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113: Ad occhi chiusi hai scelto me

...QUATTRO GIORNI DOPO...
Francesca's Pov
Sono tornata dalle vacanze appena due giorni fa e purtroppo mi sono leggermente scottata al Sole. Mia madre dice sempre che se mi toccasse il viso penserebbe che io abbia la febbre e non nego che la cosa mi fa innervosire. Non nel senso che mi arrabbio, capiamoci. Nel senso che mi agito e penso che il motivo sia abbastanza chiaro: è come se la mia testa si rifiutasse di far ripetere un evento che ha portato al mio primo bacio.
Ultimamente mi capita spesso di avere l'emicrania, ma non ne capisco il motivo, ed oggi è uno dei giorni in cui mi sento un martello pneumatico in testa.
"Tutto bene tesoro?" mi chiede la mamma.
"Sì... se si esclude il solito mal di testa" rispondo.
"Amore, sicura di star bene? Non è che ce l'hai davvero la febbre?" chiede avvicinandosi a me per sentirmi la fronte, credo.
Cerco di non esternare le molteplici sensazioni che provo quando sento la sua mano sul viso... se le dicessi che questo tipo di contatto mi fa agitare mi prenderebbe per matta e già non godo di una buona reputazione in questo senso, almeno ultimamente.
"Mamma, temo che non potrai capirlo in questo modo perché ho ancora la faccia accaldata dalla scottatura." le dico, cercando di mantenere un tono calmo mentre il mio stomaco si contorce come un'anguilla impazzita.
"Forse hai ragione. Dovrei proprio procurartelo un termometro parlante, vero?"
"Sarebbe anche ora! Magari potrò misurarmi da sola la temperatura." le rispondo calma.
Beh, calma in realtà si fa per dire.
Sento il tipico suono che fanno i cellulari quando arriva un messaggio, ma è il cellulare di mia madre a produrlo. Credo che lei abbia letto il messaggio per poi riporre il telefono sulla tavola a pochi passi da dove mi trovo adesso.
"Mettiti questo, Francy" mi dice mettendomi tra le mani il termometro, "io torno subito..."
Faccio come mi dice e la sento allontanarsi e chiudere la porta della mia stanza. Sento i suoni del computer, quelli tipici dei giochi. Probabilmente lo sta usando mio padre in questo momento.
Poi un dettaglio mi colpisce: il rumore tremendo della porta di casa nostra che gira, o meglio strascica, sui cardini.
Dovremmo proprio ripararla quella porta, altrimenti uno di questi giorni per aprirla dovremo buttarla giù!
Sento dei sussurri. Uno è quello di mia madre, l'altro è di mio padre che ha smesso di smanettare, ma la terza voce a chi appartiene? Accidenti, non riesco proprio a distinguerla!
Sento la porta della mia stanza aprirsi e qualcuno si avvicina al letto e, senza dire una parola, mi sfiora molto delicatamente i capelli. A quel contatto mi volto di colpo.
Il mio cuore batte fortissimo e sento le dita tremare. Che mi stia salendo davvero la febbre?
"Volevo farti una sorpresa, ma a quanto sembra l'hai fatta tu a me!" mi dice colui che due secondi fa mi ha toccata... no... no, non ci credo! Daniel!
Faccio uno scatto per la sorpresa e urto qualcosa.
"Attenta alla... libreria!" mi dice lui dopo aver visto che sono andata a sbattere proprio contro di essa.
"Accidenti, che botta!" dico massaggiandomi la fronte con la mano destra.
"Aspetta, fammi vedere!" dice ed io mi volto cambiando posizione sul letto. Sento le sue dita sollevarmi il viso e il suo sguardo addosso.
"Ho... una ferita?" chiedo.
"No... se ti fa male basta questo." mi dice lasciandomi un bacio sulla testa, nel punto che ho battuto.
"Wow! Grazie!"
"Di niente. Ehm... Francesca, credo che dovresti togliere quel termometro" mi ricorda lui.
C'è da chiedersi se il termometro abbia potuto fare il suo dovere per quanti movimenti ho fatto!
Sfilo comunque il termometro da sotto il braccio e credo che lui lo stia guardando.
"Stavolta l'hai scampata!" dice ridendo. "36."
"M-meno male... E che diavolo, sarebbe troppo" dico con un filo di voce.
Cerco di alzarmi, non mi piace che lui mi veda sdraiata sul letto, ma la sua mano, credo la sinistra, mi ferma.
"Tua madre mi ha detto che non ti senti bene."
"È... è una sciocchezza, posso stare seduta" provo a dirgli.
"Ehi, tranquilla, non ti sforzare. Aspetta che ti passi il mal di testa, okay?" dice mettendosi accanto a me e scompigliandomi i ricci come fa sempre.
È come se in un certo senso lui sapesse che quando fa questo mi sento rilassata... non saprei spiegarlo altrimenti.
"Ti piace molto fare così?" gli chiedo timida.
"Quanto a te rilassa quando lo faccio..." mi risponde lui, e io gli posso solo regalere un sorriso, anche piccolo per quanto sono emozionata.
"Forse perché sei uno dei pochi che non cerca di spillarmi i capelli dalla testa!" gli dico.
"In che senso?"
"Di strapparli" mi correggo subito. "Per quello già basta una persona che conosco."
"E chi sarebbe questa persona?"
"Nessuno di cui tu ti debba preoccupare" gli rispondo. "Non ti dico chi è solo perché se te lo dico si arrabbia e sinceramente sono stanca di vedere la gente arrabbiata."
"Ci vorrebbe una fortuna per non fartene più vedere" mi dice.
"Intendi per gli sfoghi stile Made in Sud che hai fatto tu quando ci siamo conosciuti?"
"Precisamente!"
"È vero. Sarebbe difficile... Ahi!"
"Ehi, cos'hai?"
Porto le mani alle tempie e le copro per attenuare la potenza devastante della fitta che mi ha preso la testa.
"Niente..."
Divento rigida, ma tutto questo accade a causa del dolore lancinante e lui se ne accorge, come sempre del resto.
"Rilassati." mi dice coprendomi le tempie con le palme delle mani e continuando a giocare con le dita tra i miei capelli ribelli.
Non so come, ma quel contatto calma il mio dolore ed io torno a rilassarmi sotto il suo tocco delicato.
"Grazie..." gli dico in un sussurro, mentre la timidezza canta vittoria per avermi riportata al punto di partenza quando parlo con lui.
"Per che cosa?"
"Per quello che stai... facendo per me adesso."
"Come se ci volesse tanto!" mi dice ridendo.
"Forse è come dici tu, però... io a questi piccoli gesti ci tengo molto, e lo sai..." dico.
Mentre parlo il mio tono diventa sempre più basso e debolo, al punto che lui si avvicina al mio viso quando pronuncio quel: "Lo sai..." detto quasi a me stessa.
"Non hai capito cosa intendevo. Come se ci volesse tanto a dimostrare affetto a te..."
"Perché mi stai dicendo questo? Che... che cosa ho fatto io per... ecco..."
"Sei te stessa, ecco cos'hai fatto, meravigliosa creatura!"
E, ironia della sorte, sento le guance tingersi di rosso e cerco di staccarmi per nasconderle, ma poi, pensandoci, lascio perdere.
Lui mi conosce, sa come sono, quindi che senso ha nascondersi?
"Era un... un complimento?" chiedo dubbiosa.
"Ti ha risposto la tua faccia."
"Che vuoi dire? Non ti seguo."
"Voglio solo dire che in effetti lo era!"
Gli sorrido, ma sempre con le guance probabilmente tendenti al rosso.
"Ehi piccola... ora devo andare perché dobbiamo ancora liberare l'auto dai bagagli e non posso dare buca ai ragazzi. Volevo salutarti, però" mi dice dandomi un bacio a stampo sulle labbra. "A domani, se ti sentirai meglio."
"A... a domani" gli dico e, con il poco coraggio che ho, gli mando un bacio volante con la mano, che a quanto pare lui ricambia.
È stato davvero un pensiero carino da parte sua quello di fermarsi a salutarmi e sono davvero felice.
Dopo qualche minuto mi addormento, ripensando a quello che è successo pochi minuti fa...
Daniel's Pov
Dopo aver svuotato il portabagagli dell'auto insieme ai miei tre fratelli e aver riposto tutto posso dire con una certezza quasi matematica che il mio corpo mi sta maledicendo.
Questo, però, non importa. L'importante sarà domani, quando darò il mio regalo alla mia piccola. Spero tanto che possa piacerle.
So che sono poche parole, per di più non è farina del mio sacco, ma di una canzone, ma ci ho messo tutto il mio cuore per farle il regalo di questa frase e un'altra scritta. Tutti i ritagli di tempo li ho sfruttati così e spero di non farle del male, perché è proprio l'ultima cosa che desidero. Anzi, non lo desidero punto e basta.
Andiamo tutti a metterci a letto e prima che mia sorella Serena scompaia dalla mia vista noto l'accenno di un sorriso trattenuto sulle sue labbra. Gliel'avrà senz'altro provocato quel ragazzo meraviglioso, Franco. Credo che lui le voglia veramente bene e mi fa piacere vederla sorridere così.
Mentre ci penso il buon Morfeo si decide a fare il suo dovere, come direbbe la mia piccola Francesca...
Nonostante ieri sia stata una lunga giornata tra preparativi, viaggio e sistemazione dei bagagli, mi sveglio di buon'ora. Forse è la frenesia di rivedere la ragazza che per me è l'essenza della dolcezza a far attivare il mio corpo tanto presto.
Evitando di svegliare gli altri vado a prepararmi, scrivo loro un post-it e guardo l'ora. Sono le sette... povera piccola, meglio che la lasci ancora un po' tranquilla.
Credo sia passata un'ora quando Angelica mi scrive: "Ti devo far vedere una cosa. Vieni qui, il prima possibile. Ti farà molto piacere, te lo garantisco!"
Okay, all'inizio mi è quasi preso un colpo perché temevo un'altra brutta notizia, ora invece sto impazzendo dalla voglia di vedere questo "miracolo".
Parto di gran carriera per casa sua e quando ci arrivo mi trovo faccia a faccia con un'Angelica a dir poco... raggiante.
Mi viene subito incontro e mi stringe in un abbraccio.
"Ti sembrerà una sciocchezza" mi dice, "ma è un miracolo."
Entriamo in casa e mi indica la stanza della mia piccola. Io vado lì e quando la vedo per poco non perdo l'equilibrio. È addormentata dato che le sue palpebre non si muovono, ma c'è un dettaglio che non mi sfugge, anzi, che non potrebbe mai sfuggirmi: lei ha la bocca meravigliosamente scoperta!
Mi avvicino di più al suo viso, le sfioro piano l'orecchio sinistro con le labbra e le dico in un sussurro: "Sei veramente bravissima!"
Francesca's Pov
Sento le labbra di una persona che non distinguo sfiorare il bobo del mio orecchio sinistro e una voce che mi sussurra un: "Sei veramente bravissima!" Il mio cuore ha un sussulto e mi tiro su di scatto, ma stavolta non vado a sbattere.
Sento una mano posarsi sulla mia testa, impedendomi così di urtare nuovamente la stessa libreria.
"Ehi, una volta passi, ma due no! Non ti permetterò di fracassarti il cranio, chiaro?"
Mi s'illuminano gli occhi quando gli sento pronunciare quelle parole. Questo vuol dire che lui a me tiene davvero e per quanto il suo tono fosse scherzoso so che c'è un fondo di verità in quello che mi ha appena detto.
"Se avessi saputo che ti saresti spaventata in questo modo ti avrei avvertita" mi dice. "Stai bene, piccola?"
"Sì, sto bene."
"Sai, vorrei portarti in un posto per darti una cosa." dice.
"Però... dovrei cambiarmi." gli dico.
"Se devo dirti la verità stai bene anche così, ma so quanto ti vergogni" dice.
Arrossisco per la prima volta in una giornata.
Ho la netta sensazione che questa non sarà l'unica cosa carina che lui mi dirà oggi.
"Dici davvero?"
Lui mi prende la mano e la porta sul suo cuore per poi dire un: "Te lo giuro!", che mi fa sciogliere. Sarà meglio che mi sbrighi ad andare a prepararmi, prima che il mio cuore riprenda a dare di matto.
Mi precipito in bagno, faccio una doccia lampo anche se mi preoccupo di "lustrarmi" a dovere, lavo i denti, mi vesto velocemente e torno da lui.
"Però! Vedo che sei veloce!"
"Quando posso e se sono curiosa o impaziente di fare qualcosa."
"Quindi se ci dessimo un appuntamento che cosa dovrei aspettarmi?"
"Quello che hai visto ora." gli rispondo, quasi parlando a me stessa invece che a lui.
Allungo la mano verso il sacchetto di tela, ma lui mi ferma con delicatezza il polso.
"Non è necessario che ti porti dietro il tuo... occhio a rotelle." mi dice. "Ti porto io al luogo prestabilito, se ti fidi, però."
Per tutta risposta mi metto accanto a lui che mi prende la mano e... accidenti, anche se lo conosco da un anno ho ancora le farfalle allo stomaco quando ci troviamo a camminare così, mano nella mano.
"Ehi, ehi, ehi, stai attenta allo scalino" mi dice, evidentemente notando il mio precario equilibrio o il tremore continuo del mio corpo.
"Grazie." dico.
"Non so per cosa, ma di niente. Ecco, siamo arrivati!"
Mi fa sedere su una panchina e mi circonda le spalle con un braccio, come in quelle foto che ci sono state scattate.
E, ironia della sorte, mi dice: "La posizione standard per le foto!"
"Possiamo farne una... poi magari me la farò descrivere" dico sottovoce.
Lo sento sorridere e mi volto nella sua direzione.
"No tesoro, non di qua. Gira la faccia verso destra" mi dice.
Faccio come mi dice, poi lui mi chiede: "Che fai, metti il broncio adesso?"
Capisco che lui mi sta chiedendo un sorriso, (più largo credo, dato che ho già la sensazione che i muscoli del mio viso siano contratti, tutto per merito del contatto che c'è tra di noi), e per il tono che ha usato per dirmi quella frase quasi per un soffio non mi metto a ridere.
"Tutto qui?" mi chiede lui, e a quel punto rido davvero, perché ho la sensazione che lui mi stia chiedendo di fare proprio questo.
Lui avvicina il suo viso al mio fino a sfiorare la mia guancia con le labbra e a quel punto capisco. Dev'essere bella una foto nella quale si riceve un bacio.
Sento un Click e penso che non siamo da soli.
"Sei bellissima quando ridi" mi dice. "Non mi fraintendere, anche quando sei triste, ma preferisco vederti ridere."
"Beh... grazie. Spero di farlo sempre a questo punto..." dico.
E in effetti ho la faccia contratta da non so quanto tempo per quello che mi ha detto e che ha fatto finora, al punto che lui decide di farmelo notare a modo suo.
"Wow! Ma come siamo radiose questa mattina!"
E riecco il calore e il color rosso fuoco sulle mie guance! Avete mai visto una ragazza che risponde al nome di Francesca, (con soprannomi associati), con le guance rosse?
Beh, eccomi: sono proprio io!
"Ra-radiosa? Chi, io?" gli chiedo, anche se conosco la risposta e visto che in teoria non dovrebbe esserci nessun'altro...
Ma che domande fai, Francesca?
Bene, ora mi sgrido da sola! Andiamo davvero alla grande!
Lui mi sorride.
"Sei sempre la solita tu, eh?" mi chiede retoricamente.
Lui la risposta la conosce già.
Sono sempre la stessa Francesca, quella che a certe cose ci tiene, quella che arrossisce sempre, qualunque cosa le si dica e quando le si fa un complimento come questo crede di non essere lei la persona a cui è diretto o di aver sentito male.
"Dai, credo sia arrivato il momento della sorpresa." dice.
"Sorpresa? Che cosa... che cosa vuoi fare?"
"Francé, calma, non ti mando al patibolo" dice.
Scoppio a ridere per due motivi e glieli espongo.
"Sai, è la prima volta che mi chiami così e per quanto riguarda la questione del patibolo se mi ci mandassi non so dirti se starei peggio... per l'imminente decapitazione o perché mi ci hai mandata tu!"
Mentre pronuncio le ultime parole abbasso il tono.
"E mai lo scoprirai!" dice lui. "Dimmi... ti fidi di me?"
"Sì, mi fido."
"Ricordi quello che ti ho detto a distanza pochi giorni fa? Déjate llevar!"
Déjate llevar! Il corrispettivo spagnolo di: "Lasciati portare!" e lui l'ha detto a me.
"Vale! Me dejaré llevar..." [Va bene! Mi lascerò portare..."] gli dico alla fine.
Lui ride, poi mi dice: "Va bene. Se sei pronta ti mostro questo regalo!"
"Sono pronta!"
Lo sento schioccare le dita e subito dopo questa specie di segnale partono le prime note della canzone: "Ad occhi chiusi" di Marco Mengoni.
"Che... che c'entra questa?"
Lui mi risponde con un sorriso e un: "Aspetta, adesso vedrai!"
Mi mette tra le mani una tavola di legno e mi dice: "Leggi cosa c'è scritto lì sopra, piccola. Però non leggerlo normalmente... cantalo!"
"Stai scherzando?"
"No, te lo giuro!"
"Con questa voce da papera?"
"Non ci provare neanche, okay?"
"Sicuro? Io mi sento veramente una papera!"
"Non denigrarti così, piccola!"
Prendo un bel respiro e quando sono pronta, (al tempo giusto tra l'altro), leggo la frase.
"Riconoscerei le tue mani in un istante... ti vedo ad occhi chiusi, e sai perché? Tra miliardi di persone ad occhi chiusi hai scelto me..."
Porto la tavola di legno con i bollini attaccati a formare la scritta in Braille vicino al cuore, che batte fortissimo.
"Hai fatto tutto questo..."
"Per te, piccola Francesca!"

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