho lavorato come cameriere per mantenermi al college, ma lui mi ha sempre aiutato- disse sorridendo, pieno di gratitudine verso il fratello.

-Mi sarebbe piaciuto avere fratelli o sorelle- commentai, pensando a quanto fosse importante nella loro situazione avere un punto di riferimento così forte.

-Diciamo che senza Matt non avrei combinato niente nella vita- rispose, scrollando le spalle, con una sincerità disarmante, -E ovviamente senza i miei nonni- sottolineò, con una smorfia di dolore.

Il mio pensiero volò inevitabilmente a nonna Maggie e strinsi le labbra tra di loro per impedirmi di piangere. La morsa di dolore al cuore non si era ancora allentata e non sapevo quando sarebbe successo, ma osservando Noah compresi che forse non lo avrebbe mai fatto. Mi chiesi se quello non fosse l'unico modo per mantenere vivo il ricordo di qualcuno, un riflesso involontario del cervello che non dimenticava di ricordare il dolore della perdita.

-Quindi tuo nonno Frank conosceva mia nonna?- gli chiesi, ricordando la nostra conversazione dopo il funerale.

Noah mi guardò intensamente negli occhi, spostando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio. Eravamo sempre più vicini, con i corpi che si sfioravano.

-Sì, purtroppo non è più autosufficiente e abbiamo dovuto optare per l'ospizio. Lo andiamo a trovare molto spesso ed è un posto molto qualificato, lì può rilassarsi e avere tutte le cure e le attenzioni di cui necessita- spiegò, sorridendo debolmente.

Cominciavo a credere di essere stata un'immatura per essermi opposta alla decisione dei miei genitori. Del resto, pur avendo passato pochi mesi nella struttura, nonna Maggie era felice e serena ogni volta che andavo a trovarla. Il personale era gentile e cordiale e, soprattutto, molto paziente, qualità assolutamente necessaria per coloro che avevano a che fare con persone anziane.

Abbassai lo sguardo, mordicchiandomi il labbro inferiore.

-Non pensavo che potesse essere un bel posto-

Noah aggrottò la fronte.

-Immagino che non fossi d'accordo sulla permanenza di tua nonna là- osservò, scrutando la mia espressione.

-Già... non ho perdonato i miei genitori per questa decisione, ma forse avrei dovuto pensare solo al bene di nonna- gli confidai, con voce triste.

Lui sospirò, stringendo le braccia attorno al mio corpo.

-Non lo hai fatto con cattiveria. Avevi solo bisogno di tempo per accettare la situazione. Non è stato facile neanche per me e Matt, ma poi abbiamo visto che nonno Frank stava bene e si era fatto molti amici-

Poggiai la guancia contro il suo petto, lasciandomi cullare dalle sue braccia.

-Lo so, sono stata a trovarla spesso, anche se la sua permanenza non è durata più di un paio di mesi-

-Era malata, vero?- mi chiese, sussurrando.

-Sì, una grave leucemia. I dottori ci hanno detto subito che non ce l'avrebbe fatta, e così è stato- gli risposi, con voce tremante.

Noah mi strinse forte, consolandomi e impedendomi di lasciarmi vincere dalla tristezza e dal dolore.

-Era una donna meravigliosa, non faceva altro che parlare di te-

Sorrisi, con gli occhi lucidi, immaginandola mentre con la sua parlantina ammaliava tutte le persone all'interno della casa di riposo.

-E perché sei tornato dopo il college?- gli chiesi incuriosita, cambiando argomento.

-Devo confessarti una cosa- disse allora, allontanandomi per potermi guardare in faccia, -Il professor Davis è mio zio, fratello di mia madre e figlio di Frank. Mi ha contattato per informarmi del fatto che stesse per lasciare l'incarico di professore, consigliandomi di partecipare al concorso-

Quella confessione mi spiazzò, quindi aggrottai le sopracciglia, confusa.

-Avevi detto che era stato trasferito- lo accusai.

-Ha chiesto il trasferimento a Boston perché sua moglie è malata e deve essere curata lì- mi spiegò, dispiaciuto.

Cazzo.

Chiusi gli occhi, respirando profondamente.

-Mi dispiace così tanto. Adoro Davis, e credo che vi assomigliate molto nell'approccio alla materia-

Noah sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso, afferrandomi per i fianchi e avvicinando il viso al mio.

-Quindi mi adori?- mi prese in giro, reprimendo una risata.

Alzai gli occhi al cielo, spintonando il suo petto.

-Vuoi proprio sentirtelo dire?-

Stampò le labbra sulle mie, cercando la mia lingua con la sua, e immediatamente risposi al bacio, aggrappandomi alle sue spalle in punta di piedi.

-Ripensandoci... no, non c'è bisogno che tu lo dica, i fatti parlano chiaro- sussurrò sulla mia bocca, prima di riprendere a baciarmi con passione.

Se continuiamo così, altro che fatti...

Mi staccai dopo qualche secondo, con il respiro affannato e il cuore impazzito, provocando un gemito frustrato di Noah.

-Non mi hai ancora risposto. Perché sei tornato in Florida?-

Lui rimase in silenzio, distogliendo lo sguardo dal mio.

-Si è presentata questa opportunità e ho voluto sfruttarla, così da essere vicino a Frank e ai pochi parenti che mi sono rimasti- tagliò corto, prendendomi per mano e conducendomi in salotto, sul divano.

Mi sta palesemente nascondendo qualcosa.

-Perché ho come l'impressione che non sia tutto?-

-Perché è così. Ho avuto una relazione importante che è andata male e non ho molta voglia di parlarne- mi spiegò, sdraiandosi e tirandomi verso di lui, con la mia schiena poggiata al suo petto.

Ah. Che stupida, non è più un ragazzino.

Voltai il capo verso di lui.

-Sono un'impicciona, scusami-

Lui sorrise, scompigliandomi i capelli.

-Oh, su questo non ci sono dubbi-

Gli feci la linguaccia, scoppiando a ridere insieme a lui subito dopo.

Ero curiosa di sapere di più su quella relazione, ma mi sembrava sempre presto per certe confidenze, quindi mi trovavo d'accordo con la sua decisione.

Controllai l'orologio e sbuffai.

-Devi andare, giusto?- mi chiese, seguendo i miei movimenti.

Annuii, mentre mi alzavo a malincuore dal divano e recuperavo la giacca e lo zaino sulla sedia.

-Ti accompagno, vieni- disse, recuperando la sua giacca e le chiavi della macchina.

-Allora... ci vediamo a scuola?- domandai, imbarazzata.

Eravamo appena arrivati davanti casa mia e Noah aveva spento il motore della Golf, voltandosi verso di me.

Non sapevo come salutarlo e il pensiero di dover terminare quel pomeriggio meraviglioso insieme mi metteva in agitazione. Avevo paura che potesse tornare tutto come prima, come se tra noi non fosse successo niente.

Lui si sporse verso di me e catturò le mie labbra in un dolce bacio, infilando una mano tra i miei capelli e l'altra all'interno del maglioncino che indossavo, provocandomi dei brividi dovuti al contatto con la pelle fredda delle sue dita.

Sospirai sulle sue labbra e la sua mano vagò sul mio ventre, salendo fino al reggiseno, ma fermandosi prima di raggiungerlo.

Ma perché ti sei fermato?!

Noah si allontanò e stampò un ultimo bacio sulle mie labbra, rivolgendomi poi un sorrisetto soddisfatto.

Ero sicura di essere arrossita ai limiti della decenza e il suo sguardo intenso mi bruciava la pelle come una fiamma incandescente.

-Sì, ci vediamo a scuola- rispose allora, riservandomi un'altra lunga occhiata che mi fece avvampare.

Mi affrettai ad uscire dall'auto e raggiunsi il vialetto, sentendo il rumore del motore che si allontanava.

Prima di entrare in casa, mi concessi qualche minuto seduta sui gradini del portico per elaborare tutto ciò che era successo nelle ultime ore.

Jordan, la mia corsa a casa di Noah, il nostro bacio, Karen, Frank e nonna Maggie, il professor Davis.

Avrei dovuto chiamare Mike e Sarah il prima possibile e cercare di riorganizzare tutti i miei pensieri.

Era tutto ancora molto confuso nella mia testa, ma di una cosa ero sicura: ero davvero sotto un treno per il mio bellissimo, giovane, sexy e intelligente professore di Biologia.

Non sarà per niente semplice.

Ieri sera sono tornata tardi dalla montagna ed ero troppo stanca per revisionare il capitolo e aggiornare!

Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo <3

Sembra che adesso tutto vada per il meglio tra i nostri piccioncini... vedremo! Ahahah

Cosa importantissima: ho corretto nel capitolo Miss Weigh l'età di Ariel, cambiandola in diciotto anni perché ho preferito, quindi non compirà più gli anni a dicembre, ma li ha già fatti a febbraio con annessa festa! Piccolo particolare che ci tengo però a precisare per essere coerente con la storia e i personaggi. Magari ve lo eravate anche scordato, ma sappiate che ho corretto il punto nel quale veniva esplicitato.

Detto questo, au revoir! Ci aggiorniamo venerdì prossimo. Un bacio <3

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro