Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

140: Viaggio, incontri, sorprese ed operazioni

Francesca's Pov
È mattina presto ed io sono nervosa, maledettamente nervosa. Sono le cinque ed io non riesco più a stare in casa. Mi sento soffocare, accidenti!
Vado a ficcarmi sotto la doccia e mi sfrego forte il corpo con acqua e sapone.
Esco dalla vasca, mi piego leggermente e prendo la crema.
Ormai lo faccio meccanicamente.
La sensazione che provo, però, è veramente molto piacevole.
Mi vesto con gli abiti per il viaggio, esco e vado a prendere il mio bastone.
A volte lo chiamo con il suo nome, altre con il nome che gli ho dato io.
Prendo il cellulare e la Barra Braille ed esco di casa.
Scrivo: "Bosco di Capo di Monte" e ci arrivo a piedi. Camminando mi distraggo un po' da quel senso di soffocamento.
Arrivo al bosco e, mettendo per terra il mio zaino, vado a sedermi sotto un albero.
Apro un libro su iBooks, il settore libri dell'iPhone, ed inizio a leggerlo. È così bello stare qui, ascoltando gli uccellini che cantano, il rumore del vento e il silenzio della natura che per un momento dimentico tutto.
Dimentico come mi chiamo, quanti anni ho, dimentico che ho una malattia e sto per prendere una nave, arrivare in Sicilia ed operarmi ad un occhio, chiedendomi se l'intervento potrà servire o meno a qualcosa.
Mentre sono assorta nei miei pensieri mi sento toccare la testa e sussulto. Sto per cacciare un urlo quando mi sento coprire la bocca.
"No, ti prego, non lo fare!" mi sento dire.
"M-ma come...?"
È Miguél! Ma che ci fa qui? E soprattutto: da quando in qua ha l'abitudine di toccarmi la testa come... come se fosse... insomma, perché lo fa? Perché?
"Ma non hai mai fatto così, Miguél!" gli dico. "Perché appari così all'improvviso?"
"Aspetta, a che cosa alludi?"
"Te l'ho detto: al tuo apparire di colpo e al fatto che mi hai messo una mano in testa!" gli spiego.
"Non lo so! Mi è venuto così!"
Lo sento sedersi accanto a me e ricordo la prima volta che siamo venuti qui insieme.
"Vedo che sei cambiata un bel po', Francesca" mi dice.
"Macché! Sono sempre la stessa e lo sai!"
"Ti muovi da sola per la città, sei riuscita a sconfiggere la tua timidezza... e per finire sei innamorata!"
Arrossisco violentemente e volto la faccia.
"Prima di tutto mi vengono ancora attacchi di panico quando sono in posti nuovi da sola, e puntualmente mi arrabbio con mia madre quando mi ci manda per la prima volta! Per quanto riguarda la timidezza non l'ho superata, semplicemente ci convivo! Però è vero che..."
"È vero che...? Su, continua!"
"Accidenti, sei proprio curioso! Potrebbero darti il Premio Nobel per la persona più curiosa che esista sulla Terra!" esclamo convinta.
Lo dico in questo modo anche per evitare di arrossire davanti a Miguél. Non mi manca altro! Dico sul serio.
"Va bene, va bene! Ti lascio in pace, chiquita!"
Chiquita? E va bene, sono a posto, allora!
"Ehi! Sii forte, piccola!"
Sorrido timidamente e mi avvicino a lui.
"Me lo concedi un abbraccio, vero?" chiedo.
"Ovvio! Vieni qui!" mi dice per poi stringermi forte tra le sue braccia. Mi abbraccia posando la testa sulla mia spalla e anch'io appoggio il mento sulla sua.
Una lacrima mi solca il profilo della guancia sinistra e lui gira leggermente il viso verso il mio e cattura quella lacrima tra le labbra.
"Ehi! Che c'è? Perché piangi, piccola?"
"È che ho paura che l'operazione non riesca... di dovermi togliere l'unico occhio che ho... io..."
"Ehi, ehi, non iniziare! No empiezes!"
Prendo un respiro profondo e finalmente mi calmo.
"Grazie!"
"Di nulla, chiquita. No te puedo... ehm... non ti posso salutare più tardi di adesso, non potrò venire al porto, però... il mio augurio te lo farò ora, okay?"
"Dimmi."
"Que te vaya bien, chiquita!"
Ci alziamo da terra entrambi e Miguél si china a raccogliere il mio "fedele" occhio a rotelle per poi mettermelo tra le mani. Mi raddrizzo e dopo averlo ringraziato e salutato decido di prendere la strada per il ritorno. Sono stata qui a sufficienza. Mi faccio strada come ormai sono abituata da poco più di un anno.
Sto per aprire il portone quando noto i miei che l'hanno aperto prima di me e mi affiancano.
"Amore! Giusto in tempo!" dice mia madre. "Ora andiamo, altrimenti non faremo in tempo a... ad arrivare al porto!"
Chissà perché ha avuto quell'istante di esitazione?
Aspetto che i miei mi passino davanti per poi seguirli fino alla macchina. Arriviamo al porto. Mio padre sta per farmi scendere, ma mia madre dice: "Lascia che vada da sola, Fausto... Chissà che non trovi una bella sorpresa?"
Scendo dall'auto e inizio a camminare per il porto. Credo di essermi persa quando mi sento prendere per la vita e stringere in un caloroso abbraccio.
"Stai andando dalla parte sbagliata, Francesca. La zona in cui dovresti trovarti prima della partenza è di qua." E, detto questo, Daniel mi fa voltare e tenendomi le mani sulle spalle mi guida verso uno spazio del porto che a quanto pare si trova vicino al molo al quale attraccherà la nave che mi porterà in Sicilia.
"Potresti prendermi le mani?" chiedo.
"Sì, certo! Ma perché?" chiede lui di rimando.
"Perché mi sento più sicura quando lo fai."
"E dimmi: di cosa hai paura?"
"Ho paura che l'intervento non risolva il problema, che mi tocchi fare qualcosa di estremo, che..."
"Non dire queste cose, dai! Non è mica detto che debba per forza andarti male. E poi se non sei tu per prima a pensare positivo è difficile che qualcuno possa trasmettertelo."
No, lui è veramente unico!
È molto gentile e molto saggio, riesce a dirti le cose senza urtarti... non t'impone niente, riesce a darti consigli senza farli passare per prediche o costrizioni... è semplicemente incredibile!
"Ti prometto che ci proverò!"
"No, piccola, è assurdo che tu lo prometta a me perché non sono io che sto andando ad operarmi, ma tu. Se vuoi promettermelo per farti forza va bene, ma soprattutto promettilo a te stessa... okay?"
"Me ne ricorderò" dico.
Mi stringe forte e fa congiungere le nostre labbra... il nostro non è un addio, bensì un arrivederci!
"Grazie di tutto! Grazie!"
"Quante volte dovrò ancora ripeterti che non è necessario che tu lo dica, piccola Francesca?"
E detto questo mi fa spostare un po' all'indietro e, lasciandomi i fianchi, mi posa entrambe le mani sulla testa come è nel suo stile.
"Ci vediamo presto" mi dice.
La verità è che ci credo, perché lui ha sempre mantenuto la parola data.
Sto per voltarmi e andare via, ma mi sento trattenere per un polso.
"No gioia, ti prego, aspetta!"
Gioia! Quant'è bello! GIOIA!
Sì! Come tutti i soprannomi che ti dà lui, o sbaglio?
Eclissati!
Uffaaa!
Sono talmente assorta nei miei pensieri da non accorgermi del fatto che ci sono molte persone intorno a noi.
Sento delle voci che conosco e dei battiti di mani.
"Ascoltala... questa è tutta per te!" mi dice a bassa voce il mio angelo, che è alle mie spalle e ha di nuovo il viso contro il mio.
"Vorrei essere il raggio di Sole che ogni giorno ti viene a svegliare, per farti respirare e farti vivere di me. Vorrei essere la prima stella che ogni sera vedi brillare, perché così i tuoi occhi sanno che ti guardo e che sono sempre con te. Vorrei essere lo specchio che ti parla e che a ogni tua domanda ti risponda che al mondo tu sei sempre la più bella..."
Forse sembrerà strana la frase sulla stella, perché io le stelle non le vedo... ma sento il calore del Sole e la sera immagino tanti campanelli che tintinnano nel cielo, come il brillare delle stelle, e questo mi basta.
"Ragazzi!" dico andando a salutare il resto del gruppo della CSC.
"Come potevamo non venire?" mi dice Salvatore.
Mi abbraccia forte e mi bacia una guancia come per dire: "Se hai bisogno di qualcosa io ci sono sempre!"
Saluto ognuno dei membri di quel gruppo incredibile e lascio che loro mi ricambino con abbracci ed effusioni perché ora come ora ne ho un disperato bisogno. Sento che quei baci e quegli abbracci mi saranno di grande aiuto quando entrerò in sala operatoria.
"Francesca, è ora di andare." mi sento dire da mia madre.
"Ragazzi... grazie mille per tutto..." dico.
"Non dovresti dirlo, sai? È un piacere!" mi dice Alessandro. "Chi l'accompagna dai suoi?"
"No... ragazzi, vado da sola... sto per mettermi a piangere e non è proprio il caso di farlo" dico.
"Perché non è il caso?" mi chiede Davide.
"Perché so che quando arriverò in ospedale mi verrà voglia di piangere!"
"Va bene! Dai, ora vai e spacca tutto come sai fare solo tu!" mi dice Daniel.
"Va bene, lo farò" dico per poi voltarmi e andare, secondo quello che mi dice la memoria, verso i miei genitori.
Li raggiungo ed incontro anche Giorgio e Ginevra che, come già detto, partiranno con me. Saliamo insieme sulla nave e, dirigendoci verso l'interno, prendiamo posto mettendoci vicini. Dopo aver passato un po' di tempo a parlare del più e del meno tutti si addormentano... tutti tranne me.
Nella mia testa frulla sempre il solito pensiero. Sempre quelle parole affilate come rasoi, che mi riducono il cuore a brandelli e non mi fanno vivere tranquilla come vorrei e dovrei.
""Tu sei la ragazzina cieca con il glaucoma"?"
""Ma cosa se ne fa dell'occhio se neanche ci vede? In più è malato, meglio toglierlo, no"?"
""Dottore, quello è l'occhio protesico."
"Scusami, ma non è facile distinguerli"."
Mi agito sulla poltrona e piego la schiena fino a far scontrare la testa con le ginocchia. Una lacrima mi scende lungo la guancia, facendomi sentire la pelle in fiamme. Quella lacrima è seguita da un'altra, un'altra e poi un'altra ancora.
Le parole di quel dottore mi hanno fatto stare molto male e purtroppo non posso evitarlo.
Sento qualcuno alzarsi e venire verso di me. Due mani mi si posano ai lati del viso, spostando le mie che lo coprono.
Mi sento sfregare la pelle delle guance, per asciugare le lacrime, e subito dopo mi sento prendere la mano.
"Vuoi uscire?" mi chiede la mia migliore amica.
"S-sì... Ginevra..." le rispondo con voce tremante.
Lei mi passa il mio occhio a rotelle e mi dice: "Vieni... andiamo a prendere una boccata d'aria!"
Saliamo una rampa di scale e ci troviamo sul ponte della nave. Fa un po' freddo qui, a dire il vero, ma il vento riesce a rassicurarmi.
"Ti va di dirmi cos'è successo? Perché stavi piangendo?" mi chiede Ginevra.
"Stavo piangendo per l'operazione..."
Ginevra mi si avvicina e mi circonda le spalle con le braccia dato che ho le mani occupate.
"Ehi! Dai, non prenderla così, Francy! L'ha detto anche Daniel che dovresti pensare positivo... per avere più possibilità che le cose vadano meglio o qualcosa del genere, non so!"
"Lo so... ma le parole di quel medico mi tormentano e non so più che cosa fare, davvero!"
"Però così ti stai facendo solo del male, e questo è peggio del male fisico perché viene da dentro!" mi dice dolcemente.
Vorrei tanto che tutte le persone che conosco mi parlassero così, con dolcezza... come Ginevra e Daniel. Loro sanno cosa dirmi, come parlarmi... come consigliarmi...
"Per favore Francy, non fare così, pensa a cose belle... pensa che tutto finirà bene..."
Mi prende delicatamente il polso sinistro, poi mi fa fare qualche passo indietro e mi fa mettere seduta.
Si siede accanto a me sui gradini del ponte e Ginevra traccia dei ghirigori sul dorso della mia mano sinistra.
"Grazie" le dico quando finalmente riesco a calmarmi. "Sei una vera amica!"
"Stai meglio?" mi chiede lei.
"Molto, grazie" rispondo.
"Posso fare una cosa?" chiede.
"Va bene." le rispondo con un sorriso.
La sento alzarsi e lei mi si mette di fronte ed inizia ad accarezzarmi i capelli.
"Allora? Come ti senti?" mi chiede ancora.
Visto il gesto che sta facendo le rispondo semplicemente: "In Paradiso."
"Va bene, allora ce l'ho fatta! Possiamo tornare dentro. Vero Sister?"
"Sì." rispondo.
Torniamo nella sala e ci sediamo ai posti di prima. Poco dopo si risvegliano anche gli altri.
La simpatia di Giorgio mi fa dimenticare ogni cosa per tutta la durata del viaggio.
Arriviamo in ospedale ed io e mia madre andiamo a sistemarci. Io sono in stanza con una ragazza che purtroppo ha un tumore al cervello. Lei, però, mi ha spiegato che è un tumore benigno e che anche lei, come me, domani si opererà.
"Vedi, per colpa del tumore ho perso la vista" mi spiega. "Dove sei?"
"Davanti a te."
"Dammi le mani" mi dice Emma.
Cerco le sue mani e quando le trovo lei mi fa toccare la sua testa... liscia!
"La verità è che non l'ho mai accettato. Non volevo" mi dice lei. "Non ho mai voluto nulla di quello che potevo usare..."
Mi prende per mano, mi porta verso quello che credo sia un comodino e mi fa aprire un cassetto. Scavo nel cassetto e trovo un bastone come il mio, ma nuovo di zecca.
"Non l'hai mai toccato?" chiedo con esitazione.
"Mai! E non ho intenzione di farlo, sul serio!" precisa.
"Anch'io facevo così fino a qualche tempo fa e ti confesso che non so se fosse peggio prima o adesso."
"Che intendi?"
"Intendo che con le discussioni che a volte ho con i miei genitori è difficile da dire se fosse peggio prima o adesso."
"Come hai fatto a capire che io discuto spesso con i miei per questo?"
"Te l'ho detto: ne so qualcosa! Comunque se cambi idea me lo dici e ti do una mano... nel mio piccolo, certo, perché non è che so chissà cosa..."
"Sei la prima persona che conosco che mette il se in una frase del genere!"
"Perché so cosa significa quando qualcuno t'impone di fare qualcosa, e anche se non lo faccio apposta quando mi capita io, anche riflettendoci... faccio l'esatto contrario!"
Emma scoppia a ridere. "Quindi sei una ribelle o cosa, Francesca?"
"Non esattamente." le rispondo. "Più che altro sono un riccio... sì, un riccio, perché più qualcuno mi dice di scattare più io mi chiudo in me stessa, come un riccio! Poi ci sono persone che sanno bene come prendermi!"
"Di chi parli?"
"Beh... della mia migliore amica e di un ragazzo che ha imparato a conoscermi fin da subito. È uno dei pochi che dice: "Devi" per le piccole cose e: "Pensaci sopra" per quelle più importanti, però non lo fa per superficialità o per accontentare i "ribelli"... lui lo fa perché sa che per le grandi cose l'approccio troppo diretto è da definire controproducente... insomma, lui sa che certe cose non si fanno o dicono a cuor leggero!"
"E chi è questo santo?" mi chiede Emma.
"In effetti non hai torto: è un santo... perché per sopportare me ce ne vuole!"
"Ma che esagerata! Tu, insopportabile?"
""Mi stai prendendo in giro, Francesca Bernardi, eh?"
"N-no, perché?"
"Tu saresti... insopportabile"?"
"Ehi! Terra chiama Francy!"
"Oh, sì, scusa. Stavo... stavo pensando a..."
"Mi farai conoscere questo santo?" chiede.
"Certo, ma dovremmo scambiarci i numeri per restare in contatto... no?"
"Ma io non so usare il cellulare con la voce-guida!"
"E... e se facessi un tentativo?" le chiedo.
"Non so da che parte iniziare!"
"Va bene, ci penso io!" dico, poi mi alzo e, camminando con le mani avanti, cerco il cellulare e lo riconosco perché è senza Cover.
Salvo il mio numero sul suo cellulare, ma prima le chiedo: "Come vuoi che mi salvi?"
"Metti Checca" risponde lei.
"Ecco fatto! Posso darti un consiglio? Magari se provi a smanettare un po' ti verrà più voglia di scoprire, di conoscere... e troverai quell'energia positiva che ti occorre! Mi prometti che ci penserai sopra?"
La sento battersi nervosamente le mani sulle ginocchia e vado verso di lei.
"Ehi, se non vuoi non lo devi fare per forza" dico fermando i suoi movimenti.
"Grazie" mi dice lei.
"Figurati! Ti serve qualcosa?"
"Vorrei prendere qualcosa al bar dell'ospedale... ma non so come arrivarci!"
"Vuoi venirci con me?" chiedo.
"Come, scusa?"
"Vuoi venire al bar con me? Magari potrai scegliere quello che vuoi, e poi ti confesso che la prima volta che mi muovo in un posto che non conosco preferisco non essere da sola!"
"Ma io come posso aiutarti?"
"Sei comunque una presenza! A me basta questo!" spiego.
"Va bene allora."
Prendo il mio occhio a rotelle e mi avvicino ad Emma.
"Ti faccio vedere come funziona, okay?"
"Ma io non ci vedo..."
"Tu fidati di me! D'accordo?"
"Va bene."
La prendo a braccetto ed usciamo dalla stanza. Non corro, primo: perché non voglio, secondo: perché rischio di disorientarmi e di disorientare anche lei. Cerco di orientarmi, ma quel vociare continuo mi crea un po' di problemi. Poi mi concentro sul calore. C'è un punto da cui proviene molto calore, un tipico dei bar, e avvicinandomi sento il rumore delle tazze che vengono prese e sfregate le une contro le altre.
"Come hai fatto a..." mi chiede lei, sorpresa.
"Così" rispondo facendole toccare prima le mie guance e poi un orecchio.
"Me lo insegni, Francesca?" mi chiede.
"Oddio, non so se sono brava ad insegnare... e poi... se vuoi camminare da sola credo sia un po' difficile farlo senza..."
"Ah... capisco. Peccato" dice.
"Se ci provassi potresti farlo" sento dire ad una voce femminile alle nostre spalle.
Cerco di capire se l'ho già sentita, ma non credo.
"Mia madre." mi sussurra Emma.
"Non hai notato come fa questa ragazza?" chiede la donna.
"Per favore, non le parli così!" tento di calmarla. "Forse lei non si sente pronta, non è il caso di costringerla. Per favore..."
"QUANTE VOLTE DOVRÒ RIPETERTI DI LASCIARMI IN PACE?" grida Emma.
"Emma, ti prego!" dico stringendole un po' il braccio. "Non prendertela con lei, non lo dice con cattiveria! Sta soltanto cercando di aiutarti. Ehi!"
"IO QUELL'AFFARE NON LO VOGLIO!" grida Emma per poi staccarsi da me.
"No! Emma, ti prego, fermati!"
Cerco di starle dietro, ma lei è molto veloce, anche se credo sbatta ovunque. A un certo punto sento un gran frastuono e capisco che è caduta giù dalle scale. Corro verso quella direzione e afferro il retro della sua maglietta tenendola ferma.
"Ti sei fatta male?" chiedo.
Lei non mi risponde. A quel punto allungo una mano verso il suo viso e lo tocco.
Ha le guance ricoperte di lacrime e la sua pelle brucia letteralmente.
"Ehi!" dico per poi abbracciarla da dietro. "Calmati Emma. Ti scongiuro!"
"Io non voglio restare al buio, non voglio restare così..."
"Tu puoi guarire, Emma!"
"Non è detto... forse quando mi opererò scoprirò che non è servito a niente!"
"Pensa positivo, Emma, altrimenti sarà scontato che ti andrà tutto storto! Se pensi positivo e ti fai coraggio puoi avere qualche speranza in più di tornare a vedere i colori..."
Lei mi si volta tra le braccia, poi circonda il mio corpo con le sue e mi stringe fortissimo a sé.
"Grazie" mi dice dopo essersi calmata.
"Di niente. Se hai bisogno di qualcosa io ci sono... sempre."
"Vuoi rientrare?"
La sento annuire contro il mio petto, l'aiuto ad alzarsi e torniamo dentro.
Daniel's Pov
Anche io, come Francy, ho un lavoro al un bar, ma non è proprio quello che fa lei. O meglio: è solo la prima parte di quello che fa lei.
La padrona del bar conosce la mia ragazza, forse perché l'ha vista alla festa, e prova una grande ammirazione per lei. Quando le ho detto dell'operazione di Francesca, infatti, mi ha detto: "Perché non vai a trovarla domani? Senza dirle nulla... falle una sorpresa..."
Ora che ci penso lei dice che le piacciono le sorprese. Magari avverto sua madre, tanto so che lei manterrà il segreto. Per fortuna ho appena finito il lavoro, per cui ne approfitto e vado al porto a procurarmi un biglietto per la prossima nave. Intanto cerco il numero di Angelica e la chiamo.
"Ehi Angelica! Come va?"
"Abbastanza bene, direi! A te?"
"Anche a me, ma ti ho chiamata perché... Avrei bisogno di un grande favore!"
"Sarebbe a dire?"
"Beh, vorrei sapere in che ospedale vi trovate."
"Perché, che vuoi fare?"
"Vorrei raggiungervi..."
"Ah, capisco."
"Però ti prego, non dire niente a Francy! Vorrei farle una sorpresa!"
"Va bene, non le dirò niente!"
Mi dà l'indirizzo dell'ospedale ed io la saluto augurandole di passare bene la notte e chiudo la chiamata.
Proprio davanti a me ci sono una donna e una ragazza, entrambe con i capelli lunghi e castani. Vado verso di loro per capire se le conosco e riesco ad identificarne una: la ragazza.
"Matilde!" dico per attirare la sua attenzione.
"Ehi, ciao Daniel!"
"Dove state andando?"
"A fare un biglietto per la Sicilia."
"Quindi andate da Francesca?"
"Sì, andiamo da lei! E tu?"
"Guardacaso sto percorrendo la vostra stessa strada! Magari potremmo andarci insieme, poi magari m'informo con uno dei ragazzi della Sicilia per trovare un alloggio per la notte!"
"Capiti a proposito, allora! Credo ci convenga sbrigarci perché se ci vede mia sorella inizierà ad agitarsi.  Per la sua età non la fanno ancora entrare."
Dopo questa veloce conversazione ci dirigiamo verso la biglietteria e una volta fatto tutto c'imbarchiamo. Destinazione Paradiso? Beh... più o meno, anche se la prima sillaba coincide con la città nella quale arriveremo.
Francesca's Pov
È notte inoltrata. Mia madre, la madre di Emma e la stessa Emma dovrebbero essersi addormentate. Io, invece, non faccio che voltarmi e rivoltarmi nel letto, neanche fossi un'anguilla.
Spero solo di non dare fastidio a mia madre in questo modo, perché lei è sfinita e merita di riposare un po'.
Mio padre è ospite in casa di Giorgio insieme a Ginevra, in più solo mia madre può restare qui.
Scendo con cautela dal letto, infilo un paio di scarpe ed una vestaglia e apro il cassetto del comodino alla mia sinistra. Inizio a tastare per prendere il mio sacchetto e quando lo trovo tiro fuori da esso il fidato occhio a rotelle e dopo averlo aperto mi metto il sacchetto sulle spalle.
Vado fino alla porta della stanza senza quel supporto, sono pochi passi che neanche conto perché percepisco la porta davanti a me. Allungo la mano verso la maniglia e la tiro verso il basso per aprire la porta, ma essa  muovendosi, provoca un cigolio alquanto fastidioso che mi fa trasalire.
"Dove stai andando a quest'ora?" mi chiede Emma.
"Stavo andando in cortile, sono un po' nervosa per l'operazione e volevo prendere una boccata d'aria."
Poi mi volto nella sua direzione: "Scusami, non avevo intenzione di svegliarti."
"Ma non mi hai mica svegliata!"
"Ah... anche tu sei nervosa per l'operazione?"
"Sì... anch'io. Senti, potrei venire con te?"
"Per me non ci sono problemi... ma come la mettiamo con tua madre?" chiedo.
"Stai tranquilla, a lei fa piacere che io esca! Ah... aspetta!"
"Che cosa c'è?"
"Vorrei provare a fare una cosa." dice. La sento aprire un cassetto, credo quello del comodino che si trova dalla parte opposta della stanza, quindi capisco cosa vuole fare.
"Aspetta, ti faccio vedere come fare." dico andando verso di lei. "Metti il piede destro in avanti e sposta la rotella a sinistra, poi fai lo stesso dall'altro lato. Fidati, quando ci hai preso la mano è facile!"
Le tengo la mano per qualche secondo, giusto il tempo di capire come procede, poi le chiedo: "Posso lasciarti andare da sola, vero?"
"Sì... credo di essere pronta!"
"Tranquilla, ti resto accanto!"
"Ma tu perché hai scelto quello?" chiede.
"Perché sono terrorizzata dai cani, in più in Italia non ce li affidano se non sappiamo prima come usare questo" dico sbattendo leggermente la rotella a terra, "e prima dei diciotto anni non avrei potuto averlo. Non è poi così male... escludendo il fatto che mi sento osservata. Ma del resto è normale che sia così... O no?"
Non mi arriva alcuna risposta.
"Forse a te non piace essere osservata" dico.
Lei continua a rimanere in silenzio. Siamo in cortile da almeno cinque minuti e lei continua a non rivolgermi la parola.
"Vuoi rientrare?" chiedo.
"Sì. Credo sia meglio..."
"Scusami... non volevo ferirti, non lo volevo!"
"No, non mi hai affatto ferita! Scusami tu per non aver detto nulla quando mi parlavi... è che ero sovrappensiero."
"Ah... va bene. Sei agitata per domani?"
"Beh, sì... e anche tanto!"
"Sono più che sicura che andrà bene!" le dico.
L'attiro a me e l'abbraccio fortissimo.
Torniamo entrambe nella nostra stanza, lei ripone la sua "guida" nel cassetto ed io avvolgo per bene la mia e faccio altrettanto. Finalmente riesco a tranquillizzarmi e mi addormento...
"Amore, svegliati!" Mi sento chiamare e scuotere per un braccio, ma con delicatezza. "Hai un po' di tempo per cambiarti, ma ti faranno operare per prima!"
Mi suona strano data la malattia di Emma, ma non chiedo altro e vado a vestirmi.
Qui il bagno è un po' più grande e ci sono appoggi per gli oggetti, quindi faccio da sola.
Sento un rumore di ruote e capisco che si tratta della barella che mi porterà in sala operatoria. Il grande momento è sempre più vicino. Okay Francesca, ora mantieni la calma altrimenti dovranno usare l'anestetico per gli elefanti e dopo ti sentirai più frastornata che mai. Andrà tutto bene.
"Ehi signorina, è ora di andare!" mi dice l'uomo che trasporta la barella.
Mi avvicino, sfioro i contorni di quella barella e mi ci distendo.
Inizio a tremare. Non so se ho più freddo o paura e la cosa mi angoscia.
"Che c'è, amore? Che ti succede?" mi chiede la mamma che mi sta accompagnando verso il mio destino e che saluterò tra poco tempo, qui, fuori dalla sala operatoria.
"Non so se ho più freddo o paura." ammetto.
"Allunga la mano sinistra." mi dice lei.
Tendo la mano e sento qualcuno afferrarla. Non riesco a concentrarmi per capire di chi si tratta, ma il dettaglio che mi colpisce è che quel contatto mi calma parecchio.
"Andrà tutto bene" mi sento dire da chi mi sta tenendo la mano. Il tono che ha usato per dirlo è minimo, in modo che possa sentirlo solo io, e mi è chiaro soltanto un dettaglio: si tratta di un uomo... eppure è così familiare!
Mi sento lasciare la mano e vengo trasportata dentro.
"Ciao Francesca!" mi saluta il luminare che mi opererà.
"Salve" ricambio timidamente.
"Ehi! Stai tranquilla, l'unica cosa che devi fare è rilassarti e respirare profondamente, va bene?"
"Va bene."
Sento qualcosa davanti al viso, qualcosa che non posso toccare, e mi sembra di sentire anche il rumore di un palloncino che viene gonfiato, ma non ho il tempo di chiedere nulla a riguardo dato che crollo addormentata...
Angelica's Pov
Sono in sala d'attesa insieme a Giorgio, Ginevra, mia sorella Luisa, Matilde, Michela e Daniel. Fausto non è ancora arrivato, ma so che sta per raggiungerci.
Continuo a torturarmi le mani dal nervoso. La mia piccola in una sala operatoria!
Santo cielo, se solo ci penso mi assale il panico.
"Angelica! Ehi! Hai bisogno di qualcosa?" mi chiede di punto in bianco Daniel.
"Avrei soltanto bisogno di un abbraccio" rispondo.
"E meno male che quella che non parla è Francesca! Tanto per sapere, quand'è che avevi intenzione di dirmelo?" mi chiede per poi stringermi in un abbraccio.
"E chi ce l'ha la forza di parlare?" chiedo di rimando.
"Perché non fai i segnali di fumo?" propone Michela.
"Magari la prossima volta!"
"No zia, dai! Povera Checca! Quante volte vuoi farla operare?" chiede Matilde.
"Per carità, una basta e avanza!" rispondo.
Guardo Giorgio che cerca di calmare Ginevra. Quella ragazza è dolcissima, ha legato subito con la mia bambina, ha visto subito oltre i suoi occhi incapaci da sempre di vedere il mondo.
Sono talmente assorta nei miei pensieri che mia sorella è costretta a scuotermi forte per un braccio e urlarmi: "ANGELICA, È ARRIVATA UNA BARELLA!"
Mi alzo dalla scomodissima sedia di plastica e seguo il gruppetto al quale si è appena aggiunto anche mio marito. Andiamo tutti verso la barella e lì c'è Francesca, che agita le braccia cercando di tirarsi via dall'occhio un arnese di plastica che copre una benda.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro