100: Tutto è bene quel che finisce bene!
Daniel's Pov
Le parole di quell'uomo continuano a ripetersi nella mia testa, quasi come se questa fosse un lettore DVD che riproduce qualcosa a ripetizione. Un disco rotto, ad esempio.
"E... Che cosa dovremmo fare?"
"Dovreste venire qui in commissariato... se la signorina sa qualcosa che può riguardare un complice della signora ci sarà molto utile."
"A che ora?"
"Domattina alle dieci."
"Okay... glielo dirò." dico in fretta per poi chiudere la chiamata.
Mi avvicino a Francesca che mi chiede: "Stavi parlando con un agente del commissariato, vero?"
"Sì... non so come tu possa saperlo, però è vero."
"Ti sembrerà un po' strano se te lo dico, però ho sentito qualcosa. Sono riuscita ad afferrare qualche parola."
"E sai cosa mi hanno detto?"
"Che domani dovrei andare in commissariato."
Sorrido stringendole la mano. Lei, che non è mai entrata là dentro, sembra diventata una frequentatrice abituale di quel posto. Per il numero di volte in cui ci è entrata, intendo. La sua mano, però, trema tantissimo e ho quasi paura di farle male stringendola di più.
"Vogliono che io parli del loro complice... e se ce ne fosse un terzo?"
"Perché un terzo?" chiedo.
"Perché Nico mi ha detto che anche i suoi fratelli sono stati maltrattati mentre il più grande era in uno stato di..."
"Incoscienza?" la anticipo.
"Sì..." sussurra lei in modo quasi impercettibile, scuotendo contemporaneamente la testa per accennare quello che ha detto. "Percré è tutto così difficile? Perché loro si divertono tanto a tormentarci?"
Prima che lei possa aggiungere altro le spengo le parole sulle labbra posandovi sopra le mie e la tengo più stretta dato il tremore che si è impossessato del suo corpo.
"Questa storia finirà presto... e se non dovesse accadere potrai gridarmi contro tutto il tempo che vorrai per avertelo detto!"
"Non lo farei."
Le sue parole mi sorprendono. Le ho fatto una specie di promessa su qualcosa che non so con sicurezza, ma... ma lei non sembra irritata!
"E per che cosa dovrei avercela con te? Per aver tentato di confortarmi in tutti i modi? Per aver viaggiato di notte solo per raggiungermi e per aver continuato a viaggiare per accompagnarmi in commissariato?"
Sorrido a quelle parole tanto dolci, sussurrate, come sempre, per la sua timidezza, ma dette con un tono così sicuro da non sembrare pronunciati da quelle splendide labbra rosse ed è così bello vedere e sentire che lei si è accorta del fatto che le sto sorridendo e mi sta restituendo il sorriso che, per un momento, dimentico tutto quello che stiamo passando.
"Sai che sei in grado di farmi dimenticare ogni problema?" le chiedo, anche se spero sia una domanda retorica e che lei lo sappia già.
"Veramente no."
Sorrido. Lei, tanto candida ed innocente, come avrebbe potuto dire che sapeva di essere la mia medicina? Come avrebbe potuto dire che sapeva quanto mi facesse bene starle accanto, come in questo preciso momento?
"Beh, adesso lo sai. Ti prego, piccola, non dimenticarlo..."
Francesca's Pov
Siamo rimasti così, stretti l'uno all'altra.
Abbiamo passato tutta la notte, o quello che ne restava, a dormire abbracciati. Io girata di spalle e con la testa posata sul suo petto, come mi è capitato tante volte, ascoltando i battiti un po' accelerati del suo cuore. Credo che anche lui abbia sentito i miei, che vanno allo stesso ritmo. Mi accorgo del fatto che lui si sta tirando su, piano piano, e faccio altrettanto.
"È l'ora, non è vero?" chiedo.
"Sì... è l'ora" mi risponde lui abbracciandomi.
"Spero di cuore che tutto vada bene."
Per tutta risposta lui mi lascia un dolce bacio sulle labbra e dice: "Al diavolo tutto, io non ti lascio da sola proprio in questo momento!"
Non potrei essergli più grada per quello che ha appena detto. Non avrei potuto avere più fortuna ad incontrare qualcuno di quanta ne abbia avuta con lui.
Andiamo entrambi a prepararci e lui mi dice: "Non prendere il sacchetto, non è necessario. Ti accompagno io."
Sorrido e gli faccio un cenno d'assenso. Mi fido di lui, non ho problemi, so che non mi pianterà in asso all'improvviso.
Mi prende per mano ed usciamo di casa. Lui sa come guidarmi e sono convinta che anche con la sorella, quando era al buio come me, abbia saputo benissimo come aiutarla. Lui non mi dice niente, si limita a camminare un passo davanti a me, in modo che io possa sentirlo salire o scendere un gradino, o addirittura capire se c'è un ostacolo. Se mi capita di non notarlo e rischio di perdere l'equilibrio lui mi rimette in piedi. È proprio come se avessimo sempre vissuto insieme.
"Ecco!" mi dice fermandosi. "Ci siamo!"
Percepisco delle presenze, è come se non fossimo soli qui fuori.
"C'è qualcuno?"
"Sì, la ragazza di ieri con il fratello, credo, altri ragazzi e una donna che non ho mai visto prima." mi dice semplicemente.
Mi accorgo dello sfrecciare delle ruote sulla strada e la portiera di un'auto sbatte, credo che chiunque l'abbia spinta sia appena sceso. O forse è più di una persona?
"Francy!" sento la prima voce e capisco che appartiene a Nico.
"Nicolas!" dico girandomi verso di lui per salutarlo.
Lui mi lascia un bacio sulla guancia, cosa che mi provoca non poca agitazione dati i numerosi ricordi che sono legati a questo semplice gesto.
Poco dopo anche Flor e Fede ci raggiungono e io mi chiedo cosa ci facciano qui. A quanto pare anche Giada ha voluto accompagnarli essendo scesa insieme a Flor.
Come faccio a sapere tutte queste cose? Ho imparato a riconoscere il loro tocco, le loro voci sussurrate che si fanno coraggio a vicenda. Le ho riconosciute tutte ed ammetto di essere fiera di questa cosa.
"Sei venuta ad aiutarmi, Florencia?" le chiede una donna la cui voce non mi è familiare.
"No! Sono venuta fin qui a sapere fin dove vuoi arrivare!"
Ma chi è questa donna? Perché si comporta in questo modo?
"E questa ragazzina che ci fa qui?" chiede ancora, riferendosi a me a quanto pare, visto che sento il suo insistente sguardo addosso.
"Questa "ragazzina", come la chiami tu, è venuta qui a far luce su quello che stanno passando questi bambini!"
"Ragazzina, non mi guardi, eh?"
"No, signorina."
"E perché?" chiede la donna.
"Perché con una protesi ad un occhio e l'altro non funzionante non posso guardare proprio nessuno!" le spiego con calma per poi aggiungere: "Se vuole posso rivolgere la mia faccia verso di lei... So bene che si trova dall'altra parte della strada, e so anche che mi sta guardando!"
"Allora non sei davvero..."
Prima che possa dire altro, con le mani avanti, mi dirigo verso di lei e spalanco gli occhi al massimo, in modo che lei li veda bene. "Visto?"
Non ottengo alcuna risposta.
"Francesca, non è necessario." mi ferma Flor. "Quella strega non merita tante spiegazioni..."
Mi prende sottobraccio e mi conduce verso l'entrata del commissariato.
"Ma... tutta questa folla non dovrebbe essere qui... ad un processo?" mi azzardo a dire.
"Credo che ci scorteranno a un tribunale tra poco." risponde Flor.
"No, signorina, si svolgerà tutto qui!" dice il commissario.
Entriamo tutti e degli agenti ci fanno accomodare su delle sedie.
"Santo cielo... spero tanto che vada bene." dico tra me e me.
Sento una mano stringere la mia e le dita della persona che più mi dà sicurezza si muovono compiendo movimenti circolari sulla mia pelle.
Sento entrare qualcuno e un rumore di manette mi fa intuire che la strega è entrata e che sta agitando le braccia per liberarsi.
"Scusi" chiedo ad un agente, "è necessario tenerla ancora in manette?"
"È meglio. È una tigre in gabbia, se la liberassimo potrebbe..."
"E tu che cosa ci fai qui? Non potrai essere d'aiuto a nessuno, e sai perché? Perché tu sei inutile!"
Lei si avvicina e sento che sta allargando le dita per tirarmi i capelli. Non mi fa poi tanto male, forse per via delle manette che quasi le impediscono di muoversi.
"Tu, piccolo... angioletto, sei sempre stata la mia spina nel fianco perché tu sei troppo buona! E non puoi aiutare nessuno qui perché sei solo una povera..."
Stringo forte i denti per non farmi sfuggire un singhiozzo prima che lei pronunci la parola fatidica.
Sento qualcuno trascinarla indietro e cado.
"Non si azzardi a dire una cosa del genere, sia chiaro" le dice subito Daniel.
La strega viene portata via. Io, dal canto mio, cerco di trattenere le lacrime e quando sento la voce del "professore" di musica, per poco non mi metto ad urlare.
"Calma" mi dice sottovoce Daniel. "Questa storia finirà presto."
Ha ragione. Finirà presto, perché io sono veramente stanca di soffrire.
"Signorina, riconosce questa persona?" chiede un commissario, facendomi ascoltare una registrazione che devono aver fatto di recente.
"Sì. Riconosco la voce dell'uomo che ha colpito il bambino. Lui si chiama Matteo, non conosco il suo cognome, ma si è fatto passare per un insegnante di musica torturandomi psicologicamente ed ora è passato a prendersela con questi ragazzi."
"È in grado di dirmi chi è?" mi chiede il commissario.
"Come fa se non ci vede?" salta su proprio lui.
Io ne approfitto per indicarlo.
"È lui. Riconosco fin troppo bene la sua voce, non ho bisogno degli occhi. Anche perché se ora lo guardassi molto probabilmente non lo riconoscerei."
"Lo ha visto maltrattare qualcuno di questi bambini?"
"Sì. Proprio il fratellino di quella ragazza che avete arrestato ieri."
"In che dinamica?"
Sto iniziando ad innervosirmi, ma se questo farà sbattere in prigione questa banda di mostri sono disposta a sorbirmi un interrogatorio di ore, giorni, settimane, mesi!
Insomma, sono disposta a stare qui quanto sarà necessario per farli arrestare.
"Stavo tornando a casa dall'ospedale... ero caduta battendo la testa, per questo sono stata ricoverata" dico evitando che mi fermino per chiederlo. "Ho sentito qualcuno gemere, ho chiesto a mia madre di fermare l'auto e c'era il bambino in questione: Alì. Mi ha chiesto di dargli qualche moneta e io gliene ho data qualcuna... poi ho notato che sentiva dolore e che aveva molti lividi. Quell'uomo e la strega che poco fa mi ha adgredita verbalmente e fisicamente sono venuti verso di noi e ho notato che Alì si era innervosito. Il "professore", se così preferisce chiamarlo, si è avvicinato e lo ha colpito solo perché non era riuscito a fruttargli abbastanza da fare i suoi sporchi comodi!"
"Signorina, per favore, si calmi." mi ferma il commissario.
"Come posso calmarmi, scusi? Questa gente è pericolosa e io sono stanca di stare a guardare mentre loro distruggono tutto quello che toccano!"
La rabbia sta prendendo il controllo su di me, mista al dolore che mi provoca stare a contatto con quei due, per giunta nello stesso momento. So che questo non va bene, che mi sto soltanto ferendo, ma non posso evitarlo.
Tutti i ricordi mi piombano addosso come massi che mi vengono lanciati da un punto ignoto di questa stanza. Sento una mano stringere appena più forte la presa sulla mia.
E chi ha bisogno di chiedere? So bene chi mi sta stringendo la mano, perché solo una persona riesce a infondermi tanta sicurezza così.
"Signorina, con lei abbiamo finito. Ora sta a lei decidere: vuole restare o preferisce uscire?"
"Tesoro, faresti meglio a uscire" mi dice Flor. "Sappiamo tutti quanto tutto questo ti faccia male."
Quanto è dolce!
"Grazie Flor."
"Tranquilla. A mia sorella ci penso io, perché sono convinta che anche lei sia invischiata in questa storia maledetta." mi dice Flor.
Annuisco e mi lascio condurre fuori da quella stanza dal mio ragazzo.
Una volta fuori da lì me ne infischio di essere in mezzo alla strada e mi lascio andare a un pianto a dir poco disperato.
"Ehi!" mi sento chiamare per poi essere tirata in un abbraccio proprio da lui.
Piango in silenzio mentre lui mi stringe a sé, sentendo il battito ritmico del mio cuore.
"Piccola mia... non immagini quanto mi faccia male sapere che tu stai male... Stai calma..."
Mi tiene stretta a sé, mi consola come se fossi una bambina. La sua bambina.
"Ehi, ascoltami piccola. Io ti giuro che starò con te. Comunque vada."
Dopo un po' una morsa mi stringe lo stomaco. È come se la tensione si fosse trasformata in un essere umano.
Sì, proprio un essere umano. Un essere umano che stringe in un pugno il mio stomaco.
"Dovremmo rientrare?"
"Sì... esatto!"
Lui mi prende la mano con delicatezza e mi riconduce dentro, dove tutti loro ci stanno aspettando.
Quando entriamo Daniel si china verso il mio orecchio e mi sussurra: "Sono tutti e tre ammanettati, Francesca! Ce l'abbiamo fatta!"
Lo dice tanto piano che se non fosse vicino a me farei un po' fatica a sentire le parole che lui mi ha detto.
Lui mi fa mettere seduta e sento dire i tre nomi dei coinvolti seguiti dalla frase: "Vi dichiaro in arresto per maltrattamento minorile!"
Si alza un boato nella stanza, al quale io non mi unisco perché ho una stranissima sensazione. La banda di mostri è stata definitivamente sconfitta, ma... ora che fine faranno quei bambini? Cosa succederà?
Quasi mi avessero letto nel pensiero una porta viene spalancata e i bambini, quasi impazziti, iniziano a dire: "Mamma! Papà!", a seconda della persona che entra. Ora sì che sono felice!
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