55: Una piccola vendetta personale e una scoperta inaspettata
Francesca's Pov
Maggio è quasi finito ed io continuo a lavorare al bar.
Ci sono tre clienti assidui: il professore di musica, Samuele e Daniel. I primi due vengono a torturarmi, lo so, ma questa sera ho deciso di prendermi una piccola e velata vendetta per farli pentire di tutto quello che mi hanno fatto. Ho bisogno che loro sappiano cos'ho passato a causa delle loro meschinerie. E quale modo migliore se non quello di dedicare loro la canzone di Bebe che si intitola: "Malo"? Beh, naturalmente dovrò censurarmi su alcune cose, inoltre sono stata fortunata perché non ho ricevuto quel tipo di insulto.
Se è per questo non ho nemmeno mai ricevuto uno schiaffo. Né mia madre né mio padre mi hanno mai toccata se non per stringermi una mano o per cercare di placare la mia agitazione e non ho mai permesso a nessun'altro di alzare le mani su di me. Beh, ho anche avuto un meraviglioso cavaliere pronto a proteggermi.
Forse, però, la frase migliore nel mio caso sarebbe: "Cada vez que me dices tonta se hace tu cerebro más pequeño." ["Ogni volta che mi chiami stupida il tuo cervello diventa più piccolo."]
È ora di andare a lavorare. Basta con questo rimuginare ininterrotto.
Vado al bar e come immaginavo le prime voci che giungono alle mie orecchie sono quelle di Samuele e di quel tizio che aveva la faccia tosta di farsi chiamare: "Professore"... sì, esatto, la faccia tosta!
"Francesca, due birre per favore."
Senza dire nulla oltre ad un timido: "Buonasera" mi dirigo verso il bancone e prendo le birre. Nonostante io cerchi di fare attenzione mi ritrovo di colpo qualcosa davanti e vi inciampo. Per fortuna un'acrobazia mi permette di evitare che il liquido a mio parere non molto buono si rovesci addosso a chiunque mi abbia messo lo sgambetto, ma in compenso mi rompo una scarpa.
"Oh, poveretta! Scusa, non ti avevo visto! Ma tu dovresti guardare dove vai!"
Okay, io riesco a scherzare sul fatto di non avere occhi funzionanti, ma questo è troppo!
"O forse dovrebbe essere lei a guardare con maggiore attenzione i movimenti di coloro che non possono fare altrettanto!" dico secca. "Le ricordo che per un periodo non sono riuscita a parlare per colpa sua e di quell'altra faccia d'angelo che dell'angelo non ha niente!"
Sento una mano prendere la mia e una voce gentile mi dice: "Vieni tesoro, alzati, va tutto bene."
È uno dei clienti, assiduo anche lui, ma non compreso tra le mie conoscenze... fino ad ora almeno.
Mi si avvicina anche Franco che dice: "Ma come ti è saltato in mente di parlargli in quel modo, eh?"
"Scusami se non sei tu quello che ha subito l'impossibile da lui e dall'altro ragazzo che forse è ancora seduto vicino a lui."
"Sono il tuo datore di lavoro Francesca."
Le lacrime continuano a scendere lungo il mio viso e l'uomo dice: "Non la rimproveri, finora si è comportata egregiamente."
"Lo so, ma..."
"Non è facile vivere in una healtr che vede la cosiddetta normalità come la cosa principale e ci sono certi soggetti che non meritano risposte come quella che ha dato lei, ma insulti e parolacce a raffica."
"Beh, per stasera ti lascerò svolgere la tua attività di cantante mascherata" dice sottovoce, "ma domani dovrò decidere se continuare a farti lavorare qui o meno."
Non so cosa mi trattenga dal tirargli uno schiaffo. Perché si comporta in questo modo? Cavolo, avrà visto quello che è appena successo, no?
Arriva il grande momento e quel signore tanto gentile che ho scoperto chiamarsi Diego mi procura un paio di scarpe di riserva e, intendendosi di queste cose, mi propone di dargli la mia rotta in modo che lui possa riconsegnarmela riparata domani.
Quando mi trovo davanti ad una cattiva parola clicco il pulsante per la censura, in modo tale che la cosa che mi viene detta in realtà possa essere semplicemente lasciata all'immaginazione di chi mi ascolta e di chi capisce lo spagnolo.
Due frasi mi colpiscono. La prima, tradotta, mi sembra sia più o meno: "Sei debole, sei malvagio, e non crederti migliore di me né di nessuno." E l'altra? Beh, quella viene subito dopo e dice qualcosa di simile a: "E adesso io fumo una sigaretta e dirigo il fumo al tuo cuoricino perché sei malvagio."
Scoppia un enorme applauso, cosa che in parte mi rincuora, anche se so che quei due hanno capito l'antifona e mi renderanno la vita ancora più difficile.
Esco dal bar e mi dirigo finalmente verso casa. Ho bisogno di sdraiarmi e non pensare a niente... anche se sarà dura.
All'improvviso sento un'altra voce, comunque familiare ma in parte estranea perché lui era mio amico e...
"Francesca..." mi chiama Calum, "so che probabilmente ti dà fastidio la sola idea di parlare con me dopo tutto quello che ti ho fatto, ma... ma io ho bisogno di dirti una cosa. È molto importante, ti prego. Potresti concedermi almeno... almeno cinque minuti del tuo tempo?"
Accidenti, parla come se il mio tempo fosse qualcosa di preziosissimo... uno di quei diamanti o rubini di inestimabile valore.
Tiro i freni della bici, spengo il navigatore e gli dico: "Beh... non è il mio tempo ad essere prezioso. Va bene, ma se riprovi a baciarmi ti dico già da adesso che con me hai chiuso per sempre!"
"Ti assicuro che non ho la minima intenzione di fare qualcosa che vada contro la tua volontà."
Calum's Pov
Devo dirle la verità su quella maledetta storia del DNA. Cavolo, se l'avessi saputo prima gliel'avrei detto, ma quell'idiota di Samuele, (che poi non è così idiota dal punto di vista tattico, ma da quello morale lo è anche troppo) ha nascosto i veri risultati di quel test che ha reso tanto complicata la vita della mia povera amica.
"Calum, che succede? Ti decidi a parlare? Se continui a stare in silenzio mi metti paura." dice agitandosi.
"Francesca... la verità è che... Daniel non è tuo cugino. Samuele ha scambiato il vero risultato del test genetico con un risultato artefatto e ha lui quello originale."
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