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88: Il peso di una parola può farti cadere

Francesca's Pov
Un altro giorno in cui non ho avuto la forza di recuperare il mio "compagno di viaggio" è trascorso, un po' troppo lentamente direi. È da un po' che ho paura di uscire da sola, e questo, dopo il corso di autonomia, non è mai successo. Ammetto che mi sento ridicola, ma nonostante io provi tutti i giorni a recuperare il bastone c'è poco da fare: mi assalgono i brividi e ricordo quello che stava per succedere. Ricordo anche il grido di una bambina prima che l'oggetto, per mia fortuna, ma anche per la sua visto che lei non aveva nessuna colpa, si schiantasse direttamente sul lastrico della strada. Io cerco sempre la libertà che prima potevo permettermi, ma puntualmente i brividi mi assalgono, sento anche di avere le vertigini, e mi ritrovo a terra, come quel giorno. Quel maledetto giorno di due settimane fa. E per giunta in questo periodo ho incontrato Giulio, quel ragazzo che sta sempre a criticare tutto e tutti. Quello che secondo me si sente una divinità vera e propria per il modo in cui si pone agli altri.
Lui mi ha detto per la millesima volta quella cretinata del: "Devi sconfiggere le tue paure eccetera eccetera!", e visto che ci sto provando in tutti i modi giuro che stavo per urlargli contro. L'avrei fatto se mia madre non avesse detto: "Non ne vale la pena... Vieni con me e cerca di tranquillizzarti!" Sì, proprio!
Per quanto io possa essere convinta del fatto che lei ha ragione non ho la benché minima idea di come sopportare le persone come quel ragazzo un po' troppo pieno di sé. Premettendo che io eliminerei il presente indicativo del verbo dovere dal dizionario di lingua italiana, lui lo utilizza a sproposito e quando cerchi di difenderti, pur di dire che ha ragione, non ti dà neanche il tempo di spiccicare parola! Ti comanda a bacchetta, punto e basta! Devi, devi, devi! Ma chi si crede di essere? Beh, se ha un'altissima opinione di sé è meglio che qualcuno gliela smonti, prima di farlo finire veramente male, perché non tutti si fanno scrupoli a darci uno schiaffo se secondo loro lo meritiamo!
"Tesoro, c'è qualcosa che non va?" mi chiede mia madre sedendosi accanto a me sul mio letto. (In realtà è un divano-letto, ma lasciamo perdere.)
"Non è niente!"
"Non è necessario che tu ti tenga tutto dentro. Dai, spiegami!"
"Ti arrabbieresti, è inutile." dico.
"Perché dovrei? Si tratta per caso di Giulio, tesoro?"
Annuisco. Non posso fare altro per adesso. Se ripenso alle parole che mi ha detto, che non si sono limitate a quel classico dell'affrontare le mie paure, ma mi hanno fatta sentire un'incapace davanti a un Supremo che di supremo se ha un capello è già tanto, mi viene una gran voglia di versare lacrime fino a non poterne più.
"Tesoro, perché ti dai tanta pena per lui? Neanche ne fossi innamorata! Sei stata tu a dirmi che in un'altra occasione, con lui ed il padre, non hai reagito perché loro per avere ragione ti metterebbero con le spalle contro il muro!"
"Lo so, ma mi dà fastidio l'atteggiamento prevaricatore che ha con me! Non lo sopporto mamma, non posso farci niente!"
"Allora perché continui a pensarci in modo così costante?"
"Perché è una cosa che mi fa male, mamma... e la cosa che più mi fa rabbia è che le risposte che potrei dare a lui o a chiunque altro mi vengono sempre in ritardo!"
"Ascolta: non è il caso che tu ti affligga così per lui, perché prima di tutto non c'è, e poi gli stai dando più importanza di quanta gliene spetterebbe! Pensa: se ora ci fosse Giorgio direbbe: "Chi è questo ragazzo? Dove vive? Dimmelo che lo faccio a fette!" E lo farebbe per riuscire a farti ridere..."
"Perché lui fa finta di fare il gradasso, ma è buono come il pane... e soprattutto è modesto a differenza di qualcuno che conosco!" dico con astio, indirizzando la mia rabbia sempre a quella persona.
Mia madre prende delicatamente la mia testa tra le mani e la fa girare a destra e a sinistra, piano, ma con molta decisione.
"Dimentica." mi dice dolcemente mentre continua a far roteare la mia testa. "Dimenticati di lui, ti prego!"
"E come faccio? Non sopporto i suoi modi! Non li sopporto..."
"Forse c'è un modo per farti tornare il sorriso."
"Ovvero?"
"Girati!"
Mi giro e sento due braccia stringere il mio corpo. Le dita di una persona conosciuta si muovono, andando su e giù per la mia schiena.
"Hai capito chi è?" chiede mia madre.
Tendo un braccio, afferro la mano di mia madre e la porto sulla mia spalla per farle capire che ho un'idea di chi possa essere.
"Sei... Daniel?" chiedo timidamente.
"Però! Sei diventata proprio brava!" conferma lui.
Con quel tocco tanto speciale in teoria dovrei riconoscerlo da quel particolare... e ci sono riuscita, ma non ero sicura che fosse lui. Sai che figura ci avrei fatto se non fosse stato lui?
"Ehi! Ti sei incantata?" dice lui sollevando delicatamente il mio viso.
"N-niente... È solo... che..."
"Avevi paura di sbagliare persona, vero?"
"S-sì... vero!"
"Sei bellissima quando sei così agitata... così timida..."
"Io... n-non mi aspettavo di... di rivederti!"
"Non so nemmeno io come ci sono riuscito, ma ho saputo che eri triste per qualcosa e..."
"Non potevi fare una scelta migliore!" dico abbracciandolo e trasformandomi nella bambina allegra che lui ha conosciuto in pochi momenti di quella settimana, la bambina che non si vergogna, che manifesta la sua felicità, la bambina che io amo tanto.
"Ehi! Non vale la pena di star male per quella persona che ti ha ferita, sai?"
"Sarà, ma io non lo sopporto! Te lo giuro!"
"Lo so, piccola mia, lo so, ma non ti consiglio di far diventare questa cosa un chiodo fisso. Soffriresti e basta, e non è affatto bello vederti stare male!"
È incredibile: nonostante tutto il tempo che è passato... lui è sempre pronto a confortarmi quando ho bisogno che qualcuno faccia questo per me ed è una cosa che gli fa onore.
"Perché non andate a fare un giro?" propone mia madre.
"Magari! Posso portare con me il bastone? Non so, potrebbe servirmi... se dovesse andarmi di lusso potrei usarlo senza tremare!" dico con una vena ironica.
"Va bene, ma se non te la senti non strapazzarti" mi dice mia madre.
Annuisco, poi prendo il mio sacchetto di tela e me lo metto sulle spalle.
"Ma questo dove te lo sei procurato?" mi chiede Daniel. "Noi non te l'abbiamo dato!"
"Il tuo amico Stefano, hai presente? Lui lavorava con la CSC sette anni fa. Mi aveva fatto pescare un bigliettino dal cestino della lotteria e ho vinto il DVD degli sketch di cabaret che avevano interpretato, ho messo il DVD in una cassetta nella quale ho i ricordi dell'estate e ho usato questo per custodire il bastone poiché la busta di plastica che avevo prima si è completamente consumata."
"Ah, ho capito" dice con calma, "e scommetto che se ci fossi stato avrei dovuto portarti in braccio, non è vero piccola?"
"Può darsi... all'epoca ero molto più timida di adesso, tant'è vero che è stato Stefano a portarmi in braccio sul palco!"
"Però! Avrei voluto vederti!"
"Però... Credo che mi avresti vista come ospite in quell'occasione! Hai quattro anni più di me e all'epoca credo che ne avresti avuti quattordici, giusto? Non ti avrebbero fatto lavorare!"
"Però riesco a portarti in braccio come una bambina, l'ho già sperimentato parecchie volte e mi è piaciuta la sensazione che ho provato!"
Detto questo mi prende in braccio e inizia a scendere le scale del mio palazzo. Usciamo e lui mi porta in braccio per un lungo tratto, poi sento una voce fin troppo familiare.
"Ti fai portare anche in braccio adesso?"
Giulio De Rossi! Ma cos'altro vuole?
"Prima di tutto l'ho presa in braccio di mia spontanea volontà! Secondo: la sua vita privata è un affare che a te non deve interessare! E poi perché tu cammini appoggiandoti al braccio di qualcun'altro e due secondi dopo punti il dito contro chiunque? Io questa la chiamo incoerenza!"
Io mi lascio cadere a terra e senza nemmeno realizzare cosa sto facendo inizio a correre in una direzione completamente casuale. Non prendo neanche in considerazione l'ipotesi di aprire il bastone, sono talmente arrabbiata da non ragionare letteralmente più. Nemmeno mi accorgo di cadere quando inciampo su uno scalino e inizio a rotolare giù per la scalinata di un parco in cui vado sempre, ma che, probabilmente, non frequenterei più se sapessi che ci viene anche lui.
Daniel's Pov
Vedo il ragazzo appoggiato al braccio di una donna guardarmi, per quanto gli sia possibile, e mi verrebbe una voglia matta di fargli sentire il dolore che ha sentito lei quando lui l'ha insultata.
"Che codarda!" dice il ragazzo.
"CODARDO CI SARAI!" grido.
Mi allontano da lui con le mani che mi prudono, cercando di raggiungere Francesca, che intanto corre come se la stessero inseguendo. Di colpo la vedo cadere giù dalla scalinata del parco e le corro dietro per afferrarla. Quando riesco a raggiungerla è tardi: lei è arrivata in fondo alla scalinata ed è priva di sensi. M'inginocchio vicino a lei e la scuoto delicatamente per un braccio.
"Francesca! Ehi piccola, ti prego, parlami! Di' qualcosa!"
Lei continua a non reagire e io mi agito sempre di più. Sento la voce del ragazzo e il suo corpo inginocchiarsi accanto al mio.
"Come sta?" mi chiede.
"Adesso chiedi come sta, ma quando l'hai insultata non te ne importava un accidente di come stesse! Vattene!"
"Ma chi sei, il suo ragazzo?"
"Precisamente!"
Veno il suo volto abbassarsi mentre il mio passa dal preoccupato al furioso a seconda della persona che guardo: preoccupato per Francesca e furioso con questo ragazzo di cui neppure so il nome.
"Giulio, alzati e vieni qui, per favore!" gli dice la donna alla quale lui si appoggiava per camminare.
Giulio si alza, allontanandosi.
"Dai amore mio, resisti, ora ti porto in ospedale! Resisti ancora un po' piccola!"
La sollevo da terra dopo aver chiamato l'ambulanza e la stringo forte a me, incurante della maglietta che si sporca di sangue, infatti lei ne perde da una ferita che ha sulla testa. Chi mi vede forse mi prende per pazzo perché continuo insistentemente a sussurrarle parole incoraggianti, ma nel suo stato d'incoscienza in teoria lei non dovrebbe riuscire a sentirmi, anche se conoscendola io credo che lei potrebbe farlo.
"Eccoli! Sono arrivati, finalmente! Dai amore mio, resisti!"
Mi avvicino all'ambulanza e ci sono due uomini che mi aiutano a far sdraiare Francesca su di una barella. I due mi guardano e chiedono: "Ma anche lei è caduto?"
"No, l'ho solo portata in braccio e lei... lei sanguinava" spiego per poi mettermi accanto a lei e afferrare la sua mano. È fredda e visto che non è normale in piena estate la cosa mi fa molta paura. MOLTA!
Sento un lieve mugolio e mi avvicino di più alla mia piccola per vedere se per caso si è mossa.
Le sue palpebre tornano a muoversi nella solita maniera frenetica.
"Francesca! Mi senti?" chiedo.
"Sì... sì... ti sento" sussurra cercando di sollevare un braccio.
"Come ti senti? Hai dolore da qualche parte?" chiede uno degli uomini che mi hanno aiutato a farla sdraiare.
"Mi sento un po' indolenzita, ma credo bene."
E quel tipo che diceva che lei si autocommiserava.
Lei che ora sta sopportando un forte dolore, si vede dalla sua espressione e si percepisce dalla rigidità del suo corpo... sento le mani tornare a prudere più di prima e per non rischiare di colpire la persona sbagliata stacco la mia mano da quella di lei e le porto entrambe dietro la schiena. Poi la flebile voce della mia Francy mi dice: "Lascia stare, io sto bene..."
Quando arriviamo all'ospedale lei prova a tirarsi su e a scendere dalla barella, ma appena ci prova rischia di sbattere la fronte sul pavimento dell'ambulanza. L'afferro al volo cercando di tenerla in piedi e lei inizia a reggersi su una sola gamba, poi appoggia la testa sulla mia spalla.
Francesca's Pov
Sfioro con le labbra la maglia del mio angelo, nascondendo ben bene il viso su di essa, ma un brivido percorre la mia schiena.
Percepisco sulla mia pelle il sapore e la secchezza del sangue ormai asciutto e, lasciandogli una mano, mi tocco la testa.
"Ahi!" sussulto quando tocco il bernoccolo che ho in testa. "Hai... il mio sangue... sulla maglietta?"
"Come lo sai?" mi chiede.
"Co-con... con le labbra... no, aspetta, io..."
Le vertigini mi fanno quasi cadere a terra. Lui mi sostiene e io mi raddrizzo per quello che mi è possibile. La gamba destra mi fa molto male e non so quanto potrò resistere.
Tocco anche la mia maglietta e sento le incrostazioni del sangue secco sotto le dita.
Lui capisce che non ho la forza di stare in piedi, mi prende in braccio ed entriamo in ospedale.
Quando entriamo una sensazione di soffocamento si fa spazio nel mio petto e una forte pressione sulla gola mi fa capire che sono in uno stato d'ansia. Il vento che continua a colpirmi il viso in quel ponto è come il vento di scirocco: bollente, quell'andirivieni di persone che fanno svolazzare camici e fogli mi fa sentire un topo in trappola, anzi: una cavia da laboratorio... e per finire il ritmico beep delle macchinette nelle stanze mi mette paura. Ne metteranno una anche a me? Un'altra volta?
Sento qualcuno avvicinarsi e un'infermiera, notando la mia caviglia probabilmente gonfia, mi fa sedere su di una sedia. Le dita della donna mi accarezzano una guancia e lei mi dice: "Ehi, sta tranquilla."
Vengo portata in una stanza silenziosa e non appena mi distendo sul letto ricoperto di carta igienica capisco che stanno per visitarmi. Altre mani, che non appartengono alla donna di prima, toccano piano la mia testa. Quando la donna, perché credo sia tale, arriva ad un punto in particolare, io sussulto per il dolore.
"Oh, scusami cara! È questione di qualche secondo, sta tranquilla" dice la donna.
"Va... va bene" balbetto.
Mi concentro sui suoni che provengono dall'esterno della stanza e sento la voce di mia madre. Ma come ha fatto a sapere della mia caduta?
"Accidenti a te Giulio! Come puoi trattare le persone come se fossero sacchi da box, eh?" inveisce proprio lei. Sembra a dir poco furiosa.
"Angelica! Lei dovrà crescere prima o poi!" aggiunge un'altra voce. No... non può esser Giulio, no! Perché lui è in ospedale, per continuare ad infierire? Che se ne vada!
"Mia figlia era a buon punto... poi è arrivata una persona che a momenti colpiva una ragazzina con il bastone, lanciandolo in aria! Come credi che avrebbe dovuto reagire Francesca, eh?"
"Deve passare avanti, non può dipendere da quel ragazzo!" dice Giulio.
Subito dopo un colpo secco arriva al mio udito. Non so se sia stato particolarmente forte come colpo o se sono io ad avere le antenne dei marziani con una forma particolare: di orecchie.
"TU TI AGGRAPPI SPESSO A TUA MADRE PER CAMMINARE, QUINDI NON TI PERMETTERE DI DARE A MIA FIGLIA DELL'INCAPACE DI FARE DA SÉ! E VATTENE, PERCHÉ È SOLO COLPA TUA SE LEI È CADUTA DA QUELLE SCALE E ADESSO È LÀ DENTRO!"
Mia madre gli ha dato uno schiaffo? Ora lui gliela farà pagare!
"È troppo suscettibile, ma chi vuoi che le dia un lavoro in un futuro se continua così?"
"Se è suscettibile o non lo è non è un affare che ti riguarda!" dice una terza voce.
Oh mio Dio, ma quello è... Daniel! Mi dispiace tanto di avergli creato problemi con quel tizio!
"E vattene, lei non vuole che tu stia qui! Se sei venuto per la tua bella faccia sei pregato di andartene subito!"
Continuo ad ascoltare, in silenzio. Sento che ora come ora vorrei quelle cuffie giganti che tanto detesto per non sentire la rabbia delle persone che amo.
Mi dispiace anche per il ceffone che ha ricevuto Pietro a causa mia, ma cavolo, chi punta sempre il dito in questo modo prima o poi ne pagherà le conseguenze... No, no! Queste cose non si dicono, è una cattiveria ed io non ho nessuna intenzione di essere cattiva!
"Ma quale bella faccia! Se l'è presa per una stupidaggine..."
"Sentimi un po' Tizio..." interviene un'altra voce. "Sappiamo tutti che sei venuto a dare fastidio, quindi ora puoi anche andartene e lasciare in pace Francesca! Vai a importunare qualcun'altro!"
Ma che... ERNESTO? Cosa ci fa qui Ernesto?

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