Capitolo IX
L’albergo che ci aveva prenotato Marina era il RSH Piazza Navona Apartments. Al centro di Roma e vicino alla famosa piazza barocca.
Ricordavo vagamente i posti di Roma, ricordavo i nomi dei monumenti ma non sarei riuscita ad orientarmi ne tantomeno a dire dove si trovavano i suddetti luoghi.
L’albergo offriva degli appartamenti più che delle sole camere, con mobili moderni, aria condizionata manuale, connessione gratuita e possibilità di scegliere tra ristorazione indipendente e il ristorante al primo piano. Quindi avevamo anche una cucina che potevamo sfruttare e una penisola su cui potevamo mangiare o lavorare a seconda dei nostri bisogni.
Secondo Sean era meglio un appartamento che una stanza d’albergo così avevamo più manualità nel nostro lavoro e non potevo dargli torto, il problema però era un altro.
- Marina cosa… non ha calcolato? – chiesi incrociando le braccia al petto e lanciando un’occhiataccia prima alla camera e poi al mio capo.
Anche lui aveva un’espressione accigliata.
- Giuro che io non ne sapevo nulla – borbottò.
E me lo auguravo vivamente altrimenti la base della casa editrice di Todi avrebbe perso il direttore!
- Che si fa? – chiesi.
Sean scosse il capo. Poggiò la valigia a terra e sbuffò.
- Vado a chiedere alla reception – disse sparendo e uscendo dall’appartamento subito dopo.
Sospirai e lasciai la maniglia della mia valigia. Mi avvicinai al letto e mi ci buttai sopra a pancia in sotto.
Almeno il materasso era morbido e le lenzuola fresche e profumate.
Il viaggio in macchina non era stato male ma era stancante fare tutta una tirata e stare seduta in macchina per tutto quel tempo. Quando eravamo arrivati in albergo avevo lasciato che Sean facesse il check-in e io ero dovuta andare di corsa in bagno. Se poi ci mettevo che mi ero alzata presto e avevo passato quasi tutta la notte in bianco…le mie ossa e i miei muscoli erano completamente intorpiditi. Tutta colpa delle mie amiche e della paura che mi beccassero e scoprissero la mia bugia.
Quelle cretine erano già convinte che avevo fatto colpo su un vecchietto, forse non l’avevano fatto di proposito ma era chiaro che pensavano esattamente quello che volevo evitare: avevo ottenuto il posto perché c’era lo zampino di mio zio e avevo leccato il culo al mio nuovo capo. Questo era quello che pensavano quelle due, non me lo avevano detto ma le loro allusioni parlavano chiaro.
Ma non era così. Avevo messo in chiaro che non volevo il posto perché lo aveva chiesto mio zio ma per quello che sapevo fare. E lo avevo dimostrato in quelle settimane però…però.
Sean rientrò poco dopo sbuffando ma si fermò, forse percependo che qualcosa non andava in me.
Mi misi a sedere e lo guardai. Probabilmente la mia faccia parlava per me.
Non avevo mai dubitato delle mie capacità in quell’ambito ma non ci voleva poi molto a farmi buttare giù la mia autostima.
E se le mie amiche avessero visto com’era in realtà Sean…evviva le teorie sul fatto che gli avevo leccato il culo.
Lo sguardo del mio capo si incupì. L’attimo dopo mi si avvicinò e si mise in ginocchio tra le mie gambe.
- Che succede ora? – mi chiese preoccupato – Pensi che sia così tragico condividere la stanza con me? –
So che l’aveva detto scherzando e che lo stava facendo per tirarmi su di morale ma adesso mi sentivo uno schifo.
- Non è quello – mormorai – E poi non mi frega…posso dormire con te…a tuo rischio e pericolo però –
Sorrisi e non riuscii a trattenere l’impulso di passargli le dita tra i capelli. Le sue ciocche scure erano morbide e folte. Sean sospirò di sollievo e chiuse gli occhi.
- Anche perché devi fartene una ragione, non c’è un altro appartamento libero – disse facendo quel suo sorriso che gli faceva uscire la fossetta sulla guancia.
Fossetta che stavo cominciando ad adorare.
E non riuscii a trattenere nemmeno quello d’impulso, gliela toccai con una nocca, gli sfiorai la guancia e Sean trattenne il fiato.
Che caspita stavo facendo?
Possibile che desideravo così tanto avere qualcuno che teneva a me per davvero e che mi desiderava per come ero? Possibile che mi sentissi così sola e con il bisogno di avere un contatto con un uomo?
Cavolo! In quel momento si!
- Sean – sussurrai fissando le sue labbra grandi e carnose.
Lui aprì gli occhi e mi inchiodò con lo sguardo, cupo e ardente.
Lo desideravo da impazzire e lui non era da meno.
Sean deglutì e si avvicinò al mio viso. E io non mi spostai, non volevo farlo e non avrei nemmeno potuto farlo. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a lui. Le sue labbra trovarono le mie e un sospiro uscì dalla bocca di entrambi. Sean era delicato, non mi baciava con foga, stava accarezzando le mie labbra, le stava studiando, lentamente. Feci la stessa cosa con lui, ricambiando ciò che stava facendo, lo assaporai, mordicchiai il suo labbro inferiore e lui liberò la lingua, spingendola verso la mia bocca. Schiusi le labbra per lui e lo accolsi, semplicemente.
Sean non mi stava toccando, e io non toccavo lui, l’unico contatto erano le nostre labbra.
Si separò da me e aprii gli occhi.
- Ciao – mi disse con voce roca e sguardo lussurioso.
- Ciao – gracchiai.
Non riconoscevo la mia di voce.
Lui alzò una mano e mi portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Ti va di dirmi che cosa ti turba se non si tratta di condividere il letto con me? –
Per il letto temevo solo di saltargli addosso! Era per questo che non volevo…
E quel ritorno alla realtà mi fece riprendere dalla voglia di baciare di nuovo il mio capo.
AVEVO BACIATO IL MIO CAPO!
Porca vacca, adesso potevo parlare male di me stessa e del modo in cui avevo ottenuto quel posto!
- Cosa? – chiese Sean tra lo stupito e lo scioccato.
Mi portai le mani alle labbra, avevo pensato a voce alta!
Sean si accigliò e strinse le labbra in una linea sottile. Era arrabbiato, ecco.
- Cos’è questa storia…Martina? – mi chiese.
I suoi lineamenti si erano induriti e i suoi occhi erano tornati freddi come il ghiaccio. Se non gli dicevo come stavano le cose si sarebbe infuriato. Se era per questo sapevo che Sean perdeva le staffe facilmente.
Sospirai e presi a giocare con l’angolo della mia felpa. Lui era lì, immobile. Era ancora tra le mie gambe, le mani poggiate sul materasso ai lati del mio corpo. Non aveva fatto una piega e non sembrava intenzionato a farlo.
Gonfiai le guance e sentii il calore risalirmi sul collo e sul viso.
Pensarlo era una cosa ma parlarne e soprattutto davanti al mio capo era imbarazzante.
Strinsi le labbra, in un chiaro gesto di silenzio ma Sean mi fulminò e le sue mani si spostarono. Odiavo quando faceva così! Le sue grandi mani si fermarono sulle mie cosce, in un chiaro segno di “non ti muovi finché non parli” e premette con forza.
Gli misi le mani sulle spalle e continuai a tacere, fissandolo negli occhi. Uno dei due doveva pur cedere ad un certo punto no?
Sean strinse gli occhi e in uno scatto si alzò, ma non mi lasciò. Gridai per lo scatto e quello che accadde dopo: mi ritrovai con le gambe sui suoi fianchi, con la schiena inarcata, lui mi afferrò per un braccio e mi raddrizzò, sbattei contro il suo petto e l’attimo dopo mi buttò al centro del letto, si mise sopra di me e mi bloccò. Le mie mani bloccate sopra la testa da una delle mani di Sean, l’altra mano era sul mio ventre e mi teneva bloccata sul materasso, le mie gambe bloccate tra le sue.
- Giuro che ti soffoco nel sonno! – esclamai ringhiando.
Mi dimenai ma senza successo.
Lui sorrise diabolico, anche se la luce nei suoi occhi era leggermente divertita.
Almeno non sembrava più arrabbiato.
- Accomodati pure ma sappi che io e te non ci muoviamo da qui finché non parli – mi disse tranquillo.
Lo fulminai.
- E il pranzo? – chiesi.
Lui sospirò drammatico.
- Ci siamo sentiti male a causa del viaggio, dovremmo proprio saltarla – rispose facendomi un sorriso da Joker.
Sembrava proprio Joker, un Joker estremamente sexy e bello ma con la stessa pazzia.
- Non puoi farlo – borbottai.
- Te l’ho detto Martina, non giocare con il fuoco – mi ricordò.
Non avrei ceduto…non l’avrei fatto, non avrebbe mai avuto questa soddisfazione, mai e poi mai.
Sussultai quando sentii una certa pressione sulla pancia, pressione esterna ed ero piuttosto sicura che non era la mano di Sean. Lui sgranò gli occhi e arrossì leggermente.
- Togliti! – esclamai con voce stridula.
Stavamo andando in acque pericolose, lo sapevo io che cosa sarebbe successo se non si toglieva addosso a me e il calore che sentivo in basso ne era la prova.
- Sean… - gemetti.
Non ne aveva l’intenzione!
Si riprese dalla confusione e sorrise diabolico, di nuovo.
- Mi toglierò quando parlerai – disse – Posso stare qui quanto voglio –
Detto questo si mise proprio comodo, smise di fare forza su braccia e gambe e si mise su di me con tutto il peso. E a quel punto sentii tutte le parti del suo corpo e il rigonfiamento duro sulla mia pancia.
- Ti sto odiando! – esclamai – Mi stai soffocando –
Ma il problema era proprio un altro: il mio corpo che si risvegliava a contatto con il suo.
Sarebbe finita male, lo sapevo! E non potevo farcela, non mentalmente!
- Ok va bene parlerò! – esclamai.
- Bè comincia – disse soffiando sul mio collo.
Poi poggiò le labbra sul punto su cui aveva soffiato e seppi di essere spacciata.
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