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Capitolo 1 - L'incontro

Quando ero al liceo, i miei compagni di classe mi evitavano perché non ero come loro. Mia madre lavorava in un Night Club, e mio padre era stato arrestato tre anni prima per incidente con omissione di soccorso. La vittima aveva solamente 17 anni, ed era una studentessa. A causa di quello che era successo, a scuola, ero conosciuto da tutti come il figlio dell'assassino. Per quel motivo nessuno si era mai voluto avvicinare a me, e di conseguenza non ero mai riuscito a legare con nessuno fino a quel giorno.

Era il 13 settembre del mio ultimo anno di scuola. Quella mattina l'aria era veramente irrespirabile e come di mia consuetudine, ero in ritardo per le lezioni. Nell'ultimo periodo mi era capitato spesso di arrivare sempre dopo il suono della campanella. Avevo trovato un lavoro Part Time la sera come stacca biglietti all'interno di un cinema. Ero molto felice di essere stato assunto. Tramite il mio lavoro avevo il privilegio di poter vedere i film di prima uscita, e potevo mangiare tutti i popcorn che volevo gratis. Per mia sfortuna l'ultima programmazione finiva alle 2:00 di notte, quindi ero costretto a tornare a casa a notte inoltrata.

Quando arrivai a scuola quel giorno sembrava tutto calmo, almeno credevo che lo fosse. Non appena varcai l'entrata dell'istituto incominciarono i primi bisbigli.

- Guarda, ma non è lui? -

- Di chi stai parlando? -

- Non lo vedi? Mi riferisco a quel ragazzo moro che è appena entrato dal cancello. Quello che sta venendo verso di noi -

- Ah, ho capito. Intendi il figlio dell'assassino. Lo trovo davvero spaventoso. Mi mette i brividi solo a guardarlo -

- Ma non si vergogna di venire a scuola? Se mio padre avesse fatto una cosa del genere non sarei mai più uscita di casa. Ha proprio una bella faccia tosta-

Se devo dire la verità, le prime volte che ascoltai simili commenti mi toccarono profondamente, ma dopo un po' che li sentivo, iniziarono a scivolarmi addosso come olio. Ormai non ci facevo neanche più caso. Nel corso degli anni ero riuscito a crearmi una corazza che non era scalfibile da nessuno.

Andai dritto verso l'aula di musica, e ci entrai. Mi sedetti al mio posto, sull'ultimo banco di destra davanti alla finestra. La lezione non era ancora iniziata. Cosa molto strana. Di solito il professore era puntuale e non faceva mai ritardo. Una volta che la classe si era riempita totalmente e i ragazzi si erano accomodati tutti ai loro posti, il professore finalmente arrivò...

- Ragazzi scusate il ritardo, ma ho dovuto compilare un sacco di scartoffie -

Iniziò a sudare come un maiale, e tirò fuori dalla tasca un fazzoletto davvero sporco che poi successivamente si strofinò per tutta la faccia. La cosa era veramente disgustosa.

- Oggi, prima di iniziare la lezione, devo presentarvi una nuova studentessa. È appena arrivata in città. Vieni avanti, non essere timida -

La nuova arrivata entrò in maniera molto decisa, e non sembrava per niente riservata. Era una ragazza molto alta, circa un metro e settantacinque. Aveva i capelli corti di un rosso sangue molto intenso. Il suo corpo non era niente male, ma non si poteva dire che era il classico tipo da primo giorno di scuola.

- Forza. Presentati alla classe -

- Non ho molto da dire, ma vorrei che voi ascoltaste con le orecchie ben aperte la mia breve presentazione. Mi chiamo Emily Stown, ho diciassette anni, e sono la nuova arrivata. Molto probabilmente non avrò tempo di fare amicizia con nessuno di voi. La mia famiglia è continuamente in viaggio per lavoro. Per questo motivo siamo costretti a cambiare casa in modo molto frequente. Questa volta sono capitata in questa città abbandonata dal mondo. Forse è il luogo più terribile nella quale sia mai stata. Quindi spero con tutto il cuore di andarmene presto, e vorrei che nessuno di voi avesse la brillante idea di rivolgermi la parola. Grazie -

Oltre a non essere una rara bellezza, non aveva neanche un carattere facile. Il professore dopo la breve introduzione della nuova studentessa, aveva cambiato totalmente espressione. Sembrava irritato da lei. Come non capirlo? Pensava fosse una ragazza timida, ma non era così. Era rimasto deluso.

- La nuova arrivata è molto spiritosa. Non credete? Facciamole un grosso applauso. Dove potrei metterti a sedere? Vedo che c'è un posto libero in fondo all'aula vicino a Justin Well. Credo sia il posto perfetto per te. Almeno in questo modo non disturberai i ragazzi al primo banco che hanno intenzione di studiare seriamente -

- Certo professore, non vorrei mai disturbare i bravi studenti. Potrei infettarli con il mio orrendo modo di fare -

- Fai meno la spiritosa e mettiti a sedere. La lezione sta per iniziare. Ho già perso troppo tempo -

Cavolo. Con tutti i posti liberi che c'erano, doveva metterla proprio vicino a me? Pensai.

Lei si avvicinò molto lentamente. I suoi capelli rosso fuoco e il suo sguardo innervosito avrebbero spaventato perfino una tigre che difendeva il proprio cucciolo.

- Potresti spostarti verso l'esterno del banco? Sono abituata a stare vicino alla finestra. Sai, l'aria in questa classe è viziata. Non vorrei morire per la puzza -

- Va bene, non ho nessun problema a sedermi qui - Era meglio assecondarla.

La lezione finalmente ebbe inizio, e il professore cominciò a parlare un'altra volta di Mozart e Beethoven. Sembrava non conoscesse altri compositori oltre questi due. Stanco di sentire la solita manfrina interminabile. Ebbi la brillante idea di ascoltare un po' di buona musica. Perciò presi il Lettore Mp3 dallo zaino. Portai le cuffie alle orecchie, e selezionai la nuova Play-List che avevo creato la sera prima. Il titolo di questa nuova lista di canzoni era "Fuori di testa". Conteneva tutti i brani che mi avevano colpito nell'ultimo periodo, e che nessuno ascoltava, perché ritenuti troppo commerciali. La nuova arrivata sembrava incuriosita, e mi fece segno di passarle una delle cuffie.

- Scusa, ma non avevi detto che non volevi dare confidenza a nessuno? -

- Sono solamente curiosa. Voglio sapere cosa ascoltano i ragazzotti di campagna da queste parti -

- Lo sai che non siamo in campagna, ma ci troviamo in una piccola città, vero? -

- Come ti pare... -

Si avvicinò al mio viso e prese una cuffia. La poggiò all'orecchio, e iniziò ad ascoltare la Play-List insieme a me. Le cuffie avevano i fili molto corti. Per questo le nostre facce erano vicinissime. Da questa visuale, la nuova arrivata non era tanto male. Aveva gli occhi azzurri, e le lentiggini sulla parte superiore delle guance.

- Non me lo aspettavo. Queste canzoni sono stranamente passabili. Credevo che tutte le persone di questa città ascoltassero le cavolate di quello -

Indicò con il dito il professore.

- Ma veramente è così fissato? Oppure è costretto da qualche organizzazione che lavora sotto copertura per espandere il culto di Mozart? Non è possibile che stia parlando interrottamente da quasi un'ora. Non gli manca il fiato? -

- Lui è così. Fidati. Non sarà la prima volta che sentirai nominare questo compositore. Preparati al peggio -

- Devo abituarmici allora. Anche se non credo che lo vedrò per molto -

Dopo la nostra breve conversazione, la campanella suonò per la fine della prima ora.

- Credo sia arrivato il momento di andare. Piacere di aver fatto la tua conoscenza. Ci vediamo in giro Emil... -

Non mi ricordavo bene il suo nome. Cavolo l'avevo appena sentito, ma non riuscivo a focalizzarlo nella testa.

- Hai problemi di memoria? Emily, il mio nome è Emily - Mi disse scandendo bene il suo nome.

- Giusto, hai ragione. Scusa. Ora devo proprio andare. Alla prossima -

Finalmente uscii dall'aula, e mi diressi verso l'armadietto. Appena arrivai a destinazione, trovai un bigliettino tra le fessure. Il contenuto del foglietto era lo stesso di sempre.

"Non ti vergogni di entrare nell'istituto? Ma come fai a dormire la notte? Una ragazza è morta, e tu riesci ancora a mangiare e a vivere come se niente fosse? Ma cosa ci si può aspettare da uno che ha come padre un assassino... Sei fatto della sua stessa pasta. Ovviamente"

La solita solfa. Presi il bigliettino, e lo accartocciai. Lo misi dentro le tasche, e mi diressi verso il cortile della scuola. Andai verso una panchina, e mi distesi con tutto il corpo al di sopra di essa. Il caldo era diventato sopportabile. Il vento passava lieve tra i capelli, e gli alberi che erano intorno a me chiudevano l'intera panca sotto la loro ombra.

- Grande. C'è un posto del genere in questa scuola? Non me lo aspettavo -

Eccola. Era di nuovo lei. La nuova arrivata.

- Ma mi stai seguendo per caso? -

- Cosa? Non metterti strane idee nella testa. Sono venuta solamente per portarti questo foglietto -

Mi porse il bigliettino che pensavo di aver messo in tasca.

- Com'è possibile? L'ho perso per i corridoi? -

- Ho visto che ti è caduto, e ho deciso di portartelo. Non dovresti ringraziarmi? -

- Grazie, ma non avrai mica letto il contenuto? -

- Sì, ho letto quello che c'era scritto. Non l'ho fatto apposta. Mi è caduto l'occhio sulla prima frase, e poi anche sulla seconda. La colpa è stata dei miei occhi. Non la mia. Ma esistono veramente sempliciotti del genere che incolpano i figli per i peccati dei genitori? -

Voleva fare la gentile? Non mi sembrava il tipo. Almeno da quello che avevo visto fino a quel momento. Pensai.

- Non tutti siamo fatti allo stesso modo. Non incolpo gli altri per il fatto che mi odino. Le persone sono molto stressate. A volte per calmarsi hanno bisogno di una valvola di sfogo, e in questo periodo sparare a zero sul figlio dell'assassino è una specie di calmante -

- Sei serio? Oppure stai scherzando? -

- Anche se non lo fossi, cosa potrei fare? -

- Hai ragione. Che cosa potresti fare contro l'ignoranza di questo paesino del terzo mondo. Ti capisco. Non sono ancora del tutto civilizzati -

- Torno a ripetertelo. Non siamo dei campagnoli. Il nostro paesino conta 10.000 abitanti. Siamo moltissimi -

- Certo. Tra poco supererete anche la popolazione di New York. Contento? -

- Comunque vorrei ringraziarti per il bigliettino e per aver tentato di consolarmi a modo tuo. Un giorno troverò un modo per ricambiare la tua gentilezza. Grazie mille -

- Non cercavo di farlo. Ti sbagli. Ma se davvero vuoi fare qualcosa per me. Domani portami a visitare la città -

- Non credo sia una buona idea. Ho una cattiva reputazione da quanto avrai capito. Non vorrei che qualche stupido ti prendesse di mira -

- Non ti devi preoccupare per questo. Riesco a difendermi benissimo da sola. Se osano avvicinarsi gli scarico una serie di pugni in bocca -

- Sei così forte? Non sembra -

- Vuoi vedere? -

Mise il suo braccio destro intorno al mio collo, e iniziò a scuotermi i capelli.

- Come hai osato dire una cosa del genere? I piccoletti come te, me li mangio a colazione -

- Non è vero. Non sono un piccoletto. Sono alto un metro e settantatre -

- E con una statura del genere ti consideri alto? Non farmi ridere. Nanetto!!! -

- Meglio essere basso che pel di carota -

- Allora vuoi farmi davvero arrabbiare? Cerchi veramente le botte -

Si alzò dalla panchina, e cominciò ad inseguirmi per tutto il cortile. Dopo una lunga corsa, riuscì a prendermi di nuovo tra le sue braccia. Sembravano due tenaglie. Stringevano così forte che mi mancava l'aria. Però sentivo anche uno strano formicolio dietro la schiena. Non smettevo di ridere. Non mi ricordavo l'ultima volta che mi ero divertito così tanto.

- Ok, va bene. Lasciami. Prometto che domani ti accompagno in qualsiasi posto desideri -

- Sicuro? Non puoi rimangiarti quello che hai detto -

Lasciò la presa, e ci sedemmo entrambi sul prato del cortile.

- Devo dire che sei abbastanza forte. Non avevo conosciuto mai una ragazza con delle braccia così muscolose -

- Non prendertela, ma non ci vuole tanto per essere più forte di te. Sei abbastanza gracilino -

- Pff... Non sono debole, è che non voglio sforzarmi contro una ragazza-

- Certo. Faccio finta di crederci. Ora è meglio andare. Ci vediamo domani... -

- Di già? -

- Sta suonando la campanella. Non la senti? -

- Giusto, hai ragione. Dobbiamo muoverci -

- Domani ci vediamo fuori al cancello scolastico, va bene? -

- Perfetto. Non c'è problema. Ah dimenticavo di chiederti una cosa. Verso che ora ci dobbiamo vedere? -

Si era volatilizzata. Un momento era vicino a me, e pochi secondi dopo era scomparsa.

Dopo l'incontro con quella ragazza mi sembrava che una parte della mia vita stesse lentamente cambiando. Per ogni cosa c'è un giusto tempismo. Il destino a volte si presenta a noi sotto forma di un oggetto, un animale oppure una persona. Il fato quel giorno si era presentato sotto forma di Emily Stown. Un cambiamento che era veloce come una gazzella e forte come un tornado. 

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