La verità
Entrai nell'abitacolo dell'auto di Carter, prendendo posto sul sedile del passeggero.
Possedeva una Golf Volkswagen nera, né vecchia, né ultimo modello. Lo sapevo perché era la stessa auto di mio padre, la quale però si trattava di un modello più recente, che guidavo anche io quando ne avevo bisogno.
In un gesto automatico, accarezzai gli interni in pelle, diversi da quelli in stoffa della mia auto.
-Ti piace?-
Trattenni il respiro e ritirai immediatamente la mano.
Cosa? La macchina o te?
Noah allacciò la cintura e accese il motore, ingranando la marcia e uscendo dal parcheggio.
-No, è che anche io ho una Golf- mormorai, sorridendo.
Mi guardò con la coda dell'occhio e sollevò un angolo della bocca.
-L'ho comprata poco tempo fa con i miei risparmi. Non è nuova, ma... è un ottimo compromesso- spiegò, scalando la marcia e svoltando in una strada principale.
Annuii, senza sapere cosa dire.
-Dovresti dirmi dove abiti-
-Oh, sì, giusto! Mmh... va bene se mi lasci nella piazza vicino alla stazione, pensavo di pranzare fuori-
-Da sola?-
Mi strinsi nelle spalle.
-I miei sono a lavoro e ho voglia di schifezze- dissi, provocando un sorriso divertito sulle sue labbra.
-Anche io ne ho voglia, a dire il vero. Ti va se passiamo da un fast food e andiamo a mangiare in un parco? Almeno possiamo parlare tranquillamente-
Pranzare con lui? In un parco? Questa cosa non andrà bene.
Boccheggiai per qualche secondo, stupita dalla sua proposta.
-Sei sicuro che sia appropriato?- domandai, incerta.
-Ariel, è un pranzo. Se dobbiamo mangiare, quando pensi che potremmo parlare?-
Acconsentii con un cenno del capo, sorridendo debolmente.
-Okay, hai ragione, è solo un pranzo-
Noah guidò fino ad un fast food poco lontano e si mise in coda per il drive. Dopo aver ordinato, estrassi il portafogli per pagare, ma lui mi bloccò scuotendo leggermente la testa, porgendo delle banconote alla commessa.
-Mi hai già offerto il drink l'altra sera, così mi sento a disagio- protestai, insistendo per pagare almeno la mia parte.
-Non ti farò pagare, sono io che ti ho proposto di venire qui-
Sbuffai e cedetti, riponendo il portafogli nello zaino.
Ci fermammo in un parcheggio vuoto, con un piccolo giardino al centro e una panchina, che decidemmo di occupare per consumare il nostro pranzo.
-Grazie, comunque- sussurrai, accennando al panino che tenevo in mano.
-Figurati- mi sorrise, cominciando a mangiare.
Non parlammo per tutto il tempo, troppo occupati a riempirci lo stomaco, ma il silenzio non era imbarazzante. Mi sentivo a mio agio, all'aria aperta e con delle buone schifezze che riuscivano sempre a tirarmi su di morale.
-Ci voleva proprio- dissi infine, alzandomi per buttare nel cestino i sacchetti che contenevano il cibo.
-Già, hai visto? Solo un pranzo- rispose lui, facendomi un occhiolino mentre tornavo a sedermi sulla panchina.
Però non guardarmi in quel modo, altrimenti non riuscirò a compiere una sola frase che abbia un senso.
-Non hai nessuno a casa che ti aspetta?- gli chiesi, giocherellando con la zip della mia giacca.
-Non sono sposato, te l'ho detto-
Arrossii, abbassando lo sguardo, imbarazzata dalla mia audacia.
-Non intendevo per forza quello, cioè...- mormorai a bassa voce.
-Non convivo e non sono fidanzato. Rilassati, Ariel, posso pranzare fuori- mi disse, con un sorriso divertito e una scintilla ironica nello sguardo.
Come fa a farmi imbarazzare come una ragazzina alla sua prima cotta?
Senza aspettare una mia risposta, probabilmente avendo colto il mio imbarazzo, continuò la conversazione.
-Adesso penso sia il momento di parlare, che ne dici?-
Mi schiarii la voce, distogliendo però lo sguardo dalle sue iridi blu come l'oceano.
-Volevo... chiederti scusa- ammisi dopo qualche secondo.
Annuì lentamente, continuando a fissarmi.
-E per cosa, esattamente?-
Qualcosa nel suo tono mi fece capire che sapesse esattamente a cosa mi riferissi.
-Be', per oggi... non mi sono comportata molto bene-
Sospirò e rimase in silenzio.
-Sai, Ariel... credo di aver esagerato, in classe. Non volevo farti sentire in imbarazzo, e comunque sei stata molto brava-
Sorrisi debolmente alle sue parole.
-In effetti, non ti sei comportato in modo professionale-
A quel punto, inarcò un sopracciglio e scoppiò a ridere.
-E tu, invece?-
Alzai gli occhi al cielo, voltandomi completamente verso di lui e fissando il mio sguardo nel suo.
-Ti ho già chiesto scusa-
-Non voglio le tue scuse, non devi farle a me, ma a te stessa-
Lo guardai sconvolta, emettendo un suono di sorpresa.
-E per quale motivo?-
-Forse per aver accettato di uscire con quel ragazzo solo per dare fastidio a me?- mi chiese, con tono ovvio.
Mi alzai di scatto, non sopportando più la sua presenza vicina.
-Non...- cominciai, passandomi le mani sui jeans, -era quello il mio intento- conclusi, fulminandolo con lo sguardo.
Certo, come no, non lo era.
Si alzò anche lui, avvicinandosi alle mie spalle. Non mi toccava, ma riuscivo a sentire il suo respiro sul collo.
-Non puoi negarlo, dato che era abbastanza palese. Adesso, però, vorrei sapere il perché- sussurrò piano, come se cercasse di non spaventarmi.
Rabbrividii, stringendo le braccia attorno al mio corpo, poi voltai il capo per guardarlo di sbieco da sopra la spalla. I suoi occhi trasmettevano incertezza, confusione e altre emozioni che non riuscii a captare.
-Non lo so- sussurrai, smarrita, riportando lo sguardo davanti a me.
Il mio tono di voce rispecchiava alla perfezione il senso di smarrimento che provavo. Non riuscivo a spiegarmi il perché delle mie azioni, e soprattutto non riuscivo a spiegarlo a Noah. Mi sentivo tremendamente sciocca e ingenua, ed ero sicura che anche lui la pensasse così.
Lo sentii sospirare, poi poggiò una mano sulla mia spalla, facendo una leggera pressione per voltarmi verso la sua figura.
-Scusa, sono una stupida. Non avrei mai dovuto-
Mi bloccò, alzandomi il mento con le dita e incatenando i suoi occhi ai miei. Quel contatto mi fece mancare il respiro e sentii tremare le gambe.
-Il punto è che mi ha dato fastidio- sussurrò, così vicino al mio viso che il suo respiro si infranse sulle mie labbra, provocandomi brividi in tutto il corpo.
Ora muoio.
-Ah, sì?- risposi, con un tono di voce così basso che per un attimo dubitai che mi avesse sentito.
-Sì- confermò, lasciando la presa sul mio viso e allontanandosi da me.
Sbattei le palpebre, intontita, e d'istinto allungai la mano verso la sua, afferrandola.
Lui osservò le nostre mani, poi alzò lo sguardo e si inumidì le labbra, distendendole poi in un sorriso malizioso.
-Questo non è il modo giusto per fare finta di niente- affermò, senza però sciogliere la presa.
Il mio cuore batteva velocissimo e mi sentivo andare a fuoco.
-Noah- lo chiamai per nome, provocando una scintilla sorpresa nel suo sguardo, -Hai iniziato tu-
Sciolse le nostre mani, allontanandosi ulteriormente da me, e tutto il calore che avevo in corpo sembrò svanire.
-Non credo che uscirò con lui-
-Dovresti, invece- disse in tono rassegnato, -Ovviamente, se è ciò che vuoi... se sono io a frenarti, sappi che non è giusto-
-Certo, non è giusto- esclamai, ironicamente, -Dopo avermi confessato di essere geloso, dovrei comunque darti ascolto?-
Sospirò, afferrandomi delicatamente per le spalle.
-Sappiamo entrambi che non finirebbe bene-
Mi morsi un labbro e annuii, voltando il capo verso la sua auto.
-Lo so, ma non riesco ad ignorarti-
-Nemmeno io, Ariel, ma non abbiamo molte alternative-
-Potremmo comunque parlare, ogni tanto... sei comunque il mio professore... sai, il college, la scuola...-
Dio, quanto sono patetica.
Lui sorrise dolcemente e annuì.
-Certo, per qualunque cosa potrai contare su di me-
Il suo tono sincero mi scaldò il cuore, nonostante la tristezza della situazione.
-Adesso che abbiamo chiarito, ti riporto a casa-
Lo seguii di nuovo all'interno della sua auto, per poi dargli le indicazioni per raggiungere il mio indirizzo. Il viaggiò durò pochi minuti, durante i quali mantenni lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
Quando fermò la macchina, davanti casa mia, slacciai la cintura di sicurezza.
-Ti ringrazio per oggi-
Lui sollevò un angolo della bocca, guardandomi di sfuggita.
-Figurati. Ci vediamo a scuola-
Ci fissammo per qualche secondo, poi scesi dalla macchina e mi incamminai sul vialetto, sentendo il rombo del motore dell'auto che si allontanava.
Entrai in casa con il cuore che martellava nel petto e mi rifugiai subito in camera mia, per poi sdraiarmi sul letto.
Carter era geloso. Sospirai.
L'ho sognato o è successo davvero?
In preda alla confusione, decisi di chiamare i miei migliori amici, comunicando loro che dovevo assolutamente parlargli. Avevo deciso che gli avrei raccontato tutto quanto, a costo di dover ammettere ad alta voce che il rapporto tra me e Noah non sarebbe potuto più tornare indietro.
Dopo una buona mezz'ora, durante la quale avevo deciso di guardare uno stupido programma televisivo, sentii suonare il campanello.
Quando aprii la porta, Sarah e Mike si fiondarono all'interno del mio salotto con il fiatone.
Li guardai inarcando un sopracciglio.
-Ho solo detto che devo parlarvi, non che fossi in pericolo-
-Abbiamo fatto il prima possibile!-
-Ci siamo preoccupati!-
Parlarono nello stesso momento e strinsi le labbra per non scoppiare a ridere.
-Calmatevi, adesso. Vado a prendervi un bicchiere d'acqua-
Tornai in salotto portando anche qualche biscotto e li trovai seduti sul divano, o meglio, stravaccati in pose improbabili.
Mi unii a quel groviglio di braccia e gambe, sdraiandomi a mia volta sul divano.
-Racconta!- cominciò Sarah, ricomponendosi e divincolandosi dalla stretta giocosa di Mike, che la stava tenendo ferma per farle il solletico.
Ci posizionammo tutti e tre sedendoci in modo più composto e cominciai a torcermi le mani, cercando di prendere tempo. Non sapevo proprio come cominciare il discorso, né da dove.
Mike si schiarì la voce, per spronarmi a parlare, quindi presi un respiro profondo.
-Sono successe delle cose...- mi bloccai per qualche secondo, -con Carter-
Deglutii e spostai lo sguardo su uno dei quadri del mio salotto, ma quando ricevetti solo il silenzio in risposta, lo riportai su di loro.
Sarah aveva gli occhi spalancati, mentre Mike la fronte aggrottata.
-Che genere di cose?- mi chiese lui, incrociando le braccia.
Sospirai e mi lasciai sfuggire un lamento frustrato, cominciando dal primo giorno di scuola fino a quel momento. Raccontai della punizione dopo la lite con Jennifer e di quanto mi avesse fatto piacere l'aiuto di Noah in biblioteca, della sua presenza al funerale e del suo bel gesto di cambiarmi compagno per il progetto.
-Mmh... mi sembra che sia stato gentile, d'altra parte sei la nipote di una cara amica di suo nonno, era al funerale e ha visto come stavi...- rifletté Sarah, portandosi l'indice sotto il mento, mentre Mike annuiva con enfasi al suo commento.
-Ma infatti non è finita qui-
Ripresi il racconto, introducendo Cameron nel discorso; il nostro incontro e le sue attenzioni, fino ad arrivare al giorno dell'esposizione di Scott, quando, fuori dall'aula di Biologia, Noah ci aveva intimato di andare a lezione. Espressi i miei dubbi riguardo al fatto che potesse avergli dato fastidio, ma che non ne ero sicura. Raccontai anche di Scott e della sua cotta per Cassidy, spiegando quel suo comportamento ambiguo nei miei confronti in classe, per poi arrivare alla sera del Black Swan, pochi giorni prima.
-Ti ha detto che sei bellissima?!- strillò Sarah, portandosi le braccia all'altezza del petto.
Sorrisi imbarazzata e abbassai lo sguardo, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Sì! Me l'ha detto e mi ha fatto fin troppo piacere.
-A quel punto ho deciso che avremmo dovuto fare finta di niente e ricominciare da capo- mormorai, con tono sconsolato.
-Mi sembra ovvio che fosse geloso, da come ha reagito- commentò Mike, scrollando le spalle.
-Il punto è proprio quello! Non ha voluto continuare il discorso e io ho capito che le cose stavano prendendo una piega inappropriata- spiegai, gesticolando nervosamente.
Sarah mi guardò incerta, prima di parlare.
-Quindi siete rimasti così?- sussurrò delusa.
Scossi la testa e conclusi il racconto spiegando cosa fosse successo quel giorno; avevo accettato l'invito di Cameron davanti a Noah perché mi ero scoperta gelosa mentre flirtava con la professoressa Cooper.
-Capisco la tua gelosia- ammiccò Mike, riferendosi a quest'ultima, guadagnandosi un mio sguardo di fuoco e una gomitata da Sarah.
-Comunque, penso che abbia notato il mio intento di dargli fastidio, dato come mi ha trattata dopo in classe-
-Lo sapevo che ci nascondevi qualcosa, ti ha provocata oggi! Ma certamente non credevo che fosse per questo motivo- disse Sarah, con tono più eccitato del normale.
-Ecco cos'era, allora!- esclamò Mike, come se fosse giunto alla soluzione di un rebus complicato.
Inarcai un sopracciglio.
-Che cosa?-
-Tensione sessuale!- affermò, allargando le braccia soddisfatto.
Mi strozzai con la saliva e tossicchiai per riprendermi, arrossendo fino alle punte delle orecchie.
-Frena i bollenti spiriti, Sherlock!- lo ammonii, imbarazzata.
Frenali tu, pervertita.
Mi schiaffeggiai la fronte, scioccata dai miei stessi pensieri, mentre Sarah mi lanciava uno sguardo malizioso.
-Sono d'accordo con Mike. Tesoro, l'ultima volta che hai fatto sesso è stato al compleanno di Mike, quanto, tre mesi fa?-
La incenerii con lo sguardo, mentre Mike rideva sotto i baffi.
Quella storia la sapevamo solo noi tre e, ovviamente, Jordan, il ragazzo in questione. Era un amico d'infanzia di Mike che viveva in un'altra città. Si erano conosciuti al mare da bambini, essendo entrambi proprietari di una casa per le vacanze, continuando a frequentarsi ogni estate, e presto lo aveva presentato anche a me e Sarah. C'era sempre stata attrazione tra noi due, ma all'inizio eravamo troppo piccoli. Qualche tempo dopo, in occasione appunto del diciottesimo compleanno di Mike, avevamo deciso di cedere e lasciarci andare, nonostante, a causa della distanza, fossimo d'accordo sul non costruire una relazione, che ci avrebbe solo fatti soffrire. Avevamo quindi passato una bellissima notte, prima in mare e poi di corsa in camera. Il tutto si era però concluso la mattina dopo, senza drammi né rammarico.
-Sì, e quindi? Non sono una ninfomane, sto bene così-
-Ma non si tratta di essere ninfomani, solo che l'astinenza fa questo effetto a chiunque!- intervenne Mike, avvalorando la tesi della nostra amica.
-E proprio per questo, se hai davanti un Noah Carter, che prova le stesse cose che provi tu, allora tanti saluti alla sanità mentale-
Roteai gli occhi al soffitto e sbuffai, conscia di non poter ribattere a quella verità così palese.
Insomma... certo che provo attrazione per Noah. In più, è da Jordan che non sento questa sensazione allo stomaco, ma proprio con il mio professore doveva capitare?
-Okay, va bene, pensatela come volete, non ho ancora finito-
La mia amica emise un grido euforico e mi spronò a parlare.
Passai quindi a raccontare di quello stesso giorno, del mio pranzo con Noah e della confessione che mi aveva fatto, bloccandomi di tanto in tanto per ammonire i fischi di Mike e gli urletti di Sarah.
-Non c'è altro- conclusi infine, lasciandomi cadere sui cuscini del divano.
-E menomale! Ti sembra poco?-
-Mi sembra fin troppo- lo corressi, gemendo frustrata.
Loro rimasero in silenzio, compatendo la mia disperazione.
-Uscirai con Cameron?-
Trattenni il respiro e chiusi gli occhi.
Non voglio prenderlo in giro, sono una persona orrenda già solo per aver accettato controvoglia.
-Non credo- risposi infine, sentendomi comunque in colpa.
-Se non ti interessa fai bene, ma, come ha detto Carter, dovresti uscire con qualcuno- affermò Mike, con l'espressione più seria di prima.
-Io invece penso di no! Dai, è cotta di Carter, prenderebbe in giro sé stessa- obbiettò Sarah, lanciandogli un'occhiata di traverso.
-Non uscirò con Cameron e non succederà niente tra me e Noah-
O almeno credo.
La mia amica infatti mi guardò scettica, per poi sospirare e abbracciarmi. Dopo qualche secondo, si aggiunse anche Mike e passammo il pomeriggio a guardare la televisione e parlare di qualsiasi cosa ci passasse per la testa.
Mi erano mancati davvero tanto i miei amici, ed ero sorprendentemente felice di aver raccontato loro tutto.
Decisi di aprirmi fino in fondo e parlare del mio incontro con la psicologa e del suo consiglio di andare al cimitero. Loro sapevano quanto mi mettesse a disagio e mi coccolarono tutto il giorno, comprendendo le mie paure e incoraggiandomi ad affrontarle, senza forzarmi.
Quel giorno parlai loro di nonna Maggie, sentendo la tristezza nel cuore, ma percependo un'emozione ben più forte, che mi portò ad alzare gli occhi sulla nostra foto in salotto e sorridere. Un sorriso vero, un po' dolceamaro ma sincero. Ero pronta a fare di tutto per onorarla e renderla orgogliosa da lassù, dove avevo cominciato a credere che mi stesse guardando.
Ed eccoci alla resa dei conti! (Più o meno)
Cosa pensate della loro discussione?
Le cose sembrano complicarsi... come farà la nostra cara Ariel a gestire la situazione?
Sono un sacco di fretta, quindi non posso dilungarmi più di tanto!
Vi ringrazio nuovamente per essere arrivati fino a qui, un bacio grande a tutti <3
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