141: Sorprese dopo l'operazione
Francesca's Pov
"Francesca! Francy! Cara, abbiamo finito!"
L'uomo che mi chiama e mi scuote dolcemente, probabilmente l'anestesista, mi riporta alla realtà e poco a poco riesco a riacquistare la sensazione tanto familiare quanto rassicurante di avere un corpo. Quando mi è stata fatta l'anestesia, infatti, mi sentivo come se il mio corpo e la mia anima si stessero allontanando l'uno dall'altra e per un attimo ho avuto davvero molta paura che non avrei mai più sentito un'altra voce, delle mani che mi sfiorano delicatamente il viso... oppure la sensazione di avere il corpo.
Improvvisamente, però, noto un particolare: c'è qualcosa che mi fa pressione sull'occhio sinistro e questa sensazione mi dà fastidio, non mi piace affatto. Scatto con le mani verso l'occhio, ma i tecnici mi tengono ferma. Vengo issata di nuovo su quella barella e trasportata fuori. Continuo ad agitarmi, ma senza dire una parola. Non grido né piango, cerco solamente di liberarmi dalla presa ferrea di quelle mani. Quella cosa che ho sull'occhio mi dà molto fastidio, non so se riuscirò a sopportarla. Poi due mani dalla presa familiare mi circondano i polsi e riconoscendo mia madre mi calmo.
"Amore, non puoi toglierla!"
"Perché non posso?" chiedo.
Anche se non ho il timbro di voce di chi piange l'occhio coperto mi lacrima tantissimo e le lacrime mi provocano un tremendo prurito che non posso calmare perché ho questa cosa che nemmeno so cos'è attaccata alla pelle e non posso toccarla.
"Tesoro, hai una benda sull'occhio, ma non toccarla perché adesso quel punto è molto delicato!"
Non credo di conoscere la ragazza che mi ha appena parlato, ma immagino sia una dottoressa di quelle che erano nella stanza, perché mi ha sfiorato una guancia prima dell'intervento e l'ha rifatto anche adesso, parlandomi.
"Va bene" le dico rassegnata.
"Può lasciarla andare, signora" dice un tecnico rivolgendosi a mia madre a giudicare dal fatto che lei mi lascia i polsi.
Io, dal canto mio, mi volto di lato e metto la mano destra sotto la guancia e la sinistra tra le ginocchia per evitare che mi venga un altro attacco di nervi per via di quella benda.
Mi ci vogliono pochi istanti per riaddormentarmi.
...TRE ORE PIÙ TARDI...
Mi sento toccare con delicatezza la guancia sinistra e sussulto.
"Sis, tranquilla, sono solo Ginevra!"
Sposto la mano sinistra e cerco la sua. Quando la trovo la stringo forte nella mia. Ginevra è davvero un amore: con una giornata così bella, (lo so perché il calore del Sole che entra dalla finestra mi batte sul viso), resta in un luogo triste come l'ospedale.
E tutto perché?
Per stare accanto a me che, anche se non lo dico, tutto mi sento fuorché qualcuno per cui vale la pena di fare tanto.
"Ciao Sis!" la saluto con un debole sussurro.
"Lo sai chi altro c'è con me?" mi chiede.
"Non ne ho la più pallida idea." rispondo.
"Bene! Venite avanti!" dice voltando la faccia. (Lo capisco dal suono della sua voce, rivolto altrove.)
"Ciao Checca!"
Sento il cuore sussultare. Non posso crederci!
"Matilde!" dico in un sussurro.
"Sì! Proprio Matilde!" dice mia cugina. "Sono insieme a mia madre!"
"Matilde! Zia Luisa! Cavolo, che bella sorpresa!" dico.
"Poi ci sono io che sono il tuo pagliaccio preferito!" dice Giorgio.
"E sei anche il pagliaccio più modesto che io conosca!" gli dico sarcastica.
"Principessa, non immaginavo che avessi già voglia di scherzare!" dice Michela, e a momenti mi butto giù dal letto per abbracciarla. "E poi c'è anche un'altra persona oltre a noi e ai tuoi genitori, ma dovrai riconoscerla tu, piccola!"
Io i Devi non li sopporto, ma questo lo voglio fare perché amo buttarmi in quello che mi piace fare e riconoscere le persone che amo è una di queste.
Mi sento sfiorare molto delicatamente la zona dietro la testa, quella in cui, per quanto ricordi, si trova il cervelletto. Non so che cosa fare, ho la sensazione di conoscere quel tocco, ma non voglio sbilanciarmi. Eppure il mio cuore batte così forte! Perché?
"Hai capito almeno se è un lui o una lei?" chiede Ginevra.
"Credo sia un lui... ma non ne sono sicura..."
Come risposta mi arriva un bacio sulla testa.
"Ogni volta che risponderai correttamente il premio sarà questo. In caso contrario non accadrà niente!"
"Meno male! Pensavo mi arrivasse uno schiaffo!"
"Nessuno di noi sarebbe capace di farti questo, Francy!" dice Giorgio.
"Seconda domanda: credi che questo sia un gesto tipico o che lui l'abbia compiuto per puro caso?"
"Un... tipico?"
Giorgio mi prende la mano e vi lascia un bacio. Risposta corretta! Meglio così!
"Perché non parli? Perché non mi dici se sei o no il mio angelo custode?"
"Perché l'hai capito da sola!"
"Non ci posso credere..." dico con un filo di voce. "Sei tu!"
"Potevo mai lasciare da sola la mia piccola Francesca durante un momento tanto importante come... come la sua operazione?"
"Francesca, dobbiamo cambiare la benda!" mi dice un'infermiera.
Come: "Dobbiamo cambiare la benda?" Perché, ce l'ha anche lei?
"Lo conosco quel sorriso imbarazzato! Ti ha sorpreso quello che ti ha detto l'infermiera?" chiede sottovoce Daniel.
"Non so se sia stato più quello o la sorpresa che mi hai fatto tu venendo qui a farmi visita!"
L'infermiera mi si avvicina e mi toglie l'involucro di plastica. Ora lo posso toccare, per fortuna, poi sento la benda che viene staccata con delicatezza dalla mia pelle.
Provo ad aprire l'occhio, illudendomi di vedere qualcosa, invece... niente! Sento entrambi gli occhi pizzicarmi e poco dopo una lacrima bollente mi scivola lungo la guancia, solcandone il profilo.
"Francesca, che cos'hai? Ehi!"
"È tutto uguale, Daniel. Non è cambiato niente. Io non posso vedere... neanche con quest'occhio..."
Lui si volta verso l'infermiera che, almeno credo, è ancora lì e le chiede: "Può alzarsi adesso, vero? Sono passate più di due ore."
"Sì, ma qualcuno deve darle la mano, almeno finché non avrà acquistato un equilibrio più o meno stabile."
Possibile che lui abbia capito che desidero tanto uscire da questa stanza?
"Vieni" mi dice dolcemente per poi prendermi le mani e aiutarmi a scendere. Trovo le scarpe accanto al letto, le infilo e mi alzo. Lui mi tiene stretta la mano.
"Ti gira la testa?" mi chiede.
"No... davvero" rispondo. "Grazie!"
"Tieni. La tua guida." mi dice mettendomi tra le mani il mio occhio a rotelle e cingendomi le spalle con le braccia.
"Come sai che vorrei uscire?"
"Te lo spiego più tardi." dice con dolcezza. "Ora l'importante è che tu faccia quello che senti e che ti renda conto che questo è un problema che ti stai creando tu. Prenditi tutto il tempo che ti serve, pensa che l'operazione ha salvato quella parte di te e che tu, con o senza la vista, sei una ragazza meravigliosa..."
Muovo qualche passo incerto fino alla porta, poi giù per le scale dell'ospedale, e quando arrivo in cortile cerco un albero e mi ci siedo accanto per poi scoppiare a piangere come non ho mai fatto in vita mia. Sono sempre uguale, con un occhio bendato e l'altro finto. Ma anche se non fossi bendata cosa cambierebbe nella mia vita?
Sono cieca e lo sarò per sempre a meno che non avvenga un miracolo. Accidenti, come ho potuto farmi del male da sola? Come ho potuto illudermi che una volta tolta la benda avrei visto la luce che mi è sempre mancata da quando ho memoria? Quell'operazione mi serviva per salvare l'unico occhio che ho e sono stata una vera stupida ad illudermi che mi potesse portare a qualcos'altro che è ben lontano da quello che la scienza può raggiungere per chi non ha la materia prima. A me manca proprio quella: la materia prima. Il nervo ottico. Quel filo che collega gli occhi al cervello e ti fa vedere quant'è bello il Sole, la grandezza del Mare o l'azzurro del Cielo che vi si riflette sopra.
Questo io non potrò mai farlo!
Accidenti, quanto vorrei poterlo fare per un secondo! Un solo secondo!
Stringo fortissimo al petto la mia guida, come ha detto il mio angelo prima di farmi uscire. Stringo quell'oggetto come se fosse una persona cara. È come se sentissi il bisogno di sentire qualcuno vicino, come se non potessi farcela da sola.
"Non posso farcela!" dico tra i singhiozzi e alzandomi per poi iniziare a camminare avanti e indietro come una disperata. Le lacrime continuano a scendere lungo le mie guance, anche se la sinistra è quasi asciutta dato che la benda frena il percorso del liquido salato che mi cola dagli occhi. Mi sento malissimo e tutto questo perché mi sono illusa. Nessuno mi ha mai detto che avrei iniziato a vedere, ho fatto tutto da sola e sono stata solo una stupida. Niente di più e niente di meno.
Mi sento stanca e se non voglio crollare qui fuori mi conviene tornare nella mia camera d'ospedale. Cerco di calmarmi e di asciugare le lacrime. Vorrei smettere di piangere, ma non ci riesco. Mi ci vuole qualche minuto prima di calmarmi almeno un po'. Rientro e vengo accerchiata da tutto il gruppo.
È tutto un susseguirsi di: "Stai bene?", e risposte affermative, poi mi distendo sul letto, sfinita.
Poco dopo tutti si dileguano dicendo di avere qualcosa da fare. Tutti, tranne uno.
"Di' la verità: tu non stai affatto bene" mi dice Daniel. Non è un tono di rimprovero, non è da lui, e lui sa bene che con i rimproveri non farebbe che farmi chiudere a riccio.
"Non ti sfugge niente... vero?"
"Non quando si tratta della mia piccola! Ti conosco, so che quando hai quel faccino triste è perché non stai affatto bene, e poi sei sincera come nessuno potrebbe essere. Non serve nemmeno guardarti, basta tenerti la mano per capire se stai bene o no."
"La verità è che io ti vorrei guardare negli occhi mentre ti parlo... non solo voltarmi dalla tua parte. Vorrei vederti sorridere, perché so che ti s'illumina il viso quando lo fai, però... non posso vederlo!"
"È solo questo che vuoi vedere, Francesca?"
"Forse no. Vorrei vedere il Mare, vorrei vedere il cielo quando splende il Sole, vorrei vedere gli occhi di mia madre... vorrei potermi guardare allo specchio e non lo farei per vedere se sono bella o no, ma per vedere dentro di me, se la mia anima è bianca o rossa o forse a macchie colorate, per le cose belle o brutte che... che ho fatto nella mia vita."
"Stai tremando. È uno dei tanti modi in cui esprimi che questo ti fa soffrire molto."
Mi accarezza la guancia e provo subito un senso di protezione sotto quel tocco tanto delicato.
"Che cosa posso darti io? Niente!" dico tristemente.
"Non dire così! Non sei mai stata tanto negativa! Mai!"
"Ho provato a vedere del buono in quello che è successo, ma... da quando sono ricomparse alcune persone n-nella mia vita come i gemelli Bellavista o Carlotta, io... io ho dimenticato come si fa!" spiego.
"Vuoi che te lo ricordi io come si fa, tesoro?"
Tesoro! Oddio, quant'è bella questa parola, e soprattutto è bella quando è lui a dirla! Mi fa sentire bene come niente mi ci potrebbe mai far sentire.
"Avrei bisogno che tu lo facessi... te lo giuro..." dico.
"Tanto per cominciare vieni qui..." mi dice ed io mi tiro su, ma un improvviso capogiro mi fa bloccare.
"Okay, ferma... ci penso io" mi dice per poi avvicinarsi a me e stringermi forte in un abbraccio che mi cura le ferite.
Possibile che basti un secondo per curare tutte le ferite?
"Per secondo potrei dirti che hai salvato una vita! Con il ricavato di quella festa hai salvato la vita di Cecilia, lo sai? In due giorni l'hanno trasferita e lo specialista l'ha operata! Simone ha detto che quando si è svegliata ha parlato e lo sai qual è stata la prima parola che ha detto?"
"Non ne ho idea." rispondo.
"Ha chiamato te" mi dice lui.
"Ma per una bambina così piccola non è un po' difficile da pronunciare?"
"Che intendi?"
"Il mio nome... Insomma... Francesca! Elaborato, no?"
"Infatti ti ha dato un soprannome, non ha detto proprio Francesca!" mi spiega Daniel.
"Ha detto Checca?" chiedo timida.
"Esatto! Ha detto proprio Checca e non immagini che bella sensazione ho provato quando Simone mi ha chiamato e mi ha fatto parlare con la bambina!"
"Santo cielo... io... io non ci posso credere!"
"Visto? Il suo cuore ci vede benissimo! Lei ha passato il test, signorina Francesca!"
"No! Ti prego, non esprimere il soggetto in modo diverso, mi sento in imbarazzo..."
"Come in imbarazzo?"
"Niente, è che quando qualcuno mi dà del lei io mi vergogno. E poi con questa benda mi sento una specie di Corsaro Nero."
"A questo posso rimediare anche subito" mi dice lui sorridendo.
Lo sento prendere qualcosa da una tasca e dopo qualche secondo mi prende la mano e la porta al suo occhio destro che è... bendato?
"Che hai fatto? Perché ti sei bendato l'occhio?"
"Adesso siamo uguali. E ora io vorrei chiudere anche l'altro."
"Che vuoi fare? Non capisco."
"Questa volta mi porterai tu."
"Non stai scherzando, vero?"
"No! Tieni" mi dice per poi passarmi di nuovo la mia guida. "Cortile andata e ritorno, poi però ti metti a letto altrimenti ti sgridano, va bene?"
"Grazie!" dico.
Lui si appoggia alla mia spalla ed io mi faccio strada con il fidato occhio a rotelle. Poggia la mano sulla mia e iniziamo a muoverci insieme usando la stessa guida per buona parte fatta di ferro.
Sento l'aria fresca del cortile battermi sul viso, e poi... no! Un altro giramento!
"Credo sia ora di rientrare" mi dice lui e sono felice di trovarmi tra le sue braccia, per non cadere e per stargli il più vicino possibile.
Rientriamo in camera mia esattamente come ne siamo usciti e quando lui mi aiuta a sdraiarmi dato che mi tremano le gambe io gli dico: "Perché non togli quella benda?"
"Perché non voglio lasciarti da sola, no?" mi risponde lui.
Inizio ad agitarmi, ma non perché sono nervosa. Lui mi sta tenendo per mano e credo si sia preoccupato per il fatto che mi sto muovendo tanto.
"Che cos'hai, Francesca?"
"Ho... ho molto caldo" rispondo in un sussurro.
Lo sento avvicinarsi e dopo alcuni secondi sento la sua mano sfiorarmi la fronte, come il giorno in cui ci siamo baciati per la prima volta. Se solo ci penso vengo assalita da dei piacevolissimi brividi.
"Lo credo bene, tesoro mio" dice, "cavolo, sei caldissima!"
"Forse... forse sarà la febbre tipica del post-operazione, o qualcosa... di questo tipo."
"Povera piccola! Vedrai che ti passerà tutto!" mi dice.
"Posso chiederti un favore?"
"Dimmi tutto."
"Puoi tenermi la mano? Anche solo per qualche secondo!" dico.
Prende la mia mano tra le sue.
"Tutta la tua pelle scotta" mi dice. "Sicura che sia soltanto l'effetto dell'anestesia?"
"Credo di sì... Creno sia solo questo... anzi, l-lo... spero!"
Lui mi lascia un bacio sulla fronte ed io sorrido timidamente al suo gesto. Mi fa sentire bene.
"Sei molto bella." mi dice.
"E tu sei molto dolce!" vorrei dirgli, e invece resto lì, in silenzio, con un sorriso che m'illumina il viso, ma senza alcuna parola che mi venga fuori dalle labbra.
Inizia a tracciare dei ghirigori sulla mia pelle e mi dice: "Hai superato il primo ostacolo e anche se il prezzo da pagare sarà la febbre potrai tentare di resistere. O forse sbaglio?"
"No, per niente! Non ti sbagli affatto!"
"Stai ancora pensando al fatto che non mi puoi vedere?"
"Forse... non lo so... vorrei vederti, perché con me tu sei... davvero dolce!"
"Se mi vedessi non so come finirebbe, sai?"
"Ti ho toccato il viso, so come sei, e mi piace molto... E poi dato che sei un angelo, che sei buono... per me sei come... non lo so, come..."
"Solo quando ne ho voglia" dice scoppiando in una risata.
"Ma no! Se non fosse così come avresti potuto avvicinarti... a una come me..."
"Ma la vuoi smettere di buttarti l'autostima sottoterra? Sei un giudice tremendo con te stessa, tesoro!"
"È la verità... io..." sussurro per poi sentire la sua mano fare pressione sulla mia bocca.
"Non continuare a maltrattarti, piccola!" dice.
"I-io..."
"Ehi! Basta!" mi dice semplicemente. Sono due parole che in genere si usano per rimproverare, ma il suo tono non esprime niente di tutto questo.
È questo di cui ho bisogno. Di consigli, di carezze, di abbracci. Ho bisogno che qualcuno mi dica che posso farcela, che sono brava, che non sono affatto un'incapace come mi giudico.
Ho bisogno di qualcuno che mi dia consigli senza urlarmi contro, davvero!
Lui mi sta dando tutto questo e anche di più. Non so davvero come ringraziarlo! Forse non basterà una vita per farlo, ma ci metterò tutto il mio cuore, tutta me stessa!
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