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Capitolo XVI - Quella volta in cui... mi hanno quasi rubato l'auto

Al termine del racconto di Sveva le mani di tutte le ragazze, incluse quelle delle meno romantiche del gruppo Ida e Flavia, erano congiunte in aria a mo' di preghiera e le loro labbra erano piegate all'insù.

«Decisamente molto romantico...» osservò Paolo facendo spallucce.

Avrebbe voluto aggiungere che lo aveva trovato anche un tantino melodrammatico, ma si tenne quella considerazione per sé.

«Sono troppo contenta!» urlò entusiasta Valentina allargando le braccia per abbracciare l'amica che non esitò un secondo a tuffarsi.

«Tornando a voi due...» disse Ida indicando Alex e Paolo con un dito. «Cosa è successo dopo?»

Alex esplose in un enorme sorriso ricordandosi del loro quinto appuntamento, era stato uno dei suoi preferiti, nonostante fosse finito in modo discutibile.

Non si poteva dire lo stesso di Paolo, a cui il ricordo di quell'appuntamente continuava a fargli venire gli incubi.

«Il quinto appuntamento è stato bellissimo!» dichiarò Alex tutta contenta e Paolo le lanciò un'occhiata dubbiosa.

Non era "bellissimo" la parola che avrebbe usato per descriverlo e difatti lo disse non riuscendo a trattenersi:

«Se il quasi furto di una macchina può definirsi bellissimo...» commentò sarcastico.

«Giusto! Ti avevano rubato la macchina!» si ricordò Ida dandogli ragione.

Nemmeno lei avrebbe conservato bei ricordi di un appuntamento finito con l'ansia di una macchina rubata!

«Quasi rubato. Alla fine l'abbiamo trovata...» osservò Alex facendo spallucce.

«Io ancora non ho ben chiare le dinamiche. Com'è possibile che ti abbiano rubato la macchina e soprattutto che tu l'abbia ritrovata?» continuava a meravigliarsi Mia.

«Beh, avere due localizzatori è stata una manna dal cielo!» raccontò Paolo.

Ancora rabbrividiva al pensiero di quello che sarebbe potuto succedere se non avesse avuto quel secondo localizzatore.

«Dai, racconta! Com'è andata?» chiese Flavia sporgendosi verso di lui interessata.

Paolo annuì ritornando in modalità racconto.

«Allora, per il quinto appuntamento avevo portato Alex in un posto speciale...»

∞∞∞∞

Al ritorno dalla Normandia, Sveva era completamente su di giri.

Le sembrava di vivere un sogno, uno di quegli bellissimi da cui non si desidera mai svegliarsi, e non faceva che chiedere ad Alex di darle un pizzicotto per svegliarla.

«Non è un sogno quindi?» le aveva chiesto a ogni pizzicotto da parte della bionda che rideva a quella domanda.

«No, è successo davvero» la aveva rassicurato Alex ogni volta sorridente.

Era contenta per l'amica, si meritava un po' di felicità e anche l'umore di Oscar era alle stelle.

Il giovane aveva lasciato la sua fidanzata Alejandra quella sera stessa dopo una lunghissima telefonata, durante la quale Sveva lo aveva aspettato con il cuore in gola.

Alejandra aveva accolto la notizia senza urla o altri litigi; probabilmente nemmeno per lei fu una sorpresa, da tempo il loro rapporto si era deteriorato, trasformando in qualcosa che aveva vagamente le sembianze di una relazione e non valeva più la pena forzarsi ad andare avanti.

Oscar aveva preferito non menzionare Sveva in quell'occasione, Alejandra lo avrebbe scoperto a prescindere da una confessione telefonica e aveva deciso così di tralasciare quel dettaglio, certo che la sua avrebbe concordato con quella scelta.

Da quel momento Oscar e Sveva tentarono di sfruttare ogni singolo minuto del loro tempo libero per stare insieme, nel tentativo di imparare a conoscersi ancora meglio, nonostante ormai avessero un rapporto stretto da mesi. Tuttavia, quel pomeriggio non si sarebbero visti e difatti la bionda stava raggiungendo le sue amiche nella loro caffetteria preferita, l'Artisan Cafè, dove Flavia, appena arrivata dalle sue vacanze in Marocco con Robert, le aveva convocate.

"Urge una chiacchiera" aveva scritto in modo lapidario nella loro chat WhatsApp, mandando luogo e orario per l'incontro e ignorando tutti i messaggi delle sue amiche che le avevano chiesto se andasse tutto bene.

All'appello sarebbe mancata soltanto Valentina che era ancora in vacanza con la sua famiglia nel sud della Francia.

«Si può sapere che è successo?» chiese Ida preoccupata a Flavia non appena la vide seduta al tavolino.

Notando l'espressione beata e il sorriso a trentadue denti dell'amica si rassenerò, non poteva essere successo nulla di male.

Sveva e Alex entrarono in quel momento e si diressero verso il tavolino prendendo posto.

«Allora? Che è successo?» domandò a sua volta Alex sporgendosi verso di lei con sguardo inquisitorio.

«Anche io ho una novità!» esclamò euforica Sveva non riuscendo a trattenersi.

Non voleva rubare la scena a Flavia, ma il suo cuore esplodeva dalla felicità e voleva condividere quella incontenibile gioia con le sue migliori amiche.

«Aspettiamo Mia» propose Ida mandando un messaggio all'amica per chiederle di sbrigarsi.

Era certa che Mia avrebbe preteso di sapere entrambe le storie per intero e con tutti i dettagli, perciò pensò che fosse meglio aspettarla così da essere tutte insieme al momento del racconto.

«Oh! Non ce la faccio ad aspettare!» affermò Sveva in preda all'eccitazione.

Doveva dirlo, non riusciva più tenersi quella notizia per sé.

«Oscar si è dichiarato!» urlò tutta contenta e le sue guance s'incendiarono.

Flavia e Ida sgranarono gli occhi spalancando la bocca incredule. Quella notizia non se l'aspettavano minimamente, soprattutto Ida che aveva sempre nutrito forti dubbi nei confronti del giovane spagnolo.

«Oscar ha fatto cosa?» domandò scandalizzata Mia giungendo alle spalle di Sveva che si voltò verso di lei annuendo.

«Si è dichiarato, ci siamo baciati ed è stato bellissimo...» rispose d'un fiato scattando i piedi per tuffarsi fra le braccia di Mia che fremava dalla voglia di spupazzare l'amica.

Le due saltellarono tutte eccitate urlando di gioia sotto gli sguardi incerti dello staff dell'Artisan Cafè e delle persone sedute nei tavoli attorno a loro. D'altronde gli inglesi erano persone dalle reazioni contenute, raramente abbracciavano, figurarsi se si sarebbero messi a saltellare in un luogo pubblico.

Avendo esaurito momentaneamente l'entusiasmo le due ragazze si sedettero e Sveva svelò tutti i dettagli della dichiarazione di Oscar, raccontando del "silenzio magico" che li aveva abbracciati, parole rubate dal film "Love, Rosie", del loro bacio mancato e del litigio nello studio; descrisse anche nei minimi particolari l'espressione di Oscar quando le aveva finalmente confessato che provava qualcosa per lei e concluse con la descrizione minuziosa del loro primo bacio.

«Proprio come nei film!» commentò Mia con aria sognante.

Sveva annuì sorridendo come una ebete e sentì la pelle accapponarsi, il suo corpo non era ancora capace di gestire l'emozione.

«E tu invece?» chiese Ida riportando l'attenzione su Flavia.

Quell'incontro era stato esplicitamente chiesto dalla ragazza e ancora non era riuscita a raccontare la sua novità.

«La farò breve: Roberto e io andiamo a convivere!» urlò entusiasta e le sue amiche ancora una volta spalancarono le bocche per lo shock.

«Oddio che bello!» esclamò Alex accarezzando affettuosamente la mano dell'amica.

La notizia non la colse completamente alla sprovvista, lei e Robert erano una bella coppia e non bisognava fare grandi sforzi d'immaginazione per capire che fosse una relazione più che seria.

«Resterete a Londra, vero?» chiese Ida leggermente allarmata.

Sebbene fosse anche lei felice per l'amica, non voleva perderla.

«Certo, sciocchina! Cercheremo casa in zona, non ti lascio, tranquilla!» la rassicurò intuendo le motivazioni dietro quella domanda.

«Meh! Direi che di quest'estate non ci possiamo lamentare» osservò Ida guardando le sue amiche che annuirono sorridenti.

Continuarono a chiacchierare per un'altra oretta finché Alex non dichiarò di dover ritornare a casa per prepararsi. Quella sera sarebbe uscita con Paolo che sarebbe passato a prenderla intorno alle otto di sera.

«Dove andrete?» s'impicciò Mia sollevando le sopracciglia maliziosa.

«Non ne ho idea, mi ha semplicemente scritto: "ti porto in un posto speciale"» riportò le parole del ragazzo facendo spallucce.

«Speriamo che il posto speciale sia la sua camera da letto!» la stuzzicò Ida con aria birichina.

«Ida!» la rimproverò Sveva aggiungendo che era una battuta fuori luogo e la ragazza roteò gli occhi.

«Ammetto che l'idea non mi dispiacerebbe...» si mordicchiò il labbro Alex.

Anche lei cominciava a desiderare il corpo di Paolo, fremeva per scoprirlo e sentirsi parte di tutt'uno e le loro pomiciate spinte non le bastavano più.

«Beh, allora saltagli addosso, che aspetti?» urlò Ida alzando le mani in aria.

Per lei era inconcepibile che si stessero frequentando da oltre un mese e non avessero ancora "approfondito la loro conoscenza".

«Magari anche spoglialo non appena lo vedi, no?» commentò sarcastica Sveva assottigliando gli occhi.

«Ovvio! È quello che farei io!» ribadì trionfante Ida e alzò il palmo della mano per battere il cinque con Flavia.

Alex scosse la testa divertita, le sue amiche erano davvero pazze e lei le adorava proprio per quello.

«Vi farò sapere» ammiccò, sistemò la sua tracolla e le salutò dando un bacio sulle guance a tutte e quattro, promettendosi che si sarebbero viste il weekend successivo.

∞∞∞∞

Mentre era sull'autobus di ritorno verso casa, Paolo le scrisse confermando il loro appuntamento:

"Vengo in macchina, ti passo a prendere intorno alle otto meno un quarto, va bene?"

"Va bene, si può sapere dove andiamo?"

Tutto quel misterio la stava rendendo molto curiosa.

"Vedrai... sono sicuro che ti piacerà" rispose lui aggiungendo uno smile con l'occhiolino.

Alex rimase a fissare il vuoto davanti a sé provando a immaginare dove volesse portarla per il resto del suo viaggio in autobus e per poco non mancò la sua fermata a causa della distrazione.

Arrivata a casa, perse oltre quaranta minuti analizzando il suo guardaroba, tirando fuori tutti i suoi vestiti e provando diversi abbinamenti davanti allo specchio, guardandosi più e più volte da ogni angolazione.

Il suo letto divenne un tripudio di colori e forme in men che non si dica, ma nulla sembrava soddisfarla.

Voleva stupirlo, lasciarlo senza parole; era da diverso tempo che non provava il desiderio di prepararsi per qualcuno, valorizzando se stessa e mettendo in risalto i punti di forza. Voleva che gli occhi di Paolo si posassero su di lei ed esprimessero meraviglia, attrazione e desiderio.

Desiderava che la guardasse come se fosse tutto ciò che avesse sempre cercato.

«Uffa! Non ho nulla di decente!» urlò infastidita sistemando le mani attorno ai fianchi.

Essendo la porta della camera da letto semi-aperta, la sua coinquilina Teresa la sentì urlare e si affacciò sulla soglia della camera per capire cosa stesse succedendo.

«Seriamente hai il coraggio di dire non aver nulla da mettere?» inarcò un sopracciglio piegando la testa leggermente di lato e indicando la pila di vestiti, gonne, top e pantaloni ammassati sul letto.

«Non ho nulla di decente» bofonchiò e si sedette sulla punta del letto sospirando.

Teresa roteò gli occhi scuotendo la testa, era sempre la solita incontentabile.

«You're terrible» le disse entrando nella stanza e cominciò a rovistare fra tutti i suoi vestiti alla ricerca dell'abbinamento perfetto.

La sua attenzione fu catturato da un abito bianco dritto e aderente sui fianchi a collo stondato, con un piccolo fiocco decorativo su una delle maniche e lo afferrò.

«Questo non mi sembra male...» avanzò mettendolo sotto il naso ad Alex che arricciò il naso guardandola storto.

«Sembra il vestito di una comunione» lo criticò prendendo dalle mani di Teresa e accantonandolo su un lato del letto.

Teresa sbuffò e riprese con la sua ricercas ondando un vestito alla volta. Doveva esserci qualcosa per forza, Alex comprava vestiti in continuazione.

«Direi: niente sequins...» commentò indicando i vestiti con le pailettes e Alex annuì.

Non stavano mica festeggiando Capodanno!

«Questo?» domandò afferrando un altro vestito dal mucchio e lo passò ad Alex.

Si tratta di un vestito nero a sigarette al ginocchio dalle maniche a farfalla; lasciava la schiena leggermente scoperta dando un tocco di eleganza all'abito.

Alex scrutò con espressione piuttosto incerto; non lo aveva preso in considerazione, ma era decisamente un bel vestito. Ricordava che le calzava abbastanza bene e di aver ricevuto diversi complimenti quando lo aveva indossato.

«Che scarpe metto però?» domandò quasi convinta di aver trovato un vestito adatto.

«High heels!» indicò le sue scarpe con il tacco accuratamente riposte nella scarpiera.

Si avvicinò tentando di individuare il paio più adatto e afferrò le sue decolletè nere dal bordo dorato che avrebbe potuto abbinare a dei pendenti. Un classico intramontabile.

«Queste» sentenziò categorica. Non avrebbe accettato nessuna replica.

«Prova, dai!» la incoraggiò sorridente.

Alex la guardò esitante, ma eseguì l'ordine della sua coinquilina indossando il vestito e scarpe scelti.

«Oh my god! Sei bellissima» le disse quando Alex ebbe finito di sistemarsi.

Lo pensava davvero: il vestito le calzava a pennello mettendo in risalto tutte le sue curve nel modo giusto e slanciandola.

Alessia osservò la sua figura allo specchio e si lisciò il vestito leggermente titubante. Forse aveva esagerato, eppure la sua coinquilina aveva ragione: stava davvero bene.

«Forse è troppo?» confessò i suoi dubbi a Teresa che scosse la testa decisa.

«Absolutely not! Rimarrà senza parole. Speechless!» scandì bene la parola "speechless" con lo scopo di convincerla.

Alex arricciò le labbra ancora incerta, riflettendo per qualche altro secondo.

«Se non si è innamorato già, vestita così hai grandi possibilità che lo diventi!» calcò la mano facendo l'occhiolino.

«Okay, va bene. Mi hai convinta!» confermò Alex sorridente e Teresa applaudì.

«Vedrai, lo conquisterai!» ribadì la italo-inglese posando le mani su entrambe le spalle per incoraggiarla.

A quel punto, essendo ormai piuttosto tardi, Alex cominciò a correre per finire di prepararsi. Aveva circa un'oretta e mezza prima dell'arrivo di Paolo, doveva essere sufficiente per completare trucco e parrucco.

Nonostante novanta minuti non fossero pochi, riuscì a completare l'opera appena in tempo; aveva finito di riporre gli ultimi oggetti nella sua borsa quando ricevette un messaggio di Paolo che l'avvertiva di essere arrivato.

«Okay, ci siamo» si disse facendo un sospiro e comparve in soggiorno dove il suo coinquilino stava vedendo la TV.

Eddie fece un fischio non appena la vide.

«Hey Alex! You look amazing, really!» si complimentò con la ragazza muovendo il mento in segno di approvazione.

Alex arrossì leggermente e lo ringraziò salutandolo. Mentre camminava verso il portone d'ingresso, il suo cuore cominciò a battere sempre più velocemente e deglutì dall'ansia.

Era eccitata e spaventata al tempo stesso, sperava davvero che i suoi sforzi non risultassero vani; fremeva dalla voglia di stupirlo.

Abbassò la maniglia del portone e uscì scorgendo Paolo immediatamente; era appoggiato allo sportello della sua macchina e fissava un punto indefinito sul marciapiede.

Anche il giovane avvocato aveva prestato particolare cura nel vestire; indossando un pantalone beige elegante a gamba stretta con una camicia di lino verde militare a cui aveva lasciato qualche bottone aperto. Alla sua vista Alex si umettò le labbra e sentì un forte calore esploderle dentro; lo trovava bellissimo e per un attimo pensò che le gambe avrebbero ceduto facendola sprofondare a terra.

«Ciao...» lo salutò timidamente per richiamare la sua attenzione.

A sentire le gambe molli non fu soltanto Alex. Quando gli occhi di Paolo si posarono su Alex, il pomo d'Adamo del giovane avvocato tremò e la gola divenne secca.

Era davvero una visione; la trovò stupenda ed era sinceramente senza parole.

«Wow...» si lasciò sfuggire quando riuscì finalmente a reagire. «Sei... davvero... wow!» non riusciva a trovare le parole per descriverla.

Alex ridacchiò arrossendo di nuovo e si avvicinò a lui per salutarlo.

«Deduco che ti piaccio...» provò a flirtare con il giovane avvocato che rise a sua volta.

«Dedurre che mi piaci è anche poco, ti trovo bellissima Ale» rispose spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Alex sorrise di nuovo e allungò il collo per posare un bacio sulle sue labbra.

«Non ti conviene esagerare con i baci perchè rischi grosso» sussurrò malizioso.

Alex si mordicchiò il labbro inferiore; sapeva perfettamente come si sarebbe conclusa quella serata.

Rendendosi conto che si era fatto piuttosto tardi, Paolo suggerì ad Alex di salire in auto e le aprì lo sportello dandole la mano per aiutarla a sistemarsi da perfetto cavaliere.

Fece velocemente il giro per sistemarsi sul lato del guidatore e partì immettendosi nel traffico di Londra. Non fu difficile per Alex capire dove fossero diretti quando si accorse che Paolo stava guidando verso la City.

Fu sicura di aver capito bene quando la punta scintillante blu dello Shard comparve davanti a loro illuminando il cielo e rubando la scena a tutti i grattacieli attorno.

«Stiamo andando allo Shard?» chiese tutta emozionata quando notò anche stava rallentando alla ricerca di un parcheggio.

Paolo annuì e Alex emise un gridolino di goia; quella era una bellissima sorpresa e soprattutto un altro segno di conferma che il giovane avvocato ci tenesse davvero a lei, si era ricordato della loro conversazione durante il loro secondo appuntamento.

«Grazie!» urlò abbracciandolo incurante che fosse ancora alla guida e il ragazzo le rivolse un caldo sorriso.

Dopo poco più di cinque minuti Paolo finalmente riuscì a trovare parcheggio, si automandò la posizione per non perdere tempo all'uscita alla ricerca dell'auto e prese mano nella mano Alex avviandosi verso l'ingresso dell'imponente grattacielo.

Avvertiva l'eccitazione di Alex crescere man mano che si avvicinavano e accelerò persino il passo impaziente; non vedeva l'ora di essere in cima per ammirare con i suoi stessi occhi quella vista magnifica di cui aveva sentito tanto parlare.

«Ragazza, calmati! Arriverai stecchita in cima se continui così» la prese in giro Paolo sorridente. Era contento di vederla così entusiasta.

In meno di trenta minuti, dopo i controlli di sicurezza e un breve coda per entrare in ascensore, si trovarono a varcare la soglia del 72esimo piano e Alex davvero rischiò di svenire.

«Oddio! È bellissimo, guarda!» esclamò senza nascondere la sua gioia.

Stava esplodendo dalla felicità, aveva sognato tante volte di visitare l'edificio e non avrebbe potuto essere più grata a Paolo per averla portata lì.

Il suo entusiasmo, però, ebbe una battuta d'arresto quando ricordò dei costi dei biglietti d'ingresso; uno dei motivi per cui non lo aveva ancora visitato. I biglietti costavano una quarantina di sterline e non era riuscita a convincere le sue amiche a spenderli per accompagnarla.

«Mi devi dire quanto hai pagato! Questi biglietti costano un sacco...» disse infatti facendosi seria.

Paolo scosse la testa, era un regalo e non voleva sentire alcuna protesta. Aveva venduto qualche fotografia di recente ed era stato contattato dal suo ex professore del corso di fotografia, che gli faceva un po' da agente, e avrebbe esposto di nuovo perciò aveva deciso di fare qualche spesa in più.

Quel pensiero gli ricordò che doveva proporre ad Alex di partecipare alla sua mostra, anche in quell'occasione avrebbe avuto una sorpresa per lei.

«Ale, non ti preoccupare. L'ho fatto con piacere» le disse mettendole un braccio intorno alla schiena e stampandole un bacio sulla guancia.

Trascorsero il resto della serata a chiacchierare senza sosta, facendo qualche breve pausa per prendere da bere e mettere qualcosa sotto i denti, e ancora una volta discussero per chi avrebbe pagato. Quella volta però la sputò Alex che si sarebbe sentita troppo in colpa se Paolo avesse continuato a pagare considerati i prezzi.

Si persero completamente nei loro discorsi seduti abbracciati a uno dei divanetti, dimenticandosi del mondo esterno senza nemmeno accorgersi che la sala cominciava a svuotarsi.

Fu soltanto quando la musica si fermò che si resero conto che avevano passato oltre quattro ore insieme senza mai nemmeno guardare l'orologio o il loro smartphone.

«Mi sa che fra poco ci cacciano...» osservò Paolo guardando i camerieri muoversi velocemente per sparecchiare alcuni tavoli e il DJ smontare l'attrezzatura.

Alex si mosse sporgendosi verso di lui e lo baciò in modo piuttosto deciso venendo subito ricambiata; le mani di Paolo si fossero velocemente verso i suoi fianchi scivolando verso i glutei. Aveva desiderato di farlo dal loro terzo appuntamento, in fin dei conti aveva riconsiderato le sue impressioni sul sedere di Alex: non era affatto male.

La ragazza ridacchiò quando avvertì le mani del giovane avvocato farsi audaci, ma non si sottrasse lasciandolo fare.

«Secondo me dovremmo andare a casa...» sussurrò mordicchiandosi il labbro in modo sensuale.

Paolo la guardò con estrema malizia e annuì; non vedeva l'ora di spogliarla, stava già assaporando il momento nella sua mente e sentì l'eccitazione salire.

«Andiamo...» la prese per mano conducendola a passo svelto verso l'ascensore.

Si scambiarono occhiate cariche di desiderio e tensione sessuale, emanavano scariche elettriche quasi fossero due elettrodi pronti a generare una reazione chimica. Era chiaro che fossero impazienti di scoprirsi finalmente.

Arrivati al pian terreno, Paolo afferrò lo smartphone per recuperare la posizione della sua auto e si avviò verso la sua auto seguito da Alex che non faceva che ridacchiare.

«Google Maps dice che la macchina dovrebbe essere qui» commentò grattandosi la nuca. Forse aveva salvato la posizione errata?

«Eppure non mi pare che avessimo camminato molto...» farfugliò parlando più con se stesso che con Alex.

«Facciamo un giro, sicuramente la posizione è sbagliata» avanzò Alex facendogli un sorriso per rassicurarlo.

Paolo stava andando nel panico, ma annuì incamminandosi di nuovo verso lo Shard pensando che forse erano passati davanti all'auto senza accorgersi, anche se nutriva i suoi dubbi.

Fecero il giro tre volte cambiando più volte anche strade per controllare le traverse, ma nulla da fare. Del veicolo non vi era traccia.

«Cazzo, cazzo!» cominciò a urlare quando si rese conto che non aveva sbagliato a salvare la posizione, era la sua auto non essere più parcheggiata dove l'aveva lasciata. Gliela avevano rubata.

«Cazzo, Ale, mi hanno fregato la macchina...» disse in preda al panico.

Stava tremando e le sue mani cominciarono a sudare, non riusciva a crederci, era come vivere un incubo. Cominciò a camminare avanti e indietro insultando qualsiasi cosa gli venisse in mente sotto lo sguardo apprensivo di Alex. Voleva aiutarlo, ma non sapeva cosa fare; era la prima volta che si trovava in una situazione simile.

«Hai un'assicurazione?» domandò consapevole di aver fatto una domanda ovvia.

Paolo si fermò un secondo e la guardò come in preda all'illuminazione.

«Giusto, l'assicurazione! Loro dovrebbero poter rintracciare il localizzatore!» rispose e prese a digitare di fretta alla ricerca del numero dell'assicurazione.

Lo aveva salvato da qualche parte sulla sua rubrica.

Nel frattempo Alex suggerì anche di chiamare la polizia per avvertirli del furto, il giovane avvocato annuì mentre imprecava contro il servizio clienti della sua assicurazione che lo aveva messo in attesa.

Anche la ragazza non ebbe molta più fortuna, le linee del 999 erano abbastanza intasate.

«Pronto! Salve, senta, mi hanno rubato la macchina...» esordì Paolo quando fu finalmente messo in contatto con un operatore.

Seguirono una serie di domande che al giovane sembrarono infinite in cui l'operatore chiedeva il modello dell'automobile, documenti di Paolo, la corrente posizione fra le tante domande, intanto che Alex dava i dati a sua volta alla polizia che aveva promesso che avrebbe inviato una volante.

«Perfetto. Aspetto un vostro messaggio con l'indirizzo...» concluse la telefonata e sospirò rumorosamente passandosi una mano fra i capelli corvini.

«Cazzo, che faccio se non riusciamo più a trovarla?» si sfogò con Alex che si avvicinò per consolarlo.

«Se hai il localizzatore, sono sicura che la troviamo» lo rassicurò stringendo la sua mano e gli posò un bacio sui capelli.

Uno degli addetti alla sicurezza di uno dei tanti edifici delle vicinanze li raggiunse avendo origliato la conversazione di Alex con il 999.

«Sorry, I have overheard your conversation. We could potentially look into the footage of our videocameras. I am sure tomorrow we could export it for you» offrì il suo aiuto l'uomo ed entrambi lo ringraziarono.

Scorsero la volante della polizia in lontananza quando Paolo ricevette un messaggio da parte della compagnia assicurativa che gli indicava l'ultimo indirizzo a cui l'auto era stata rintracciata.

«Dobbiamo andare qui...» disse ad Alex che prese a calcolare le distanze usando Google Maps.

«È a circa venti minuti qui, in zona Brixton» lo informò e Paolo aprì subito la app di Uber per prenotare un'auto.

«Secondo me è meglio aspettare la polizia...» avanzò Alex timidamente e il giovane la fulminò con lo sguardo.

«Così magari si spostano o staccano il localizzatore!» rispose stizzito.

Non ce l'aveva con Alex: era incredibilmente nervoso e voleva arrivare sul posto il prima possibile.

In quel momento arrivò la volante e due agenti scesero di tutta fretta domandando chi avesse fatto la telefonata. Seguì l'ennesima spiegazione che Paolo tentava di tagliare corto per recarsi il prima possibile a Brixton.

Furono proprio gli agenti ad accompagnarli trovandosi con la sorpresa che l'auto non era lì; il localizzatore era stato staccato.

Di fronte a quella rivelazione la disperazione di Paolo salì alle stelle; aveva sperato fino all'ultimo che la macchina fosse lì. Gli agenti della polizia continuarono a fare domande e si presero l'impegno di revisionare i filmati delle telecamere di sicurezza mentre Paolo provava a rimettersi in contatto con la compagnia assicurativa.

Per sua fortuna il padre aveva insistito per inserire un secondo localizzatore e vi era possibilità che quello non fosse stato staccato. Richiamò il numero diretto dell'addetto con cui aveva intrattenuto la prima conversazione e gli chiese di ricontrollare la seconda posizione.

Non ci volle moltissimo per ricevere il secondo indirizzo e in base alla posizione inviata non si trovavano nemmeno molto lontani; l'automobile sembrava essere fra Larkhall e Clapham North a circa dieci minuti da lì. Ancora una volta gli agenti li accompagnarono e per tutta la durata del viaggio il cuore di Paolo continuò a rimbombare forte nel petto.

Quella era la sua ultima speranza, se la macchina non fosse stata lì, aveve scarse possibilità di ritrovarla.

Arrivati a destinazione, Paolo si precipitò fuori senza nemmeno aspettare che l'auto si fermasse e corse per strada. L'ansia era tale da mozzargli fiato e attorcigliargli lo stomaco, era la prima volta nella sua vita che si sentiva quasi paralizzato dal nervosismo.

I muscoli erano, infatti, contratti e la gola era secca, si muoveva con fatica fra le auto parcheggiate lungo quella strada nel sud di Londra quando qualcosa catturò il suo sguardo.

Era lì, la sua auto era lì parcheggiata e sembrava tutta intera. Scoppiò quasi a piangere all'emozione, la sua macchina era salva e il suo corpo si rilassò immediamente.

Gli agenti si accostarono a Paolo, che provò a sbloccare il veicolo, guardandosi attorno in modo sospetto. Probabilmente i ladri erano ancora nelle vicinanze, quindi era meglio essere guardinghi.

«It doesn't look like a robbery though» osservò uno degli agenti.

La macchina era effettivamente immacolata e non sembrava esserci alcun segno di scasso.

Paolo fece spallucce, non aveva idea di cosa rispondere, era solo felice di aver ritrovato la sua auto. Alex si avvicinò anche al trio e chiese se non fosse il caso di allontanarsi.

Era rimasta nella volante seguendo il consiglio degli agenti che reputavano quella zona non delle più sicure, vedendo che i tre s'intrattenevano in una conversazione più lunga dello sperato, aveva deciso di raggiungerli.

«Yes, we should go. Best to finish up paperwork at the police station» suggerì il secondo agente.

Paolo annuì e salì subito in auto, desiderando allontanarsi con il veicolo il più velocemente, portando con sé Alex che gli dava indicazioni tenendo lei d'occhio la volante.

Tremava ancora un po' per l'accaduto, ma tentò di calmarsi concentrandosi sulla guida. Aveva ritrovato la sua auto contro ogni probabilità.

In centrale fu costretto a ripetere tutta la serata ribadendo ogni singola parola, mentre Alex aspettava nella sala d'attesa. Gli agenti ripeterono più e più volte le stesse domande e il giovane avvocato per un attimo non fu sul punto di sbroccare.

Dopo circa un'ora abbondante di domande e risposte, finalmente gli agenti gli consentirono di tornare a casa e trovò Alex addormentata sulla sedia. Erano circa le tre del mattino.

«Ale, piccola, ho fatto...» la svegliò con delicatezza accarezzandole i capelli.

La ragazza aprì gli occhi sbattendo le palpebre per riprendersi e si mise seduta.

«Possiamo andare?» chiese con la voce impastata dal sonno.

Paolo annuì.

«Sì, possiamo andare. Dai, ti accompagno a casa...» allungò la mano per aiutarla ad alzarsi e la prese a braccetto guidandola verso l'auto.

Ci volle circa una ventina di minuti per giungere a destinazione e Alex finì per addormentarsi di nuovo svegliandosi soltanto quando fu davanti al suo portone.

«Avevo immaginato un'altra conclusione per questa serata. Mi dispiace...» le disse accarezzandole la guancia.

Alex sorrise ricambiando la carezza, dicendogli di non preoccuparsi; era contenta che fosse finita bene per Paolo.

Si misero d'accordo per vedersi all'indomani di modo da recuperare quella conclusione un po' travagliata della serata così da passare un po' più di tempo insieme prima dell'inizio della settimana lavorativa e si salutarono con l'ennesima pomiciata che fu meno intensa del solito data la stanchezza. Tuttavia, riuscì a riaccendere il desiderio in Paolo che dovette tenere a bada i suoi istinti.

Mentre tornava a casa, passata l'ansia per l'auto quasi rubata, non fece altro che bofonchiare, lamentandosi della sua sfortuna. Aveva immaginato se stesso mettere le mani su Alex e la sua immaginazione era stata così vivida da provocargli quasi un'erezione.

Scosse la testa per tentare di allontanare quei pensieri concentrandosi di nuovo sulla guida; cominciò anche a pianificare nei minini dettagli il suo incontro con Alex, non ne aveva dubbi: quella domenica sarebbe stata il grande giorno. E lo sarebbe stato sicuramente se fosse stato per la chiamata di sua sorella.

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Buona domenica, girls!

Che ne pensate di questo capitolo? Ho esagerato con la fantasia?

Mi credereste se invece vi dicessi che è un fatto realmente successo? Assurdo, vero? :)

E' successo a mio amico hahaha ovviamente è finita bene!

Comunque ci siamo, ragazze mie, non manca moltissimo! Solo due capitoli e poi l'epilogo!

A prestissimo e grazie per seguirmi,

Anto <3

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