Almeno per stanotte
Improvvisamente, le mie braccia si bloccarono e ricaddero lungo i miei fianchi, seguite dalle sue, che mi avvolsero in un abbraccio.
Mi scostai, e stavolta lui non fece resistenza, permettendomi di allontanarmi.
Ero senza parole.
Cosa diavolo voleva dire che se ne sarebbe andato? Dove? Perché?
-Te ne vai?- ripetei, con voce atona.
Noah annuì, abbassando lo sguardo.
Per qualche secondo non disse niente, permettendo alla mia agitazione di aumentare.
-Insegnerò in un liceo vicino Boston. Tornerà Davis, ora che finalmente mia zia sta meglio. Ho sempre saputo che prima o poi avrebbe ripreso il suo posto, ma non credevo sarebbe successo così presto- rispose, con un sorriso amaro ad increspargli le labbra.
-Ma non hai partecipato ad un concorso? Non puoi essere sostituito in questo modo!- protestai, gesticolando nervosamente.
Per me il discorso non aveva senso. Cercavo di capire secondo quale logica Noah dovesse essere mandato via, ma non riuscivo a trovare alcun motivo.
-Il mio incarico era una sostituzione, Ariel. Davis è un insegnante da molti anni. Sono riuscito a fare il supplente, ma non ad aggiudicarmi un lavoro stabile- mormorò, poggiandosi con i fianchi alla cattedra dietro di lui.
-E perché non mi hai mai detto che prima o poi te ne saresti andato?!-
A quel punto, alzò lo sguardo nel mio e distinsi chiaramente il rammarico nella sua espressione.
-Perché speravo fosse poi, piuttosto che prima- rispose, sorridendo mesto, -Ma mio zio è riuscito a trovarmi un posto stabile laggiù, mentre si prendeva cura di mia zia. Ho bisogno di un lavoro vero, capisci?-
Non potevo arrabbiarmi.
Era ovvio che alla sua età, dopo tutto quello che aveva passato e tutti gli sforzi che aveva compiuto, desiderasse soltanto potersi sistemare e trovare un impiego che glielo permettesse.
Io avrei voluto la stessa cosa.
-Quando l'hai saputo?- ebbi il coraggio di chiedergli.
-Qualche settimana fa-
-E quando hai intenzione di partire?-
-Dopo le vacanze di Natale-
Ciò significava che ne fosse venuto a conoscenza mentre ci frequentavamo ancora, cosa che mi ferì al petto come una lama.
-Non mi hai detto niente-
Noah annuì, con lo sguardo basso, per poi sospirare e passarsi una mano tra i capelli.
-Non ho mai avuto paura di una relazione con te, ma ho scelto la via più facile. Farti credere che non fosse importante per me, avrebbe sicuramente facilitato le cose-
-Perché l'hai fatto?-
Inizialmente non mi rispose, limitandosi a lanciarmi un'occhiata intensa che mi fece sprofondare nel baratro dei miei sentimenti, poi mi si avvicinò fino a mischiare il suo respiro con il mio.
Chiusi gli occhi, poggiando la fronte contro la sua, in un gesto che mi provocò sollievo e dolore allo stesso tempo.
-Pensavo di essermi fermato in tempo, Ariel. Lo credevo davvero, ma non posso ignorare ciò che provo quando ti vedo- sussurrò sulle mie labbra, sfiorandole dolcemente.
Il mio cuore tornò a battere all'impazzata, consapevole del fatto che non avrebbe mai potuto fare altrimenti, quando si trattava di Noah.
-Cosa provi? Dimmelo, Noah. Anche se mi farà male, me lo devi dire-
Lo sentii sospirare.
-Mi sono innamorato di te-
Il mondo si fermò intorno a me, paralizzando i miei pensieri.
Trattenni il respiro e lo fissai, smarrita ed emozionata.
-Come, scusa?-
Lui ridacchiò della mia reazione spaesata, mentre lisciava con dolcezza i miei capelli.
-Ho detto che mi sono innamorato di te- ripeté allora, incatenando il suo sguardo al mio, -Delle tue espressioni quando ti concentri mentre studi, della tua ambizione, della tua bontà, della tua innocenza, della tua risata, dei tuoi gesti sempre così pieni di amore e del tuo essere semplicemente perfetta per me. Credo che il mio cuore se ne fosse accorto già da tempo-
Strinsi le palpebre per non piangere, invano. Due calde lacrime rigarono le mie guance, che furono subito asciugate dalle sue dita.
Riaprii gli occhi ed incontrai i suoi, lucidi ed emozionati.
Noah era innamorato di me, e il mio corpo stava scoppiando per le troppe emozioni che stava provando.
-Anche il mio cuore se n'è accorto da molto tempo- sussurrai, prima di posare le mie labbra sulle sue in un casto bacio.
Lui mi avvolse in un abbraccio caldo e confortante, oltre che estremamente familiare.
Erano passati pochi giorni, ma mi era mancato come l'aria.
Le carte erano state scoperte.
Questa volta non si può più tornare indietro.
-E adesso?- sussurrai, improvvisamente spaventata dalla portata di ciò che ci eravamo confessati.
Noah mi guardò per qualche altro istante, così intensamente da scavarmi dentro e prendersi tutto ciò che voleva della mia anima.
Aveva la straordinaria capacità di comunicarmi i suoi pensieri solo con gli occhi.
-Adesso sarà tutto più difficile- fu l'unica cosa che disse.
-Posso venire a trovarti, e anche tu puoi farlo. Sai benissimo che tra pochi mesi spero di poter studiare lì, si tratta solo di tenere duro per un po'- sussurrai, incerta.
Lui allentò la presa sul mio corpo e irrigidì le spalle.
-Non posso farti questo. Sei giovane e non puoi perdere tempo con uno come me. Adesso capisci perché ho fatto quel che ho fatto?-
No, non capisco.
-Stai dicendo che non soffrirai? Che per te è così semplice lasciarmi andare?-
Noah sollevò un angolo della bocca, in un'espressione amara e rassegnata.
-Sto già soffrendo, e soffrirò ancora. E soffrirai anche tu, ma poi starai bene. Riuscirai a realizzare tutti i tuoi obiettivi. Parlerò con mio zio, mi occuperò personalmente di farti avere la migliore lettera di raccomandazione possibile, per Yale. Andrai avanti, conoscerai qualcun altro...-
-No, no, no!- lo interruppi, stringendo la sua camicia tra le mie mani, mentre altre lacrime inondavano il mio viso, -Come fai ad essere innamorato di me, se dici queste cose?-
Non mi importava neanche più del college, in quel momento.
Il dolore che provavo era indescrivibile e non riuscivo minimamente a concentrarmi su altro.
Noah contrasse la mascella e abbassò il capo.
-È proprio per quello, che ti dico certe cose-
Le sue parole, però, non riuscirono a lenire in alcun modo l'intensità delle brutte sensazioni che mi avevano investita.
Non riuscii a trattenere un singhiozzo, quindi il volto di Noah si trasformò in una maschera di dolore e preoccupazione.
-Vieni qui- sussurrò, portando una mano dietro la mia nuca e riportandomi tra le sue braccia.
Piansi per minuti interminabili, lo colpii al petto, ma non riuscii ad arrabbiarmi realmente con lui.
La colpa non era sua, si trattava di un mero scherzo del destino.
Quando mi calmai, lo guardai negli occhi.
Non avevo più niente da dirgli, le parole mi avevano abbandonata.
-Balliamo un po', ti va?- mi chiese, sorridendo debolmente.
Annuii, stringendomi a lui, che cominciò a dondolare insieme a me; un suo braccio a cingermi i fianchi e l'altra mano ad accarezzarmi il viso.
Non poteva essere tutto finito. Non era possibile.
Quello era il mio lieto fine? Quello era l'anno che avrei dovuto ricordare per il resto della mia vita?
Avevo perso nonna Maggie e stavo per perdere la persona che avevo creduto fosse quella giusta per me.
Non l'avrei data vinta al destino, il quale si stava facendo fin troppo beffa di me.
Non stavolta.
-Andiamo a casa tua, per favore- ruppi il silenzio, avvicinando il suo viso al mio.
-Ariel...- cominciò, incerto, -Non so se sia una buona idea-
Posai i palmi delle mani sulle sue guance e lo baciai una, due, innumerevoli volte.
-Ho bisogno di te, almeno per stanotte-
E lo pensavo davvero.
Volevo solo abbracciarlo, baciarlo, mangiare una pizza davanti alla televisione e dormire avvinghiati nel suo letto.
Nulla avrebbe potuto spezzarmi più di quanto non lo fossi già.
Il suo sguardo si accese di una luce che non avevo mai visto e sembrò avere i miei stessi pensieri, poiché, senza rispondere, fece scontrare le sue labbra con le mie, imprimendo in quel bacio tutto l'amore e tutto il dolore che provava.
Passai il mio ultimo ballo invernale in un'aula, a pezzi, l'aspetto stravolto e la consapevolezza che, qualunque cosa fosse successa, il mio cuore sarebbe sempre appartenuto a Noah Carter.
Il viaggio da scuola a casa sua fu uno dei più difficili della mia vita.
Passando dal retro, avevamo raggiunto la sua auto senza essere notati.
Durante il viaggio non c'erano state parole, solo sguardi lanciati di sfuggita e cuori impazziti.
Sapevo di sbagliare, ma poi ripensavo a ciò che ci eravamo detti.
Eravamo innamorati; dov'era l'errore?
Avevo scritto un messaggio ai miei amici, fornendo pochi dettagli, promettendo che avrei raccontato loro ogni cosa il giorno dopo.
La risposta di Jennifer mi aveva scossa nel profondo.
Qualunque cosa sia successa, ricordati che ormai è tardi per preservare il tuo cuore. E, se ci sarà bisogno, lo cureremo insieme.
Non avrei mai pensato di poter ricevere parole simili da parte sua, ma mi scaldarono il petto e accesero in me la speranza che, forse, ce l'avrei fatta davvero, anche senza Noah.
Per quella notte, però, avrei onorato l'amore che provavo per lui, curandolo e custodendolo gelosamente.
Varcammo la porta del suo appartamento avvinghiati, come se i nostri polmoni si potessero riempire solo del respiro l'una dell'altro.
Le mie mani tra i suoi capelli, sotto la camicia, sul suo petto, sulle sue spalle larghe e muscolose.
Le sue carezze sulle mie gambe, le unghie arpionate alla pelle, i gemiti strozzati e quelli non trattenuti.
Ci spogliammo lentamente, in una piacevole tortura fatta di baci e carezze, scoprendoci forse per la prima volta.
L'abito scivolò lungo i miei fianchi e fui scossa dai brividi, mentre il suo sguardo percorreva ogni centimetro, ogni singolo lembo della mia pelle, bruciandola come fosse fuoco.
Non mi stava guardando; mi stava ammirando.
-Ti prego, dimmi che lo vuoi davvero, perché non credo riuscirò a trattenermi-
La sua voce era incredibilmente roca, bassa, quasi gli uscisse direttamente dal ventre.
Il mio respiro si fermò, l'incapacità di emettere alcun suono mi investì.
Dopo un istante di smarrimento, seppi di non aver mai desiderato così ardentemente qualcosa.
Mi avvicinai a lui, lentamente, senza parlare.
La mia fu una risposta muta; il desiderio di sentirlo su di me, dentro di me, in ogni parte di me, guidò i miei movimenti, che afferrarono la sua cintura e la slacciarono con foga.
Le mani mi tremavano, tanto da rendere impacciati i miei gesti.
Noah rise, scuotendo le particelle del mio corpo, facendo vibrare corde di cui non conoscevo l'esistenza.
-Rilassati, faccio io- sussurrò, sensuale, accostandosi al mio orecchio.
Arrossii e respirai profondamente, mentre le sue mani calde avvolgevano le mie e facilitavano ciò che da sola non riuscivo a portare a termine.
Ci prendemmo tutto il tempo di cui avevamo bisogno; tutti gli sguardi, tutti i sospiri e tutti i battiti dei nostri cuori sofferenti.
Eravamo privi di qualsiasi cosa: indumenti, armature, logiche e razionalità.
La passione che avevamo cercato di trattenere fino a quel momento era scoppiata, tanto da azzerare qualsiasi freno inibitore.
Non ci furono parole; solo le sue mani su di me e le mie su di lui.
Noah prese tutto ciò che mi rimaneva ed io fui felice di donarglielo.
Fu dolce, passionale e gentile, e, quando il piacere più viscerale ci travolse, non ci fermammo.
Dopo la prima volta fu un prendere senza chiedere, furono graffi sulla schiena e sul cuore, furono suppliche disperate, mentre dal letto ci spostavamo sul divano, dal tavolo sul bancone della cucina.
Noah non si trattenne, ed io lo accolsi in tutte le sue sfumature.
La notte fu testimone dei nostri ansiti, dei miei gemiti e delle sue imprecazioni sputate tra i denti, delle mie preghiere invocando il suo nome e dei suoi baci che spazzavano via ogni timore.
Ci amammo ancora, sotto la doccia.
Fu lì che, ansimanti e stanchi sotto il getto d'acqua calda, ci rendemmo conto di quanto entrambi stavamo perdendo.
Mi accoccolai tra le sue gambe, poggiando la nuca sul suo petto, e chiusi gli occhi.
-Te ne stai pentendo?- mi chiese, accarezzando le mie braccia.
Scossi la testa.
-No. Tu?-
Lo sentii sorridere sulla mia pelle, mentre lasciava una scia di baci lungo il mio collo.
Afferrò i miei fianchi e mi spinse all'indietro, stringendo ulteriormente il mio corpo, ormai creta tra le sue mani.
Sospirai, trovandolo nuovamente pronto per me.
-Secondo te?-
Voltai il capo per guardarlo e strinsi le labbra, per evitare di baciarlo e far precipitare le cose per l'ennesima volta.
-Lo prendo come un no- scherzai, ridacchiando.
Noah sorrise maliziosamente, prima di mordicchiare il mio labbro inferiore.
-Non potrei mai pentirmi della notte più bella della mia vita-
Avvampai, distogliendo lo sguardo dal suo corpo nudo e bagnato.
-È una cosa grossa da dire- lo rimbeccai, stringendo la pelle del suo braccio per dargli fastidio.
-Ma è la verità- mi rispose, facendo spallucce, -Per te non è lo stesso?-
Scoppiai a ridere, scuotendo la testa.
-Per me lo è, ma ho molta meno esperienza di te-
Lo sentii sospirare, sistemandosi con il mento sulla mia spalla.
-C'è qualcosa che vuoi chiedermi in proposito?- chiese, facendomi il solletico all'orecchio a causa della sua vicinanza.
Riflettei sulle tante domande che avrei voluto fargli da quando ci eravamo conosciuti.
-Ho capito che hai sofferto per una donna, e vorrei sapere cosa è successo- sussurrai, leggermente timorosa.
Per qualche secondo regnò il silenzio e quasi mi arresi di fronte al fatto che non mi avrebbe raccontato niente, ma poi, inaspettatamente, cominciò a parlare.
-Si chiama Sophie- disse, stupendomi, -L'ho conosciuta al college e siamo stati insieme per un po' di tempo. Ha due anni più di me e abbiamo continuato a stare insieme anche dopo la sua laurea. Siamo andati a convivere appena ho concluso il college, ma poi...- si bloccò, irrigidendosi immerso nei ricordi.
Gli stampai un bacio sulla guancia, per tranquillizzarlo.
-Va tutto bene, non importa che continui- sussurrai al suo orecchio, strofinando il naso contro la sua pelle.
-Non avevo in programma quello che è successo, devi credermi- mormorò, allontanandomi dal suo petto per voltarmi verso di lui.
Lo guardai, confusa, aggrottando le sopracciglia.
-Di cosa parli?-
-Di te, Ariel. Di noi due- spiegò, stringendo le mani tra i miei capelli, -Ti giuro che ci ho provato in tutti modi, a starti lontano. Non avrei mai voluto farti soffrire, ma ho desiderato con tutto me stesso ciò che è successo questa notte-
Sorrisi istintivamente, abbassando lo sguardo.
-Anche io-
Le sue dita cominciarono a creare dei cerchi invisibili sulla pelle delle mie braccia, provocandomi dei brividi di piacere.
-Non volevo innamorarmi di nuovo. Non adesso, e mai avrei pensato che accadesse. Avevi ragione tu.... Sophie mi ha spezzato il cuore, ma ciò non vuol dire che tu non possa aggiustarlo-
Non avevo mai visto Noah così sincero e aperto alle confidenze, e le sue parole ebbero effetti devastanti sul mio povero cuore.
In quel momento, però, volevo sapere tutto di lui e di quello che lo aveva ferito.
-Cosa è successo?-
Lui sospirò, poggiando il capo sulla parete fredda della doccia.
-Niente di eclatante. Ero troppo innamorato per vedere che lei non lo era più, già da tempo- cominciò, piegando le labbra in un sorriso amaro, -Avrei dovuto cogliere i segnali, mi sarei risparmiato la scena di lei e il suo amante sul nostro divano-
Sgranai gli occhi e schiusi le labbra, colta alla sprovvista.
Non capivo il senso di tradire una persona. L'amore finisce, è la cosa più normale del mondo, ma basta essere sinceri senza per forza prendere in giro chi ancora prova qualcosa.
-Mi dispiace-
Noah mi guardò con un sorrisetto enigmatico.
-Se non l'avesse fatto, magari ora non saremmo qui, io e te. Ti dispiace davvero?-
Non ha tutti i torti.
Finsi di pensarci su per qualche istante, poi sollevai un angolo della bocca in un mezzo sorriso.
-Mmh, se la metti così, allora... no, non mi dispiace per niente-
-Era quello che volevo sentire- sussurrò, prima di stampare le labbra sulle mie in un tenero bacio, -E invece, dimmi, chi ti ha spezzato il cuore?- mi chiese, inarcando un sopracciglio.
Scossi la testa, ripensando a quell'idiota del mio primo e ultimo, nonché unico, fidanzato.
Da quando avevo conosciuto Noah, ciò che era successo con il mio ex mi sembrava una lontana barzelletta, di quelle che racconti al bar per farti due risate.
-Si chiama Christian ed ha un anno in più di me. Siamo stati insieme per qualche mese e per me è stato il primo in tutto- gli confidai, scrollando le spalle, -Ma non direi che mi abbia spezzato il cuore, sai? Mi ha delusa, ferita e presa in giro, ma sto cominciando a pensare che probabilmente non l'ho mai amato-
Il suo sorriso mi fece capire che le mie parole gli erano arrivate dritte al cuore.
-Lo vedi ancora?-
Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
-No, per carità divina. Ha cominciato il college quest'anno, nel Massachusetts- raccontai, ormai spensierata, -Non ci siamo più visti né sentiti, e sinceramente mi va benissimo-
Noah mi rivolse un sorrisetto sghembo, inclinando il capo da un lato.
-Allora... meglio così-
Quella notte, dopo esserci amati e scoperti nel profondo, ci raccontammo in tutte le nostre sfumature.
Parlammo delle nostre famiglie, dei suoi ricordi legati alla sua infanzia felice, del mio desiderio di aver avuto un fratello o una sorella, dei nostri sogni più grandi e delle nostre debolezze.
Fu incredibile, ma, per la prima volta, fummo realmente sinceri l'uno con l'altra, consapevoli di essere ormai giunti al capolinea.
-A quali altri college farai richiesta?- mi chiese, mentre avvolgeva il mio corpo infreddolito all'interno di un grande asciugamano.
Ci pensai su, mordicchiandomi il labbro.
-Be'... Princeton e Columbia- risposi, frizionando i capelli bagnati con le mani.
Lui sorrise di una tenerezza che mi colpì dritta al petto.
-Sono sicuro che tra qualche mese camminerai tranquillamente per i corridoi di Yale. Devi sapere quanto vali, promettimi che non lo scorderai mai-
L'intensità del suo sguardo mi trafisse e la portata delle sue parole mi investì violentemente.
I miei occhi si fecero lucidi e deglutii faticosamente, per ricacciare indietro le lacrime.
-Te lo prometto- sussurrai sulle sue labbra, prima di appropriarmene per l'ennesima volta.
E tu prometti di non dimenticarti di me, Noah.
Decidemmo di andare a dormire, stanchi e stremati dalla notte appena vissuta.
Ci addormentammo abbracciati, la mia testa sul suo petto e le sue braccia a stringermi i fianchi.
Non riuscii a dormire serenamente; quindi, dopo l'ennesimo risveglio, mi alzai dal letto con tutta la cautela possibile.
Mi soffermai sull'espressione beata di un Noah addormentato e me la impressi nella mente e nell'anima.
Una lacrima sfuggì al mio controllo, ma la asciugai prontamente con il dorso della mano.
Raccolsi le mie cose senza fare rumore e mi rintanai in cucina, accendendo il cellulare.
Sapevo cosa fare e sapevo chi chiamare.
Jennifer rispose dopo cinque squilli, in tono confuso.
-Ariel?-
-Puoi venire a prendermi, per favore?- sussurrai, con voce rotta.
Lei non mi fece domande; le spiegai dove mi trovavo e mi disse che nel giro di venti minuti mi avrebbe raggiunta.
Indossai nuovamente l'abito e piegai la maglietta che Noah mi aveva prestato per dormire.
Prima di uscire dalla porta, decisi di lasciare il corsage che portavo al polso sul tavolino, al centro del salotto.
Era il mio modo per dirgli addio, facendo però intendere che quella notte l'avrei portata per sempre nel cuore.
Quando salii sull'Audi bianca, il mio volto era già una maschera di dolore e lacrime.
Jennifer mi guardò attentamente.
-Dormi da me, va bene?-
Annuii tra i singhiozzi, poggiando il capo sul finestrino, mentre percepivo nitidamente i pezzi della mia anima che piano piano mi abbandonavano.
È meglio così, è giusto così.
Addio, Noah. Spero di rincontrarti, un giorno.
Ci siamo, miei cari!
Innanzitutto, buongiorno ❤️
Ho deciso di anticipare il giorno della pubblicazione, perché avevo il capitolo pronto e non vedevo l'ora di farvelo leggere!
Quante cose ci sono, da dire...
Andiamo per gradi!
Iniziamo con la grande confessione di Noah. È innamorato di Ariel, e questo era abbastanza prevedibile, diciamocelo. Ovviamente, anche lei prova le stesse cose. Quindi, la domanda è: dove sta il problema?
Ecco, per rispondere voglio spiegarvi il punto di vista di Noah. Lui sa bene che, se solo acconsentisse, Ariel non vedrebbe l'ora di iniziare una relazione nonostante la distanza.
Va detto, però, che queste non sono cose facili e che tra Jacksonville e Boston ci sono ore di aereo. Noah è il più razionale dei due e sa come vanno queste cose. Ariel è più sognatrice, ma non è possibile costruire qualcosa in questo modo. L'amore a volte non basta, ci vuole esperienza e tanto tempo passato insieme.
Ecco perché decidono entrambi di salutarsi.
Parlando della notte che passano insieme, c'è da dire che sia un chiaro segno che sarà tutto molto difficile.
Per una volta, la nostra cara protagonista decide di spegnere il cervello e non pensare, seguendo il suo istinto, e questo è ciò che succede.
Errore o meno, era ciò che entrambi desideravano.
E, poi, il finale drammatico.
Perché Ariel se ne va? Semplice, perché è la cosa più facile da fare.
Lei sa, esattamente come Noah, che quella notte è iniziata e finita lì, quindi preferisce andarsene in punta di piedi, senza fare rumore.
Vedremo, in seguito, cosa succederà.
Ora credo di essermi dilungata abbastanza...
Ribadisco che dopo il prossimo capitolo pubblicherò l'epilogo, ma non escludo che prima di questo possa inserirne una altro.
Mi sta venendo un papiro, quindi è probabile che lo debba spezzare.
Vi ringrazio ancora per tutto il supporto che mi date, fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacio e alla prossima ❤️
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