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130: Ospedale, crisi e conforto

Francesca's Pov
Sono a casa, seduta nella vasca, mi godo il getto d'acqua tutt'altro che fredda sul corpo e continuo a pensare a quella meraviglia che ho visto prima. Lui mi ha fatto vedere, cosa che non credevo che qualcuno sarebbe riuscito a fare. Lui mi ha fatto vedere come mi aveva detto, perché per vedere non servono gli occhi.
Mi lavo il viso compiendo movimenti circolari e delicati su di esso, come se fosse lui a sfiorarmi. Sono talmente felice che per qualche minuto riesco a dimenticare che dentro di me c'è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere quando meno me lo aspetto.
"Grazie..." dico in un sussurro, anche se lui non c'è.
Esco dalla vasca, indosso l'accappatoio e mi asciugo velocemente, lasciando la pelle leggermente bagnata.
Mi vesto, vado in camera mia e mi getto sul mio letto come un sacco di patate.
Ricordo una frase del video che lui, Sal, Giuly e Simone hanno girato per me.
""Abbiamo ancora tanti momenti da vivere insieme, piccola. Tu lasciati portare che di guidarti mi occupo io"."
Voglio fidarmi.
Vkglio che lui sia il mio cicerone se è questo che vuole e che mi porti dove preferisce.
"Sembri raggiante!" mi dice mia madre.
Oddio, per un soffio! Raggiante e radiosa non sono molto distanti.
"Strano, vero?"
È strano perché io sto passando un momento particolare, tra non so quanti medici e ospedali, e con quelli non vado molto d'accordo.
È strano perché ho una malattia curabile solo con un'operazione e ho una paura tremenda degli effetti dell'anestesia, ma la paura di perdere l'occhio supera l'altra.
È strano perché nonostante non tutto vada per il miglior verso mi sento felice come non mai... ma forse dopotutto non è poi così strano.
Non è strano perché lui è quel tipo di persona che se vede che sei triste prima ti consola e poi ti fa anche ridere perché non lascia mai un "lavoro" a metà.
"Mica tanto..."
"No? Perché?"
"Perché tu fino a qualche tempo fa dicevi sempre che cercavi qualcuno che ti facesse ridere, e sembra che questo qualcuno sia..."
"Okay, okay, ho capito!" la fermo, timorosa della reazione che potrei avere se questo discorso dovesse andare avanti ancora a lungo.
Improvvisamente, però, sono costretta a portare di nuovo le mani alle tempie e a strofinarle così forte da farmi male sul serio.
"Amore, che ti succede?" chiede la mamma affiancandomi e mettendomi una mano su una spalla.
"M-mi scoppia la testa" riesco a balbettare in risposta mentre le lacrime di dolore spingono per venire fuori dal loro nascondiglio.
Sbatto più volte le palpebre per cercare di fermarle, poi decido che non me ne importa un fico secco di essere vista in lacrime e lascio che queste sfuggano al mio controllo già precario per conto suo.
"Adesso calmati tesoro, andiamo in ospedale" mi dice la mamma per poi prendermi una mano e aiutarmi a rimettermi in piedi.
Sia io che la mamma corriamo giù per le scale del palazzo per poi fiondarci in auto e lei parte a spron battuto verso l'ospedale. Oddio, per favore, fai che non finisca come l'ultima volta!
"Mamma, ti prego, non correre!" riesco a dire in un soffio, sentendo le auto che ci sfrecciano accanto.
Sono successe troppe cose alle persone che amo perché io possa permettere che ci rimetta anche la mia mamma che, ripeto, è la donna che più stimo al mondo.
Lei non sembra avermi sentita, con l'adrenalina a mille proprio come me, infatti andiamo a sbattere un paio di volte contro un muro, ma arriviamo in ospedale.
Scendiamo dall'auto e lei mi riprende la mano e mi conduce dentro.
"Ho bisogno di aiuto!" dice mia madre. "Mia figlia sta molto male!"
"Il primario è impegnato" dice la donna all'entrata.
"Non ME NE IMPORTA UN ACCIDENTE SE È IMPEGNATO O NO! MANDATEMI UN MEDICO ALL'ISTANTE!" grida la mamma in preda ad un attacco di rabbia.
Le stringo la mano cercando di calmarla, ma non sembra funzionare, almeno finché un uomo dalla voce familiare dice: "Si calmi. Me ne occupo io."
Il dottor De Martino ci porta in una stanza e mi fa sedere su di una poltrona in pelle.
"Appoggia la testa allo schienale, okay? Devo ripetere quella procedura dell'ultima volta, ricordi?"
Sono sfinita dal dolore, quindi lascio cadere la testa all'indietro e sento delle gocce che mi vengono messe nell'occhio. Non so se sia una questione psicologica, ma il dolore mi passa subito. Non lo sento più mentre quella macchinetta mi preme sull'occhio come al solito.
Sento anche le mani di una donna sul viso e lei mi dice il valore che ha raggiunto la pressione oculare.
Ed eccomi di nuovo ricoverata in ospedale, sfinita, distesa sul letto e con le mani sul viso ad asciugare quello che resta delle lacrime che ho versato finora.
"Amore, vuoi che torni a casa a prenderti qualcosa?" chiede gentilmente la mamma.
Annuisco per poi chiederle di recuperare il sacchetto della CSC con l'occhio a rotelle e la macchina da scrivere oltre a qualche cambio per i prossimi giorni.
"E... mamma..." dico, prima che lei raggiunga la porta.
"Dimmi tesoro."
Quella parola mi dà sollievo, come sempre da un po' di tempo a questa parte.
"Grazie."
"Ma non mi devi ringraziare, lo sai bene che ti voglio un bene dell'anima, no?"
"Appunto!" dico tranquilla.
Lei mi abbraccia e mi lascia un bacio tra il collo e la spalla... oddio, proprio in quel punto...
"Però non ti lascio da sola!"
"Cosa intendi?"
"Intendo far venire qui una persona che ti farà piacere vedere, tesoro!"
"E posso sapere chi è?"
"No! È un segreto!"
Si stacca da me e la sento digitare qualcosa sullo schermo del suo cellulare. Sono troppo curiosa, ma so benissimo che lei è molto determinata, proprio come me.
Mi ridistendo e lei mi si siede accanto. Sono talmente sfinita dal dolore di qualche minuto fa da lasciarmi trasportare senza troppi problemi nel mondo dei sogni.
Quando mi risveglio lei è ancora lì, ma è in proccinto di alzarsi, magari per lasciare il posto alla persona misteriosa che ha fatto venire qui per tenermi compagnia.
Non ci metto molto a capire chi è quando lo sento spostarmi la solita ciocca ribelle dalla fronte. Diciamo che quello è il suo pass perché nessuno fa questo gesto in modo tanto dolce e veloce nello stesso tempo. Dolcezza e velocità non vanno d'accordo, eppure lui, non so come, riesce a farle combaciare che è una meraviglia.
Lui tiene ferma quella massa di ricci per quel tanto che gli basta ad avvicinarsi per lasciarmi un bacio sulla fronte, il segno di dolcezza che sto amando come l'acqua fresca durante un giorno d'agosto.
Sono esagerata?
No, non direi, è solo che se la persona di cui si parla non viene conosciuta direttamente dall'interlocutore tutto può sembrare esagerato. Io, però, certi paragoni non li faccio gettati a caso, perché do molto peso alle parole... forse troppo, ma non m'importa perché almeno so cosa, dire e come e quando parlarne.
"Ciao..." dico in un sussurro che è quasi impercettibile anche a me.
In compenso sento il viso contrarsi in un sorriso enorme, quindi credo che lui abbia capito che l'ho riconosciuto.
"Mi spieghi come hai fatto a sapere che..." chiede la mamma.
Capisco cosa vuole dire e rispondo facendo l'atto di portarmi la mano alla testa, ma senza arrivare a toccarla perché giuro che ora come ora proprio non potrei.
"E tu come sai che l'ho capito, scusa?" chiedo.
"Perché un sorriso del genere non lo fai a chiunque."
"Soprattutto nelle foto, vero?" le chiedo ancora.
"Esatto! Però sei migliorata e non poco da un anno a questa parte."
"Ferma un attimo, Angelica!" le dice Daniel. "Perché dici questo?"
"Perché prima che vi rivedeste lei riconosceva difficilmente il tocco di chi le si avvicinava e non parlava mai a meno che non fosse l'altro a farlo per primo."
"Mettiti anche nei panni di una ragazza che dovrebbe ricordare il modo di toccarla di tutti quelli che incontra o che dovrebbe fare altre associazioni per riconoscere o descrivere qualcuno. È una responsabilità. O no Francy?"
Dio mio, spero che il mio senso dell'equilibrio non sia tanto precario da non reggehe anche se sono distesa! Quant'è bello sentirmi chiamare così da lui... e in un modo tanto allegro, poi! Okay, ho capito che lui il suo lavoro ce l'ha nel sangue. Se gli facessero le analisi credo che verrebbe fuori un globulo bianco sonnambulo o dei globuli rossi a forma di bottiglia di latte, (per via di alcune scene comiche che ho visto e anche interpretato da quando lo conosco.) E sono tentata di chiedere se a me è successa la stessa cosa, perché più o meno una cosa simile la provo anch'io. Provo ammirazione per lui e gli altri ragazzi, come ho già detto più volte, davvero!
"Ehi, sei sulla Terra, dolcezza?" mi chiede schioccandomi le dita a poca distanza dal viso, naturalmente per il suono.
"Sì, e devo darti ragione... per quello che hai detto prima, voglio dire..."
"Un giorno mi spiegherai come diavolo fai ad essere sempre tanto tenera quando dici qualsiasi cosa?"
Ecco! L'avevo detto che lui è quel tipo di persona che se deve dirti una cosa cattiva te la dice solo se lo fai infuriare oltre i limiti, ma se deve dirti una cosa bella come questa non ha peli sulla lingua, come si suol dire.
"Io... io sono fatta così..."
"Va bene! Ragazzi, io vado a recuperare quello che serve per stare qui."
"D'accordo mamma. A dopo!"
La sento uscire dalla stanza e richiudersi la porta alle spalle. Mi tiro su a sedere per poi mettere entrambe le mani sulle ginocchia e abbassare il viso come al solito.
"Ti fa ancora male la testa?" mi chiede Daniel.
"No, adesso no. Non so perché, ma subito dopo la visita il dolore mi passa" spiego stupita.
"Meglio così... anche se credo che andrò a dire un grazie all'inventore di quelle gocce che il dottor De Martino ti mette ogni volta che ti visita."
"Perché dovresti andare a ringraziarlo?"
"Perché se è come penso quelle gocce sono miracolose, tesoro!"
"Beh... forse per il fisico... però..."
Sono stanca, mi sento come se dovessi crollare da un momento all'altro. Sono stufa di soffrire e l'unico modo che ho per sfogarmi è piangere, non importa se sembrerò una bambina o se apparirò debole.
Lui capisce che sono sul punto di scoppiare a piangere a dirotto e prima che me ne renda conto mi ritrovo stretta tra le sue braccia, con la testa posata sul suo petto e con il mento di lui posato proprio sopra di essa, come se mi stesse proteggendo. Anzi, non serve il congiuntivo, perché lui mi sta proteggendo!
"Ehi!" mi dice, con quel tono gentile che lo caratterizza. "Se vuoi piangere fallo."
Infatti è come se avessi avuto l'impulso di trattenere le lacrime fino ad ora. È come se le vecchie cicatrici che ho a causa delle parole di Ernesto e quelle della famiglia Rossi fossero dei lucchetti per i miei occhi, che m'impediscono di gettare fuori tutto il dolore.
È inutile. Non riesco più a sfogarmi, è come se le lacrime mi si fossero congelate e non volessero uscire dal loro piccolo rifugio.
"Ti assicuro che non ne posso più di entrare e uscire di continuo dagli ospedali, non ce la faccio più!"
Lui non mi dice niente, ma capisce che mi sto agitando, quindi mi tiene più stretta, come se quell'abbraccio fosse una specie di nascondiglio dal dolore nel quale io posso sempre rifugiarmi quando sto male.
"Mi dispiace di non poter capire quello che provi. Non ho una bomba ad orologeria nella testa, non mi è stato detto che devo fare âna cosa estrema per guarire, ma non sai con quanto piacere eviterei di farti fare quello che ti fa soffrire tanto. Cerca di pensare che non stai facendo tutto questo per niente e che dopo avrai una grande ricompensa, se il luminare che ti ha visitata in Sicilia dice quello che spero."
Ora che ci penso: io non gli ho detto niente di quello che mi ha detto ieri il medico.
"Perdonami. Ti avevo detto che ti avrei riferito tutto e invece me ne sono dimenticata e tutto questo per pensare a me stessa. Io..."
"Smettila di prendertela con te stessa, non è il caso! E poi come avresti potuto parlarmi di questo dato che eravamo tutti e due concentrati su altro? E comunque sono qui, puoi anche dirmelo adesso!"
Francesca, sei un caso senza speranza! Ha dovuto imboccarti con il cucchiaino per farti capire una cosa così semplice, è davvero assurdo!
Senti voce interiore del cavolo, io ho già abbastanza problemi per conto mio per sopportare anche i tuoi stupidi isterismi, okay?
"Il luminare mi ha detto che mi può operare per togliermi... il glaucoma, però mi dovrà fare... l'anestesia totale, ecco..."
"No! Non me lo dire: hai molta paura dell'anestesia!"
Com'è possibile che riesca a capire sempre tutto? Come ci riesce? Davvero non lo capisco.
"Hai fatto centro" gli dico titubante. "A dire il vero mi fanno paura gli effetti del post-anestessa."
"Perché, cosa dovrebbe succedere di così terribile?"
"Vedi, dopo l'anestesia ci sono persone che sembra che abbiano perso la testa, e io..."
"Ma dai! E con questo? Tu sei mite come un agnellino, non credo che farai qualcosa che vada oltre l'agitare le braccia, tesoro! E se anche fosse che t'importa? Sai bene che le persone che ti vogliono bene ti resteranno sempre accanto."
"Anche se sembrerò una folle isterica?"
"Soprattutto se sembrerai una folle isterica!"

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