155: Presenze rassicuranti
Francesca's Pov
"Davvero?" è l'unica parola che mi dice quell'adorabile creatura.
"Amore mio, ovvio che dico davvero! E mica sono l'unica a pensarla in questo modo!"
La sento sorridere e ne approfitto per proseguire con i nomi: "I tuoi genitori, Simone, Dan, Alice... tutta la CSC!"
Ammesso che Stefano conosca Cecilia, ma se anche non la conoscesse basterebbe che lei restasse tra le sue braccia qualche minuto e lui non si stancherebbe mai di riempirla di dolcezza. Lui è un uomo dal cuore molto tenero e si può dire che lui venera i bambini, un po' come me.
"Checca..." mi dice sottovoce Cecilia.
"Dimmi amore mio, cosa vuoi che faccia?" le chiedo.
Lei, con il suo piccolo pugno avvolto intorno al mio dito, mi fa raggiungere un tavolo che è alla mia destra.
"Vuoi che ti prenda quello che c'è qui sopra, giusto?"
La sento ridere e capisco di aver interpretato correttamente il suo segnale.
"Aspetta" dice Simone che, a quanto sembra, è appena entrato.
Mi mette qualcosa tra le mani ed io passo quel qualcosa, ovvero un foglio ed una scatola, alla mia bimba.
La chiamo in questo modo perché sento che lei è ormai parte di me.
Sento il rumore di qualcosa che viene sfregato contro il foglio e una folata di vento che indica l'aprirsi della porta. Io e Cecilia facciamo lo stesso movimento ed è il sorriso della bambina a farmi capire che sarò felice anch'io di sapere chi è entrato. Per precauzione, però, aspetto che lui faccia qualcosa, qualsiasi cosa, per identificarlo e capire se in effetti è chi credo che sia.
"Ehi, bambina prodigio!" dice appunto Daniel.
Sento Cecilia sorridere e ne seguo l'esempio.
Mi accorgo del fatto che Cecilia si è fermata e mi sta mettendo tra le mani il foglio.
"Vuoi che lo porti con me, Cecilia?" le chiedo.
La sento sorridere e prendo il foglio.
"Potresti farmi un favore?" chiedo voltandomi verso Daniel.
"Ci penso io a Cecilia, stai tranquilla. Eccoti le bende." mi dice, poi prende Cecilia ed io afferro il fidato occhio a rotelle e cerco il bagno. Quando lo trovo cambio la benda e torno nell'altra stanza.
"Stai bene?" mi chiede Daniel.
"Sto bene... grazie" rispondo, "ora però è meglio che vada! Grazie per il disegno, Cecilia!"
"Piccola, sei sicura? Da qui non hai mai percorso questa strada da sola."
Lui conosce i miei attacchi di panico quando percorro una strada nuova per la prima volta.
"Non importa, non preoccuparti. Mi è già successo, riuscirò a sopravvivere..."
C'è un filo di esitazione nella mia voce ed ho paura che lui l'abbia letto, ma non voglio disturbare.
"A domani" dico in un sussurro.
"A domani, tesoro." mi dice di rimando, dandomi un bacio sulla fronte.
Esco da quella casa ed inizio a camminare. Fa freddo, il vento pungente mi batte sul viso e i rumori della strada, per quanto mi siano noti, mi mettono molta paura. Le auto mi sfrecciano intorno, cerco di capire in che direzione andare, ma proprio non ci riesco. Muovo qualche passo, cercando di ricordare la direzione che ho percorso per arrivare fin qua, ma è inutile. Sento un'auto sfrecciare e cerco un marciapiede per evitarla, ma quello è occupato da un'altra auto, immobile. Lancio un urlo, disperata, e mi sento afferrare da due braccia dal tocco fin troppo familiare. Mi solleva da terra e io scoppio in lacrime tra le sue braccia. Sapevo che non mi avrebbe abbandonata, perché ha capito dalla mia voce che avevo paura.
"Su, coraggio, alza la testa!" mi dice Daniel.
Sollevo la testa lentamente e tento di prendere un respiro profondo, ma i singhiozzi me lo impediscono. A questo punto lui mi fa sedere sui gradini di quello che credo sia un negozio.
"Ora concentrati, seguimi e respira" mi dice con dolcezza, tenendomi il mento rivolto verso l'alto e dandomi un ritmo per ogni ciclo di respirazione che va da uno a tre. Io lo seguo, non so neanche come ma lo seguo, e finalmente il mio battito cardiaco torna al suo ritmo regolare.
"Va meglio?" mi chiede lui gentilmente, spostandomi una ciocca di capelli dall'occhio destro.
"Sì, va molto meglio. Grazie" rispondo.
"Infatti le tue guance stanno riprendendo colore. Tesoro, ti assicuro che avresti potuto chiedermi di accompagnarti, sai che non mi crea nessun tipo di problema." mi dice con dolcezza.
Di solito non sopporto i rimproveri, solo che queste parole più che darmi fastidio mi hanno fatto capire per non so quale numero di volta che lui a me ci tiene davvero. Forse non mi ha infastidita perché lui ha capito che avevo paura di disturbarlo e perché quello che mi ha detto non era nemmeno un rimprovero, o almeno non dava quella sensazione. Le sensazioni trasmesse dai rimproveri io le conosco fin troppo bene da un po' di tempo a questa parte: ci si sente inadeguati, completamente sbagliati, si sente come se tutti potessero fare qualunque cosa e tu non fossi in grado neanche di sollevare da terra una matita. Inoltre un altro dettaglio molto fastidioso è che le persone che vogliono "dare un consiglio" che poi suona come tutto tranne che questo, parlano con tono alterato, come se l'interessato avesse fatto del male a qualcuno, e agitano le braccia in maniera confusa.
"No, non me lo dire: non volevi darmi fastidio. Figurati se tu mi dai fastidio per una cosa del genere! In ogni caso non preoccuparti, so che le tue intenzioni erano buone e in ogni caso stai bene, questo è quello che conta."
Parlandomi lui utilizza sempre quel tono dolce e mi stringe le mani, come per farmi sentire in tutto e per tutto che non è arrabbiato con me, che non mi sta sgridando e che avrà sempre un po' di tempo per me.
"Quando quell'auto mi ha sfiorata ho avuto tanta paura!" dico tra i singhiozzi.
"Shh, basta piccola, adesso è tutto finito!"
"Chissà come si santiva Cecilia qua in mezzo? Se io che ho diciassette anni mi sono spaventata tantissimo, immagina come si è sentita lei!"
"Tranquilla, Cecilia è viva, sta bene, e tutto questo è stato possibile grazie a te e al tuo saper ascoltare." dice accarezzandomi teneramente una guancia. "Dai, ora vieni, altrimenti ci arriverai stanotte a casa tua."
"Potrei camminare con te?" gli chiedo.
"Che domande! Ovvio che puoi, piccola! Dammi qua, questo te lo tengo io." mi risponde lui per poi prendermi la mano destra ed iniziare a camminare.
Percorriamo un luogo tratto di strada senza dire una parola, poi io mi lascio sfuggire un: "Vorrei tanto vedere il disegno che mi ha dato prima Cecilia!"
"Anch'io vorrei che tu lo vedessi. Almeno la smetteresti di dire che non sei bella!" dice Daniel.
"Perché mi dici questo?" chiedo non capendo.
"Francesca, Cecilia ti vuole molto bene e lo dimostra il fatto che abbia disegnato te mentre la stringi al petto con un sorriso dolcissimo sulle labbra. Il tuo sorriso di sempre, praticamente..."
"Tu... t-tu sei un..."
"Pagliaccio? Lo so, è una parte del mio mestiere!"
"Ma no, non volevo dire questo! E poi tu sai contenerti molto se necessario e a volte i pagliacci questo non sanno farlo. Volevo dirti quello che ti dico sempre, soprattutto per quello che mi hai detto ora."
"Ti va di darmi quel disegno?"
"Come? Perché, che vuoi farci, scusa?"
"Voglio che tu lo veda senza gli occhi degli altri, ma con i tuoi occhi" dice stringendomi la mano, e da quel gesto capisco che si riferisce ai miei veri occhi: non a quelli del cranio, ma a quelli delle mani.
Estraggo il disegno dalla borsa che porto appesa al collo, glielo metto nella mano libera dopo aver faticato un po' a trovarla e lui mi dice: "Te lo riporto domani, promesso!"
"Ti assicuro che non c'è nessun bisogno che tu me lo prometta! Anzi, ti ringrazio per aver deciso di fare questo!"
"Proprio non ce la fai, vero?" chiede ridendo.
"A fare che cosa?"
"A non dire continuamente: "Grazie"! È... è una cosa davvero tenera!"
Gli sorrido timidamente, poi lui mi rimette tra le mani il fidato occhio a rotelle e mi dice: "Sei proprio di fronte al condominio in cui abiti, bellezza! Se vuoi aspetto che entri, sembri ancora un po' scossa!"
"Sarei contenta se facessi questo, ma mi sembra di toglierti troppo tempo, davvero" dico sottovoce.
"Vai, e non annullare le tue necessità per gli altri come tuo solito" dice dandomi un dolce bacio sulla guancia.
Questo me lo dicono tutti, ma soltanto lui sa dirmelo con dolcezza. Non so cosa pensare.
Alzo un braccio per fargli segno che va tutto bene e lui mi saluta verbalmente prima di andare via.
Salendo le scale penso al fatto che lui, da quando l'ho rivisto, mi ha insegnato molto.
Un esempio? Io fino all'estate dell'anno scorso riconoscevo solo le voci delle persone, ora ne riconosco anche il modo di camminare ed il tocco.
Entro in casa e saluto i miei, poi vado a mettere il pigiama, perché dopo una giornata tanto intensa sono davvero sfinita.
Simone's Pov
Sono seduto accanto al lettino di mia sorella e tengo stretta nella mia la sua piccola mano bollente. Sembra tranquilla, tranquillissima!
Un giorno chiederò ai ragazzi come riescono a rassicurarla in questo modo, anche se credo che loro non sappiano come ci riescono. Forse viene tutto dal cuore.
Improvvisamente noto che la mia sorellina si sta agitando, forse in preda ad un incubo. Le sento la fronte, ma quella è fresca.
Cecilia inizia a piangere ed io mi avvicino a lei e la prendo in braccio per poi stringerla a me. Lei, intanto, piange e dice: "Mone! Mone!"
"Piccolina, che succede?" le chiedo.
"Mone! Checca..." dice Cecilia.
"Vuoi andare da Checca?" chiedo senza smettere di stringerla a me.
Lei emette un mugolio che mi fa capire che è proprio quello che vuole fare. A quel punto mi vesto e l'aiuto a fare altrettanto, poi saliamo in auto e l'assicuro ad un sedile speciale apposta per lei, per poi partire a spron battuto per casa sua. Quando arrivo di fronte al condominio in cui vive Francy decido di chiamarla al cellulare. So che lei teme di trovarsi davanti un maniaco o qualcosa di simile, per questo la chiamo.
"Pronto?" mi risponde una voce un po' impastata. Poverina, sono le tre del mattino, l'ho disturbata nel cuore della notte.
"Francy, sono io!"
"Dimmi Simone" dice sottovoce, "cosa succede?"
"Mia sorella ha avuto un incubo. È molto spaventata e voleva vederti!"
"Venite, adesso vi apro il portone. Farà di sicuro freddo là fuori" dice.
Apre il portone ed io, tenendo in braccio mia sorella, salgo al secondo piano a piedi e do un paio di colpi alla porta per farmi sentire soltanto da lei.
Francesca apre la porta ed io le metto tra le braccia Cecilia che, appena la riconosce, smette di singhiozzare. Poggia la testa sul petto della bruna, che le lascia fare quello che vuole. Le mette una ciocca dei suoi capelli tra le mani e Cecilia inizia a giocarci, ma a lei non sembra dispiacere.
"Simone, perché non tiri fuori quel lettino e lo apri?" mi chiede di colpo entrando in camera sua e toccando il lettino con un piede.
"Va bene, ma perché?" chiedo.
"Credo sia meglio che per questa notte voi restiate qui... temo che appena Cecilia si addormenterà e tu la riporterai a casa accadrà un'altra volta la stessa cosa!"
"Ti sta facendo male?" domando.
"No! Sta facendo un gioco rilassante, non mi fa per niente male." mi risponde lei.
Mi preparo il letto, poi Francesca sale sul suo, mettendosi sotto le coperte con Cecilia e tenendola stretta a sé.
"Dormi bene, piccola" le sussurra all'orecchio. Infatti Cecilia le si è addormentata tra le braccia e sembra tranquillissima.
Guardo la mia amica e mia sorella mentre si abbracciano e penso che anch'io, se avessi l'età di Cecilia, vorrei essere stretto in questo modo da una ragazza. Magari Francesca, che è mia amica, o forse Alice, che è diventata la mia ancora di salvezza, perché è stata lei a farmi uscire dal mio baratro.
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