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13| Non è mai troppo tardi

"E non è mai troppo tardi.
Suona strano può darsi
se poi basta un momento per trovarsi."
⏯️ Non è mai troppo tardi, Federico Rossi.

6 Giugno 2021.

Baku. 📍

Cloe e Iris erano appena entrate nel paddock del circuito di Baku. Da quando si erano salutate quella mattina, avevano scambiato solo poche parole. Per il resto, altro non c'era stato se non assoluto silenzio. Cloe non era infatti in vena di parlare dopo ciò che era successo, ed Iris aveva deciso di rispettare la sua decisione.

Ogni tanto si limitava a rivolgerle qualche sguardo per verificare che fosse tutto ok, ma in realtà niente era ok e ne erano consapevoli entrambe. Cloe si era appena lasciata con il suo ragazzo, dopo una relazione durata anni. Non era una situazione facile da gestire, per lei. Per nessuno mai lo sarebbe stato.

Perché in fondo, nonostante da un lato avesse capito che per Evan non provava più le stesse cose di prima, dall'altro però non sarebbe stata in grado di cancellare così velocemente una persona che per così tanto tempo aveva fatto parte della sua vita. Evan era stato un capitolo felice per lei, come avrebbe potuto fare finta di niente?

E dall'altro lato c'era un problema che aveva un nome ed un cognome: Daniel Ricciardo. Aveva provato a contattarlo, più volte la sera precedente, ma l'australiano non le aveva mai risposto e lei aveva deciso di desistere. Aveva rinunciato ad inviargli messaggi, ma non avrebbe rinunciato a lui, non quella volta.

«Se vuoi posso parlarci io con lui o posso chiedere a Lando di...» fu l'unica cosa che Iris le aveva detto, poco prima di entrare nel paddock. Non era riuscita a starsene zitta, non dopo aver visto la sua amica in macchina con un'espressione tutt'altro che felice sul viso.

«No.» fu la risposta secca e veloce di Cloe, data quasi di scatto. «Non voglio mettervi in mezzo. Tutto questo è successo a causa mia.» le spiegò poi, con un tono invece più tranquillo. Iris le era stata accanto e si era più volte offerta di aiutarla, proprio come aveva fatto in quel momento.

Cloe però aveva deciso di cavarsela da sola, come aveva sempre fatto. Non aveva mai costretto le persone ad aiutarla, ma aveva sempre provato a fare tutto da sola. E il più delle volte ci era riuscita. Altre, invece, era quasi stata costretta a chiedere aiuto. In quella situazione, però, avrebbe dovuto e voluto raggiungere il suo obiettivo da sola.

Iris lo aveva capito, e aveva deciso di assecondarla. Le aveva solo più volte chiarito che era lì per lei, e che non era tardi per chiedere anche solo un piccolo aiuto a lei e a Lando. In qualsiasi momento loro sarebbero stati disposti ad aiutarla. E in realtà Lando lo aveva già fatto.

Aveva infatti già parlato con Daniel, proprio quella mattina prima di arrivare al paddock. Michael Italiano, il personal trainer di Daniel, era alla guida della macchina che la Mclaren aveva affittato per i membri della scuderia, e Blake era al suo fianco. Lando e Daniel erano invece seduti sui sedili posteriori, l'uno affianco all'altro.

«Dimmi.» disse improvvisamente Daniel, e Lando voltò improvvisamente la testa verso di lui, non riuscendo a capire fin dove il suo compagno di squadra volesse arrivare. «So che c'è qualcosa che vuoi dirmi, e so anche chi è la persona di cui vuoi parlarmi. Quindi dimmi.»

Lando si ritrovò quasi preso alla sprovvista. Era una persona irrequieta, lui, e senza peli sulla lingua. Se aveva qualcosa da dire, la diceva. Non aveva mai avuto niente da nascondere, ed era solito dire tutto ciò che gli passava per la testa. Quella volta però, a causa di Iris e della promessa che le aveva fatto, era stato costretto a frenarsi.

I suoi tentativi erano però in realtà stati vani, in quanto Daniel aveva capito che ci fosse qualcosa di strano in lui. Perché Lando gliene avrebbe parlato fin da quando aveva scoperto ciò che era successo la sera prima tra lui e Cloe, ma aveva promesso ad Iris che non lo avrebbe fatto.

«Perché non hai risposto a Cloe ieri sera?» alla fine però non fu in grado di trattenersi, anche se in realtà non aveva infranto nessuna promessa. Era stato Daniel a chiedergli di parlare, lui non aveva mai tirato fuori l'argomento. Quindi non ne aveva nessuna responsabilità. Aveva solo fatto ciò che Daniel gli aveva chiesto di fare.

«Perché avrei dovuto farlo?» fu la risposta dell'australiano, quasi in realtà come a voler sapere cosa avrebbe fatto Lando se si fosse trovato nella sua stessa situazione. Perché c'erano stati momenti in cui aveva dubitato della scelta presa a Monaco, eccome se lo aveva fatto.

Erano passati giorni da quella mattina in cui si era ritrovato da solo nel letto dopo aver passato la notte con Cloe, e poteva finalmente ammettere di non essere più così tanto arrabbiato con lei. Non sapeva più cosa provava, in realtà, e questo si era riversato tutto sui suoi sentimenti. Non sapeva più se ignorarla per tutto quel tempo fosse stata la scelta giusta da fare.

La sera precedente, quando aveva visto per l'ennesima volta il numero di Cloe sul display del proprio telefono, le aveva quasi risposto. Era rimasto per qualche secondo ad osservare il suo nome, per poi decidere di desistere e ritornare a fare quello che stava facendo pochi attimi prima della chiamata: fissare il vuoto.

Stava provando ad addormentarsi, ma erano giorni in realtà che quasi aveva difficoltà a farlo. Non era solo "colpa" di Cloe o di ciò che era successo tra di loro, ma anche della Formula 1. Era andato in Mclaren per riuscire a ritornare competitivo come una volta, ma più andava avanti e più credeva che competitivo non lo sarebbe stato mai più.

«Forse perché vuole parlarti?» continuò a ribattere Lando, con l'ennesima domanda, mentre entrambi si accingevano a scendere dalla macchina. Erano arrivati al circuito, sapevano che da quel momento non avrebbero più avuto modo di poter parlare, sia per il tempo che per le persone intorno pronte a recepire qualsiasi informazione pur di uno scoop. «Ma se non rispondi non saprai mai cosa ha da dirti.»

Daniel lo osservò per pochi secondi, mentre insieme si dirigevano verso il motorhome della Mclaren. Fece però cadere il discorso lì, con quelle parole di Lando che forse in fondo si aspettava. Dopotutto lui voleva sapere il motivo per cui Cloe lo avesse chiamato, era così curioso di saperlo ma al tempo stesso anche così impaurito di scoprire che invece non era niente di tutto ciò che immaginava.

Decise quindi di non starci più di tanto a pensarci, e iniziò a concentrare la sua totale attenzione sulla gara che avrebbe dovuto correre qualche ora più tardi. Partiva tredicesimo sulla griglia di partenza, non così bene come avrebbe voluto. Avrebbe avuto però cinquantuno giri per cercare di recuperare e soprattutto di rimediare al disastro del giorno precedente.

A conquistare la pole del Gran Premio dell'Azerbaijan 2021 era stato il pilota della Ferrari Charles Leclerc. Il monegasco era stato in grado di mantenere quella posizione su Lewis Hamilton e Max Verstappen anche in seguito alla partenza. Al secondo giro, però, il pilota inglese era riuscito a superarlo, diventando così leader del Gran Premio.

Fu una gara piena di colpi di scena, quella. Una gara che avrebbe dato tanto lavoro a giornalisti come Cloe ed Iris. Negli ultimi giri, infatti, uno degli pneumatici della Red Bull di Max Verstappen cedette, e il pilota olandese finì contro il muretto terminando così la sua corsa nel circuito di Baku.

A quel punto la FIA decise di interrompere il Gran Premio, annunciando bandiera rossa. In questo modo ad essere in pole alla ripartenza sarebbe stata la Red Bull di Sergio Pérez, seguita dalla Mercedes di Lewis Hamilton. Ed ecco l'altro colpo di scena: il pilota inglese lungo subito dopo la ripartenza. Fu proprio in questo modo che Sergio Perez riuscì a conquistare la sua seconda vittoria in carriera.

«Voglio l'esclusiva su Max Verstappen, corri!» quasi gridò Iris a Cloe. Il Gran Premio era da poco terminato, seguito dai festeggiamenti e dalla premiazione sul podio di Sergio Perez, Sebastian Vettel e Pierre Gasly. Cloe avrebbe preferito intervistare uno di loro, ma Iris era subito corsa verso la postazione dove di lì a poco si sarebbe trovato Max Verstappen con il suo addetto stampa.

Ma dopotutto, come darle torto? Quel ragazzo era diventato il favorito di quella stagione, insieme a Lewis Hamilton, per diventare campione del mondo. Fino a quel Gran Premio non aveva commesso errori, o se li aveva commessi erano però stati del tutto irrilevanti. Quel giorno, invece, qualcosa era andato storto. In quella gara Max Verstappen aveva sbagliato ed era andato contro il muro, ponendo così fine alla sua corsa.

«Non importa ciò che è successo oggi, otterrò quel titolo a fine stagione.» poche parole ma buone uscirono dalla bocca di quel ragazzino di ventitré anni. Iris aveva sperato di ottenere qualche informazione in più, Cloe invece non si era mai aspettata diversamente. Max Verstappen era quel tipo di pilota che dimostrava tutto in pista e non perdeva tempo davanti ai microfoni.

«Possiamo provare ad intervistare qualcun altro.» disse a quel punto Cloe, guardandosi intorno per riuscire a trovare qualche pilota che fosse libero di poter parlare con loro. «O forse possiamo anche aspettare.» continuò poi, quasi ritraendosi indietro alla sua stessa proposta. Perché, in quel momento, l'unico pilota disponibile era proprio lui.

Daniel d'altro canto cercava di non incrociare il suo sguardo, e quasi gli risultava impossibile. Non faceva altro che pensare a ciò che era successo tra di loro quella notte, e a tutte le emozioni che aveva provato. Non sapeva se ne fosse innamorato, ma sapeva che per lui era importante, più di quanto avesse mai pensato. Non voleva perderla, ma al tempo stesso non riusciva a vederla al fianco di Evan.

Evan. Non aveva ancora visto il monegasco girovagare nel paddock. Il giorno prima era presente, e lui lo sapeva bene. Lo aveva notato al fianco di Cloe, e si erano anche scambiati qualche sguardo. Quel giorno, invece, sembrava essere scomparso. O era partito per lavoro, o doveva essere successo qualcosa tra lui e Cloe.

«Abbiamo finito?» chiese improvvisamente al suo addetto stampa. Sapeva che ci fossero Cloe ed Iris libere, ma stava provando ad evitarle sperando che anche il suo PR facesse lo stesso. Fortuna volle che, proprio nel momento in cui il suo addetto stampa stava per proporgli di andare verso le due ragazze, ad esse si fosse avvicinato Esteban Ocon.

Daniel fu così costretto - anche se ne fu sollevato in realtà - a dirigersi verso la motorhome della Mclaren, scacciando via quel pensiero dalla sua testa, con il suo addetto stampa al suo fianco. Cercò di pensare ad altro, concentrandosi ad esempio sull'esito della sua gara. Era riuscito a guadagnare due punti. Erano pochi, per uno come lui, ma erano pur sempre qualcosa.

Aveva bisogno di fare meglio, sia per lui che per la scuderia per cui correva. Aveva bisogno di guadagnare ancora più punti, e quello poteva essere visto da molti come un punto di partenza. O quasi, soprattutto dopo ciò che era successo in qualifica il giorno precedente. Non poteva deludere la Mclaren, anche se più tempo passava più lui sembrava demoralizzarsi.

Ed era stato proprio quello il motivo per cui quella sera Lando, prima delle due settimane di pausa, aveva deciso di organizzare una cena con alcuni dei piloti in griglia. Voleva aiutare Daniel a pensare ad altro che non fosse il suo lavoro, ma in realtà lo aveva fatto anche per un altro motivo che non avrebbe rivelato al suo compagno di scuderia, o almeno non ancora.

Daniel era stanco e inizialmente non aveva accettato l'invito di Lando, ma quel ragazzino di appena ventuno anni sapeva come convincere le persone, e soprattutto lui. In questo modo, l'australiano si era ritrovato a prepararsi nella sua camera per la cena di quella sera.

Lui e Lando furono gli ultimi ad arrivare al ristorante. Entrarono velocemente nel locale e si diressero verso i loro amici. Avevano chiesto al proprietario di collocarli nel posto più isolato che avesse e li aveva felicemente accontentati. Chi non lo avrebbe fatto nella sua stessa situazione?

«Colpa di Lando e dei suoi capelli se abbiamo fatto tardi.» fu la prima cosa che disse Daniel, indicando il suo compagno di squadra al suo fianco. «I suoi baby hair non avevano intenzione di mettersi in ordine.» continuò a prenderlo in giro, scherzando sulla sua età. Effettivamente, Lando Norris era uno dei più giovani piloti presenti nella griglia di Formula 1 quell'anno.

«Mi assumo tutte le colpe, ma solo perché non voglio far affaticare Daniel nel discutere. Sapete, l'età...» e fece cadere lì la frase, seguita da una risata generale dei presenti. Se Daniel Ricciardo sapeva scherzare, Lando Norris lo sapeva fare anche meglio. Aveva del pepe in bocca quel ragazzino, e presto se ne sarebbero accorti tutti. Soprattutto i suoi avversari in pista.

Quella sera erano presenti piloti dal calibro di Charles Leclerc, Max Verstappen e George Russell con le loro rispettive fidanzate. Lando aveva fatto un bel lavoro, soprattutto nel convincere Daniel a partecipare alla cena.

Procede tutto secondo i piani.

Aveva inviato quel messaggio proprio nel momento in cui il cameriere era giunto al tavolo per servire loro il primo piatto. Quel messaggio era un vero e proprio segnale, in realtà, e proprio per questo motivo Daniel non avrebbe mai dovuto leggerlo.

Procediamo.

La risposta di Iris arrivò dopo qualche minuto, e quasi dovette trattenersi dal ridere. Sembravano due persone in missione, proprio come si vedevano nei film stile 007. E forse lo erano davvero. Tutta quella cena era stata organizzata per un motivo: far incontrare Daniel e Cloe.

Perché alla fine la ragazza si era decisa, e aveva chiesto aiuto ad Iris e Lando. Ed ecco come i due ragazzi si erano mobilitati per organizzare la serata. Iris avrebbe dovuto aiutato Cloe a prepararsi e a dirigersi verso il ristorante in cui erano presenti i piloti. L'unico compito di Lando invece era stato quello di convincere Daniel a cenare fuori insieme a lui e ad altri piloti.

E fu proprio grazie a quell'aiuto che era stato dato a Cloe che Daniel si era ritrovato al posto giusto al momento giusto, ignaro di ciò che sarebbe successo di lì a poco. Stava parlando con George Russell quando infatti sentì quasi per istinto la voglia di voltarsi. Non aveva un motivo, sapeva solo che doveva farlo.

E fu ciò che fece, proprio pochi secondi dopo. Spostò lo sguardo dall'amico all'entrata del locale e quasi sbarrò gli occhi per la sorpresa. Cloe era lì, a qualche metro da lui. Come aveva fatto a scoprire dove sarebbe stato quella sera? E come aveva avuto l'indirizzo del locale?

«Vai a parlare con lei.» lo risvegliò dai suoi pensieri Lando. Se non fosse stato per il suo compagno di squadra, avrebbe davvero pensato che si trattasse solo di un'allucinazione tanto era lo stupore e la sorpresa in lui in quel momento. «È venuta qui per te, Daniel.» continuò a spiegargli Lando, di fronte allo sguardo confuso del suo compagno di squadra.

«Perché?» si limitò a chiedergli, senza staccarle gli occhi di dosso. Lei non l'aveva visto, non ancora almeno. Daniel zittì la voce nella sua testa che gli consigliava di alzarsi e andare verso di lei. Voleva prima sapere il motivo per cui si trovasse in quello stesso locale dove era presente anche lui.

Lando però non gli rispose, e solo a quel punto spostò lo sguardo da Cloe al suo compagno di squadra. «C'entri tu in tutto questo, non è vero?» gli chiese, scrutandolo con gli occhi. Lando invece si limitò a sorridergli, alzando le spalle senza dargli una vera e propria risposta. Indicò poi con un cenno del capo qualcosa davanti a loro e, quando spostò il suo sguardo, Daniel incontrò gli occhi di Cloe. Ora sì che l'aveva visto.

Senza dire niente, si alzò lentamente dal posto in cui era seduto, sotto lo sguardo confuso dei suoi amici. George Russell stava per chiedergli cosa stesse succedendo, ma Max lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla. Dopotutto il pilota della Williams non sapeva niente di Daniel e Cloe e di ciò che era successo tra di loro, anche se aveva notato alcuni degli sguardi che si erano scambiati nei paddock in tutti quei mesi.

Quando Daniel giunse di fronte a Cloe, impiegò qualche secondo prima di essere in grado di parlarle, non sapendo cosa realmente dire. Era solo ipnotizzato dal suo sguardo, come lei d'altronde lo era del suo. Cloe aveva infatti preparato un discorso da fargli, ma in quel momento non le usciva nemmeno una parola dalla bocca. «Cosa ci fai qui?» le chiese infine Daniel, interrompendo quel silenzio reputato irritante da entrambi.

«Avevo bisogno di parlare... con te.» gli rispose Cloe, deglutendo timorosa di una risposta negativa da parte del ragazzo. Daniel continuò a fissarla per qualche altro secondo, confuso dalle sue parole. Perché era lì, da lui, quando l'unico posto dove sarebbe dovuta essere era insieme al suo ragazzo?
«Dov'è Evan? Non dovresti essere con lui?»

«L'ho lasciato, definitivamente questa volta.» ammise, senza esitare nemmeno un attimo. Dopotutto era andata da lui proprio per quello. Daniel aveva il diritto di sapere tutto. «Mi dispiace per come mi sono comportata con te. È solo che... avevo le idee confuse. Non sapevo più cosa volevo.» continuò poi, notando che l'australiano non si era minimamente preoccupato di controbattere.

In quel momento era infatti troppo occupato a cercare di metabolizzare le parole dette dalla ragazza che si era improvvisamente ritrovato di fronte. Aveva lasciato Evan? E perché? Lo aveva realmente fatto per lui o a causa di altri motivi? «E ora lo sai?» si limitò a chiederle in seguito, non del tutto convinto di voler avere una risposta da Cloe.

«Sì.» rispose invece lei, guardandolo negli occhi. Aveva uno sguardo serio sul proprio volto, al punto tale che Daniel capí che non era tutto uno scherzo. Cloe aveva finalmente scelto. «Ora divertiti, ne parliamo domani. Sempre se vorrai farlo.» gli disse lei, quasi sussurrando l'ultima frase per paura. Paura che ormai fosse troppo tardi, paura che lui avesse deciso di chiudere definitivamente con lei.

Gli diede quindi le spalle e cercò di incamminarsi verso la porta del locale per poter andare via il prima possibile. Prima che potesse farlo, però, prima ancora che potesse lasciarlo da solo ed uscire dal locale, Daniel la fermò prendendole il polso e facendola voltare nuovamente verso di lui. «Voglio parlarne ora invece.» controbatté lui, e Cloe fu sorpresa per la sicurezza che notò nel suo sguardo. Forse non era troppo tardi.

Daniel la lasciò da sola per quasi un minuto. Si diresse infatti dai suoi amici, che intanto avevano osservato curiosi l'intera scena da lontano e che appena avevano visto l'australiano arrivare verso il loro tavolo avevano finto di non aver orecchiato per tutto il tempo. Gli bastò un solo sguardo con Lando e Max per spiegargli le sue intenzioni. Il suo compagno di squadra e il suo migliore amico annuirono, poi lo lasciarono andare, consapevoli che avrebbero poi dovuto spiegare tutto agli altri.

Daniel ritornò in seguito da Cloe, e le fece segno di seguirlo fuori dal locale. «Potrebbero esserci giornalisti in giro, preferirei un posto più tranquillo.» iniziò a dirle, guardandosi intorno. «Ti dispiace se andiamo nella mia stanza d'hotel?» le chiese poi, maledicendosi subito dopo. L'aveva appena invitata nella sua camera. «Scusami, io non intendevo...» cercò di giustificarsi, ma le parole gli morirono in gola.

A Cloe bastò uno sguardo per capire le paranoie che Daniel si stava facendo a causa di ciò che aveva detto. Se fosse stato un altro ragazzo avrebbe pensato che avesse avuto doppi fini, ma si trattava di Daniel. Lui era sincero, e poi aveva ragione. I giornalisti erano sempre stati avidi di gossip e non si sarebbero di certo lasciati scappare uno come quello. Dopotutto, anche se lei era una giornalista sportiva, sapeva bene come funzionavano quelle cose.

«L'hotel va benissimo, tranquillo.» lo rassicurò Cloe, con un piccolo sorriso. A quel punto Daniel alzò lo sguardo verso di lei, che aveva precedentemente abbassato verso le sue scarpe per evitare altro imbarazzo, e si limitò ad annuire. In pochi minuti si ritrovò a guidare la sua macchina, con Cloe al suo fianco, diretti verso l'hotel in cui alloggiava il team Mclaren durante il Gran Premio.

Il viaggio, come entrambi si sarebbero aspettati, fu parecchio silenzioso. Daniel era impegnato alla guida, anche se ogni tanto si era preoccupato di rivolgere qualche piccolo veloce sguardo a Cloe. Lei, invece, aveva cercato di non incrociare i suoi occhi per tutta la durata del tragitto. In quel momento stava solo trovando le parole giuste da usare una volta arrivati in camera d'hotel.

Quando si ritrovarono al di fuori di essa, quasi una ventina di minuti dopo, Daniel prese la tessera che gli avevano consegnato il primo giorno di permanenza in hotel ed aprì la porta. Si voltò, osservando Cloe e facendole segno di entrare. In seguito entrò anche lui e si chiuse la porta alle sue spalle.

Ed ecco che erano uno di fronte all'altro, in attesa che uno dei due dicesse qualcosa. Il momento di parlare era finalmente arrivato. Entrambi avevano paura di dire qualcosa di sbagliato, ma al tempo stesso entrambi volevano che le cose andassero per il verso giusto.

«Prima di iniziare, volevo farti una domanda.» interruppe il silenzio Cloe, voltandosi e cercando lo sguardo di Daniel che, in realtà, era stato su di lei fin dal primo istante in cui avevano varcato la soglia della camera. «Dopo che siamo andati a letto insieme e hai scoperto che ero ritornata con Evan, perché hai reagito in quel modo?» gli chiese poi, timorosa che l'australiano avesse potuto fraintendere le sue parole. E infatti fu quello che fece.

«È una domanda assurda la tua, Cloe.» rise nervosamente Daniel, passandosi una mano tra i capelli. Cloe aveva imparato a conoscerlo piuttosto bene in quei pochi mesi in cui aveva iniziato a lavorare in Formula 1 e aveva quindi capito di essere riuscita, con quella semplice domanda, a metterlo abbastanza a disagio al punto tale da renderlo nervoso.

«Se è assurda non avrai problemi a rispondere, no?» gli disse lei, incrociando le braccia al petto in segno di sfida. «Perché ci sei rimasto male? Non credo che sia la prima volta che hai questo tipo di avventure, giusto?» continuò poi, alludendo alle foto uscite pochi giorni prima che lo ritraevano in compagnia di una modella bionda. Aveva odiato quelle immagini più di qualsiasi altra cosa al mondo.

«Perché a differenza tua io sapevo fin dall'inizio cosa volevo!» quasi urlò Daniel, stanco di quel battibecco. In un'altra situazione non si sarebbe mai esposto così tanto, ma aveva capito che ormai era giunto al limite. Non poteva più fingere con Cloe. «Volevo te, fin da quando ho incrociato il tuo sguardo poco prima di quell'intervista a Bahrain. Mi hai colpito fin da subito, e non so neanche spiegarmi il perché. So solo che volevo te. Io voglio te.» si ritrovò quindi ad ammettere a quella ragazza che aveva di fronte e che in quel momento lo stava guardando con le lacrime agli occhi.

Cloe sbarrò gli occhi, meravigliata da quell'improvvisa dichiarazione da parte di Daniel. Non credeva che l'avesse colpito fin dall'inizio, e non sapeva se per lei fosse stato lo stesso. Dopotutto mesi prima lei era fidanzata con Evan e quindi non era interessata ad altri ragazzi, ma doveva ammette che con Daniel era stato diverso. Lo aveva capito forse troppo tardi. «Quindi quella notte...»

«Non è stata come tutte le altre, e credevo che tu la pensassi allo stesso modo. Poi però quasi una settimana dopo ti ho vista baciare Evan in quel bar a Monaco e ho capito che per te era invece stato diverso e che mi ero solo illuso.» la interruppe l'australiano, cercando di sostenere il suo sguardo, ma abbassandolo poco prima di finire di parlare.

«Non lo è stato.» si ritrovò a controbattere Cloe. «Non è stato diverso. Io... ho provato qualcosa, quella notte. Non so spiegarti bene cosa, ma so solo che da quel momento tutto mi è sembrato diverso.» ammise poi, guardandolo negli occhi ma non riuscendo anche lei a sostenere il suo sguardo per troppo tempo. «Sono ritornata con Evan perché credevo di amarlo ancora, ma mi sbagliavo e forse ho capito solo troppo tardi che invece provo qualcosa per te.» ammise infine, sospirando, abbassando la testa verso il basso.

Quasi un minuto di silenzio seguì quelle parole. Cloe sentiva le lacrime formarsi attorno agli occhi. Si sentiva una stupida per aver voluto parlare con Daniel che probabilmente non voleva più vederla. L'australiano invece, con sorpresa da parte della ragazza, fece l'esatto opposto di ciò che lei credeva. Non la pregò di uscire dalla sua camera e di non contattarlo più, anzi, fece qualche passo verso di lei.

«Non è mai troppo tardi.» le disse poi, mettendole una mano sotto al mento per poterle alzare la testa e incrociare per l'ennesima volta il suo sguardo. Aveva bisogno di guardarla negli occhi mentre diceva quelle parole. «Sono stato male per colpa tua, ma hai ragione. Non è la prima volta che passo una notte con una ragazza con cui non ho nessuna relazione e non mi sono mai preoccupato di quello che avrebbero fatto il giorno dopo con qualcun altro, ma con te è stato diverso.»

Erano ormai a pochi centimetri di distanza, ed entrambi avrebbero volentieri fatto quel piccolo passo avanti per far scontrare finalmente le loro labbra. Si godettero però quel piccolo silenzio che si era creato tra di loro, guardandosi negli occhi e sorridendosi sinceramente. Era come se, attraverso quel silenzio, stessero comunicando senza usare parole e voce ma solo con un semplice contatto visivo.

Qualche minuto dopo Daniel fece salire la mano dal mento alla guancia di Cloe e poi, non volendo perdere più altro tempo, la baciò. La ragazza ricambiò subito, stringendosi a lui e annullando completamente la poca distanza ancora presente tra i loro corpi. Daniel invece rafforzò la presa sui suoi fianchi, spingendola leggermente verso il muro.

Si staccarono solo per riprendere fiato. «Non ti fermare.» sussurrò sulle sue labbra Cloe, per poi far congiungere nuovamente le loro labbra. Fece scendere le sue mani verso i lembi della maglietta di Daniel, e provò a tirarla verso l'alto. Solo in quell'istante si rese conto di quanto gli fosse realmente mancato quel contatto fisico con l'australiano.

Daniel però, che fino a quel momento aveva ricambiato il bacio e le attenzioni della ragazza, la fermò prendendole le mani. «Ne sei sicura?» le chiese titubante. Era già successo, aveva già passato una notte insieme con lei e non era andata a buon fine. Non avrebbe voluto svegliarsi da solo, come quella maledetta mattina.

«Te l'ho detto.» rispose invece Cloe, appoggiando entrambe le mani attorno al viso di Daniel. Gli sorrise dolcemente, probabilmente come mai aveva fatto prima. «Ora so cosa voglio.»  continuò, quasi sussurrando quelle poche parole sulle sue labbra. Quelle stesse parole che provocarono un sorriso anche sul volto di Daniel.

Finalmente erano entrambi consapevoli. Cloe provava qualcosa per Daniel e Daniel provava qualcosa per Cloe. Consapevolezza che ormai mancava solo ai due diretti interessati. Tutti coloro che li avevano conosciuti, e soprattutto che li avevano visti interagire, avevano fin da subito notato quella piccola e strana scintilla tra di loro.

Tensione, chimica, amore. Poteva essere chiamata in diversi modi, o poteva non essere chiamata affatto. L'importante infatti era che entrambi avevano finalmente capito che quella scintilla era reale, che ciò che c'era tra di loro esisteva sul serio e non era solo frutto della loro immaginazione.

Il loro compito, ora, era quello di non permettere a quella scintilla di morire. Non lo avrebbero permesso per nulla al mondo, non si sarebbero fatti sopraffare da qualcosa o da qualcuno. Ma si sa: nessuno può sfuggire al destino, nemmeno un amore come il loro.

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