134: Angeli senza ali
Simone's Pov
Dopo qualche minuto di lacrime riesco a calmarmi ed Alice mi alza il viso e mi guarda per assicurarsi che mi senta meglio.
"Simone, stai meglio?" chiede.
Ecco, proprio come pensavo!
"Sì Ali... grazie." rispondo.
"Vuoi entrare?"
"Sì... Ovvio!"
Ci dirigiamo verso l'ospedale e quando vedo che sulla porta ci sono già tutti abbasso lo sguardo per non far notare che ho pianto. Credo che soltanto una persona potrebbe accorgersene in ogni caso. E, ironia della sorte, eccola lì. Si dirige verso di noi stringendo nel pugno il suo bastone bianco e ha un sorriso enorme. Non sembra che sia rinchiusa da due giorni tra le mura di un ospedale.
"Ehi!" ci saluta, poi io mi dirigo verso di lei, le tolgo di mano il bastone e l'abbraccio.
"Simone... v-va tutto bene?" mi chiede Francesca.
"Sì, sto bene."
Certo, come no!
Lei alza una mano e la sento sfiorarmi il viso con due dita. Spazza via quel poco che resta delle mie lacrime e mi dice: "Quando vuoi io ci sono, puoi parlarne."
Annuisco contro il suo petto, giusto per darle una risposta senza dover parlare.
"Ho bisogno di due risposte" le dico.
"Quali?" chiede tranquilla.
E pensare che quando è arrivata al villaggio in cui lavoravo l'anno scorso era così timida! Adesso non si vergogna troppo di noi e mi fa piacere.
"Primo: come hai capito che ho pianto? Secondo: come fai a pensare agli altri anche quando quella in ospedale sei tu?"
"Beh... Per la prima perché ti tremavano un po' le mani e la voce quando mi hai abbracciata e mi hai risposto... e poi... per l'altra non so."
Subito dopo aver pronunciato quelle parole lei arrossisce. Con i complimenti lei è rimasta sempre uguale, arrossisce appena qualcuno gliene fa uno... soprattutto se non è una persona qualsiasi.
"Francy, vorrei farti conoscere una persona" le dico di punto in bianco.
Faccio segno anche agli altri di seguirci e porto Francesca nella stanza d'ospedale di mia sorella. So che è stata trasferita qui ieri.
Entriamo nella stanza della mia sorellina ed io mi avvicino al letto e le prendo una mano.
"Cecilia!" la chiamo abbracciandola.
Ha poco meno di un anno ed è uno scricciolo.
Francesca's Pov
"Cecilia!" sento dire a Simone. Credo si stia rivolgendo ad una bambina che mi è stato detto che è qui perché lei gli risponde con una risata.
"Ehi sorellina, vorrei farti conoscere una ragazza molto speciale!" continua Simone per poi alzarsi e venire verso di me, credo con la bambina in braccio. "Lei è Francesca! La vuoi salutare?"
Sento la mano minuscola della bambina afferrarmi un dito e mi viene spontaneo sorridere.
"Ciao Cecilia" la saluto prendendo quella mano tra le mie e cercando di non farle male. Quando tocco un bambino ho sempre paura che si faccia male.
"Se vuoi te la faccio tenere." mi dice Simone.
"Vorrei, ma ho paura che si agiti e finisca a terra" provo a scusarmi.
"Vieni, siediti sul letto" mi dice Daniel per poi prendermi una mano e condurmi verso il letto. "Se vuoi prenderla fallo, ci siamo noi qui vicino."
Simone mi mette Cecilia tra le braccia e sento le mani del mio angelo posarsi sulle mie spalle come se volesse dirmi: "Sono qui, per qualunque cosa ti aiuto io."
Mi piace tenere tra le braccia i bambini. Sono le creature più piccole e innocenti della nostra specie e mi trasmettono una pace che in pochi riescono a trasmettermi in un modo simile.
L'unico problema è che ho paura di far loro del male, infatti la mia presa è delicata e temo sempre che cadano.
"Sai che la mia sorellina sa disegnare molto bene?" mi chiede Simone.
"Wow! Davvero? E vuoi farmi vedere come fai, Cecilia?" chiedo sottovoce alla bambina.
La sento staccare la testa dal mio petto e capisco che ha annuito.
"Lei non sa ancora parlare."
"Tranquillo Simone, ho capito che quel movimento in avanti era un sì e mi basta." lo tranquillizzo.
Sento Simone posare qualcosa sulle ginocchia della bambina e lei mi prende la mano destra con la sua per farmi capire che sta disegnando.
"Cos'è, un Sole?" chiedo.
La sento annuire di nuovo e sorrido fiera di aver capito.
"Le piace tanto il Sole." dice Simone. "Da quando è qui non la fanno uscire per vederlo e forse è per questo che lei lo disegna sempre."
"Oh, povera, mi dispiace! Però è ingegnosa!" dico sorridendo.
"Le sei simpatica Francy" mi dice Daniel.
"Che? Come fai a sapere che le piaccio se..."
"Questa bambina la conosco bene e quando non si sente a suo agio trema o scoppia a piangere. Con te sorride sempre, chissà perché?"
"Davvero ti sono simpatica?"
La bambina emette un verso che mi fa capire che non le sono antipatica e la cosa mi fa tanto piacere.
"Tesoro, è entrata la dottoressa" dice Simone.
Alla parola: "Dottoressa" Cecilia scoppia in lacrime e mi sento malissimo al pensiero che stia così.
"Che... che vuol dire questo?" chiedo.
"Vuol dire che ha paura di farsi visitare."
E detto questo sento il ragazzo di fronte a me avvicinarsi alla bambina e dirle a bassa voce: "Ehi tesoro, va tutto bene, non piangere."
Le nostre mani s'incrociano sul viso della bambina. A quanto pare abbiamo avuto la stessa idea.
"Proprio non vuoi asciugarti queste lacrime?"
La mia richiesta viene fuori quasi come una supplica e lei mi risponde con un: "Mmmm".
"Ti prego... lo fai per la tua Francy? Per favore..." dico.
Credo che il mio tono supplichevole l'abbia fatta ridere e la cosa mi solleva un bel po'.
Simone prende tra le braccia sua sorella ed io mi alzo per poi cercare qualcuno che mi prenda per mano.
"Piccola, tutto bene?" mi chiede Daniel.
"Beh... ecco... io... m-mi stavo chiedendo: perché una bambina così piccola dovrebbe già conoscere a fondo un posto triste come questo?" chiedo.
"Ecco... Francesca, non so se Simone... vuole o no che io te lo dica... ma tu meriti di saperlo. Vedi, Cecilia ha una malattia al cuore." risponde Alice posandomi una mano fresca su di una spalla.
"Cosa?" chiedo.
No! Non può essere! Ho sentito male, Cecilia è qui per un altro motivo!
Sento il corpo scombussolato e lo stomaco tutto sottosopra. Ho un attacco di nausea! Ma cosa mi succede?
Sento i ragazzi aiutarmi ad uscire dalla stanza e mentre corriamo per i corridoi riconosco la voce di una bambina che non vedo da quando ho lasciato il villaggio in cui ho conosciuto la CSC: quindi poco più di un anno: Lucrezia!
Riconosco anche altre persone tra cui Michela e Alex che, a quanto pare, sono venuti a trovarmi e mi vedranno così...
"Francy, che ti prende?" chiede Michela, ma io non ho la forza di risponderle.
"Non credo stia bene e non ce la faremo ad arrivare in camera sua. Michela, mi serve una busta, un secchio o qualcosa del genere." dice in fretta Daniel.
Mi prende il polso e arriviamo in cortile.
Michela mette una busta vicino al mio viso e mi dice: "Respira profondamente, tesoro."
Ci provo, ma mi riesce difficile.
"Piccola, ancora un po'." mi dice Daniel.
Riprovo, poi entrambi mi danno una specie di ritmo per aiutarmi a respirare meglio.
"Provaci di nuovo, Francy."
La voce di Michela mi arriva ovattata, ma la sento e allo schiocco delle sue dita inspiro profondamente.
"Così, brava... uno... due... tre... Espira!"
Mentre lei continua a parlarmi lui mi sostiene e mi dà a sua volta il ritmo, cosa che mi aiuta tanto.
Dopo due o tre cicli di questa specie di esercizio mi calmo.
"Va meglio?" mi chiede Daniel.
"Sì... va molto meglio, grazie" rispondo per poi mettermi dritta. "Vi chiedo scusa..."
"Cioè, fammi capire... chiedi scusa quando ti senti male?" mi chiede Daniel.
"È un suo piccolo difetto" dice Michela. "Non vuole creare problemi e si scusa un po' troppo spesso... Non è vero, Francy?"
A quella domanda retorica non so che cosa rispondere, quindi mi copro il viso con le mani.
"Difetto o no è adorabile" dice Daniel. "Ehi, dovresti vergognarti di rubare, cosa che non fai, e non di chiedere spesso scusa..."
Sorrido timidamente a quell'uscita e sono sempre più sorpresa dal suo modo di vedere le cose.
"Potrei farti una domanda?" mi azzardo a chiedere.
Lui capisce che la domanda è per lui e mi chiede: "Cosa vuoi sapere?"
"Lucrezia è ricoverata qui?"
"Sì, ma è in via di guarigione. Ricordi che le avevo promesso che ci saremmo rivisti presto?"
"Sì, me lo ricordo... il giorno... in cui siamo partiti!"
"E tu sai che io mantengo sempre le mie promesse, infatti sono in contatto con i suoi genitori, e quando posso le porto qualcuno dei miei colleghi (e amici) o se non posso ci vado da solo!"
"Che bello! Non è da molti mantenere una promessa e c'è chi le fa senza dare importanza alle parole che dice..."
"Sei stata tu ad insegnarmelo, piccola Francesca!"
"No, secondo me lo sapevi fare anche prima che arrivassi io..."
"Ti ricordi cos'è successo quando io per te ero il Ragazzo dei Miracoli?"
"Quale giorno intendi?"
"L'ultimo giorno!"
Porto una mano al cuore pensando al terzo e ultimo giorno in cui l'ho incontrato in quel villaggio in cui lavorava Stefano all'epoca.
""Devi già andare via?" gli chiesi con gli occhi pronti a scoppiare.
"Sì, però non essere triste... ti prometto che un giorno ci rivedremo! Non so come né quando, non so nemmeno se ci riconosceremo, ma so che un giorno o l'altro ci rivedremo"!"
"Me lo ricordo" dico quando mi risveglio dal flashback.
"E in effetti abbiamo aspettato sei anni prima di rivederci e ti confesso che non ti avevo riconosciuta. Non eri più la bambina con i ricci che le arrivavano fino a terra, quella bambina che si copriva ogni volta gli occhi. Per un po' ho creduto che potessi essere tu quella bambina, ma poi ho lasciato cadere quell'ipotesi. Però di viso non sei cambiata molto, sei sempre stupenda, e di carattere sei sempre la solita timida."
"Oh, beh... non so... è... è un bene o un male questo?" chiedo.
"È un perfetto" risponde lui. "E non intendo un verbo latino, Francesca!"
Quella frase mi fa ridere, ma poi m'incanto... il mio nome completo! Oddio, detto da lui suona... suona così bene!
"Piccola... se vuoi ti riporto in camera tua." mi dice lui con dolcezza.
"N-no, sto bene qui... grazie!"
"Va bene. Allora a dopo."
Mi lascia un bacio sulla guancia e prima di andare via aggiunge: "E non rattristarti troppo, capito?"
"Più chiaro di così?"
"Brava!" esclama ridendo.
Sorrido timidamente e lui si allontana ricambiando il sorriso.
Mi siedo sul muretto e lascio che il vento mi sfiori il viso.
Aspetto qualche minuto, poi mi alzo e vado via.
Per fortuna Daniel mi ha ridato il mio occhio a rotelle, altrimenti avrei avuto un po' di difficoltà a rientrare.
Rientro nella mia stanza e mi siedo sul letto.
Ripenso a quella bambina e inizio a cantare sottovoce una canzone che mi piace molto e che, guardacaso, è dei ragazzi che ho conosciuto un po' di tempo fa.
"Saben que los niños
son angeles sin alas
que nos manda el Cielo para ser mas buenos...
Son los que nos marcan
dónde está el camino,
dónde está lo bello de nuestro destino.
Cuando rie un niño
el Sol aparece,
y todo se aclara, el mundo florece.
Se enciende la vida,
se encuentra el camino..."
"Y nos damos cuenta que seguimos vivos."
Flor entra nella stanza e iniziamo a cantare insieme.
"Los niños no mueren...
solo van al Cielo...
se quedan en el alma
y se ponen alas
y vuelan muy cerca...
Los Niños no mueren...
se van por un tiempo...
Ajuntan estrellas y nacen de nuevo en otro pequeño..."
"Davvero conosci questa canzone?" chiede Flor fermandosi di punto in bianco.
"Ovvio! Io ascolto sempre le vostre canzoni e, dato che sono faccia a faccia con la cantante, ti dirò che sono stupende!" rispondo rivolgendole un sorriso enorme.
"Però! Sei davvero gentile, grazie!" dice Flor. "Ma... sai che è un po' triste questa canzone, vero?"
"Lo so. Il fatto è che ho conosciuto una bambina davvero dolcissima ed ho saputo che... ha una malattia. A-al cuore..."
Quando parlo di Cecilia la mia voce si spezza.
"Francy! Tesoro, sono qui!" dice Flor abbracciandomi.
"Mi dispiace da impazzire per quella bambina!"
"Lo so piccola, lo so!" mi dice lei. "Il fatto è che... Certe cose capitano!"
"A dei bambini non dovrebbero succedere! Cioè, neanche ai grandi, ma soprattutto ai bambini che hanno tutta una vita davanti..."
"Non è tutto perduto, tesoro! Cerchiamo di informarci sulle condizioni di questa bambina e vediamo cosa si può fare per essere d'aiuto."
"Cioè... se il problema fosse solo economico potremmo fare qualcosa per..."
"Certo! Tu prova ad informarti sulla malattia di questa bambina e poi mi farai sapere, in modo tale da poterci organizzare. Ci stai?"
"Ovvio!" rispondo e un sorriso si fa spazio sul mio viso.
Se le cose vanno come spero potrai vivere l'infanzia che meriti, Cecilia! Te lo prometto, farò di tutto per aiutarti!
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