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63: La verità

Francesca's Pov
"Francesca, per piacere, apri!"
Mia madre continua ad insistere, ma io non voglio parlare con loro né con altri. I miei occhi sono stracolmi di lacrime quanto il mio cuore di ferite.
"Francesca apri questa porta!" mi dice la mamma con un tono più alto.
"N-non v-voglio par-la-re" dico tra le lacrime.
"APRI!" grida.
PERFETTO! Che gridi pure, che butti giù anche la porta, tanto io non apro, non dopo quello che è successo! Lei sa benissimo che se qualcuno mi costringe a fare qualcosa faccio il contrario, è un riflesso incondizionato, davvero, ma per me funziona così. Anzi, dovrei dire che faccio questo... perché, beh, è più forte di me.
"Non risponde!"
"Okay, ci provo io. Francesca, apri la porta!"
Ma insomma, non è possibile che tutti insistano nel tormentarmi nello stesso momento, cavolo!
"Apri la porta, Francesca!" mi ripete papà.
"Sto bene, ma ora non ho voglia di parlare!" spiego velocemente.
"Per favore" mi supplica mia madre.
Apro la porta e li faccio entrare.
"Francesca... è il caso che ti spieghi! Noi... non volevamo... eravamo solo... p-preoccupati."
"Quando qualcuno si preoccupa per un'altra persona di solito le chiede: "Come stai? Tutto bene?", e non: "Dove diavolo sei stata?", quindi non avete dimostrato preoccupazione."
"Ma..."
"Lo so che lo siete, ma in questo modo mi avete semplicemente ferita!" spiego.
"Va bene, ma... per favore, non reagire così!" mi dicono all'unisono.
"Io... io avevo bisogno di aiuto... e non di questo!" dico tra le lacrime.
Loro mi abbracciano e mi sento piccola e felice come lo ero anni fa.
Passo il giorno con loro e la sera vado a lavorare al bar.
Va tutto abbastanza bene, devo dire, però subito dopo Franco mi ferma prendendomi per un polso.
"Francesca!" mi chiama, al colmo della felicità. "Ho... ho chiamato l'ospedale. Mi è stato detto che quella provetta è ancora in laboratorio e che sono state fatte più copie delle analisi del DNA, ma ce ne daranno una soltanto tra due settimane! Che cosa vuoi che faccia?"
"Quando arriverà il giorno in cui dovremo ritirare quei risultati vieni a dirmelo, per favore! Io vorrei venire con te!"
"Sarà fatto!"
Lo abbraccio fortissimo e ritorno a casa per poi mettere la paga giornaliera nel mio salvadanaio.
Lo sto facendo perché spero di riuscire a racimolare abbastanza soldi per andare in vacanza dove lavorerà Daniel quest'anno.
Sempre che la storia si concluda nel modo in cui spero.
Vado a mettere il pigiama e mi infilo a letto.
Occorrono pochi minuti prima di un inatteso arrivo del buon vecchio Morfeo.
Mi addormento e sono tranquilla mentre scivolo nei sogni...
...DUE SETTIMANE PIÙ TARDI...
La scuola è finita. Io sono andata a trovare Daniel tutti i giorni, ma lui ora è stato dimesso ed è partito con Salvatore, Giulia e Simone.
È andato a lavorare in un villaggio di Paestum molto costoso, quindi neanche con il mio stipendio di tre mesi potrei andarci.
Mi squilla il cellulare e una voce dall'altra parte mi dice: "Francesca, è il grande giorno! Te la senti ancora di venire con me?"
"Sì, me la sento" rispondo.
"Dove vuoi che ci vediamo?" mi chiede Franco.
"Davanti all'ospedale, ti raggiungerò là" gli rispondo io tranquillamente per quanto la cosa mi sia possibile.
"D'accordo. Ci vediamo lì." mi dice lui per poi mettere giù il telefono.
Io mi preparo in cinque minuti e mi dirigo alla fermata dell'autobus.
"Scusi, potrebbe indicarmi il 201?" chiedo ad una persona seduta accanto a me sulla panchina della fermata.
Scopro che questa donna è una signora un po' avanti negli anni, ma molto gentile.
"Certo mia cara, vieni, devo prenderlo anch'io" dice dolcemente per poi prendermi per mano e condurmi in direzione di quell'autobus.
"E... per caso sa anche quante fermate occorrono per arrivare da qui a quest'ospedale?"
Mostro alla signora un biglietto con il nome dell'ospedale, scritto da mia madre, s'intende.
"Tre fermate." mi risponde lei.
"Oh... beh... grazie di cuore" dico sorridendo mentre la donna mi fa salire sul bus. Anch'io in parte l'aiuto visto che sembra avere un po' di difficoltà nel camminare.
Le famose tre fermate passano abbastanza velocemente e appena arrivo a destinazione sento la voce di Franco dirmi: "Francesca! Di qua Francesca! Vieni di qua!"
Seguo la voce che mi sta chiamando e vado a sbattere con la gamba destra contro una panchina, rischiando di inciampare e cadere all'indietro. Franco mi afferra subito per un polso, evitandomi di cadere, e dice: "Dai, andiamo!"
Io recupero un equilibrio più o meno stabile e, senza riuscirci minimamente, mi prodigo nell'arte di controllo della tensione.
"Ehi! Che ti prende?" chiede.
"Sono agitata."
Queste sono le uniche parole che riesco a proferire prima che lui afferri le mie mani e le stringa forte nelle sue per rassicurarmi. "Credo proprio che tutto andrà come speriamo... non so perché."
Quella frase mi fa scoppiare in una risata sentita. Non mi sembra una battuta, ma il modo in cui mi ha detto questa frase mi ha fatto ridere.
Entriamo in ospedale subito dopo e andiamo a sederci in sala d'aspetto. Non sapendo come comportarmi per risolvere questa questione dell'ansia inizio a giocare con le mie dita come se fossero cuffiette da annodare e snodare quando non hai altro da fare.
"Vuoi smetterla di annodarti le dita in questo modo?" mi dice Franco fermando le mie braccia.
"Scusami, è che là dentro si sta praticamente decidendo del mio futuro e di quello di un'altra persona a me molto cara e... Scusami!"
"Scusami tu" mi dice Franco, "è che mi dispiace davvero vederti così."
"Signorina Bernardi, signor Fritzenwalden."
Mi alzo in piedi come se mi fossi trasformata in un pupazzo a molla e Franco fa lo stesso, senza però perdere la calma.
Entriamo nella stanza e la voce familiare del dottore che ha accolto me e Daniel questa volta accoglie me e Franco.
"Ah, tu sei Francesca! Hai deciso di andare avanti?" chiede indicando probabilmente Franco dato che lui risponde: "No, non sono il suo ragazzo, sono suo amico!"
"Ah, perfetto!"
Credo che il dottore abbia dato a Franco un foglio e dato che lui è in silenzio immagino che lo stia "studiando" abbastanza accuratamente... speriamo che vada tutto bene!
"Okay." mi dice infine.
"E...?" chiedo.
"Il risultato è negativo. Tu e Daniel non siete parenti."

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