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117: Una visita devastante e due cuori uniti

"Avere un cuore in due non è facile,
ognuno vuole più della metà per sé,
che se mi faccio male poi lo senti tu
qualcuno ne ha di più..."
Francesca's Pov
C'è voluto un po' prima di togliere quella benedetta flebo.
Verso sera mia madre è tornata, ma Daniel è dovuto andare via per colpa della questione: "Orario di visite".
Oggi mi faranno un'altra visita e spero vivamente che mi diano una buona notizia. Spero che mi dicano: "Ehi Francesca, sai, stai guarendo!"
È un vero peccato che le mie sensazioni mi dicano tutt'altro.
Il giorno è arrivato presto.
Meno male! Pensavo di dover restare in attesa per un tempo infinito!
La mamma mi ha portato degli abiti, il mio occhio a rotelle e la macchina da scrivere, insieme ad un quaderno a righe e una matita. Sto imparando a scrivere la mia firma in nero e tutto grazie a lui: a Daniel!
Sono talmente immersa nei miei pensieri da non rendermi conto della porta che, cigolando, si è aperta. Lo capisco solo quando smette di strascicare sui cardini. Sento che qualcuno mi si avvicina e due mani dal tocco familiare si posizionano ai lati del mio viso. Credo sia diventato un rito, ormai, quello che lui mi tocca ed io lo riconosco.
"Ciao..." dico con un filo di voce.
"Ciao bellissima!" mi ricambia lui.
Sorrido quando lui mi chiama in quel modo e lo sento girarmi il volto da un lato, come se volesse guardarmi... infatti sento il suo sguardo sul mio viso.
"Che cos'hai, piccola Francesca? Sembri triste."
"Sono preoccupata" gli rispondo.
"Hai una visita oggi, giusto?"
Annuisco e lui mi stringe forte al suo petto.
"Se vuoi posso accompagnarti."
"Lo... faresti sul serio?"
"Sul serio." mi risponde lui.
Prendo il mio sacchetto, ma mi aggrappo a lui.
È come se non avessi la forza di fare da sola.
Una volta arrivati nella stanza che fa da studio agli oculisti Daniel mi toglie il sacchetto dalle spalle.
"Sarai scomoda se lo tieni tutto il tempo."
"Sei davvero gentile a preoccuparti per me." gli dico.
Lui sorride, ma non dice nulla.
Sento altre persone entrare.
"I tuoi, Giorgio, Ginevra, Mirko e Linda" mi dice a bassa voce il ragazzo al mio fianco.
Il dottore che mi visiterà entra nella stanza con passo da generale.
"Tu sei la ragazza cieca con il glaucoma, giusto?" chiede il medico, e capisco che non è nessuno dei due medici che ho conosciuto prima e che la delicatezza non è il suo forte.
Mi limito ad annuire.
"Cosa c'è? Sei anche muta?" mi chiede.
Ecco! Io non sopporto questo tipo di persone!
"No, dottore."
"Bene. Fatela sedere." dice, rivolgendosi agli altri in generale.
Sento la mano di Daniel stringere leggermente la presa sulla mia.
Non posso evitare di far caso a un altro particolare: i suoi nervi sono molto tesi.
"Sto bene." gli dico, anche se lui sa che per me non è il massimo essere identificata come la ragazzina con l'occhio non funzionante e per giunta malato.
È proprio lui a farmi mettere seduta e si mette alla mia destra. Io riprendo la sua mano e la stringo. Ho paura di quello che mi dirà il dottore.
Sento le sue dita fare pressione sull'occhio destro e m'irrigidisco.
"Dottore, quello è l'occhio protesico" dico.
"Scusa, è difficile distinguerli." dice, come se niente fosse.
Il mio angelo è sempre più vicino all'esasperazione. Lo sento dai suoi nervi, sempre più tesi.
Come dargli torto? Quest'uomo ha passato il tempo a fare commenti sprezzanti!
Con poca delicatezza mi mette nell'occhio la macchinetta per il controllo della pressione oculare di cui non ricordo il nome.
Sento gli occhi dell'uomo puntati nei miei e la cosa mi mette un'agitazione sempre maggiore.
"L'unico modo per far guarire la ragazza è togliere il male alla radice..."
"Che significa?" chiede mia madre con esitazione.
"Vuol dire che bisognerà asportarle l'occhio." risponde secco il dottore.
Un colpo dritto dritto in mezzo al petto. Mi sento trafiggere da milioni di pugnali... forse è per questo che non ho la forza di reagire alle parole del dottore, dette con malagrazia.
Ma per chi mi ha presa, per la sua stupida cavia da laboratorio?
"Non ci sarebbe un altro modo?"
Il tono di mia madre è calmo, ma sento che sta trattenendo una gran rabbia.
"Scusi signora, ma la ragazzina cosa se ne fa dell'occhio se neanche ci vede? In più è malato, conviene toglierlo, no?"
Ovvio, perché se mi faccio male ad un dito è più facile tagliarmelo che curarlo, vero?
Peccato che io mi senta svuotata da ogni forza. Non reagisco. Non posso reagire, non ho la forza.
Chi reagisce al mio posto è Daniel.
"MA LE SEMBRA IL MODO DI DARE UNA NOTIZIA DEL GENERE AD UNA RAGAZZINA? E POI CHE RAGIONAMENTI SONO QUESTI? È COME SE IO AVESSI UN'OTITE E MI TOGLIESSI L'ORECCHIO!"
Daniel's Pov
"Scusi signora, ma la ragazzina cosa se ne fa dell'occhio se neanche ci vede? In più è malato, conviene toglierlo, no?"
Parole taglienti come lame di coltello che, ci metto la mano sul fuoco, hanno ridotto a brandelli il cuoricino già sofferente della mia pkvera piccola. Lei non fa nulla, non reagisce... ma io non riesco a vederla così.
Vedere la mia piccola svuotata di ogni forza è devastante. La sua mano fredda tiene stretta la mia e i suoi occhi sembrano prossimi alle lacrime all'ennesima frecciatina di questo tizio che secondo me ha preso la laurea per corrispondenza. Insomma, non ci si rivolge così ad un paziente.
Lo guardo dritto negli occhi e sento un fuoco bruciarmi dentro, fino a farmi perdere il controllo sulle azioni che compio... fino a farmi scattare.
"MA LE SEMBRA IL MODO DI DARE UNA NOTIZIA DEL GENERE AD UNA RAGAZZINA? E POI CHE RAGIONAMENTI SONO QUESTI? È COME SE IO AVESSI UN'OTITE E MI TOGLIESSI L'ORECCHIO!"
Non ho potuto resistere oltre.
Ho visto la mia piccola sbiancare alla notizia, ma lei non ha proferito parola, perché semplicemente non ce la faceva a dire niente. Sento la sua mano diventare sempre più fredda, come se fosse fatta di ghiaccio, e tremare. Lei, la mia piccola, sta tremando. Forse l'ho spaventata gridando contro il dottore, ma non ho potuto fare altrimenti.
"Non preoccuparti, sto bene." dice.
La vedo cercare qualcosa e so bene cosa vuole: il suo occhio a rotelle, come lo chiama lei. Una lacrima le scorre lungo la guancia mentre le metto l'oggetto tra le mani.
Lei si alza lasciandosi guidare da quell'oggetto fino alla porta, per poi andare fuori. So dove vuole andare e la lascio fare. Ha un disperato bisogno di sfogarsi e forse vuole restare da sola. O forse no?
Decido di lasciarla andare fino in camera, la raggiungerò dopo... sempre che lei lo desideri, ovvio.
Farei qualunque cosa mi aiuti a non vederla soffrire, soprattutto ora.
È inevitabile, se lei sta male di riflesso sto male anche io... e forse, anche se è un motivo un po' egoista, non sopporto di vederla soffrire proprio per questo. Non sopporto di stare male perché qualcuno ha fatto del male alla mia piccola. Non lo sopporto.
Sento una mano posarsi sulla mia spalla e mi volto per vedere la faccia del mio carismatico amico siciliano.
"Vai da lei" mi dice Giorgio, "è probabile che lei desideri vedere solo te."
Anche se non credo sia proprio così mi alzo di scatto, mimo un: "Grazie" con le dita rivolto a Giorgio e mi volto per andare nella camera d'ospedale in cui la mia dolce brunetta è ricoverata. Non serve un genio per capire che si è rifugiata là, anche perché lei conosce a memoria questo posto.
Francesca's Pov
A volte si prova un dolore talmente forte da sembrare che non possa far male. Poi, dopo un secondo, un minuto o anche un'ora, senti che quella bomba ad orologeria ti esplode dentro, facendoti versare tutte le lacrime che possono uscirti dagli occhi, fino a svuotarti di ogni forza... per poi riprenderti, aggrapparti e rialzarti, se sai cadere. Quando non sai cadere né piangere rimarrai semplicemente svuotato e farai fatica ad alzarti. Molta, troppa fatica.
Ed ora io mi sto svuotando di tutto il dolore che provo per quelle parole.
""Cosa se ne fa dell'occhio se non ci vede"?"
Cosa se ne fa lei del cuore, se è freddo come il marmo? Ci vive, naturalmente. E nessuno le ha detto di toglierselo.
E allora io mi sfogo, piango, e non me ne importa un accidente di nessuna Elvira di Giacomo e di nessun figlio Giulio De Rossi o marito: Carlo, della stessa pasta di quel pallone gonfiato del figlio!
Piango, e ne ho tutti i maledettissimi motivi. Piango, perché i medici mi strapperanno via una parte di me che, per quanto non funzionante, è pur sempre un rimasuglio di vero nei miei occhi immersi nel buio. Piango, perché quell'unica cosa vera dei miei occhi verrà sostituita da un altro banalissimo prototipo di plastica. Piango, perché non sono conosciuta come Francesca Bernardi, ma come la ragazzina cieca.
Piango, e non m'importa niente di chi potrà vedermi triste. Che mi vedano, che mi credano una debole, che m'insultino pure, non me ne importa un fico secco, perché ho bisogno di piangere, di scrollarmi di dosso questo peso opprimente.
Per quanto riguarda la reazione che ha avuto Daniel non ce l'ho con lui che non ha fatto altro che tentare di difendermi, dando l'ennesima dimostrazione del fatto che io non sono sola. Il fatto è che mi fa male sapere che lui prova rabbia per colpa mia, perché quelle frecciatine erano tutte rivolte a me e bruciano come acido. Lui ha reagito in quel modo per colpa mia, ed è questo che mi fa male.
Tra le lacrime, senza volerlo, riesco a sussurrare un flebile: "Non voglio...", che tra l'altro è quasi inudibile anche a me. Ma forse qualcun'altro ha sentito benissimo quelle due semplici ma sentite parole.
"Neanche io voglio." mi dice proprio l'unica persona che volevo vedere, e allo stesso tempo l'unica persona il cui giudizio m'importa davvero, e che sa trovare la forza nella fragilità di una persona. "Non voglio che tutto quello che hai costruito crolli per poche parole. Non voglio che tu ti arrenda ad un solo parere. Non voglio che quell'uomo ti tocchi per portarti via una parte di te e non voglio che tu stia male per quello che ho detto là dentro, perché ho smesso di ragionare quando ti ho vista impallidire."
Mi alzo dal letto, voltandomi verso di lui per lasciarmi cadere tra le sue braccia e farmi confortare, come se fossi ancora una bambina. La sua bambina.
"Ti prometto che farò di tutto per farti tenere quell'occhietto" mi dice, lasciandomi un bacio proprio in quel punto che ieri mi faceva malissimo. Come se quel gesto potesse togliere tutto quello che mi procurava dolore quel giorno. Come se bastasse questo per far passare tutto. E forse basta e avanza.
"Lo sai che se qualcuno ferisce te ferisce di conseguenza anche me?" mi chiede.
Non dico nulla, forse perché il mio cuore mi dice che non serve, e mi limito a stringerlo forte e a lasciarmi stringere forte.
"Piccola, ehi!"
Mi riscuoto dai miei pensieri quando noto che lui, con una mano, mi sta asciugando le lacrime. Quella con ancora la benda, che però non sembra fargli molto male, cosa che mi fa tirare un piccolo sospiro.
"Ehi! Se quel medico non ha un'altra soluuione per te cercheremo altrove, okay?"
"Tu mi vorresti bene lo stesso, vero? Anche se avessi le protesi a entrambi gli occhi?"
"Io ti vorrei bene in ogni caso... sei tu che non ti vorresti bene se dovessi mettere una protesi anche all'altro occhio. La tua anima resterebbe la stessa ed io ho visto quella prima di vedere i tuoi occhi... che, veri o no, sono sempre belli e luminosi quando sei felice, e lo sai perché ti è stato detto un milione di volte, anche prima che ci conoscessimo..."
Okay. Se voleva farmi sorridere, e ultimamente è un obiettivo che si prefigge spesso, ci è riuscito alla grande, davvero!

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