Capitolo I
- Ringrazia lo zio, Martina - disse il suddetto zio piombando nel mio spazio vitale.
Me ne stavo tranquillamente raggomitolata sul divano, con le ginocchia al petto, la mia copertina preferita e un libro tra le mani quando il fratello di mio padre aveva deciso di piombare nella zona delimitata del mio spazio.
- Ringrazialo Martina - disse mia madre con un sorriso enorme sul viso - Devi proprio ringraziarlo, ne vale la pena -
M'ha e poi uno si chiedeva perché definivo la mia famiglia strana. Io a 22 anni ero più responsabile e sveglia di tutti loro messi insieme.
Che poi, per quale motivo dovevo ringraziarlo non lo sapevo proprio. Ci stava che era lo zio preferito tra tutti quelli che avevo ma c'era comunque il fatto del perché dovevo ringraziarlo. Raramente ringraziavo qualcuno, non ringraziavo né Dio né la mia vita, quindi che senso aveva ringraziare delle persone? Senza motivo poi. Che tra l'altro ormai i "Grazie" erano superflui.
- E dai! Di grazie allo zio! - esclamò lui tutto allegro.
- Intanto smetti di parlare di te stesso in terza persone, è irritante - dissi chiudendo il libro scocciata - Secondo, perché dovrei ringraziarti senza un motivo? Senza offesa è -
Ero scorbutica? Decisamente.
Acida? Pure.
Qualcuno mi definiva anche stronza. Ma avevo la mia filosofia di vita per cui stronzi non si è ma si diventa. Per colpa di chi abbiamo intorno, soprattutto.
Mio zio mi guardò scuotendo il capo. La somiglianza che aveva con mio padre era inquietante e non solo fisicamente ma anche caratterialmente, zio Mario era quello che gli somigliava decisamente di più rispetto agli altri due fratelli.
- Non riesci proprio ad essere collaborativa vero, ragazza? - mi chiese.
Mi strinsi nelle spalle.
Non potevo farci un emerito nulla ed era ora che i miei familiari se ne rendessero conto e se ne facessero una ragione.
- Se mi ringrazi te lo dico - annunciò dimenticandosi completamente il mio scetticismo e la mia acidità di due minuti prima.
- Non sono più una bambina - gli feci notare sbuffando.
Lui alzò gli occhi al cielo e si rivolse a mia madre senza prestarmi più la minima attenzione.
- Hai presente quando ho detto a te e mio fratello che Mina aveva bisogno di un fratello o una sorella? Essere figlia unica la resa malvagia e noiosa - disse.
Mi diedi una manata in fronte. Ma perché finivamo sempre a fare questi, abbastanza, stupidi discorsi?
Ero figlia unica e mi stava bene così, anzi una mia amica aveva due sorelle più piccole ed era stressata ogni oltre limite. Io al suo posto le avrei ammazzate le mie sorelle!
- Grazie! Sei contento ora? - chiesi incrociando le braccia sotto al seno e mettendo su un broncio assurdo.
Lui sorrise come un bambino davanti al suo primo regalo di Natale.
- Capisco che non è detto con il cuore ma mi accontenterò - disse - Anche perché tra poco mi consumerai bambolina -
Mi morsi la lingua per non dirgli "Contaci". Non lo facevo apposta ad essere così. E a volte provavo a regolarmi, anche perché non tutti meritavano la mia cattiveria.
Zio si sedette sul divano al mio fianco.
- Lo zio ti ha trovato un lavoro - disse sorridendomi e mettendomi una mano sul ginocchio.
Mi misi sull'attenti e dimenticai la mia acidità in un angolino del mio essere. L'argomento si stava facendo interessante.
Ormai ero disposta a fare qualsiasi lavoro, basta che venivo pagata e facevo qualcosa per non rodermi l'anima ogni santo giorno.
- Che lavoro? - chiesi trattenendo il fiato - Ed è sicuro che mi prenderanno? Non ne posso avere la certezza -
- Ti prenderanno - mi disse - Ho chiesto ad un amico e mi ha assicurato che ti daranno una possibilità. Stanno cercando personale visto che la casa editrice ha aperto da poco, ho spiegato che non hai una laurea in lettere ma che hai fatto diversi corsi... -
Lo fermai perché ero saltata su come una molla.
- Una casa editrice! - esclamai - Mi hai trovato lavoro in una casa editrice! -
Mi trattenni dal saltellare come una scema. Non riuscivo a crederci che il mio sogno stava per avverarsi! Potevo finalmente fare ciò che avevo sempre desiderato.
- Hai un colloquio fissato per domani alle 10 - mi informò.
A quel punto non resistetti più e gli saltai tra le braccia, riempiendolo di baci.
- Grazie, grazie, grazie! Sei il miglior zio che una nipote potesse desiderare! - esclamai stringendomi a lui.
Ridacchiò e mi strinse tra le sue braccia forti.
- Ecco, questo è l'entusiasmo che volevo - mi disse lasciandomi un bacio tra i capelli.
***
Mi abbottonai la camicetta e sospirai. Potevo farcela.
Secondo lo zio Mario avevo diverse possibilità di successo, avrei ottenuto il lavoro, ne era sicuro. Io ero un po' scettica ma lui era stato chiaro quando aveva detto i motivi per cui sarei riuscita ad ottenere il posto: primo ero capace, secondo Todi era una cittadina piccola e quella che aveva appena aperto era la prima casa editrice in tutta la storia della città, terzo? A Todi non solo il posto era molto vicino alle usanze medievali, ma anche molte delle persone avevano una mentalità ristretta, senza considerare che il turismo era la prima cosa lì e una casa editrice non era fonte di guadagno al livello in cui erano abituati gli abitanti di Todi. Quindi, secondo mio zio, il livello che fossi assunta era alto.
E poi, in fondo, ero raccomandata.
L'amico di mio zio mi aveva fissato un colloquio, anche se non avevo una laurea in editoria o lettere e aveva convinto il direttore della casa editrice a darmi una possibilità e io avevo intenzione di mettercela tutta.
Mi sarei fatta valere!
Presi i vari attestati e il curriculum che avevo preparato la sera prima, misi tutto nella borsa e uscii dalla mia stanza per scendere al piano di sotto e andare al colloquio.
Avevo indossato una semplice camicetta bianca e un jeans blu, con l'aggiunta di un paio di stivali con il tacco. Non avrei leccato il culo a nessuno per farmi assumere, quindi andavo vestita sobria e professionale.
- Già scappi? - mi chiese mia madre uscendo dalla cucina e intercettandomi in corridoio.
- Si vado - dichiarai.
Mi stava cominciando a salire l'ansia. Avevo bisogno di fare altro e impegnare la mia mente, anche per questo avevo deciso di andare all'appuntamento a piedi, in modo da calmarmi abbastanza prima del colloquio.
- Non sono nemmeno le 9 - disse mia madre - Manca più di un'ora! -
- Lo so ma vado a piedi e ho bisogno del tempo per calmarmi -
Mia madre annuì. Mi diede un bacio sulla fronte e mi lasciò andare.
Uscii di casa liberando il fiato che avevo trattenuto senza rendermene conto e mi incamminai.
Dovevo farcela, per me stessa, per la mia famiglia che credeva in me, per mio zio che si era impegnato per trovarmi il posto di lavoro.
Dovevo ottenere quel lavoro ad ogni costo!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro