Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Miss Weigh

Erano passati due giorni dal funerale, e il giorno prima non ero andata a scuola.

Era la prima volta che facevo un'assenza ingiustificata, ma sentivo di averne bisogno. Ero andata in un parco, dove andavo sempre con la nonna, e mi ero sdraiata sull'erba, mentre i caldi raggi del sole mi entravano nelle ossa, scaldandomi. Mi sentivo meglio, e pensai di poter riuscire ad andare avanti, piano piano.

Quel giorno avrei avuto il primo incontro con la psicologa, e non sapevo davvero cosa aspettarmi.

Raggiunsi il mio armadietto e sorrisi ai miei amici.

-Buongiorno- li salutai, scambiando il libro di storia con quello di matematica.

Mi guardarono confusi, poi Sarah incrociò le braccia al petto.

-Ieri non sei venuta-

Come mi avevano promesso, il giorno prima non mi avevano cercata, ma in quel momento volevano giustamente sapere perché non fossi venuta a scuola.

Chiusi l'anta dell'armadietto e la guardai.

-Sì, io... avevo bisogno di starmene un po' da sola a pensare-

-Ed è stato utile?- chiese Mike, speranzoso.

Gli sorrisi e annuii. Sarah sospirò sollevata.

-Okay, l'importante è che tu stia meglio-

Non avrei potuto desiderare amici migliori di loro. Erano sempre pronti a tirarmi su di morale, erano molto sinceri e soprattutto si preoccupavano sempre per me. Non mi stupiva che la nostra amicizia durasse da anni.

-Sarah, tra poco è il tuo compleanno!- esclamai, ricordando dell'imminente traguardo da diciottenne della mia migliore amica.

Lei sorrise e fece un gesto della mano come per minimizzare la questione.

-C'è sempre tempo-

-Ma se manca meno di un mese!- la rimproverai.

Avrebbe compiuto gli anni nel mese di ottobre, ed eravamo vicinissimi. Quell'anno, molti nostri coetanei avevano già raggiunto la maggiore età, tra i quali anche Mike ed io. Avevo organizzato una grande festa, quindi potevo capire molto bene quanto prima Sarah dovesse cominciare ad occuparsene.

-In effetti, devo confessare che sto già architettando qualcosa...- cominciò lei, con espressione furba.

Le sorrisi e Mike scosse la testa.

-Che domande!- intervenne lui, prendendola a braccetto.

-In questi giorni vi chiederò qualche consiglio! Credo di aver trovato il posto adatto, ma vorrei che mi aiutaste-

-Ovviamente, non puoi organizzare niente senza il nostro consenso! Stiamo parlando dei diciotto anni!- esclamai, portando teatralmente una mano al petto, facendoli ridere.

-Va bene, va bene! In settimana ci organizziamo per tutto- si arrese lei, sospirando esasperata, senza però riuscire a nascondere un sorriso felice.

-Perfetto!- squittii, battendo le mani, -Adesso vado perché faccio tardi a lezione, ci vediamo all'uscita- li salutai con un bacio volante e mi avviai lungo il corridoio.

Mentre ero persa nei miei pensieri, mi sentii tirare per un polso e chiusi gli occhi, riaprendoli solo quando fui certa di essere ancora tutta intera, trovandomi appoggiata contro la porta chiusa di un'aula deserta e con gli occhi incatenati ad un paio che da qualche giorno occupava troppo spesso i miei pensieri.

-Ma si può sapere ch-

-Lo so cosa starà pensando. Che sono una specie di maniaco, ma devo parlarle- mi interruppe Carter, mettendo le mani avanti.

Rapiscimi tutte le volte che vuoi. Okay, sono un caso perso.

Ah, adesso mi dava del lei. Cosa era successo? Eravamo tornati alle formalità? Sbuffai e incrociai le braccia al petto, raggiungendo il centro della stanza.

-Parli, allora-

Mi guardò a lungo, poi sospirò e si allontanò da me per percorrere qualche passo, probabilmente riflettendo su come iniziare il discorso, infine si appoggiò di schiena alla cattedra dell'aula e si passò una mano sul viso, prima di fare un respiro profondo.

-Adoravo Maggie. L'ho conosciuta poco dopo il suo ricovero all'ospizio, grazie a mio nonno che ci aveva subito fatto amicizia- disse, e controllò la mia reazione, con aria impaziente.

Dal canto mio, stavo trattenendo il respiro da quando avevo sentito nominare la nonna.

-Non faceva altro che parlare della sua nipotina. Intelligente, educata...- mi descrisse scrutandomi, come per accertarsi che tutto ciò che diceva fosse vero, -... bella- disse, e si fermò come per constatare anche questo.

-Adesso la conosco, e posso dire che aveva ragione-

Emergenza! Portare un estintore all'apparato digerente e circolatorio, forse anche a quello nervoso!

Il mio cuore batteva velocissimo e mi sentivo molto accaldata, oltretutto il suo sguardo così intenso e profondo non faceva che aumentare il rossore sulle mie guance. Aveva detto che ero bella? Mi aveva fatto un complimento?

-Anche se ha tralasciato alcuni aspetti del suo carattere, tipo... non saprei...- si bloccò, strofinandosi il mento -... presuntuosa, antipatica e acida-

Lo guardai senza riuscire a trattenere un sorriso e poi sospirai, rassegnata.

-Detti da lei sono complimenti- ribattei, senza rabbia o fastidio nella voce, facendolo ridere.

E la sua risata mi sembrò quasi bella quanto quella della nonna. Era bassa e roca, così rilassante che mi sarebbe piaciuto poterla sentire quando volevo.

-Scott Verden- disse, dopo qualche secondo.

Aggrottai la fronte, confusa.

-Il suo nuovo compagno di progetto- spiegò, e, dopo avermi riservato una lunga occhiata, uscì dalla porta senza dire più niente.

Rimasi immobile con lo sguardo fisso nel vuoto. Perché aveva cambiato idea? Magari aveva intuito che ci fosse stato un problema serio tra me e Jennifer, ma questo non spiegava il suo gesto così... inappropriato, quasi. Ero felice di non dover lavorare con Jennifer, e sapere che lui aveva cambiato le coppie per me mi faceva sentire le farfalle nello stomaco, ma se fosse stato davvero così sarebbe stato... sbagliato. Insomma, io per prima avevo sempre odiato le preferenze dei professori, e quando la preferenza creava vantaggio a me, sentivo che non era giusto. Tuttavia, non avevo la benché minima intenzione di richiamare Carter per dirgli che non si doveva preoccupare di cambiarmi compagno per il progetto, perché in effetti io volevo cambiare compagno. Mi rifiutavo anche solo di guardare Jennifer, dopo quello che era successo, quindi non immaginavo cosa avrei fatto se fossimo state in coppia.

Mi appoggiai ai banchi dietro di me e sospirai. Guardai l'orologio, ma ormai non mi allarmavo più: essere in ritardo a lezione stava diventando una specie di rituale.

La campanella dell'ultima ora suonò e io ne approfittai per accordarmi con Scott sul nostro progetto. Mi avvicinai a lui, che stava parlando con un gruppetto di suoi amici, e gli picchiettai piano sulla spalla. Lui si girò e mi sorrise. Era un ragazzo carino, con i riccioli neri e gli occhi ancora più scuri dei capelli ed aveva un sorriso splendente.

-Ariel! Hai bisogno di qualcosa?- mi chiese, gentile come sempre.

-In realtà volevo informarti che siamo in coppia per il progetto del professor Carter-

I suoi occhi si illuminarono.

-Giusto! Me ne ha parlato prima il prof. Mmh...- si bloccò, pensandoci su, -Se ti va bene, possiamo vederci da me mercoledì alle quattro- mi propose, sorridendo.

-Perfetto, allora ci sentiamo!- lo salutai, per poi avviarmi lungo il corridoio.

Mentre mi incamminavo verso l'uscita della scuola, di fretta come sempre, per poco non caddi a terra sbattendo contro un ragazzo. Questo ebbe subito i riflessi pronti e mi afferrò per un braccio, impedendomi di finire con la faccia sul pavimento.

Assurdo, in quattro anni di superiori non ho mai avuto incontri di questo genere, mentre negli ultimi giorni sono arrivata a scontrarmi con due persone. Che record!

-Stai bene?- mi chiese preoccupato, quando mi fui rimessa in piedi e aggiustata i capelli.

Era un ragazzo che frequentava il mio stesso corso di spagnolo, Cameron, se ricordavo bene. Aveva gli occhi scuri e i capelli chiari. Era davvero bello, ma avevo visto di meglio.

Per esempio Carter, no? Con quelle spalle e quel sorriso... e gli occhi!

Accennai un mezzo sorriso e mi sistemai meglio la tracolla sulla spalla.

-Sì, grazie per avermi aiutata-

Ricambiò il sorriso e mi porse la mano.

-Sono Cameron Right-

Gliela strinsi.

-So chi sei. Frequentiamo lo stesso corso di spagnolo!- gli feci notare, con una punta di divertimento nella voce.

Lui mi guardò meglio e poi un lampo di consapevolezza attraversò i suoi occhi.

-Giusto! Tu sei Ariel White!-

Annuii ridendo.

-Be', molto piacere. Com'è che non ci siamo mai parlati prima?- mi chiese, e sembrò davvero sorpreso.

Alzai le spalle.

-Forse perché sono un tipo che ama l'anonimato- dissi con un sorriso.

-Ci credo poco. Sei così bella che dubito tu riesca a passare inosservata-

Abbassai lo sguardo e arrossii. Accidenti, i complimenti mi facevano sempre quell'effetto. Inoltre, non avevo mai conosciuto un ragazzo tanto aperto e sincero come lui in fatto di elargire complimenti, anche se ero più in imbarazzo che altro.

Tranne quando me l'ha detto Carter prima, in quel caso mi sono sentita davvero compiaciuta...

Mi schiarii la voce e portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Emh... grazie, sei molto gentile... anche tu sei carino- farfugliai, facendolo scoppiare in una risata divertita dal mio essere impacciata.

-Ora... devo andare- mi congedai velocemente, ma lui mi afferrò per un braccio, impedendomi di allontanarmi.

-Spero di vederti in giro- mi salutò con un occhiolino e sollevò un angolo della bocca in un sorriso, mollando poi la presa sul mio braccio.

-Certo, alla prossima-

Ricambiai il suo sorriso e mi allontanai da lui, camminando spedita verso l'uscita.

Lo studio della psicologa, la signora Weigh, si trovava a qualche minuto di macchina di distanza da casa mia. Mamma mi aveva accompagnata poco prima e se ne era andata velocemente, con la promessa di tornare a prendermi trascorsa un'ora.

Ero seduta sulle sedie scomode di plastica di una piccola sala d'aspetto, sola e con una rivista di moda del mese prima in mano e mi limitavo a guardare le immagini, senza vederle veramente. Non avevo alcuna voglia di stare lì ed ero sempre arrabbiata con i miei genitori per quella loro decisione, ma purtroppo non potevo farci niente. Sbuffai e chiusi la rivista, per poi guardare l'orologio appeso alla parete. Stavo aspettando da soli cinque minuti, eppure mi sembravano passate ore.

Mentre ero immersa nei miei pensieri, la porta che si apriva mi fece tornare alla realtà. Ne uscì una donna sulla cinquantina, sorridente, e, dopo aver cortesemente salutato la persona ancora dentro alla stanza, si allontanò ed uscì dallo studio.

Mi voltai verso la porta e incrociai due occhi verde chiaro, amichevoli. La signora Weigh, presumevo, mi sorrise cordiale e mi fece cenno di entrare. La seguii e, una volta varcata la soglia della stanza, mi sedetti su una poltrona. Lei fece lo stesso sulla poltrona che si trovava davanti alla mia, dietro una piccola scrivania, e si limitò a fissarmi. Era una donna molto giovane, bionda con i capelli molto corti, che incorniciavano un viso delicato.

-Buongiorno, sono Ariel White-

Lei mi osservò, e capii che avesse già intuito chi ero.

-So chi sei, ti aspettavo. Io sono la dottoressa Weigh, ma chiamami Kelsey-

Sorrise più confidenziale e mi porse la mano, che prontamente strinsi.

-Bene, come mai sei qui, Ariel?-

Mi aspettavo una domanda diversa, a dir la verità.

Rimasi in silenzio e mi torturai nervosamente le mani l'una con l'altra. Dopo qualche istante, mi schiarii la voce e abbassai lo sguardo.

-Mio padre e mia madre mi ci hanno spedita-

Lei non rispose, anzi, continuò a fissarmi con il mento poggiato sulla mano a pugno chiuso. Metteva un po' in soggezione, per questo spostai lo sguardo e decisi di colmare quel silenzio imbarazzante che si era creato.

-Mia nonna è morta, e loro pensano che questo possa servirmi per superare il lutto- spiegai meglio, con una punta di risentimento. Non per lei, ovviamente, ma per i miei genitori. Non rispose ancora, e io mi limitai a fissare le mie Converse consumate. Dopo qualche minuto, la sentii sospirare.

-E tu che ne pensi?-

La guardai confusa.

-Di cosa?-

-Di tutto-

-Penso che sia inutile e assurdo. Io non ne ho bisogno, senza offesa- ribattei, senza però avere un tono irrispettoso. Lei non sembrò prendersela minimamente, anzi sorrise e accavallò le gambe. Non parlammo per qualche minuto, e lei non sembrava volerlo fare. Mi osservava e basta.

Ma cosa sta facendo? Se continuiamo a stare in silenzio penso che morirò dall'imbarazzo.

-C'è qualcosa che vuole chiedermi? Non so, tipo della mia infanzia, della scuola, se ho un ragazzo, i miei rapporti con gli amici... Non è così che funziona?- le chiesi, dopo minuti interi di silenzio.

Lei in tutta risposta rise e scosse la testa.

-Non è sempre così! Ogni persona è diversa, e diverso deve essere l'approccio al problema. Tu vuoi parlarmi di qualcosa?-

Abbassai lo sguardo.

-No- sussurrai flebilmente.

-Vorrei che tu mi elencassi tutte le tue emozioni, tutto ciò che provi in questo brutto periodo- disse infine, congiungendo le mani poggiate sul ginocchio.

Chiusi gli occhi e inspirai profondamente, cercando di mettere ordine nei miei pensieri.

-Io... sono confusa-

Non ricevetti risposta, ovviamente, quindi cercai di rilassarmi e buttare fuori tutte le mie emozioni.

-Sono così triste... nonna per me era tutto. Tutto, capisce?- mi rivolsi a lei che annuì, con espressione impenetrabile.

-E sono anche arrabbiata- aggiunsi, -Molto arrabbiata-

-Con chi?-

-Con chi l'ha portata via da me-

Riportai lo sguardo nel suo e lessi una leggera confusione.

-Spiegati meglio- mi incalzò, annuendo.

Distolsi nuovamente lo sguardo e lo puntai fuori dalla finestra.

-I miei genitori-

-L'hanno portata all'ospizio?-

Annuii lentamente, deglutendo.

-Loro non capiscono. Non dico che l'abbiano fatto apposta... ma non hanno pensato alle conseguenze-

-Quali conseguenze?-

Feci un sorriso amaro e la guardai.

-Dottoressa, mi guardi-

-Kelsey, chiamami Kelsey- mi corresse con un sorriso, -E comunque non capisco dove vuoi arrivare. Ti guardo e vedo una normale ragazza di diciassette anni, niente di più e niente di meno-

-Non sono quella che sembro.-

-Niente è ciò che sembra, Ariel. Ricordatelo. E noi siamo qui per capire, per riuscire a farti andare avanti.-

La fissai per qualche secondo con gli occhi socchiusi, diffidente, poi sospirai e annuii con lo sguardo basso. Rimanemmo ancora in silenzio, mentre lei riordinava delle carte sulla sua scrivania.

-Cosa vuoi fare della tua vita, Ariel?-

A quella domanda inaspettata la fissai confusa.

-Come?-

-Intendo, quali sono i tuoi progetti per il futuro?-

Trattenni il fiato senza sapere cosa rispondere. Fino a quando c'era nonna, il mio progetto era sempre stato Yale. Lo era ancora?

-Voglio riuscire ad entrare a Yale- affermai sicura.

In fin dei conti, la nonna credeva in me, era fermamente convinta che sarei riuscita a realizzare il mio sogno. E anch'io lo ero.

Kelsey sorrise e poggiò i gomiti sulla scrivania.

-Hai delle grandi aspirazioni-

-Cos'altro mi resta?- ribattei, ironica.

-Molto. La vita è piena di occasioni, Ariel-

-Certo, se uno sa coglierle-

-Non pensi di esserne all'altezza?-

Fissai la scrivania davanti a me, le piccolissime crepe date dal tempo, e scossi la testa.

-Ora come ora penso di non essere all'altezza di qualunque cosa-

Stavolta lei non disse niente, ma si appoggiò allo schienale della poltrona.

-Sei andata al funerale?-

Rimasi leggermente spiazzata dalla sua domanda così diretta e inaspettata, ma mi costrinsi a rimanere impassibile.

-Ovviamente-

-Cos'hai provato?-

Sbuffai e la guardai.

-Tranquilla, non sono una psicotica che non vuole accettare la morte di qualcuno. Lo so che non c'è più. Il funerale è stato normale, come qualsiasi altro funerale-

-Pensi che i funerali siano normali?- mi chiese, quasi con sorpresa.

Scossi la testa.

-Non lo so. So solo che sono tutti uguali-

-Le emozioni però non lo sono- mi corresse, congiungendo le mani e girando i pollici.

-Vero. Ma penso che il dolore sia lo stesso per tutti-

-Ne sei sicura?-

Non risposi e mi voltai verso l'orologio. Il tempo stava per scadere, e non vedevo l'ora di tornare a casa e buttarmi sul letto per recuperare il sonno perso in quei giorni.

-Parlami dei tuoi amici-

Sorrisi constatando che effettivamente le domande che mi stava facendo le avevo previste.

-Allora è vero che voi psicologi fate sempre le stesse domande ordinarie-

Kelsey sbuffò esasperata, ma comunque divertita.

-Ho già sentito abbastanza per farmi un'idea della situazione, tranquilla. Inoltre, vorrei sapere di più sulla tua vita e sulle tue compagnie-

Alzai le mani in segno di resa e mi appoggiai allo schienale della sedia.

-Okay, va bene...- mi bloccai, focalizzandomi sulla sua domanda, -Sarah è la mia migliore amica. Ha la mia età e frequenta quasi tutti i miei stessi corsi, mentre Mike è il nostro migliore amico, siamo un gruppetto da molti anni. Anche lui ha la nostra età e frequenta con noi biologia-

-E com'è il vostro rapporto?-

-Abbiamo un bel rapporto, ovviamente, ma in questo periodo non ho passato molto tempo con loro-

-Capisco. Sai, credo ci sia una sola cosa che potrebbe aiutarti a trovare la forza e il coraggio per andare avanti-

La guardai confusa. Lei rispose alla mia muta domanda, e per poco non caddi dalla sedia.

-Dovresti andare a trovare tua nonna-

Alzai un sopracciglio, incredula.

-Sta scherzando, per caso? Sono qui per dimenticare e lei mi esorta ad andare al cimitero?- chiesi, dandole nuovamente del lei, perché il tu mi sembrava troppo intimo.

-No, Ariel, ti sbagli. Non si tratta di dimenticare, ma solo di andare avanti. E penso proprio che dovresti affrontare le tue paure-

Feci uno scatto sulla sedia e la guardai in cagnesco.

-Sa, io non ascolto i consigli di nessuno, tanto meno i suoi- sibilai, piena di rabbia.

Lei non commentò, si alzò e raggiunse la porta, poi si voltò verso di me sorridendo gentilmente.

-Il tempo è scaduto, però ci vediamo di nuovo fra una settimana. Spero davvero che tu segua il mio consiglio, e che la smetta di darmi del lei-

Senza neanche stringerle la mano, chinai il capo ed uscii in fretta dalla stanza, uscendo anche dallo studio per poi ritrovarmi all'aria aperta. Ma come faceva a mantenere quell'espressione cordiale, anche se l'avevo trattata in quel modo? Il suo consiglio mi aveva spiazzata, se ne era accorta anche lei, ma non potevo farci niente. Odiavo i cimiteri, così tristi e spenti.

I miei pensieri vennero interrotti da un'auto che si fermò davanti a me. Mi avvicinai in fretta ed entrai, chiudendo forte lo sportello.

-Allora, tesoro? Com'è andata?- mi chiese mia madre, partendo per tornare a casa.

Non mi sforzai neanche di sorridere e mi girai verso il finestrino, osservando la strada e le persone.

-Oh... meravigliosamente-

Sprizzavo sarcasmo da tutti i pori, ma mamma non se ne accorse, o forse fece finta di niente. Ad ogni modo, continuò a sorridere e mi raccontò che quel giorno papà aveva quasi ucciso il gatto della vicina con l'auto perché non lo aveva visto.

Certo che, prima o poi, dovrò convincerlo a fare una visita dall'oculista.

Buongiorno a tutti! Oggi ho aggiornato prima del previsto, non stavo più nella pelle :')

Siamo giunti al fatidico primo incontro con la psicologa! Cosa vi aspettavate? Tutto ciò che so deriva solo da semplice esperienza personale, e, pensando ai primi incontri, ricordo che la mia psicologa parlava molto poco, i miei erano più che altro monologhi!

Ho passato molti anni con questa figura, le voglio un bene infinito, e ammetto di essermi ispirata tanto a lei nell'aspetto fisico e nell'atteggiamento.

Che tenero è Carter?

E questo Cameron?

Fatemi sapere cosa pensate del capitolo e della storia in generale! Dal prossimo entreremo più nel vivo del rapporto tra i nostri protagonisti... un abbraccio a tutti, vi ringrazio per essere arrivati fino a qui!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro