03 - Il mio personale inferno
"Hai finito?", chiese Schlatt con un ghigno, la bottiglia mezza piena che ondeggiava nella sua mano. L'uomo aveva osservato Wilbur che cercava di dormire per ore, e stava cominciando a scocciarsi, sapeva alla perfezione che non si poteva dormire lì.
"Non dormi qui", disse sbuffando.
Wilbur alzò lo sguardo da terra, guardando con occhi spalancati Schlatt che si stava avvicinando barcollando, la bottiglia ormai praticamente vuota abbandonata sulla panchina.
Anche se Schlatt l'aveva lasciata sul suo tavolo, come in effetti vedeva, era li, pronta per essere finita e poi ririempita ancora e ancora.
Wilbur assottigliò gli occhi, incerto se scacciare via l'uomo o se vedere ciò che aveva intenzione di fare, tanto erano morti, non avevano così tanto da perdere, o almeno così pensava.
Schlatt si fermò proprio davanti a lui, guardandolo con aria scocciata, non capiva proprio il motivo di tanta ansia, li si stava benissimo. Tirò un calcio al giovane davanti a lui, facendo rotolare a terra.
Wilbur si portò le mani al ventre, dove era appena stato colpito, ma non gli risultava alcun dolore, si alzò comunque con uno scatto e si lanciò un'altra volta verso Schlatt, facendoli cadere a terra, quell'uomo non aveva il diritto di fargli quello.
"Cosa sai di questo posto?", gli chiese piano, gli occhi che passavano alle panchine e alle rotaie intorno a lui, "Come facciamo ad uscire?", chiese ancora, la voce segnata dalla rabbia e dalla paura, voleva uccidere Schlatt con tutto se stesso, ma a quanto pare era già morto.
"Io sto benissimo qui", disse Schlatt con un sorriso, accennando con la testa - che era premuta contro il suo petrolio - alla bottiglia sopra al tavolo, o alla panchina.
"Come ti hanno ucciso?", chiese poi, non che gli interessasse davvero, ma in minimo di curiosità ce l'aveva.
Wilbur allontanò le mani dal collo di Schlatt, lasciandosi cadere accanto all'alcolizzato, che non sembrava poter ragionare lucidamente.
"Mi sono fatto uccidere", disse in un sussurro, come vergognandosi di quelle parole.
Dalla bocca di Schlatt uscì una sconnessa risata, che si interruppe bruscamente, il suo sguardo che si faceva d'un tratto più serio, "E perché l'hai fatto?", chiese in quel momento di lucidità, "Questo posto è un inferno", disse, gli occhi che si chiudevano, il corpo che si rilassava sul terreno.
"Io- pensavo di trovare la pace", disse Wilbur, sentiva i suoi occhi bruciare, le lacrime che si accatastavano l'una sull'altra per non uscire. "Ma tu avevi appena detto di stare bene qui", disse poi a Schlatt.
Quel momento di parziale lucidità finì veloce come era arrivato, e Schlatt non poté fare altro che ridacchiare per un motivo non ben definito, alzarsi ed andare a riprendere la bottiglia, finendo quegli ultimi rimasugli che erano rimasti.
Schlatt si lasciò cadere sulla sua sedia, cercando di dare le spalle a Wilbur e aspettando che la bottiglia ritornasse piena, l'altro invece si stava guardando intorno per la prima volta, lo sguardo teso per analizzare quel posto.
La fermata era chiusa, non c'erano ne porte ne scalinate che potessero portare da qualche parte, l'unica via erano le rotaie.
Si lasciò cadere sotto la fermata, atterrando sulle solide rotaie mettaliche che c'erano sotto, guardò la galleria che arrivava dai due lati, non riusciva a ricordare da che parte fosse arrivato lui, non ricordava neanche di esserci arrivato con le sue forze, in realtà.
Schlatt non lo stava minimamente guardando, ma se si fosse girato, avrebbe visto il corpo di Wilbur entrare con fatica in quel suo petrolio, quando scomparve totalmente, il giovane aveva cominciato a camminare per le gallerie.
Wilbur camminava con calma, i piedi che facevano ogni passo con riluttanza, come se dal buio potesse comparire una specie di mostro, pronto ad ucciderlo, ma tanto lui era già morto, si ripeteva quelle parole in testa come se potessero proteggerlo.
Dopo circa cinque minuti, cominciò a notare la fatica dei suoi passi, ogni volta che alzava un piede lo sentiva diventare più pesante, ogni volta che lo appoggiava l'impatto si propagava per tutto il suo corpo, neanche fosse caduto da chissà quale altezza.
Alla fine cadde in ginocchio tenendosi la testa, mille voci che gli perforavano il cranio, sentiva Tommy che lo chiamava, Philza che lo piangeva, persone che lo maledivano, Dream che rideva contento, sentiva le voci dei vivi.
Spalancò gli occhi di scatto, cercando di rialzarsi, ma ogni impresa sembrava vana, non poteva, non riusciva, ma se fosse andato avanti, sarebbe riuscito a raggiungere la vita, sarebbe potuto tornare indietro; ormai preferiva tornare in vita che passare un'eternità con Schlatt.
Ma non riusciva a muoversi, si sentiva bloccato, la testa che pulsava, il cuore che semrbava star per esplodere.
Schlatt si girò verso Wilbur, ma sembrava essere rimasto solo il suo petrolio, del giovane non c'era traccia. Non essendo molto lucido, il primo pensiero che gli arrivò alla testa era che Wilbur lo aveva appena tradito, non che magari avesse trovato un modo per scappare.
"Dove sei andato?", disse barcollando intorno ad il suo tavolo, come se ogni volta che ne passava un lato Wilbur sarebbe potuto ricomparire.
"Guarda che ti ammazzo", disse, per poi ridere con forza alla sua battuta, il silenzio accolse la sua risata.
Wilbur si era accasciato a terra, voleva andare avanti, ma non riusciva più a muoversi, proprio come era successo la prima volta, ma loro erano lì, erano così vicini, ma anche così lontani, voleva averli accanto, voleva abbracciare Tommy, tornare a casa con Phil e Techno, voleva dire a Fundy che andava tutto bene.
E per la prima volta: si pentì.
Non di aver fatto saltare in aria un intero paese, quello no, l'avrebbe fatto e rifatto per sempre, però si pentiva di essere morto, di aver lasciato tutto e tutti senza niente, senza di lui.
Un pentimento stupido, forse, ma scoprì di bramare la vita come non aveva mai fatto, scoprì che farsi uccidere era stato il più grande errore della sua vita, che ormai era finita.
Aprì gli occhi con fatica, guardando la direzione da cui era venuto, "SCHLATT", urlò, cercando di chiamare quel bastardo, che però era anche diventato la sua unica salvezza. "Schlatt", chiamò ancora, alzandosi in piedi con le ultime forze che aveva, per poi crollare un'ultima volta a terra.
Schlatt si stava rigirando teso sulla sua sedia, quando sentì qualcuno chiamarlo, il suono veniva dal petrolio, da quella maledetta sostanza che gli aveva tolto il respiro la prima volta.
"Wilbur?", chiamò mentre arrivava vicino al punto da cui arrivava la voce del giovane, il petrolio sembrava solo lievemente increspato in quel punto.
Poteva benissimo lasciarlo li, lasciarlo soffocare per sempre finché non avrebbe implorato perdono per qualsiasi cosa avesse fatto.
Ma forse, anche se era un alcolizzato, un traditore, un assassino e un doppiogiochista, non era uno che amava sentiere gli altri soffrire, anche se di persone ne aveva fatte soffrire molte.
Prese un grosso respiro, inginocchiandosi sopra al petrolio e lasciando cadere la bottiglia vuota accanto a lui, chiuse gli occhi, come a trovare il coraggio di fare tutto ciò.
Affondò la mano nel petrolio, che di colpo sembrava poter essere attraversato, sentiva la mano bruciare al contatto di quella sostanza, ma lui si piegò, fino ad afferrare qualcosa nel mezzo del petrolio: una mano.
La afferrò con forza e tirò, riuscendo a muoverla insieme a tutto ciò a cui era attaccata, tirò con tutta la forza che aveva, sentendo Wilbur tornare su con lentezza e fatica.
Accanto a lui, un forte rumore attirò la sua attenzione, si girò di scatto, la bottiglia era di nuovo piena.
E di nuovo, la sua gola era troppo secca ed i suoi ricordi erano troppo vividi, doveva bere, doveva bere o Tubbo lo avrebbe perseguitato per sempre.
Cominciò a respirare velocemente, il petto che si alzava e abbassava con un ritmo sbagliato, aveva bisogno di bere, doveva bere, doveva bere, la bottiglia era lì accanto, era piena, doveva bere.
Allungò una mano, cercando di afferrare il vetro accanto a lui, ma era troppo lontano, cercò di allungarsi ancora, ma sentì Wilbur sprofondare nel petrolio sotto di lui, andare più lontano, sprofondare nel dolore.
Gli occhi di Schlatt di spalancarono, non poteva farcela, non poteva, aveva bisogno di bere, doveva farlo.
Guardò con sguardo offuscato la bottiglia, che lo chiamava con insistenza, ma poi sentiva la mano Wilbur, che era quasi un ragazzino a differenza sua, e poteva sentire il suo dolore, le sue perdite, ed era anche l'unica persona - anche se odiava ammetterlo - che poteva capirlo.
Affondò anche l'altra mano nel petrolio, e con fatica tirò Wilbur fuori da quel maledetto liquido nero, il giovane era svenuto, rivolto con la schiena sul terreno, il volto esamine che sembrava per una volta finalmente in pace.
Schlatt si sentì quasi in dovere di proteggerlo.
Poi crollò, e riafferò la bottiglia accanto a lui, senza neanche accorgersi di come aveva combattuto contro tutto ciò che aveva intorno, come quel gesto, anche se piccolo, era stato giagntesco per molte altre persone.
Si sedette alla sua sedia, fissando con aria sconvolta il giovane che giaceva a terra, come se quando si fosse sbagliato lo avrebbe scagliato di nuovo a terra, ma sapeva che ora non aveva senso andare contro di lui.
Wilbur finalmente si svegliò tossendo, girandosi con la pancia verso il terreno, steso nella sua fermata, dannato ad aspettare in eterno un treno che non sarebbe mai arrivato.
Quando alzò lo sguardo verso Schlatt, come a chiedergli che cosa fosse appena successo, i loro occhi si incontrarono, e capirono, che ormai erano bloccati li insieme, e forse, insieme avrebbero trovato un modo per scappare.
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Ecco qui questo terzo capitolo, che personalmente mi piace moltissimo, voi cosa ne pensate?
Credo che l'avrete capito, questa storia è un AU, seguirò il corso degli eventi dei Lore Stream, ma aggiungendo alcune cose e cambiandone altre.
Vi prego di commentare e votare se la storia vi sta piacendo!!
Grazie di tutto :]
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Allora, mi è arrivato un nuovo ordine per le simp box (per chi non capisse il contesto è nel mio oroscopo, nei capitoli 90 e 100)
Ordine: Mixime2395
Ha ordinato: CaptainPuffy e Minx + Nihachu + Wilbur + Bench Trio + Feral Boys + Philza e Technoblade
In particolare:
Queste sono CaptainPuffy e Minx, la prima (a sinistra) è un capitano di dubbia provenienza, è stata derubata più volte da un bambino fastidioso.
La seconda, Minx, è spesso in discussione con Schlatt, ma segretamente si stanno molto simpatici.
Questa è Nihachu, una delle ragazze più gentili e carine di tutta questa terra, vive nel sottosuolo, nella sua grande città perfetta.
Questo è Wilbur, poco dopo essere diventato uno psicopatico e poco prima di aver fatto esplodere in intero paese.
Questo è il Bench Trio, un simpatico trio formato da persone molto traumatizzate, due di loro sono sposati e hanno pure un figlio, il terzo gli fa da terzo incomodo.
Questi sono i Feral Boys, un gruppo di cinque ragazzi, tutti altamente shippabili fra di loro, sono inseparabili, e passando dalle personalità più psicopatiche (come Dream) a quelle più gentili (come Karl).
Questi sono Philza e Technoblade, la coppa padre-figlio migliore del mondo.
Uno è una specie di maiale rosa assassino con delle voci in testa.
L'altro è un padre gentile e triste, con grandi ali con cui svolazza in giro.
Sebbene sembri strano, vanno molto d'accordo.
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