119: Lui, il mio protettore
Francesca's Pov
Di nuovo la stessa storia: la pillola che deve essere sbriciolata, una flebo di dieci minuti che mi sembrano durare in eterno e, come unica novità della giornata, il terrore costante di sentire qualcuno entrare da quella porta e trascinarmi in una sala operatoria per asportarmi l'occhio. Quest'ultima cosa la tengo per me, soprattutto per i miei, mia cugina, il mio ragazzo e la mia migliore amica.
Loro sono sempre così cari a preoccuparsi per me. Non voglio farli preoccupare ulteriormente, non lo meritano.
Sono sdraiata sul letto, con entrambe le mani sopra la testa, e cerco di stare calma, di non pensare, ma è tutto inutile.
"Avanti, spara! Che ti succede principessa?"
Certo che Daniel ha un modo tutto suo di chiedere certe cose, ed è un modo che mi piace parecchio.
"Bum!" rispondo semplicemente.
Non so se dirglielo, non voglio che stia male o che si arrabbi di nuovo, davvero!
"Avanti piccola Francesca, non cercare di stemperare!" mi dice. "Parla, non aver paura!"
Quel soprannome mi fa sciogliere di nuovo, come mi capita ogni volta che lo sento pronunciare, specialmente se è lui a darmelo.
La cosa che più mi sorprende, però, è il fatto che abbia capito che io cercavo soltanto di allentare la tensione che mi aveva assalita.
Possibile che gli sia bastato un: "Bum!", per capirlo?
Ma in fondo io non mi sono affezionata a lui proprio per questo? Per il suo modo assurdo e meraviglioso di capire gli altri non necessariamente con uno sguardo, ma anche con un tocco, una parola, un sospiro?
"Beh... diciamo che la visita di oggi mi ha un po'... scossa."
"Solo un po'?"
"Okay, forse... molto scossa."
Cambio posizione coprendomi il viso con entrambe le mani e aspetto che lui faccia un qualsiasi movimento.
Lui si mette al mio fianco e mi sposta le mani dal viso per poi lasciarmi un bacio sulla fronte.
"Non vergognarti di avere paura. Mai. Se non ne avessi... non saresti umana... È umano avere paura, soprattutto dopo che ti vengono dette certe cose e lo sai bene."
Lo sento mettersi accanto a me e farmi mettere la testa sulle sue ginocchia. Sto bene qui, davvero, perché mi sta bene che lui mi tocchi il viso, mi sta bene che lui mi stia vicino, che mi consoli, perché mi sento così tranquilla.
"Ehi! Potrei darti una notizia che spero ti tranquillizzi un po'... pronta?"
Vorrei muovere almeno la testa, fare un cenno d'assenso, ma mi sento così bene messa in questa posizione da non volermi affatto muovere.
Mi limito ad alzare i pollici per dirgli: "Okay", e lui mi dice: "Il dottor De Martino mi ha detto che forse c'è qualcuno che può aiutarti... senza toglierti l'occhio. Che te ne pare?"
"Che è la notizia migliore della giornata" rispondo con un soffio di voce.
"E ti dico anche un'altra cosa. Tua madre ha convinto le infermiere a far passare il turno tra tutti quelli che sono venuti a trovarti. Ora scegli: chi vuoi che resti per oggi?"
"Ehm... un'idea ce l'avrei..." dico, "ma prima dovrei sapere se tu hai problemi per... Per..."
"Ehi, calma, va bene." mi dice.
Mi s'illuminano gli occhi quando mi dà quella risposta.
"Lascia solo che vada a prendere le mie cose e ti raggiungo, okay?" mi dice.
"Aspetta..." dico a bassa voce.
"Cosa?" chiede.
"Grazie."
La mia voce viene fuori a stento. Lui mi sfiora piano la zona del collo, quella laterale, con un dito, e fa congiungere le nostre labbra facendomi inclinare leggermente la testa dalla parte opposta a quello che sta percorrendo con quel dito in questo momento per raggiungerle più facilmente.
Quel gesto mi riporta indietro con i ricordi. Mi riporta a ieri mattina, quando lui mi ha parlato di come ero fatta, descrivendomi non solo quello che vedeva, ma anche altre cose di cui non ero a conoscenza.
Mi tiro su, anche se vorrei tanto restare così per sempre.
"Ci vediamo tra poco, piccola."
Mi posa un ultimo bacio sulla guancia ed io arrossisco, abbassando il viso per evitare che lui mi veda di nuovo così. Sorrido tra me, mordendomi il labbro inferiore per il nervoso.
Sono nervosa nel senso migliore della parola, ma allo stesso tempo in quello peggiore, anche se questa parte non ha niente a che fare con il mio angelo. Niente.
Mi ridistendo sul letto e, attraverso il materasso, sento un battito cardiaco. Forse è il mio cuore.
Mi sposto delle ciocche di capelli davanti agli occhi, ma queste non sono abbastanza lunghe da coprirmi e tornano al loro posto.
Dopo qualche minuto mi alzo, entro nel bagno della camera d'ospedale e vado a lavarmi e cambiarmi. Amo l'acqua ed è una delle poche cose che mi dà sollievo qua dentro, davvero.
Tocco la bottiglia del bagnoschiuma che mi piace usare, perché quando lo passo sul viso sento un tocco talmente rilassante e delicato! Si chiama Angelica, come mia madre, e ora che tocco la bottiglietta mi ritornano in mente le parole che mi ha detto il mio angelo e cavolo se mi viene il batticuore!
Quando sento meno caldo sulla pelle e sono più rilassata indosso il primo pigiama che ho trovato nello zaino che mi ha portato mia madre.
Sento la porta aprirsi e qualcuno avvicinarsi al letto sul quale sono nuovamente distesa.
"Non hai perso tempo, vedo." mi dice il mio angelo sfiorandomi una guancia e prendendone delicatamente un pezzo tra le dita scherzosamente, ma senza fare molta pressione.
"Grazie per avermi fatto scoprire che non sto sognando."
"Aspetta, che cosa vuoi dire?"
"Niente, è per il gesto che hai fatto due secondi fa."
"Perché? Ti ho fatto molto male, piccola?"
"No, non ti preoccupare."
Mi accorgo del fatto che lui mi guarda. Lo noto perché lo sento il suo sguardo addosso.
"Sei stanca?" mi chiede.
"S-solo... solo un po'" gli rispondo balbettando.
"Tu chiudi gli occhi e riposati piccola. Andrà tutto bene." mi dice lui per poi andare dove prima ero io.
Mi distendo, coprendomi con il leggero lenzuolo dato che almeno fino alle ginocchia devo coprirmi per non sentirmi nuda. Mi dicono tutti che sono troppo pudica, ma io sono fatta così.
Naturalmente lo sono solo con me stessa, però.
Piano piano, rassicurata da un tocco leggero che sa darmi solo una persona che non mi ero accorta fosse di nuovo accanto a me, mi addormento.
Daniel's Pov
Doso pochi minuti raggiungo la mia piccola.
Spero tanto che non se ne sia accorta, la vedo nervosa e spero di rassicurarla in qualche modo. Mi avvicino al letto cercando di non fare rumore e la vedo rilassarsi quando la tocco.
A quanto pare ce l'ho fatta a non farmi notare mentre entravo.
"Sogni d'oro piccola mia!" le dico dandole un bacio sulla fronte per poi mettermi accanto a lei e tenerla stretta.
Sento il suo respiro regolare e leggerissimo, i suoi capelli contro le mie labbra, ma mi sta bene. Non mi dà fastidio, anche perché lei è sempre delicata, perfino quando dorme. Se non la sentissi respirare perché ho esercitato molto l'udito standole accanto e se non percepissi la sua pelle calda credo che avrei difficoltà a capire se è viva o meno.
La tengo più vicina, come se avessi paura di sentirmela sfuggire dalle braccia. Non lo vorrei mai.
All'improvviso, quasi come se i miei pensieri fossero una premonizione, la sento agitarsi.
"No..." dice in un sussurro. "No, la prego!"
"Francesca! Ehi, mi senti?"
"Non voglio toglierlo... non voglio, non voglio" continua a dire a bassa voce.
"Oh santo cielo piccola, svegliati!" dico scuotendole piano una spalla per svegliarla.
Finalmente lei si sveglia, ma continua a tremare.
"Calmati gioia, è tutto finito" le dico mentre la tengo stretta per calmarla. "Ehi!"
Francesca's Pov
Sono in una stanza che non è quella di casa mia né quella dell'ospedale in cui sono ricoverata, anche se dalla carta che ricopre il lettino sul quale sono sdraiata mi fa capire che sono sempre nello stesso edificio.
Sento il rumore di due grosse pinze che percepisco troppo vicine agli occhi... No! Dio mio, no!
"No..." dico in un sussurro. "No, la prego!"
"Ragazzina, che te ne fai degli occhi se non ci vedi?" mi soffia sul volto una voce che non conosco.
"Francesca! Ehi, mi senti?"
Quella voce che mi chiama è più lontana, sembra quasi un'eco, e io sono qui, alla mercé di un uomo che non conosco e che ha due pinze in mano puntate verso i miei occhi socchiusi.
"Non voglio toglierlo... non voglio, non voglio" sussurro disperata.
"Oh santo cielo piccola, svegliati!"
Di nuovo quella voce, ma questa volta la sento più vicina ed è accompagnata da una mano che mi scuote le spalle per svegliarmi.
Era un incubo? Possibile?
Continuo a tremare e mi sento stringere.
"Calmati gioia, è tutto finito. Ehi!"
Riconosco chi mi sta parlando, ne riconosco il tocco gentile e il timbro della voce e, sentendomi al sicuro dopo quella frase, mi volto e nascondo il viso sul suo petto per poi scoppiare a piangere come una bambina spaventata, ovvero quello che sono adesso.
"Va tutto bene, va tutto bene."
Mi lascio cullare da quelle parole e mi sento meglio.
"Dove sono?" chiedo contro il tessuto della sua maglietta.
"Sei nella tua stanza d'ospedale." mi risponde lui con calma.
"Non c'è nessuno con delle pinze in mano, vero?"
"No, tranquilla, non piangere. Ehi!"
"E se venissero a portarmi via? E se volessero farmi..."
Mi si spengono le parole in gola e continuo a singhiozzare contro il suo petto. Lo sento stringermi di più a sé e lasciarmi dei baci delicati tra i capelli, come è nel suo stile da angelo consolatore.
"Non permettere che mi portino via. Ti prego!"
"Non permetterò a nessuno di portarti da nessuna parte se non lo vorrai."
"Me lo prometti?"
"Ti prometto quello che vuoi, ma ora calmati, altrimenti ti sentirai male."
"Mi sento molto male già adesso che ho avuto questo incubo."
"Shh, calma, non ci pensare."
Mi solleva piano il viso e posa con molta delicatezza le sue labbra sulle mie.
"Va tutto bene" ripete contro le mie labbra.
"S-sei sicuro che non ci sia nessuno?" chiedo ancora.
"Ti convincerai se ti terrò più vicina?" chiede facendomi tornare alla posizione precedente. "Le pinze di cui parli non possono attraversare il mio corpo per arrivare ai tuoi occhi."
"E se mi portassero via?"
"Se ci provassero ti terrei più stretta per non farti allontanare... che te ne pare?"
"Che non potrei chiedere di meglio." rispondo ricevendo una carezza sul viso ancora bagnato.
(Analogia video-capitolo: la vita da incubo di Amélie e la malattia, perché la protagonista è malata, ma davvero.)
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