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127: Meglio del previsto!

(Nota Autrice: io ho avuto davvero questa malattia e sono stata operata, ma all'epoca avevo appena 11 anni, quindi non so se a 17 anni bastino le gocce o quello che emergerà dalla visita...)
Francesca's Pov
È il grande giorno. Siamo nella sala d'attesa dello studio dell'uomo che forse mi eviterà di togliermi un occhio ed io non faccio che andare avanti e indietro per la stanza. Sono davvero nervosa!
"Perché non ti fermi un attimo, Francesca?" mi chiede Giorgio bloccandomi per un braccio. "È già da un quarto d'ora che fai così."
"Giorgio, sono nervosa." dico a bassa voce.
"E non solo! Sei anche ghiacciata" dice Giorgio, sfiorandomi una mano e compiendo movimenti circolari su di essa.
"Ma siete tutti così percettivi voi della CSC?" domando.
"Perché?"
"Perché sei già il terzo della banda che capisce che quando sono nervosa divento di ghiaccio!" esclamo stupita.
"Mica ci vuole una laurea per capire che sei nervosa?"
"Signorina Bernardi, è il suo turno!" dice una donna.
"Avanti, bella! È ora di andare." mi dice Giorgio per poi prendermi a braccetto.
Entriamo in una stanza e quando sento il cambiamento dell'ambiente il mio cuore batte a precipizio... Dio mio, e ora come la mettiamo?
"Ah! Tu sei la famosa Francesca!" mi dice una voce maschile dall'altra parte della stanza.
"Famosa? Mica tanto!" scherzo.
O meglio: ci provo. È come per il giorno del karaoke, quando cercavo di fare una battuta per rispondere ad un commento del ragazzo accanto a me, ma ci sono riuscita per miracolo, direi.
Solo che questa volta è peggio.
È peggio perché sono in uno studio medico e da questa visita dipenderà la mia sorte riguardante l'unico occhio vero che ho a disposizione, per quanto non funzioni esattamente come quello finto.
Insomma, si sta decidendo della mia vita, più o meno.
"Ehi, ehi, stai tranquilla." mi dice l'uomo che si trova di fronte a me. "Appoggiati alla sedia con la testa che adesso vediamo!"
Mi appoggio alla poltrona su cui mi ha fatta sedere Giorgio e sento le dita tiepide dell'uomo sulla mia palpebra. Lo sento premere leggermente su di essa e dopo circa quattro o cinque secondi lascia la presa.
"Ahi ahi! Sai, la pressione dell'occhio è un po' alta... Un modo ci sarebbe per guarire, ma tu sei pronta a fare di tutto?"
"Tutto tranne togliermi l'occhio." dico.
"No, tranquilla, non è necessario asportarlo. Ma dovrei... farti un'anestesia totale. Tu sei pronta a farlo?"
Ho una paura tremenda dell'anestesia. Ho paura di quello che mi toccherà fare, di quello che mi faranno, senza che io me ne accorga, ho paura dinon reagire bene all'anestesia e quindi di non svegliarmi, ma mi fa più paura rimanere con due protesi a vita.
"Sì. Io sono pronta a tutto."
"Perfetto! Non ti preoccupare, ci vorrà ancora molto prima che tu perda l'occhio, okay?"
L'uomo mi mette una mano sulla spalla per farmi coraggio.
Annuisco appena e sento il cuore un po' più leggero. Okay, c'è il peso dell'operazione, ma è meglio di quello che avevo negli ultimi giorni, davvero.
"Grazie mille."
"Non devi ringraziare nessuno. Chiunque ha quello che merita, e tu meriti molto" mi dice lui. "Potresti darmi il recapito telefonico dei tuoi? Ci vuole anche la loro autorizzazione."
Gli do il numero dei miei.
"Perfetto! Ora vai e goditi un po' la città... esci dagli ospedali che hai visto finora e goditi la vita!"
"Va bene, lo farò!" gli dico.
Usciamo dopo aver salutato il medico, poi io mi rivolgo a Giorgio.
"Mi porti vicino al Mare, Giorgio?" gli chiedo esitante.
"E che problema c'è, bellezza?"
Va bene, mi arrendo! Devo diventare rossa anche quando me lo dice lui, ma qui è solo il riflesso di quello che mi accade quando a dirmelo è... lui (e non credo serva specificare chi, no?)
Arriviamo al Mare e Giorgio mi fa sedere su un muretto che, credo, si trova proprio accanto alla spiaggia.
Inizio a vagare tra i ricordi e ritrovo quello in cui ci sono lui e il collega (Daniel), che dedicano a me e a Ginevra la canzone: "A te" di Jovanotti.
Dopo quel giorno sono andata a cercarla, l'ho scaricata e l'ascolto tutti i giorni, perché mi fa bene ricordare lui. Mi fa bene, perché un'altra, ammalata e sola in un ospedale, minacciata da sconosciuti che, forse, non sono poi così sconosciuti, probabilmente sarebbe impazzita. Io ho i miei amici, una bellissima famiglia alle spalle che mi sostiene sempre, anche se loro litigano un po' troppo spesso per i miei gusti, e poi c'è lui che a quanto pare riesce a capire tutto di me, anche cose di cui io sono all'oscuro.
Lui, che riesce a far splendere il Sole nella mia vita anche quando fuori il mondo grida ed è in corso una grande tempesta.
Lui, che con un semplice tocco o con una parola altrettanto semplice, riesce a farmi rilassare e sciogliere nello stesso momento.
Ieri, quando io e la mia migliore amica Ginevra siamo rimaste da sole, le ho raccontato della sua visita a casa mia quando è tornato dal residence in cui, per una settimana, ho "lavorato" anch'io, perché per me non era solo un lavoro. Le ho raccontato della sorpresa del giorno seguente, del suo modo di descrivermi, ed ho dovuto usare degli indovinelli per raccontarle alcune cose, perché non riuscivo ad usare le sue parole, davvero.
"A cosa pensi?"
Giorgio mi risveglia dai miei pensieri con tre semplici parole.
"Stavo pensando a quella dedica del Luna Park che tu e il tuo collega, come dici tu, avete fatto a me e a Ginevra." dico.
"Perché non me ne dai un saggio, allora?"
"No, questo non lo posso fare!"
"E perché no?"
"Perché mi vergogno troppo, Giorgio! Per favore!"
"Okay, stai tranquilla, mica ti punto una pistola in testa se non lo fai!"
Scoppio a ridere! Sempre il solito folle!
"Non cambi mai, eh?" gli dico.
"Assolutamente! Sto bene così, PICCOLA FRANCESCA!"
Improvviso un colpo di tosse a quell'uscita.
"Signor Giorgio!" esclamo fingendo un tono irritato.
"Ahahah, ma se@ meravigliosa!" dice Giorgio.
"Non esagerare, Giorgio!" dico con una risata che esprime imbarazzo più che divertimento o cose simili. "Senti, ma per Ginevra non c'è problema se noi siamo insieme?"
"No, tranquilla."
"Però... perché non la chiamiamo per farla venire qui e farle godere questa meraviglia?" gli chiedo.
"MA CEEERTO! La chiamo subito!" mi dice Giorgio, poi sento il rumore del touch del suo cellulare.
Lo sento parlare con Ginevra, poi dice: "Perché non chiamiamo anche Sofi ed Alby?"
"Va benissimo!"
Tempo pochi minuti e sento delle voci che chiamano sia me che Giorgio e ci alziamo entrambi.
"No, dai! Non era necessario!"
Sento qualcuno sedersi accanto a me e quando mi sfiora uma mano capisco chesi tratta di Sofi.
"Com'è andata?"
"Abbastanza bene, direi. Il medico ha detto che può operarmi per farmi guarire... devo solo farmi fare l'anestesia totale, ma sempre meglio di perdere l'unico occhio che ho."
"Ah... quella a destra è... una protesi?" mi chiede esitante.
"Sì, è una protesi" rispondo, "ma non preoccuparti Sofi. Mi puoi chiedere quello che vuoi, sai?"
"È che non sono il tipo che ama farsi gli affari degli altri, ma per contro sono una persona curiosa" mi dice Sofia.
"Tranquilla, va tutto bene." la rassicuro.
"Ti piace tanto il Mare, Fra? Ho notato che t'incanti spesso quando ci sei vicina" mi dice.
"Io amo il Mare con tutta me stessa... ma al tempo stesso, quando s'infuria, lo temo moltissimo" rispondo. "Se è calmo come ora amo stare ad ascoltare le onde che si rincorrono... è quasi come se le vedessi."
Sofia sorride e questo mi rende felice. Vuol dire che ho potuto trasmetterle almeno in minima parte le mie sensazioni, quelle trasmesse dal Mare. Quel gigante buono e severo al tempo stesso, quello che viene definito un enorme prato azzurro e, anche se non lo vedo, mi basta sentirne la voce per stare bene.
"Credo che ti piacerebbe vivere qui" dice Sofia. "Nel nostro quartiere intendo, perché siamo vicini al Mare, e poi la Sicilia è un'isola, quindi se non ci fosse il Mare... non so se sarebbe la stessa cosa."
"Probabilmente no." le dico. "Ma neanche dove vivo io è malaccio! Vedi, io amo anche la mia città, almeno quanto amo il Mare, e ho trovato una piccola spiaggia che in pratica nessuno frequenta, anche se ti confesso che non mi dispiace, perché è una specie di rifugio per me. Ci vado spesso e quando sono là mi sento rinascere, anche quando sembra che vada tutto storto."
"Beh, vorrei vedere." mi dice lei. "Ti va di vedere un po' il quartiere?"
"Perché no?" le dico alzandomi.
Recupero il mio sacchetto della CSC con l'occhio a rotelle e Sofia mi prende a braccetto e mi porta in "esplorazione" per il quartiere. Naturalmente abbiamo avvisato gli altri!
Sofi mi sta presentando un bel gruppetto. Sembra che qui nel quartiere si conoscano tutti uno per uno, infatti non posso evitare ci notare i sorrisi di tutti coloro che incontriamo mentre chiamano: "Sofia!", e a giudicare dall'inflessione della voce sono anche enormi!
Mi sento bene, molto rilassata.
Mi sento come se fossi una ragazza che vede dove cammina, che non è mai stata in ospedale, che ha tutto quello che la vita può offrire, più moralmente che materialmente... mi sento... spensierata e leggera, ecco.
È come se fossi di nuovo in vacanza, con la differenza che un mio amico che esercita una professione che io amo con tutto il cuore mi sta ospitando nella sua casa, e non in un residence come al solito.
Forse mi sento bene quando sono con i miei migliori amici e loro mi fanno sentire talmente a mio agio da farmi dimenticare addirittura il fatto che il buio, (quello oggettivo), è sempre con me. Ho scoperto che anch'io vedo la luce. Non con gli occhi, questo è chiaro, ma con il cuore posso vedere la luce, i colori, insomma, tutto.
Mi bastano gli occhi del cuore.
E, se devo dirla tutta, credo che con quelli si veda molto meglio. Basta saperli usare a dovere.

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