Capitolo 40 - Stai meglio?
ALEXANDRA
Ogni essere umano ha bisogno di qualcuno su cui poter contare. Non dobbiamo avere il timore di tendere la mano al prossimo. Essere aiutati non è una cosa del quale vergognarsi. Non è sbagliato farlo. A volte è importante anche affidarsi ad un'altra persona per stare bene con se stessi. Tutti noi necessitiamo di un rifugio dove sentirci al sicuro. È possiamo trovarlo soltanto se riusciamo ad aprirci con chi abbiamo davanti.
Apro pigramente gli occhi, battendo le palpebre. Mi trovo in una stanza a me sconosciuta. Sono distesa su un enorme letto. L'aria nella camera è gelida. Ho molto freddo, e sento come se la mia testa sia sul punto di scoppiare. Damien è al mio fianco. Sta mettendo qualcosa di caldo sulla mia fronte. Credo sia uno straccio bagnato.
- Dove sono? - Gli chiedo.
Cerco di alzarmi dal letto, ma non ho le forze per farlo. Il mio corpo è debole. Riesco a malapena a parlare.
- Non muoverti. Hai la febbre molto alta - Mi dice.
Il suo tono di voce è basso. Rassicurante. Quasi protettivo.
- Cosa è successo? - Gli domando ancora intontita.
- Sei svenuta sotto la fermata dell'autobus. Sei stata fortunata che mi trovassi nei paraggi. Ti ho subito portata all'ospedale. I dottori hanno detto che non hai nulla di grave. Soltanto un leggero aumento di temperatura dovuto alla febbre -
Ho perso i sensi per strada? Ecco perché mi sento così confusa.
- Siamo in ospedale? - Mi guardo intorno.
- No, ora sei nel mio appartamento. Volevo chiamare i tuoi genitori è portarti a casa. Ma purtroppo il tuo cellulare è protetto da una password, è non sono riuscito a contattare nessuno. Per questo motivo ho deciso di portarti da me. Adesso siamo nella stanza degli ospiti -
- Capisco. Mi dispiace averti recato tanto disturbo. Non era mia intenzione farlo - Gli dico.
Devo andare. Non posso restare a casa sua. Non voglio disturbarlo. Provo a rialzarmi un'altra volta.
- Stai ferma. Ho detto che non puoi muoverti. Devi assolutamente risposare. Ora chiudi gli occhi e mettiti a dormire. Non voglio sentire ragioni -
Ho tantissimo sonno. Non ho neanche la forza di controbattere. Chiudo gli occhi lentamente e torno a riposare...
Una esiguo raggio di sole penetra dalle persiane della camera degli ospiti. Un fastidioso rumore continua insistentemente a farsi spazio nella stanza. Sembra il segnale sonoro di un cellulare che sta sul punto di scaricarsi. Provo a mettere la testa sotto le coperte per cercare di non sentire quel rumore assordante. Ma sciaguratamente il suono è troppo forte. Non voglio alzarmi. Vorrei dormire ancora. Questo letto è davvero comodo. Non è una lastra di marmo come quello di casa mia. Mi sento molto meglio. La febbre sembra essere scesa. Non sono più indebolita come la scorsa notte. Il cellulare continua a squillare di nuovo. Devo disattivarlo. Lo cerco all'interno dello zaino posto vicino al letto, e gli tolgo la batteria. Mi tiro subito su di scatto. Cavolo, ma cosa sto facendo? Questa non è casa mia. Perché me la sto prendendo così comoda?
- Sei sveglia? - Mi domanda.
Eccolo. È fermo davanti alla soglia della porta. Indossa una maglietta intima bianca è un paio di pantaloni di una vecchia tuta. È la prima volta che lo vedo senza qualche abito di marca. Sembra strano. Quasi una persona comune.
- Si. Mi sono appena svegliata. Che ore sono? -
- Sono le dieci passate. Hai dormito davvero tanto. Come ti senti? -
- Molto bene. Credo che la febbre sia sparita del tutto - Gli dico.
- Sei sicura? Fammi controllare -
Sta venendo verso di me. Si è appena seduto sul letto. Lo vedo avvicinarsi sempre di più. Cosa sta cercando di fare? Mi guarda con uno sguardo differente dal solito. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio. Chiudo gli occhi. Non vorrei, ma mi viene automaticamente. Cos'è questa sensazione? Sta premendo la sua fronte contro la mia. Falso allarme. Ma a cosa pensavo?
- Non hai un termometro? - Gli chiedo.
- Non scotti. La febbre sembra essere passata, ma per sicurezza prendi queste medicine. Sono andato a comprarle in mattinata. Il farmacista ha detto che sono le migliori in circolazione - Non ha risposto alla mia domanda.
Prende delle pasticche da un contenitore, e mi passa un bicchiere d'acqua che era poggiato sul comodino. Apro la bocca, e prendo le pillole che ha comprato. Le ingerisco senza fiatare. Hanno un bruttissimo sapore. Indescrivibile.
- Che cos'è questo odore? - Gli domando.
- L'hai sentito? Come hai fatto? La cucina è lontanissima. Hai l'olfatto molto sviluppato. Proprio come quello di un cane. Ho preparato qualcosa da mettere sotto i denti. Datti una rinfrescata e vieni a fare colazione -
Comincia ad accarezzarmi la testa. Le sue mani sono davvero grandi. Sento le dita scivolare sul mio cuoio capelluto.
- Non ho fame. Chiedevo solo per curiosità - Mento spudoratamente.
L'odore che proviene dalla cucina è molto invitante. Cosa avrà preparato? Non mangio nulla dalla scorsa sera. Il mio stomaco ha bisogno di carboidrati. Sta cominciando a brontolare.
- Hai sentito? - Mi domanda.
- Di che stai parlando? Non ho sentito nulla -
- Uno strano rumore. Un suono molto acuto. Non veniva dalla tua pancia? -
Mi sta osservando. Sembra essersene accorto. Che brutta figura. Voglio sprofondare.
- No, ma quando mai. Non è stato il mio stomaco. Ti sbagli. Sarà stato il rumore del treno che sbatte sulle rotaie - Cerco di inventare qualcosa su due piedi.
- Non credo. Non abito vicino alla stazione dei treni. Il mio appartamento è proprio sul lato opposto. Sono sicuro che proveniva dalla tua pancia. Non devi vergognarti. Non puoi controllare il tuo corpo. Ora vado in cucina a finire di preparare le ultime cose. Non fare tardi. Ti aspetto -
Eccolo. Ancora quel sorriso soddisfatto. Maledetto stomaco, non potevi trattenerti?
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