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120: Non ti lascio cadere!

Francesca's Pov
Sto bene. Davvero. Anzi, non bene: sto benissimo qui, tra le sue braccia. Mi dispiace solo di averlo costretto a stare per tutta la notte in una posizione non proprio comoda.
È incredibile a dirsi, ma devo fare molta attenzione perché lui in genere è molto silenzioso, infatti quando l'ho conosciuto non mi spiegavo come facesse ad essere in un posto l'attimo prima e trovarsi tra le gente quello dopo, senza che me ne accorgessi. Lo facevano anche Alessandro e Salvatore, ma con lui l'ho notato perché mi rivolgeva molto spesso la parola in quel periodo e mi faceva piacere che lo facesse lui, perché mi piaceva quando parlavamo, ma sono sempre stata troppo timida per ammetterlo anche a me stessa, figuriamoci per essere io a fare il primo passo.
Forse per questo, ogni volta che ci vediamo, è sempre lui a salutarmi per primo, (anche perché lui mi guarda, io ho difficoltà a riconoscerlo, se non per la voce o il tocco.)
Mentre ci penso cerco di staccarmi, piano piano, anche per non rompere il perfetto silenzio della stanza che, stranamente, non mi mette paura.
Non mi accorgo di essere andata troppo indietro e rischio di battere la testa contro il comodino che si trova alla destra del mio letto, ma mi sento prendere al volo e sento il cuore martellare a causa della stretta del mio angelo sui fianchi.
"Dove volevi andare, tesoro?"
Per cominciare bene la giornata ci voleva proprio questo. Beh, escludendo la figuraccia!
"N-no, è che... ecco... io... credevo che fossi in una posizione poco comoda e volevo..."
"Quando ti preoccuperai per te stessa invece che per gli altri gli angeli della Corporazione Celeste ti dedicheranno un Alleluja!" mi dice facendomi ridere.
"Anche mia madre dice sempre una cosa del genere, ma senza angeli e cori!"
"Ovvero?"
"Che quando smetterò di pensare agli altri e di essere tanto pudica e quando dirò la prima cosa scurrile della mia vita sparerà i fuochi d'artificio..."
"Però l'idea non ti piace molto, vero?"
"No, perché non mi piace mandare la gente a quel paese... e poi c'è già troppa folla da quelle parti perché mi ci metta anche io."
Sorrido tra me, notando la strana piega che ha preso la nostra conversazione... ma anche perché per me non esiste buongiorno migliore di quel: "Tesoro".
Davvero, se potessi mi sveglierei con quella parola tutti i giorni. Se poi a dirmela fosse lui sarebbe ancora meglio... dico sul serio.
Nessuno mi ha mai chiamata in tanti modi, centrandoli tutti e facendomi battere forte il cuore. O forse sono io che sono troppo... legata a lui, ecco. Al punto che lui potrebbe fare o dire qualunque cosa e io resterei imbambolata. Se avessi una forchetta in mano con qualcosa incastrato dentro credo che quel qualcosa riceverebbe i morsi di un uccellino o che la forchetta mi cadrebbe di mano in due secondi.
Dico "qualunque cosa" perché in pochissime occasioni l'ho sentito inveire contro qualcuno.
Sto divagando, lo so, ma mi viene naturale farlo da un po' di tempo a questa parte. Mi viene naturale, perché anche se sono in un ospedale perché a livello fisico ho qualcosa che non va dentro di me mi sento troppo bene. Tutto per merito del ragazzo che mi sta di fronte, perché lui mi ha capita fin da subito, anche se non so come. Senza che dicessi niente, senza che nemmeno mi sforzassi di far capire che sono una ragazza insicura, lui l'ha capito da sé. L'ho scoperto dopo quella sera in cui, al karaoke, gli ho chiesto di stringermi la mano per avvertirmi dell'inizio del testo di quella benedetta canzone. Mi ricordo quello che mi ha detto quel giorno. Mi ha detto che sapeva che per me era difficile, ma che gli sarebbe piaciuto che io avessi avuto più fiducia in me.
Io ci sto provando ed è un po' difficile, è vero, ma ho chi m'incoraggia ogni giorno a tentare di darmi una possibilità ed è inutile dire a chi mi riferisco, no?
Mi dispiace soltanto di non averglielo mai detto, di non aver mai detto altro che un semplice: "Grazie" in ognuna di quelle occasioni. Il motivo? Sempre lo stesso... non ce la facevo, e non ce la faccio nemmeno adesso per colpa di questa stramaledetta timidezza, che ho buttato giù quasi del tutto con quello che mi fa piacere fare, è vero, ma che con lui non ho mai distrutto completamente... per quanto mi senta bene quando parliamo.
Beh, parliamo, per quel poco che mi permette il mio terrore di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato!
Mi agito una mano davanti al viso per smettere di divagare, perché temo che se vado avanti ancora un po' o andrò troppo oltre o entrerò in uno stato di trance e lui mi chiederà se sto bene.
Lui, però, non dice niente, anche se lo so da me che sono totalmente strana.
O meglio, una cosa la dice, ma non riferita al mio gesto.
"Ti senti meglio?"
Capisco che si riferisce a quello che è successo ieri notte e rispondo con un cenno d'assenso.
"E... e tu, invece? Stai bene?"
Indico la fascia che porta al braccio.
"Sto meglio da quando ti ho toccato la schiena per stringerti." mi dice. "Forse sei davvero un angioletto."
"O... o forse è il contrario."
Al diavolo! Io glielo dico, vada come vada!
"Che vuoi dire con questo?"
"Beh... ecco... intendo dire... che forse... tu tra noi due sei l'a-an-gelo..."
Faccio un movimento per la stanza, come se avessi le ali, per poi indicare il punto in cui credo si trovi ancora lui, per evidenziare quello che ho detto.
"Facciamo così: io ti do un'aureola e tu me ne dai un'altra, okay?"
"Ehm... ma dove le prendiamo?"
Lui si mette alle mie spalle, mi mette qualcosa dietro la testa e mi attacca quel qualcosa annodandomelo ai capelli.
"E tu... c-come farai?" chiedo.
"Io in qualche modo farò" dice.
"Aspetta... prova con questo" gli dico dandogli un cappello piuttosto grande e con i nastri.
Credo che lui l'abbia già indossato.
Mi prende le mani e mi fa vedere la mia aureola.
Sorrido come se non ci fosse un domani... Sono davvero felice.
"Mi... mi stai guardando?" chiedo, sentendo il suo sguardo su di me.
"Sì, ti sto guardando. E, prima che tu me lo chieda..." mi dice mettendosi accanto a me e circondandomi le spalle con un braccio, "lo sto facendo perché sei bellissima."
Sto per ribattere, ma lui lo capisce e mi ferma.
"Non ci provare a dirmi che non è vero, altrimenti giuro che mi arrabbio davvero, okay?"
Siamo vicini, di nuovo. Molto vicini.
"Dici davvero?"
"No, amore mio! Non potrei mai arrabbiarmi con te, tranquilla" dice ridendo e accarezzandomi una guancia.
"Meno male! Ci mancava solo... che..."
"Che ti prende? Chi è che si è arrabbiato con te, angioletto?"
"Beh..." dico a bassa voce.
"No! Ho capito dove vuoi arrivare, non ce n'è bisogno..."
La maestra. Il professore. Samuele. Lui ha capito tutto.
Lui ha capito tutto questo, ma come... come fa a capire sempre tutto quello che mi succede?
"Non è il caso di rivangare il passato, piccola Francesca. Ti farà star male, molto male, e io non voglio... e scusami per averti riportato indietro brutti ricordi."
"No... davvero, tu non c'entri. È solo che..."
"Continua... È solo che...?"
"È solo che quando ho pensato a qualcuno che si arrabbia mi sono venuti in mente loro... ecco... è... è come se... avessi una brutta sensazione."
Sento il suono che segnala l'arrivo di un messaggio, prendo il cellulare e la macchinetta per leggere e scrivere, (che per la cronaca si chiamerebbe Barra Braille, ma è per capirci), e li collego per leggere il messaggio.
Quando leggo il contenuto di quel messaggio, però, inizio a sentirmi male sul serio.
"Tu mi hai fatto rinchiudere in prigione, piccola stupida. Beh, d'ora in poi non avrai più pace, te lo posso assicurare!"
Sento che tutto mi ruota vorticosamente intorno. Ho le vertigini, e so che sembra assurdo, ma quelle si possono avere anche attraverso una sensazione.
Ho la nausea e mi fischiano le orecchie, in più ho le ginocchia che si piegano da sole e temo che mi ritroverò sul pavimento da un momento all'altro.
Brividi. Sudore freddo. Oddio, che cosa mi succede?
Sento la pelle diventare fredda come il marmo e una mano che mi prende il polso sinistro e mi conduce verso il mio letto. Non so come riggraziare chi mi ha appena fatta sedere, né tantomeno ho la minima idea di chi sia. Non so se mentre stavo cercando di reggermi in piedi qualcuno è entrato nella stanza.
Quella mano è sempre ferma sul mio braccio e quando il suo proprietario mi parla lo riconosco.
"Che cos'hai? Sei bianca come un fantasma..."
Riesco soltanto ad indicare lo schermo del mio cellulare, tolgo la tenda schermo e glielo mostro.
"Ehi!" mi dice.
"Non so se sia lui o lei... So soltanto che mi sta minacciando e che non mi lascerà in pace, finché non mi avrà distrutta!"
Ricomincio a tremare e sento che lui lascia il mio braccio e subito dopo il rumore di un bicchiere e dell'acqua che viene versata. Mi chiedo come faccia se quel braccio gli fa male.
"Tieni" mi dice mettendomi tra le mani il bicchiere colmo d'acqua fresca. La butto giù quasi in un sorso e lui è costretto a togliermi di mano l'oggetto.
"Ehi, piano, così te la farai andare di traverso!" dice.
Lui aspetta ancora qualche attimo prima di ridarmi l'acqua.
"Piano, fai piano!" mi dice.
Daniel's Pov
Un attacco di panico. Ecco cosa le è preso!
E, poverina, non senza ragione. Un messaggio minatorio non è una sciocchezza!
"Tu mi hai fatto rinchiudere in prigione, piccola stupida. Beh, d'ora in poi non avrai più pace, te lo posso assicurare."
Lei è diventata bianca come un cencio, ha rischiato di cadere a terra, ora ha la fronte imperlata di sudore e a momenti si strozzava con l'acqua!
Le prendo il viso tra le mani e oltre al fatto che ha la fronte imperlata di sudore freddo e le guance quasi fatte di ghiaccio per quanto sono gelate la sento e la vedo sbattere le palpebre più volte, più freneticamente del solito, come se cercasse di respingere delle lacrime. Ha la mascella contratta, cosa che mi fa capire che sta proprio per piangere.
"Rilassati, non sforzarti di non piangere. È peggio se fai così, piccola" le dico.
E a quel punto la vedo crollare come un piccolo fiore il cui stelo è stato appena spezzato.
Il mio piccolo fiore in balia del vento. In balia del destino crudele.
"Non ti lascerò sola. Mai! Te lo giuro su quello che vuoi, tesoro. Mi credi?"
Non posso lasciarla andare, proprio non posso! Non voglio che crolli del tutto, non stando da sola, almeno. E come non lo voglio a livello metaforico è lo stesso per quello della nostra realtà. Siamo in piedi e ora lei mi sta tenendo le mani per reggersi. Trema, e non senza ragione. Se la lasciassi adesso cadrebbe e non voglio. Non adesso, anche perché lei si rialzata da troppo poco tempo dopo tutte le batoste che le sono toccate.
Stava ricominciando a vivere come si deve, senza troppi colpi di scena negativi, e adesso si ritrova in ospedale, con un glaucoma, alla disperata ricerca di qualcuno che non le strappi via l'occhio con la tranquillità che serve per stappare una bottiglia. E adesso anche questo. È troppo da sopportare per una sola persona, che poi non è che abbia avuto una vita esattamente semplice.
Francesca's Pov
Sono crollata. Di nuovo. Sono crollata davanti a lui e, come al solito, lui ha saputo comprendermi e rassicurarmi. Non so se sono io ad essere un libro aperto per chi mi conosce o se lui sa leggere il cuore delle persone. Forse è vera la prima, forse la seconda. O magari entrambe le cose. Forse non è il momento di chiedermelo.
Beh, sarò sincera: per ora mi basta sapere che lui non mi lascerà cadere. Me l'ha giurato e io so che non gli piace giurare per poi non mantenere la parola. Perché lui è così e credo sia per questo che mi sono fidata di lui fin dall'inizio, dal giorno del nostro primo incontro. Mi sono fidata del Ragazzo dei Miracoli, che mi ha promesso di farmi vedere il Sole nel periodo in cui sarebbe stato in quel residence.
Il Ragazzo dei Miracoli ha mantenuto la sua promessa. Dopo sei anni ho scoperto il suo vero nome, anche se temo che non avrei potuto riconoscerlo dati i vari cambiamenti. Il Ragazzo dei Miracoli cresciuto, ovvero il mio angelo, mi aveva promesso che ci sarebbe stato se avessi avuto bisogno di lui e adesso che io ho bisogno di aiuto lui è qui, davanti a me e mi tiene strette le mani per non farmi crollare.
Lui, il ragazzo che sette anni fa mi ha fatto vedere il Sole.
Lui, da cresciuto, il ragazzo della banda della CSC che mi ha accompagnata per mano, che mi ha spinta a mettermi alla prova, ma senza forzare la mano.
Lui. Il mio angelo custode.
Lui ed io, contro il mio glaucoma, il cinismo di un uomo che forse non si aspetta nulla dalla vita. Lui ed io, contro i messaggi minatori di un falso insegnante di musica.

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