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105: Ti voglio bene veramente

Francesca's Pov
Sono con i miei amici australiani e mia cugina Matilde.
Mi hanno detto che siamo vicini al porto e quando sento il "grido" dei gabbiani ne ho la conferma.
"Ma quello non è Samuele?" chiede Calum.
"Dove?"
"A pochi passi da noi. Sembra che stia andando via." aggiunge Ashton. "Vai sempre dritta e lo trovi."
Faccio come mi è stato detto e dopo un po' sento un: "Addio" sussurrato, al punto che se non dovessi contare sull'udito per molte cose molto probabilmente non l'avrei nemmeno sentito.
"Samuele, Samuele!" lo chiamo andandogli incontro per poi abbracciarlo forte.
Samuele's Pov
"Arrivederci piccola Francesca!"
"A-arrivederci folle Samuele!"
Le ultime parole che ci siamo scambiati.
Parole risalenti ad una settimana fa, ma ancora presenti nella mia testa. Parole che ho scambiato con una ragazza che a livello di cuore potrebbe fare invidia chiunque, e per quanto mi riguarda anche a livello di viso a dire il vero.
Ho visto il rossore sul suo viso quando l'ho baciata sulla guancia, anche se sapevo che non l'avevo provocato io. L'ho vista tremare, ho sentito la sua voc fare altrettanto, ma questa volta non per la rabbia o la paura. Lei è felice con lui, lo so. Lui le ha dato quello che io non ho mai saputo dare, né a lei né  a nessun'altro. Addirittura mia sorella Giuditta si è allontanata da me. L'ho contagiata con la mia cattiveria fin dal principio, poverina. Lei non ha tutta la colpa. La mia altra sorella, Alicia, la compagna di classe di Francesca, non mi rivolge la parola da tre anni a questa parte, in pratica da quando ha conosciuto la ragazza alla quale ho reso la vita una specie di inferno. Né Alicia né Fabio sono mai stati d'accordo.
Quante gliene ho fatte, povera Francesca! Eppure lei c'è sempre stata quando mi ha visto in difficoltà: da ubriaco, da massacrato di botte... sempre!
"Addio" sussurro, dicendolo più a me stesso che a qualcuno presente al porto.
"Samuele, Samuele!" Mi sembra di riconoscere il timbro della sua voce e prima di salire sulla nave che mi porterà lontano da lei le vado incontro e sento le sue braccia stringermi forte come nessuno mi ha mai stretto.
"Non fare sciocchezze, per favore!" dice. "Non farti più male di quanto te ne sia fatto finora perché, anche se non ci crederai mai, io a te ci tengo!"
Mi rendo conto del fatto che lei mi sta toccando il viso e spazza via le mie lacrime con le sue piccole e delicate dita.
"Come fai a volermi bene se io non ti ho fatto altro che male?"
"A tutti si dà un'altra possibilità, Samuele! E poi io da piccola ci rimanevo male perché mi dispiaceva di avere dei nemici a scuola" risponde calma.
"Ora devo andare! Sii felice anche per me, d'accordo?"
"Te lo prometto Samuele." dice portando una mano al cuore e salutandomi con l'altra poiché mi sono appena staccato da lei.
Salgo sulla nave e mi trattengo dal gesticolare per salutarla perché so che lei non potrebbe vedermi. Forse può sentire la nave che parte, ma con i gesti la vedo un po' difficile.
Vado a mettere tutte le mie cose nella cabina che mi è stata assegnata.
Ho fatto tutto di fretta, tanto che non pensavo di trovare posto su questa nave. Inoltre, se lei non avesse ritirato le accuse a mio carico, mi avrebbero arrestato. Non le avevo detto che sarei partito, quindi non so come lei abbia fatto a saperlo, ma sono felice che sia venuta. Lei un po' a me ci tiene, anche se le ho dato molti motivi per allontanarsi.
"Chiedo scusa" sento dire ad una ragazza alle mie spalle.
Mi volto e vedo una ragazza con un bastone bianco tra le mani. Le guardo il viso, le mani, i capebli ricci, gli occhi color marrone scuro... questa ragazza è la copia di Francesca!
"Dimmi" le dico gentilmente, tendendo la mano per prendere la sua, piccola e tremante come quella della ragazza migliore che abbia mai conosciuto.
"Io... io non so dov'è che mi hanno sistemata" dice timida, "non è che mi potrebbe aiutare?"
"Non ti hanno detto il numero della cabina?"
"Mi hanno detto la 207" risponde lei, "ma mi sono persa."
"Vieni, se non sbaglio è proprio accanto alla mia."
Lei richiude il suo bastone ed io la prendo a braccetto e la porto con me su per le scale.
"Come ti chiami?" chiedeo.
"Evangeline, ma tutti mi chiamano Lin" risponde lei.
"Sei in viaggio da sola?"
"Sì, sono sola. Ma... perché me lo chiede?"
"Non darmi del lei, Lin! Chiamami pure Samuele, è il mio nome. Comunque ti ho vista sola, per questo te lo chiedevo. Ah, ecco, siamo arrivati! Io sono nella cabina a sinistra: la 208. Tu sei in questa" concludo facendole sfiorare la porta.
"Grazie sign... Samuele!"
"Figurati, è un piacere."
È un piacere riparare agli errori commessi, anche se la ragazza che ti permette di farlo non si chiama Francesca, ma Evangeline.
Entro nella mia cabina e mi getto sul letto, ma non mi accorgo di aver azionato la radio premendo un pulsante e parte la canzone: "Ti ho voluto bene veramente", che ora come ora parla proprio di me.
"Così sono partito per un lungo viaggio,
lontano dagli errori e dagli sbagli che ho commesso.
Ho visitato luoghi per non doverti rivedere
e più mi allontanavo, più sentivo di star bene.
E nevicava molto, però io camminavo.
A volte ho acceso un fuoco e per il freddo ti pensavo.
Sognando ad occhi aperti sul ponte di un traghetto
credevo di vedere dentro al Mare il tuo riflesso.
Le luci dentro al porto sembravano lontane
ed io che mi sentivo felice di approdare,
e mi cambiava il volto, la barba mi cresceva.
Trascorsi giorni interi senza dire una parola...
e quanto avrei voluto in quell'istante che ci fossi
perché ti voglio bene veramente,
e non esiste un luogo dove non mi torni in mente.
Avrei voluto averti veramente
e non sentirmi dire che non posso farci niente.
AVREI TROVATO MOLTE PIÙ RISPOSTE
se avessi chiesto a te, ma non fa niente.
Non posso farlo ora che sei così lontana.
Mi sentirei di dirti che il viaggio cambia un uomo,
e il punto di partenza sembra ormai così lontano.
La meta non è un posto, ma è quello che proviamo,
e non sappiamo dove né quando ci arriviamo.
TRASCORSI GIORNI INTERI SENZA DIRE UNA PAROLA,
CREDEVO CHE FOSSI DAVVERO LONTANA,
SAPESSIMO PRIMA CHE QUANDO PARTIAMO
LO SCOPO DEL VIAGGIO È @La META, È IL RICHIAMO.
PERCHÉ TI VOGLIO BENE VERAMENTE
E NON ESISTE UN LUOGO DOVE NON MI TORNI IN MENTE,
AVREI VOLUTO AVERTI VERAMENTE
E NON SENTIRMI DIRE CHE NON POSSO FARCI NIENTE!
AVREI TROVATO MOLTE PIÙ RISPOSTE
se avessi chiesto a te, ma non fa niente...
non posso farlo ora che sei così lontana.
Non posso farlo ora..."
Sulle note di quella canzone scoppio a piangere, cosa che in ventidue anni non ho mai fatto, sembra strano ma è vero, e butto fuori tutto quello che provo, cosa che mi è sempre risultata semplicemente impossibile.
Piango e inizio a gettare tutto per aria, furioso con me stesso per non aver saputo dare neanche un filo di speranza a quella povera ragazza, almeno per amicizia... lei meritava di essere portata per mano, di essere trattata con affetto e dolcezza, tutte cose che le sta dando quel ragazzo che poco meno di un anno fa a momenti mi prendeva a pugni per ovvie ragioni dato che le stavo dando fastidio.
Forse un pugno me lo sarei meritato, ma lui ha preferito occuparsi di lei che corrermi dietro per suonarmele di santa ragione, e ha fatto bene perché lei aveva molto più bisogno di quei gesti d'affetto di quanto io ne potessi avere di sentire dolore.
Improvvisamente sento due mani minuscole circondare i miei polsi e una vocina delicata dirmi: "Fermo, va tutto bene."
Abbasso lo sguardo verso la figura che è accanto a me e vedo la piccola Evangeline che mi tiene delicatamente i polsi e noto che vi sta tracciando dei ghirigori con delicatezza.
"Come hai fatto a riconoscermi, Evangeline?" le chiedo.
"Ti ho sentito gridare e volevo sapere cosa ti fosse successo."
"Sono un completo disastro, Lin!"
La bruna si avvicina a me e le sue braccia cingono il mio corpo. La sento lasciarmi andare con un braccio per toccarmi il viso e mi accorgo che mi sta asciugando il viso con i suoi capelli.
"Io non so cosa tu abbia fatto" mi dice, "ma se ti sei pentito, qualunque cosa sia, sono sicura che ti abbiano già perdonato."
"Lei mi ha perdonato, ma io non posso farlo perché mi sento troppo in colpa per lasciarmi tutto questo alle spalle..."
"Vuoi dirmi che cos'hai fatto?"
"Vorrei, ma ho paura di perdere anche le parole che scambio con te."
"Tu fidati di me, io mi fiderò di te, d'accordo?"
Le prendo la mano e la faccio sedere sul letto per poi sedermi vicino a lei, alla sua sinistra. Le cingo le spalle con un braccio e la guardo. Lei forse lo sente, infatti abbassa subito il viso.
Inizio a raccontarle quello che è stata la mia vita, quello che ho fatto, le persone che ho ferito, ma lei non accenna a volersi muovere dalla posizione in cui si trova.
Le racconto tutto, lasciando che il mio cuore diventi più leggero, senza tralasciare il benché minimo dettaglio. Lei mi ascolta, ma non batte ciglio e non mi ferma.
Alla fine si alza, si mette di fronte a me e mi stringe a sé come una mamma stringe il suo bambino.
"Vedi? Io sono qui, non me ne vado!" mi dice. "Se tu lo vuoi, è chiaro."
Mi lascio stringere e la trasporto sul mio letto, continuando a singhiozzare fino ad assopirmi tra le sue braccia e con i suoi capelli che mi sfiorano il viso come fossero le dita di una madre premurosa.

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