97: Lotta e ricordi
Francesca's Pov
Sento qualcuno battere alla porta come se volesse buttarla giù, poi delle urla: "APRI O BUTTO GIÙ QUELLA PORTA A FORZA DI CALCI! APRI FRANCESCA!"
Riconosco immediatamente il timbro di voce di quella specie di maestrina e le apro la porta, ma non prima di aver preso il telefono per registrare tutto quello che farà quella strega.
"Dov'è Ania? Dimmi dov'è!" mi aggredisce.
"Intanto non si azzardi a toccarmi! Secondo: dopo quello che le ha fatto lei non ha il diritto di chiedere dove si trova Ania!"
Sento la donna muoversi verso di me, ma metto subito le mani sul suo petto, spingendola indietro e tenendola per la maglietta, per evitare che cada di spalle.
Afferro dal comò il cappuccio con le orecchie d'asino e glielo sventolo davanti al viso.
Non ci vedo, ma so dov'è la sua faccia perché il suo respiro accelerato colpisce ripetutamente il mio viso. Le vorrei rivolgere uno sguardo che contenga tutta la rabbia che mi assale ora che mi trovo proprio di fronte a lei per quello che mi ha fatto, ma non potendo fare questo mi accontento di sventolarle il cappuccio davanti.
"Questo apparteneva a un costume." dico, senza smettere di scuoterlo. "Se lo ricorda, non è vero? Me l'aveva fatto indossare durante la festa di Carnevale."
Mi viene voglia di piangere a quel ricordo, ma non lo faccio perché la rabbia sostituisce la tr@stezza quasi subito. Quella volta non ho fatto figuracce, ma solo perché mi sono chiusa in uno dei bagni e ho aspettato che nessuna voce giungesse alle mie orecchie. È venuta mia madre a prendermi per riportarmi a casa e ha dovuto assicurarmi mille volte del fatto che nessuno mi stava guardando e che la scuola era completamente deserta. Mentre tornavamo a casa, durante il tragitto in auto, non facevo che piangere e quando mia madre mi ha domandato chi mi avesse dato quel costume io le ho detto che se le avessi risposto non mi avrebbe creduto. Avrebbe pensato che volevo solo attirare l'attenzione o peggio: avrebbe creduto che fossi pazza, ma quando lei mi ha esortata a provare ed io sono riuscita a rispondere mi ha semplicemente abbracciata.
Un altro abbraccio per quel costume me l'ha dato Daniel. È stato così dolce.
""Piccola, da dove salta fuori questo?" mi ha chiesto mettendomi tra le mani un vestito... con una coda. Stavamo risistemando l'armadio ed io, dopo aver acquistato l'etichettatrice Braille, stavo mettendo delle etichette a ogni capo d'abbigliamento, con su scritto il colore, è ovvio, e lui mi stava aiutando quando abbiamo trovato quel vestito che non doveva saltare fuori.
Una maschera da somaro!
Non che io ce l'abbia con loro perché per i Romani gli asini erano creature molto intelligenti, ma per la concezione della gente non è così.
"Quello... è il mio incubo." mi limito a rispondere. "Credevo di averlo nascosto, di non doverlo più vedere... ma non è così, a quanto pare."
Lui ha capito subito perché avevo reagito in quel modo.
Sono scoppiata in lacrime e lui si è avvicinato per stringermi a sé in uno di quegli abbracci che solo una persona saprà darti. Solo quella persona e ness'n'altro ti consolerà con quell'abbraccio speciale.
"Mi dispiace... Non immaginavo che ti avessero fatto anche questo" ha detto abbracciandomi.
"Un costume da asino, capisci?"
Lui ha capito tutto, prima che io dicessi cosa mi era successo quel maledetto giorno di tredici anni fa.
"Non lasciarti trascinare." ha detto mentre la sua mano andava su e giù per la mia schiena e mi faceva mettere la fronte sulla sua spalla, dove ho percepito un sussulto che il suo cuore ha avuto. "Tu non sei un'asina, lo sai!"
Gli ho raccontato la dinamica dell'evento, gli ho spiegato come mi sono sentita e lui ha lasciato che mi sfogassi perché ha capito che ne avevo un disperato bisogno.
Quando mi sono calmata un po' l'ho sentito staccarsi da me.
"Che vuoi fare, scusa?" gli ho chiesto quando si è staccato da me, sentendomi un po' spaesata.
"Tranquilla, ti prometto che non sparirò." mi ha rassicurata.
Ha aperto un cassetto e ho sentito un suono di forbici sfregate contro la stoffa. Lui stava riducendo in pezzi il mio giorno peggiore!
"Il cappuccio e i lacci te li lascio" ha detto gettando via il mucchietto di stracci che era rimasto di quel costume. "Forse un giorno ti si presenterà l'occasione per riutilizzarli"."
In effetti è vero. Mi si è finalmente presentata l'occasione per riutilizzare quel coso.
"Se lo ricorda, MAESTRA?" le chiedo, marcando molto sull'ultima parola, per far capire che è una parola che con lei non coincide affatto.
"Eccome! Eri carina, e poi il costume da asino era il più adatto a te, lo sai?"
So che lei sta facendo questo soltanto per ferirmi.
"Io mi ricordo, e so benissimo che quel costume non era affatto adatto a me" mi difendo per poi infilarle il cappuccio e legarglielo sotto il mento, in modo che non possa toglierlo.
"Come si sente, adesso?" chiedo rimanendo ferma di fronte a lei per evitare che entri nella mia stanza e vaeda Ania. Se se la porta via le farà del male per punire la sua fuga.
Nonostante io ci provi, però, sento dei passi.
Accidenti Ania, non saresti dovuta venire qui! Oh mio Dio, e adesso che faccio? CHE COSA FACCIO?
Vedo che prova a trattenere le risate, ma non riesce a farlo e mi accorgo del fatto che la strega le si butta addosso per poi sentirle lottare l'una contro l'altra.
Vado silenziosamente in cucina e chiamo la polizia, sussurrando per non farmi sentire, anche se la strega è troppo occupata a prendersela con Ania per badare a me.
Torno di là e mi piazzo davanti alla porta in modo che la strega non possa uscire prima che arrivi la polizia.
Finalmente sento qualcuno bussare alla porta e quando la apro sento un: "Non vi muovete!", e i colpi e le grida s'interrompono.
Tutto è come ibernato, sembra quasi che nessuno respiri, poi sento delle manette che vengono applicate ai polsi di qualcuno e spero di cuore che non si tratti di Ania.
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