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122: Spiegazioni, malintesi e chiarimenti

Francesca's Pov
Mi sento come se fossi ubriaca quando finalmente mi risveglio. Sono avvolta in un abbraccio che mi dà sicurezza, ma temo di non sapere chi sia la persona che mi stringe così.
Sono troppo frastornata per riuscire a concentrarmi sul tocco di chi mi sta salvando da una crisi di panico. Sento la gola secca, ho ancora la sensazione del sudore freddo in fronte, ma lui, (o lei anche se spero con tutta me stessa che sia un lui, anzi, il mio lui), non sembra avere la benché minima intenzione di lasciarmi andare nonostante questo.
Poi sento pronunciare tre parole che mi rivelano l'identità di chi mi sta stringendo forte al suo petto, e scopro che è proprio chi speravo che fosse.
"Sono qui. Sempre."
Vorrei voltarmi verso di lui ed abbracciarlo, lo vorrei tanto.
Lo vorrei, però non posso. Non sento quasi più il corpo, forse per via di quel sedativo che mi è stato dato prima.
Lo sento alzare la mano verso il mio viso e lo sfiora molto delicatamente, asciugandolo dal liquido freddo.
"Davvero resterai qui, sempre?" chiedo.
"Sempre, piccola Francesca!" mi risponde lui, facendomi girare verso di sé per poi posare le sue labbra sulle mie.
Lo sento accarezzarmi una guancia, per la precisione la destra, e inizia a tracciarvi una serie di cerchietti con il pollice. Sto bene qui, tra le sue braccia, standogli vicino e sentendomi protetta.
Le mie labbra tremano e lui se ne rende conto.
"Ehi! Che cosa ti succede?" mi chiede, premuroso come sempre.
"Niente." provo a rispondergli, ma lui non sembra crederci.
"Non offenderti se ti dico questo... quando reciti per gli altri sei bravissima, però se menti perché non vuoi far preoccupare chi hai accanto non ti viene granché bene, Francy."
Francy! Quanto mi piace sentirlo dire da lui... suona... talmente bene! Amo il mio nome, completo o no, pronunciato da lui.
"Non sai quanto vorrei sentirti dire quello che provi." mi dice mentre mi abbraccia. "Vorrei che la smettessi di coprirti per non mostrare le tue cicatrici. Sai che puoi dirmi tutto, piccola."
"E io vorrei saperti spiegare cosa mi succede ogni volta che stiamo insieme."
Vorrei poterti spiegare che ogni volta che stiamo insieme come adesso, stretti l'uno all'altra, ma anche quando tu sei un po' distante da me e semplicemente mi parli o ti limiti a sfiorarmi per caso il viso, la testa o le mani, sento il cuore scoppiare.
Vorrei saperti spiegare quanto sia bella questa sensazione che si risveglia anche quando mi dici quelle frasi che soltanto tu sai dirmi, o magari frasi elaborate, già usate, di quelle che si dicono nei libri o in televisione. Un batticuore che mi viene ogni volta che mi descrivi, perché so che mi stai osservando, e non soltanto con gli occhi, o mi vieni a dire che sono tenera.
Vorrei dirti che ogni volta che sono preoccupata per qualcosa e tu mi tieni stretta come se fossi il gioiello più prezioso al mondo mi sento invulnerabile. Così, improvvisamente.
Vorrei dirti che sei diventato un tutt'uno con il mio cuore, perché io mi sono sempre fidata di te e che se tu vorrai continuerò a farlo. Davvero!
Ma è proprio questo il punto: non so dirtelo.
Sarò fuori di testa? Forse, ma sono una folle e felice ragazzina che vuole molto bene al suo Angelo.
Angelo non di nome, ma di fatto, perché è di questo che ho bisogno. Di avere accanto un angelo custode.
"Perché non fai un tentativo?" mi chiede.
"Perché... ho paura di non sapermi spiegare e di non saperti dire quanto sto bene quando sono con te" gli rispondo con il corpo tremante, almeno quanto trema la mia voce mentre parlo. "Ho paura di dovermi allontanare di nuovo, e poi..."
"Riusciremo a superare questa tempesta, te lo giuro." mi dice.
Non dico nulla, semplicemente perché non ci sono parole adatte per dire che io ci credo.
Sento la porta aprirsi e qualcuno entrare nella stanza e subito dopo le guance mi si tingono di rosso.
"Grazie." sento dire a mia madre. "Era questo che speravo: di vedere la mia piccola felice."
"Non sei mai stata l'unica a sperarlo, Angelica." dice lui. "È troppo bello vederti sorridere e tu sei bellissima!"
Vorrei dire tante, troppe cose, al punto che non dico niente.
"Peccato che ora devo andare" mi dice per poi lasciarmi andare.
"Ti tolgono la fascia?" chiedo.
"Sì, e poi mia sorella Serena ha detto che mi vuole parlare di una cosa."
"È successo qualcosa di grave?"
"Ma no, tesoro, sta tranquilla" mi risponde lui per poi toccare il mio viso con le labbra, dandomi un bacio delicato e dolce, di quelli che mi fanno sciogliere come un gelato lasciato sotto il Sole. "Non è niente di così pericoloso, sai? È tutto okay."
"Okay, meno male!" dico per poi mettermi seduta.
"Ci vediamo dopo, va bene?"
"Okay" rispondo timida, ma in compenso gli rivolgo una faccia sorridente, anzi, spaccata a metà da un sorriso, per rendere l'idea di quanto sono felice quando siamo insieme.
Franco's Pov
Vado in ospedale serrando la mascella e i pugni. Provo una rabbia tremenda.
Come può pensare che io le farei del male? Come può la mia piccola pensare questo di me?
Oggi ho incontrato Amélie, la mia zia acquisita nonché mia vecchia fiamma. Era con il figlio, Ramiro, e il padre di quest'ultimo: Gonzalo. Sembra che lui si sia lasciato alle spalle la parte più violenta di sé e ora loro stanno insieme e sono una famiglia a tutti gli effetti.
Una volta scoperto che una volta io e Amélie eravamo una "coppietta felice", come ha detto Serena, io e lei abbiamo litigato furiosamente.
"Perché non vai dalla tua zia dai capelli rossi e lasci in pace questa ragazzina?" mi ha chiesto furiosa. "Ho visto come la guardi, Fritzenwalden!"
"Senti, prima di tutto non ho capito che strano sguardo hai visto, e poi la guardavo in quel modo perché non la vedo da anni, Serena!"
"Allora vai da lei e lasciami in pace!" ha ribattuto per poi correre via.
E adesso eccomi qui, nel cortile dell'ospedale, con la mia chitarra in spalla.
Spero che almeno il fratello riesca a convincerla del fatto che non le farei mai niente di male.
So che Serena l'ha contattato, la conosco come le mie tasche.
Sono talmente distratto da rischiare di andare a sbattere contro la porta se non fosse per il fatto che qualcuno mi afferra al volo.
Mi volto e vedo mio cognato... sempre che Sery non voglia chiudere con me!
"Come hai fatto, Dan?" gli chiedo.
"Devi ringraziare Francesca se ho i riflessi pronti! Ma cosa ti è successo?"
"Ho litigato con tua sorella. Vedi, oggi ho rivisto una persona che una volta era la mia fiamma, diciamo così... e lei è diventata una furia, anche se non ne capisco il motivo."
"Tu cosa provi? Insomma, ti ha fatto qualche effetto rivedere questa ragazza o niente?"
"Mi ha fatto piacere, non la vedevo da un bel pezzo, ma nulla più di questo."
"Va bene. Con mia sorella ci parlo io, ma non ti posso fare promesse, perché lei non cambia idea facilmente" mi avverte.
"Lo so, lo so."
"Tu però calmati, perché se ricoverano anche te è veramente troppo!"
Scoppio a ridere e ci salutiamo con dei colpetti dati reciprocamente sulle spalle.
Rimango per un po' in piedi, in mezzo al cortile dell'ospedale, poi mi siedo su un muretto che è proprio là e mi metto la chitarra sulle ginocchia.
Inizio a suonare un brano che ora come ora credo sia il più adatto, perché proprio non capisco Serena in questo momento.
"Sin miedo a nada". Bene, mi sembra perfetto!
"Me muero por suplicarte
que no te vayas mi vida..."
E credo proprio che mi toccherà farlo sul serio e che lo farò, perché io amo quella ragazza e la supplicherò di non andarsene da me, dalla mia vita, perché lei è la mia vita.
"Me muero por escucharte
decir las cosas que nunca digas más...
me callo y te marchas,
mantengo la esperanza
de ser capaz algún día
de no esconder las heridas que me duelen al pensar
que te voy queriendo cada día un poco más...
?Quanto tiempo vamos a esperar?"
Vado avanti, pensando a quanto c'entri con me questa canzone, adesso.
Quando arrivo al ritornello, però, un timbro più dolce si unisce al mio. È quasi un sussurro, come se la proprietaria di quella voce non volesse farsi notare.
"Me muero por conocerte,
saber qué es lo que piensas,
abrir todas tus puertas
y vencer esas tormentas qué nos quieran abatir.
Centrar en tus ojos mi mirada,
cantar contigo al alba,
besarnos hasta desgastarnos nuestros labios.
Y ver en tu rostro cada día
crecer esa semilla,
crear, soñar, dejar todo sugir.
Aparcando el miedo a sufrir."
Lei si ferma di colpo, portando una mano alla fronte, come per coprire i suoi pensieri.
"Tu la conosci?" chiedo sbalordito.
"Sì. È stato un caso, ma alcune di queste parole mi toccano molto da vicino. Il verso dopo quella parte di poco fa, per esempio. Vorrei tanto saper spiegare a qualcuno come mi sento quando... Lascia stare."
"Ho capito di chi parli" dico.
Le prendo la mano e la faccio sedere sul muretto, proprio accanto a me, spostando il suo bastone bianco.
"Io credo che lui l'abbia capito da sé..."
"Tu dici?"
"Ovvio! Tu sei trasparente e sincera, quindi si capisce cosa provi, sai? E ora io capisco ancora meglio perché ti ho assunta al bar."
"E perché, di grazia? Per far fallire la tua attività?"
"Eeeh, ma che autostima alta!"
Lei scoppia in una risata. Una risata cristallina, bellissima, vera proprio come lo è lei. La mia amica Francesca.
"E sentiamo, perché tu invece la stavi suonando e interpretando?" chiede cambiando discorso.
"Per... Sery."
"Perché? Che è successo?" chiede.
"Niente di grave... spero."
La vedo girarsi verso di me, come se volesse guardarmi, e ha una faccia che esprime un: "Parli come un libro stracciato!", senza che debba essere lei a dirmelo.
"Ho rivisto mia zia... È poco più grande di me e qualche tempo fa mi piaceva."
"E Serena si è ingelosita?"
"Hai fatto centro, Cesca!"
La sua faccia, da comprensiva, assume di nuovo un'espressione un po' sorpresa.
"Cesca?" chiede passandosi una mano sul ginocchio destro e fermando l'altra a mezz'aria, tra i capelli.
"Non ti piace?"
"Veramente vorrei sapere da dove è uscito."
"Non lo so, ma credo che per te non faccia poi così tanta differenza visto che spesso dici che per quanti soprannomi hai a volte pensi di non sapere come ti chiami."
Scuote la testa per accennare un sì e subito dopo la vedo ridere di gusto.
"Va bene, va bene, ho capito" dice. "E Cesca sia!"
Daniel's Pov
Finalmente arrivo alla fermata dell'autobus dove io e Serena abbiamo deciso di incontrarci.
La vedo sulla panchina della fermata, che si passa una mano tra i capelli. È nervosa e potrei giurare di aver visto i suoi occhi gonfi e arrossati... Chissà quanto avrà pianto?
Le vado incontro e lei, appena mi vede, si alza e mi abbraccia. Scoppia ancora una volta in lacrime. La stringo forte accarezzandole la schiena, come faccio con Francesca.
"Sery, che è successo?" le chiedo senza interrompere quallo che sto facendo.
La sento scuotersi e dire un: "Franco", udibile soltanto per miracolo.
"Cos'è successo con Franco?"
"È venuta qui in Italia una sua zia, e... b-beh, ecco... loro e-erano... No, forse sono ancora innamorati. Lui... è rimasto fermo a guardarla, l'ha salutata con un abbraccio e un bacio sulla guancia, tipo come fai tu con Francesca, e..."
"Sery, non fare così, ti prego! Senti, questi gesti li può fare anche un amico, non è detto che due persone che si abbracciano debbano essere innamorate per fare questo! Franco spesso saluta Francesca con un abbraccio, ma non per questo io devo dare in escandescenza!"
Lei si limita ad annuire, poi alza lo sguardo al cielo e dice: "Ma loro non sono mai stati innamorati, Francy è mia amica e poi quella donna è più grande."
"Sery, non dire questo! Franco ti vuole bene."
"Forse, ma io ho una paura di perderlo che non immagini! E se a lui piacesse quella donna? È bella, giovane ma più grande, e poi è molto gentile!"
"E con questo?"
"Temo che lui mi consideri un'immatura!"
"Sery, è questo il rischio che corri se non vai da lui e gli spieghi tutto!"
Sciolgo l'abbraccio e la prendo per mano. Lei è rigida, ma dato che non mi piace trascinare nessuno per portarlo in un posto cerco semplicemente di non perdere la presa sul suo polso.
"Fidati, andrà benissimo" dico.
Lei si limita a farmi un altro cenno d'assenso e nel frattempo arriviamo nel cortile dell'ospedale.
Franco è seduto al solito posto sul muretto e accanto a lui c'è Francesca. Lascio il polso a mia sorella e la vedo andare verso Franco, esitante. Io mi avvicino a Francesca e le prendo la mano che non regge il suo occhio a rotelle, (lo dice talmente spesso che ormai mi ci sono abituato anche io.)
"Dovremmo lasciarli soli, vero?" chiede timidamente la mia brunetta.
"Credo sia il caso di farlo." rispondo. "Poi mi spiegherai come potevi sapere che quella che si è avvicinata era Sery."
Lei accenna un sorriso, poi si alza leggermente tremante e mettendosi il suo occhio a rotelle sotto il braccio si fa condurre verso l'interno dell'ospedale.
Entriamo nella sua camera d'ospedale, dove un'infermiera ha lasciato la solita compressa che la mia piccola è costretta a prendere per non far tornare la pressione dell'occhio ai livelli del giorno in cui questo calvario ha avuto inizio.
Gliela riduco in briciole e intanto chiedo: "Allora? Come hai capito che era Serena?"
"Beh... il fatto che Franco si sia alzato di scatto l'ha reso palese. M-ma... tu, invece? Come sapevi che avevo capito?"
"Vieni qui." le dico mentre la faccio accomodare sul letto per poi imboccarla con quella maledetta medicina e offrirle dell'acqua. "Lo so perché ti si leggeva in faccia... Stavi sorridendo! E poi hai chiesto: "Dovremmo lasciarli soli, vero?", e non credo l'avresti detto se non avessi capito."
Lei sostituisce all'espressione contrariata per la compressa quella sorridente. È tanto carina quando ride che vorrei lo facesse sempre!
Glielo dico, perché non mi piace tenere solo per me le cose belle, e le sue guance si tingono di un rosso acceso.
A quel punto, senza pensarci due volte, attiro a me la mia piccola e la stringo in un abbraccio. Sento il suo cuore che batte e il suo corpo che trema. Lei, nel suo tutto, è così delicata!
"Lo sai che sei bellissima?" le chiedo.
"E... e tu sai che... che sei stato l'unico di cui mi sono fidata da quando ti ho incontrato la prima volta? Dal Ragazzo dei Miracoli, a dire il vero... fino al giorno in cui ci siamo rivisti senza riconoscerci..."
Il suo tono, dapprima basso e incerto, poi più sicuro per finire con la stessa dolcezza ed esitazione di prima è la melodia più bella del mondo, insieme al battito accelerato del suo cuore.
Serena's Pov
"Serena, perché rimani lì in piedi? Vieni, avvicinati" dice Franco, e io gli do ascolto.
"Franco..." gli dico, esitante.
"Che succede?"
Mi si blocca il respiro. Lui sembra calmo, ma temo davvero di essere sembrata un'immatura ai suoi occhi.
"Perdonami... è che... io..."
Lo sento attirare il mio corpo verso il suo e posare le sue labbra sulle mie, spegnendomi le parole in bocca prima che io possa continuare a scusarmi.
"Non dire nulla, piccola."
Mi accarezza la schiena tenendomi stretta al suo corpo e continua a baciarmi, ma sempre con dolcezza, quella dolcezza che amo tanto di lui.
"Non sei una ragazza immatura né una stupida. Avevi soltanto paura, tanta quanta ne avevo io quando hai avuto l'incidente e non ti svegliavi perché non trovavi l'uscita da quel posto."
"Di cosa avevi paura, Franco?"
"Avevo paura di perdere la cosa più preziosa che ho. Avevo paura di perderti per sempre, amore."
Amore! Lui non mi ha mai chiamata così prima e sento il cuore battere più forte, più intensamente. Sto bene. Anzi, non potrei star meglio, davvero!

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