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166: "Per sempre tu mi stringerai!"

Francesca's Pov
Finalmente oggi mi fanno uscire dall'ospedale. Mi dicono tutti che sono stata molto paziente, ma dentro desideravo tanto scavalcare finestre ed inferriate e scappare da là dentro. Quel beep continuo sembrava un bambino che desidera tanto qualcosa e lo dice a ripetizione, come un martello pneumatico. "Comme 'nu tarlo dint'e recchie." ["Come un tarlo nelle orecchie."] come si dice dove vivo io. Quel beep, però, più che irritarmi, mi metteva angoscia e me ne mette ancora adesso, perché penso a chi non ha avuto la fortuna che ho io ed è rimasto bloccato in quella prigione che è il coma o forse, ancora peggio, non ha chi lo sostiene.
"Tesoro, sei pronta?" mi chiede mia madre mentre io cerco di capire se ho preso tutte le mie cose.
"Non so. Mamma, potresti dare uno sguardo per vedere se ho preso tutto? Farai di sicuro molto prima di me, e se proprio vuoi saperlo, anche se gelerò non vedo l'ora di uscire da qui dentro" rispondo controllando una borsa che mi ha regalato mia madre e che ha definitivamente sostituito quella alla quale si è rotto il gancetto il giorno del mio incidente.
"Hai dimenticato solo una maglia, Francy. Tranquilla, ci penso io a metterla a posto. Tu prendi il tuo bastone e inizia a correre, tanto io i documenti per la tua dimissione dall'ospedale li ho già firmati" dice lei.
Detto fatto: prendo la mia guida e letteralmente volo per il corridoio.
Improvvisamente sento il rumore della sirena dell'ambulanza. Dovrei essermi abituata a quel suono, ma ogni volta che lo ascolto mi vengono i brividi. Sta a indicare che qualcuno sta molto male, che la cosa è urgente. Quando ero piccola una volta sono stata trasportata in ambulanza. La mia febbre non scendeva, e ricordo solo che la mia unica paura era quella di cadere, perché io ero seduta sul lettino di quell'ambulanza.
Mi ci ero aggrappata con tutte le forze e avevo provato un gran sollievo quando ero uscita di là.
Mi schiaccio contro il muro, sentendo il rumore della barella che, a quanto pare, trasporta una ragazza. Un uomo supplica i medici di "salvare la sua Elena", mentre una donna piange disperatamente.
Me li immagino stringersi l'uno all'altra e consolarsi a vicenda. La visita affrettata che le fa un dottore unita al responso che questi dà ai genitori mi fa rabbrividire. È quel medico che mi aveva caldamente consigliato di farmi asportare l'occhio, e dice di aver trovato delle schegge di vetro negli occhi della bambina, perché è questo il modo in cui quell'oculista l'ha chiamata e, senza mezzi termini, ha riferito ai suoi genitori che la piccola potrebbe rimanere irreversibilmente cieca.
Mi viene da piangere mentre ascolto la loro disperazione, tanto che non resisto alla tentazione di avvicinarmi per abbracciarli, anche se non li conosco affatto.
Loro accolgono volentieri il mio tentativo di confortarli e, vedendo che sono anch'io nella condizione che potrebbe sconvolgere la loro vita e quella della loro figlioletta mi riempiono di baci e carezze.
"Grazie tesoro" mi dice il padre di Elena.
"Si figuri. Io tra una settimana torno per un controllo e se non vi dispiace vorrei sapere qualcosa in merito alla situazione di Elena..." dico.
"Mi daresti il tuo numero? Potrebbe essere utile per la scelta delle persone che potrebbero aiutarci." Stavolta è la madre a parlare.
"Certo." rispondo.
Le detto il mio numero e le dico di scrivermi. Sono terribilmente scossa, al punto che, quando i due coniugi si allontanano, le mie gambe cedono ed io mi ritrovo a terra.
"Francesca, Francesca!" Mi sembra di conoscere questa voce e se è chi credo che sia è capitato proprio al momenäo giusto.
"Daniel..." riesco a sussurrare.
"Che cosa ci fai lì, tesoro?"
Lui mi si avvicina e mi aiuta ad alzarmi per poi farmi sedere su una panchina del cortile, nel quale mi ha condotto tenendomi per mano.
"Ma tu stai tremando! Che cos'hai?" chiede premuroso.
"È... è appena arrivata un'ambulanza..."
"Un'ambulanza con un paziente che ti ha sconvolta, vero? Perché?"
"Una paziente."
Prendo un profondo respiro e vado avanti.
"Il fatto è che hanno ricoverato una bambina. C'era stato un incidente che le aveva fatto ritrovare delle schegge di vetro negli occhi..."
Lui stringe leggermente la presa sul mio braccio, ma non so se lo faccia perché ha avuto anche lui un attimo di tensione o perché ha sentito che continuo a tremare. Forse per entrambe.
"Chi l'ha detto ai genitori? Da chi l'hai sentito?"
"Il dottore che ha visitato me. Non il dottor De Martino, quello con il quale eri sul punto di scontrarti."
"Immagino con che tatto gliel'ha detto!"
Lui non stringe la presa sul mio braccio, ma digrigna i denti e se lo vedessi giurerei che ha serrato l'altro pugno in aria. Ne sono sicura, più che sicura!
Sta arrivando un'altra ambulanza, ma prima che io possa sapere chi ne è uscito mia madre ci raggiunge. C'è anche mio padre.
Saliamo tutti e quattro in auto e mio padre accende la radio. Quest'ospedale non è lontano da casa mia, ma basta quel poco tempo per far arrivare alla stazione radio le notizie di cronaca. In particolare mi colpisce una notizia. La cronista dice: "Una ragazzina, diretta a casa di una sua amica insieme ai genitori è stata travolta da un'auto. Il vetro sinistro è andato distrutto e i cocci di vetro si sono piantati negli occhi della bambina che risponde al nome di Elena Sanchez. L'uomo ubriaco che ha travolto l'auto è stato riconosciuto come Matteo Fioretti e si trova attualmente in uno stato di coma etilico..."
Inizio a tremare in maniera spasmodica. Ho un attacco di nausea, mi sento come se qualcuno mi avesse infilato a forza un ferro in gola.
"Papà, ti prego, ferma l'auto" sussurro in un disperato tentativo di lasciare l'abitacolo, che mi sembra davvero stretto.
"Che cos'hai, Chicca?" mi chiede lui.
"Ti prego, fermati" ripeto.
Finalmente lui ferma l'auto ed io scendo di corsa.
Angelica's Pov
Francy scende di corsa dall'auto e dimentica addirittura il suo bastone.
"Tesoro, aspetta!" le dico, facendo l'atto di raggiungerla, ma mi sento posare una mano su un braccio. La presa è tiepida.
"Ferma, Angelica! Non vuole scappare!"
"Allora perché è scesa?" chiedo preoccupata.
"Si è sentita male, perché la bambina della notizia è arrivata proprio poco fa e l'ha investita un uomo che le ha fatto molto male. Stai tranquilla, vado io." risponde.
Scoppio a piangere. Lei è sempre stata sensibile a questo genere di notizie, ma mi era sembrato strano che reagisse in quel modo.
Appena vedo che Francy è ferma sul marciapiede e che Daniel l'ha raggiunta tiro un sospiro di sollievo. Lui le tiene la testa e le mette tra le mani una busta, che lei apre al massimo.
Francesca's Pov
Mi sento posare una mano su di una spalla e mi viene data una busta vuota. Riconosco il tocco di chi mi sta aiutando. Lui mi tiene fermi i capelli con una mano, mentre con l'altro braccio mi tiene in piedi. Io sussulto continuamente, ma non riesco a far emergere nulla di diverso dalle lacrime.
"Tranquilla, tranquilla." continua a ripetermi lui.
"Quando... quando la smetterà... quell'uomo... di fare danni? Quando?" chiedo in un sussurro.
"Piccola, ti prego, non fare così! L'hai detto anche tu che a quello si sopravvive!" mi dice dolcemente.
Lascio cadere a terra la busta.
Mi volta verso di lui e lo abbraccio forte.
"È che... io... io credo che se è difficile quando si nasce ad occhi chiusi, pensa come sarà se si perde la vista all'improvviso!"
"È vero, ma lei non è sola! Ha i suoi genitori che la sostengono, e poi ci sei tu, perché hai detto che hai conosciuto i suoi, che sei in contatto con loro. Tirati su per quella bambina, tesoro! Fatti coraggio come hai sempre fatto... se non vuoi farlo per te, fallo almeno per lei, perché quando vi conoscerete lei... Lei avrà bisogno di te."
"Non potrò mai esserle d'aiuto. Io per prima ho difficoltà ultimamente."
"Hai difficoltà per ora, certo, ma hai anche diciassette anni di esperienza."
"E...?"
"E questo a quella bambina sarà utile, anche perché se tu fossi un'insegnante saresti dolcissima con i tuoi allievi. Ci metto la mano sul fuoco."
"Tra una settimana torno in ospedale per dei controlli... quelli all'occhio. Se per allora Elena si sarà risvegliata... tu mi aiuterai?"
"Certo piccola, perché non dovrei? Ora però calmati, ti prego! Facendo così non potrai ottenere altro che star male tu stessa e farti venire un terribile mal di testa!"
In effetti è uno dei motivi che mi spinge a non piangere se riesco ad evitarlo: il mal di testa che viene subito dopo le lacrime.
"Sono già a buon punto" dico per poi mettermi a ridere.
"Hai una capacità di passare dalle lacrime alle risate a dir poco impressionante!"
"Solo che... se non ci fosse un esperto a farla emergere da sola non potrei farlo" sussurro.
"Te la senti di concludere il tragitto o ti senti ancora soffocare?" mi chiede lui.
"Posso tornare, ma prima avrei bisogno di una cosa." gli dico.
"Sarebbe?"
"Questo." rispondo stringendolo più forte. Lui capisce e a sua volta mi tiene più stretta. Mi sento bene, è come se quell'abbraccio mi facesse sentire rigenerata.
"Va meglio?" mi chiede.
"Sì... va molto meglio..."
"Te la senti di rientrare, adesso?"
"Sicuro!"
Lui mi prende per mano e mi guida verso l'auto per poi aprirmi la portiera da vero cavaliere quale è. Mi fa entrare e mi si siede accanto.
"Amore mio. Come ti senti?"
Mia madre mi sfiora il dorso della mano. Il suo palmo è bagnato e dalla consistenza del liquido capisco che si tratta di lacrime. Metto l'altra mano su quella di mia madre e la stringo.
"Mamma, sto bene, sto bene!"
Mancano circa dieci minuti all'arrivo, ma io crollo. Mi sento sfinita. Mi addormento e la sola cosa che percepisco prima di assopirmi del tutto è il mio angelo che mi porta ad appoggiare la testa sulla sua spalla e mi accarezza una guancia sussurrando: "Riposati piccola mia che ne hai bisogno!"
Daniel's Pov
Mi ha fatto tanta tenerezza!
Povera piccola, era così scossa quando ha assistito all'arrivo di quella bambina in ospedale e il colmo è stato ascoltare quella notizia alla radio. È logico che adesso lei sia stremata, per questo lascio che si addormenti e che mi si stringa al petto per tutto il viaggio.
Quando arriviamo a casa sua non ho il coraggio di svegliarla e per evitarlo la porto direttamente fino alla sua stanza e la copro. La guardo, ed è talmente piccola e fragile da far quasi paura!
Sento qualcuno entrare e voltandomi vedo Angelica.
"Le vuoi bene?"
Quella domanda mi spiazza. Come potrei non volerle bene? Come potrebbe qualcuno non farlo? Lei è talmente buona!
"Certo che le voglio bene!" le rispondo mentre stringo le mani della brunetta.
"Sai, lei aveva molta paura delle relazioni. Molta" mi dice lei. "Per quello che le è successo quando era bambina."
"Lo credo bene, Angelica! Ad una di quelle cose ho assistito solo lo scorso anno!"
"Sai, lei dice che la frase: "Sei la luce dei miei occhi", quando si parla di quello che tu fai per lei sta a pennello."
Stringo più forte le mani di quella ragazza.
Il suo viso sembra luminoso, tranquillo... come se ci stesse ascoltando, cosa che io ritengo molto probabile.
La sento respirare in maniera irregolare. Fino a un attimo fa era così tranquilla!
"No..." mi dice in un sussurro.
O meglio: non so se parli con me. So solo che è terrorizzata!
"Francesca!" la chiamo scuotendola per le braccia. Lei sta sempre peggio!
"La-lasciami... ti prego, lasciami!" dice.
"Tesoro, sono io, tranquilla!"
Lei, dopo le mie parole che mi sono servite per farmi riconoscere, si tira su e mi abbraccia forte.
"Non aver paura. Sei a casa tua, ci sono i tuoi genitori e se può rassicurarti ci sono anch'io a proteggerti!"
"Lo sai che quando quella gente mi minacciava avevo una tremenda paura che ti facessero qualcosa di male?"
"Dici quei due insegnanti, Samuele, Giuditta e Carlotta, vero? Parli di loro, cara?"
La chiamo in quel modo d'istinto. Lei trema, come se da un momento all'altro dovesse accadere qualcosa.
"Piccola, sono ancora qui! Non è successo nulla di male... toccami se non ci credi, fai quello che riterrai più opportuno! Non aver paura!"
Chiudo gli occhi, conoscendo il mio corpo e la posizione delle sue mani. Gliele prendo e le porto sul mio viso. Se questo può farla stare più tranquilla che lo faccia, a me non dà fastidio.
Anche quel giorno, il suo secondo giorno al villaggio, le ho permesso di toccarmi il viso e l'ho guidata, perché era più che altro lei ad avere paura che la cosa potesse turbarmi, ma è stata una piacevole scoperta anche per me. Quella Francesca che ho conosciuto quando era poco meno di una ragazzina non si sarebbe mai azzardata a chiedere una cosa del genere.
Se la intimidiva un boss burlone quale è Stefano da quando lo conosco, di sicuro non si sarebbe nemmeno azzardata a chiedermi il permesso per vedermi a modo suo. Non ne capisco il motivo. Sentire il suo tocco delicato e il tremito delle sue piccole dita sensibili contro la mia pelle mentre la guidavo per farla sentire a suo agio non mi era dispiaciuto.
Le sue mani tremano mentre gliele stringo. Lei trema. Lei nel suo tutto. Sembra spaventata. Non so come fare a calmarla.
"Piccola! Ehi! Hai visto? Io sono qui, di fronte a te. Mi senti?"
"Sì." sussurra lei in risposta.
"Perché stai pensando a tutte queste cose, tesoro?" chiedo.
"Perché da quando ho incontrato quella bambina ho avuto una specie di shock. È successa una cosa che né lei né i suoi genitori avrebbero potuto prevedere! Lei era in coma quando l'hanno portata via, ho sentito un altro medico parlare. Lo so che lo faccio di continuo ultimamente, e ho un terribile fastidio agli occhi, ma ho tanto bisogno di piangere!"
"Allora fallo!"
"Fare... cosa?"
"Piangere. Puoi farlo se vuoi, piccola. Nessuno può vietartelo, neanche tu puoi farlo. Le emozioni non si possono controllare, e se ci si riesce è molto difficile, non si ha mai il pieno controllo su di esse. Non farti ancora più male di quanto te ne abbia fatto questa notizia."
Lei mi dà ascolto. Si sfoga e anche se i suoi singhiozzi mi spezzano il cuore non voglio essere il sordo che non vuole sentire. Voglio ascoltare il suo dolore, condividerlo con lei per alleggerirla del suo carico, eccessivo per le sue spalle, che stanno dando segni di stanchezza. Con una mano la stringo forte ab mio corpo, mentre con l'altra le sposto un'insistente ciocca di capelli che vuole posarsi sul suo occhio destro. Il suo corpo sembra voler entrare pienamente a contatto con il mio... quasi esserne assorbito. Ma io non potrei fare questo, né a lei né al mondo, privandolo di questa creatura.
Peccato che non so cosa darei per restare là, accanto a lei, per proteggerla.
Francesca's Pov
Da quando lui mi ha consigliato di sfogarmi non faccio altro che singhiozzare e sussultare... eppure lui è qui, di fronte a me. Perché mi sembra di sentire il beep dei macchinari dell'ospedale, il rumore dell'ambulanza... e quella voce strozzata del mio sogno, quella che diceva: "Vattene Francesca, sei in pericolo!"? E poi... perché sento il pianto di quella povera donna che è la madre di Elena? Perché?
Non vorrei reagire in questo modo, per l'emicrania e la sensazione di vuoto che proverò dopo, ma ne ho bisogno e non voglio neanche smettere.
""<<<Ogni tanto sono stanca di riascoltarmi mentre piango la mia infelicità".>>>"
"Piccola, perché tremi? Hai freddo?"
"N-no... però tienimi stretta, ti prego!" dico senza calmarmi.
"Certo, tesoro! Lo farò finché sarà necessario e ne usciremo!"
Detto questo mi dà un bacio sulla testa. Ricordo che quando lo incontrai da ragazzina la prima cosa a cui pensai fu la tranquillità che mi trasmetteva.
In modo particolare era la sua voce a rassicurarmi, unita al suo carattere conciliante e al suo tocco delicato sul mio viso, che sperimentai per la prima volta quando lui volle portarmi a vedere il Sole.
"Posso chiederti un altro favore?" sussurro.
"Quale?"
"Vorrei avere notizie di Elena... ma non voglio riceverne al telefono né saperne qualcosa dal telegiornale e se queste notizie non fossero buone... a-avrei bisogno di un sostegno. Tu mi accompagneresti all'ospedale domani? Se puoi, è chiaro."
"Certo che ti ci posso accompagnare! E poi ti sembro in grado di lasciarti andare là da sola, ridotta in questo stato? Adesso però tirati su e cerca di pensare positivo, okay? Io credo in te e nella tua forza, piccola."
"Sono io che non credo in me, purtroppo" dico cercando di calmarmi. I miei occhi bruciano da impazzire, sembrano voler scoppiare da un momento all'altro. Lui appoggia le mani ai lati del mio viso e con le dita spazza via le lacrime che continuano, imperterrite, a sgorgare dai miei occhi.
"Un giorno imparerai a farlo. È difficile trovare chi crede in te quando non sei tu la prima a farlo, almeno quanto basta per non sentirti come il verme del romanzo "La Metamorfosi"."
A volte penso che, tra tutte le persone che conosco, soltanto lui sappia come prendermi e come farmi stare meglio. Per questo il giorno in cui lui ha avuto l'incidente ho avuto paura. Se gli fosse accaduto qualcosa avrebbe portato via con sé molto più di tre quarti del mio cuore. Solo che non riesco a dirglielo. Non riesco a dirgli quanto bene mi abbia fatto stargli vicino e quanto sia grande il mio desiderio di fare almeno per una volta, una volta sola, altrettanto per lui. Poi mi viene in mente una canzone che s'intitola: "Eclissi del cuore", in particolare c'è una frase che si addice a quello che è il mio pensiero.
""<<Ogni tanto so che sei quell'unico che sa come trattarmi nonostante i miei guai"...>>"
Decido di scriverglielo. Non per WhatsApp, questo no. Non stavolta. Voglio scriverlo male, distorto, ma voglio scriverlo io... Per lui.
"Va meglio?" mi chiede gentilmente.
"Sì, va meglio" rispondo.
"Ehi! Credimi, gli imprevisti capitano a tutti e io sono sicuro che mai come in questo caso chi ti ha reso la vita simile ad un cespuglio pieno di spine non avesse cattive intenzioni. Non ce l'aveva con te... non questa volta, almeno."
"Come lo sai? Hai parlato con lui?" chiedo, sperando che lui abbia cambiato idea e la smetta di far del male a chi, in fin dei conti, non gli ha fatto nulla.
"No, amore mio! Non ho parlato con lui! Da ubriachi si agisce senza premeditare nulla, e poi la polizia l'ha rilasciato per buona condotta!"
"Tu... credi... che stavolta... s-sia sincero?"
"Io non so cosa credere. So solo che se lui avesse voluto togbiere di proposito la vista a quella bambina non avrebbe scelto un metodo tanto rischioso, perché per fare questo avrebbe rischiato di ottenere qualcosa di molto peggio..."
Capisco cosa intende. Con quell'incidente ci sarebbe stato il rischio di una strage, o peggio: lui stesso avrebbe rischiato di restarvi ucciso.
"Sai, se questa Elena ti somiglia anche solo un pochino la sua vita sarà salva." mi dice Daniel.
"Perché?" gli chiedo.
"Beh... è molto semplice" dice, "tu sei una ragazza con il segno dell'ariete, sei forte e testarda, ed hai imparato ad amare te stessa. Ce ne hai messo un bel po' di tempo, ma ce l'hai fatta..."
"E se fosse anche allegra come te?" chiedo a bassa voce.
"Per quello basta la tua di allegria, Fra!"
Mi accarezza la guancia e si allontana da me.
A quel punto io prendo delle lettere d'argilla cotta, che mi ha procurato proprio Daniel.
Prendo un foglio e una penna che, chissà come, sono riuscita a reperire. Fisso il foglio alla mia tavoletta Braille, come se dovessi scrivere in Braille, e ne utilizzo il righello per limitare lo spazio, componendo poi man mano le scritte attraverso le forme delle lettere che lui ha plasmato.
Scrivo quella e altre frasi della canzone di L'Aura, poi metto il foglio in una busta, intenzionata a consegnarglielo domani, quando verrà a prendermi.
Ci metto un bel po' a scrivere, ma alla fine ci riesco. Mi concentro, volto il foglio dal lato non scritto e riesco a sentire le forme che ho realizzato. Credo siano abbastanza leggibili... prima di chiudere il foglio in una busta lo passo all'occhio vigile di mia madre, che dice che dovrei scrivere più spesso che cosa penso di Daniel e cosa provo per lui, perché facendolo scrivo meglio di quanto non faccia quando cerco di firmare.
Giunge la notte e con essa la prospettiva di un nuovo giorno, nel quale spero brilli una luce di speranza per una bambina che lo merita, ed anche parecchio.
...IL GIORNO DOPO...
Mi sveglio molto prima dell'orario che avevo stabilito.
Vado a fare colazione e subito dopo vado a lavarmi. Ci metto poco, forse la frenesia di dargli quel benedetto biglietto mi spinge a fare le cose di fretta.
Quando sono vestita, con le guance ancora bagnate dall'acqua che ha portato via la consistenza del bagnoschiuma dal mio viso, corro fuori e mia madre mi dice: "Vieni tesoro, vieni a vedere chi c'è!"
Vado nella mia stanza e mi sento toccare le mani.
"Ciao..." dico con un sorriso che mi divide il viso da parte a parte.
"Sei diventata talmente brava a riconoscermi che a volte mi chiedo se sia necessario prenderti le mani o parlare!"
"Lo è, fidati!"
Prendo la busta dal tavolo e gliela metto tra le mani, poi gli dico: "Ecco... io... io volevo... darti questo. Spero tanto che ti sia facile leggerlo."
Mi tremano le mani mentre entrano in contatto con le sue. Le mie dita diventano improvvisamente troppo calde e le guance ne seguono le orme.
"Adesso ti faccio vedere quant'è semplice leggere questo foglio" mi dice.
Mi prende una mano ed io noto che se lo sta... stringendo al petto? Perché?
""Ogni tanto so che sei quell'unico che sa come trattarmi nonostante i miei guai... ogni tanto so che nell'intero universo non c'è niente che somigli un po' a te... ogni tanto so che non c'è niente di meglio e niente che per te non farei"..."
"Però c'è una cosa che là sopra non ho scritto" balbetto coprendomi il viso con le mani per non fargli notare il rossore di quella zona della mia pelle.
"Mi dici quale? Però lo sai: dimmelo in un modo che ti riesce alla grande, tesoro!"
Mi accarezza la guancia ed io capisco al volo.
"Ora ti voglio più che mai, ora ti voglio qui per sempre.
Se solo tu mi sfiorerai, ci stringeremo eternamente.
Ce la faremo se tu vorrai.
Non sbaglieremo mai.
E insieme cambieremo questa nostra realtà,
il tuo amore è come un'ombra che non mi lascia mai...
e come dici tu qui nell'oscurità la luce si confonde con la felicità,
Ti voglio qui più che mai.
Per sempre tu mi stringerai."
"Tutto il ritornello? E la tua parte preferita, scommetto che è: "Qui nell'oscurità la luce si confonde con la felicità"..."
"Come fai a sapere che è proprio questa?"
"Perché tu associ l'oscurità ai tuoi occhi e, non so bene perché, dici che io ti faccio da lanterna o qualcosa del genere."
"L-la luce... dei miei occhi!"
Mi getto tra le sue braccia e mi accorgo del fatto che lui tiene ancora stretto il foglio.
"Sei stata dolcissima, tesoro! Non avresti dovuto!"
"Beh, io sentivo il bisogno di farlo. Tu fai tanto per me, ed io non riesco a fare niente per te, capisci? Avevo bisogno di dimostrarti quanto ci tengo a te! Io... lo desideravo tanto perché... ecco, io... almeno per una volta volevo che fosse il mio turno di fare qualcosa di bello per te... e... e se ci sono riuscita ti confesso che ne sono... davvero felice."

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