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sedici

Guardo fuori dal finestrino mentre le macchine scorrono veloci lasciandosi dietro il una scia di frastuono.
Lascio cadere la testa all'indietro e chiudo gli occhi stanca, vorrei solo buttarmi a letto e invece devo ancora andare a far da baby-sitter tra meno di un ora.
<<sai che non mi piace che torni a casa da sola, soprattutto se è buio>>
Mi rimprovera Caleb.

<<scusa papà...>>
Dico in un sussurro sperando di non farmi sentire, non ho voglia di fare conversazione.
Purtroppo per me mi ha sentito ed è ostinato a voler continuare con questo inutile discorso.

<<sul serio, Jennifer, avresti dovuto chiamarmi>>
Punta lo sguardo su di me ora che siamo al semaforo evito di guardarlo anche se appena smette i miei occhi si puntano su di lui senza volerlo.
Ha la schiena rilassata sul sedile, la mano destra che tiene il volante e il braccio sinistro fasciato poggiato al bordo del finestrino. Lo sguardo sempre fisso sulla strada, tranne qualche volta che lo sposta su di me e io sposto il mio da lui.

<<non mi parli?>>
Chiede ancora.

<<non mi va di parlare>>
Rispondo fredda alzando le spalle.
Lui sbuffa e nessuno dice più niente, io intanto guardo l'ora sul cellulare.
Le 5: 30... quindi ho solo mezz'ora per mangiare visto che la casa della signora dalla quale devo andare è dall'altra parte rispetto al dormitorio.
Forse dovrei iniziare a pensare come arrivarci, le opzioni non sono molte: metro, autobus, taxi o piedi.
Piedi, sono troppo pigra, taxi, sto cercando di risparmiare, autobus, non so quale prendere... quindi rimane solo la metro... potrei acquistare i biglietti lí, arrivare il più vicino possibile e poi fare un pezzo a piedi.

<<smettila di fissarmi>>
Mi risveglio d'improvviso dai miei ragionamenti, non mi ero accorta di star fissando Caleb.
Scuoto la testa e torno a guardare davanti a me.

<<non ti stavo fissando...>>
Cerco di sembrare convincente, ma, ovviamente, non ci riesco.

<<si invece, ed era irritante>>
Non dico altro, mi limito a sospirare... voglio dormire o buttarmi sul divano con un panino burro e marmellata come cena.
La macchina si ferma e capisco che siamo arrivati, così scendo e una ventata di freddo mi investe.
Faccio un lungo respiro e cerco di rilassarmi, ma sembra impossibile.
Allora chiudo gli occhi un secondo mentre aspetto che Caleb prenda tutto dalla macchina.
Intanto qualcosa di freddo si poggia sul mio zigomo destro facendomi rabbrividire.
Apro subito gli occhi.
Nevica.
Finalmente qualcosa di buono che mi rallegra la giornata.
Gli angoli della mia bocca si allargano in un sorriso.
<<sta nevicando!>>
Dico a Caleb anche lui con lo sguardo rivolto verso il cielo.
<<sei proprio perspicace>>
Ride sarcasticamente...
Voglio, anzi pretendo, che domani sia tutti bianco... la neve risolve i problemi! Rende tutti felici perché ricorda il natale... è stupenda, e mi ricordo che nella mia piccola città le poche volte che nevicava si riempiva tutto di un bianco latte, le scuole chiudevano e tutti uscivano fuori a giocare con lo slittino mentre io ero l'unica che vicino alla mia finestra leggeva con le urla dei bambini che giocavano in sottofondo.
Sorrido ancora di più per quei ricordi felici e sento lo sguardo di Caleb su di me che mi tiene caldo mentre io con il naso all'aria guardo la neve cadere.

Odio la neve.
Ritiro tutto quello che ho detto prima, la neve, perlomeno in città, fa schifo.
Sono stanca, ho fame, ho i piedi gelati nonostante gli stivali, le orecchiabile gelate, le mani gelate, il naso gelato.
Sono uscite di casa da dieci minuti e questa è la mia situazione attuale, devo ancora arrivare alla metro.
Sta nevicando da forse un ora e le strade sono già piene di neve sporca dallo smog e dalle auto, mentre sui marciapiedi, quindi dove cammino io, la neve è alta circa dieci centimetri e mi sembra di avere i piedi dentro un freezer.
Vedo davanti a me a qualche metro di distanza le scale per scendere alla metro e tiro i sospiro di solievo, presto sarò al caldo, per quanto ci possa essere caldo nella metropolitana.
Scendo le scale metro sento sotto i piedi il sale che scricchiola, mi guardo un po'attorno, non è la prima volta che prendo metro e che non sono brava ad orientarmi.

<<allora...per Kingstone City>>
Guardo confusa la mappa della metropolitana, troppi colori e troppe scritte, riesco solo a leggere un "tu sei qui" in caratteri cubitali.
Dalle scale scendono un gruppo di ragazzi della mia età, tutti quanti di colore con una banda rossa intorno alla testa ridono e fanno casino, li guardo un attimo e mi viene da sorridere: vanno in giro spensierati.
Torno a guardare la mappa e socchiudo gli occhi per cercare di leggere meglio i caratteri piccolissimi.
<<dove diavolo e kingstone City?!>>
Sbotto.

<<ehi Bellezza calma!>>
Dice una voce con uno strano accento più Newyorkese molto marcato.
Mi volto a guardare il ragazzo che mi guarda con gli occhi sbarrati e alle spalle altre cinque ragazzi

<<come?>>
Chiedo confusa dal nomignolo.

<<dai bellezza! Dimmi dove devi andare e vedo di darti una mano!>>
Mi sorride mettendo i suoi denti bianchi in mostra, sorrido a mia volta e mi decido a parlare... non ho mai sentito un accento del genere e sono a new york da qualche mese.

<<Kingstone City...>>

<<niente di più facile piccola!>> Dice alzando improvvisamente la voce <<prendi la gialla fino ad Atlantic Avenue, li scali sulla verde che invece ti porta a Kingstone Avenue! Semplice e veloce ragazzina!>>
Okay... creo di aver capito... almeno spero.
Improvvisamente un agente di polizia sulla cinquantina scende dalle scale e quando vede i sei ragazzi accelera il passo.

<<voi! Fermatevi subito!>>
Urla indicando i ragazzi che sbarcano gli occhi ma senza muoversi.

<<ehi Johnson! Come stanno bambini e moglie?>>
Chiede il ragazzo mentre tutto il gruppo inizia ad indietreggiare.

<<non provate a scappare>>
Li rimprovera.
Loro iniziano finalmente a correre e io ulro un grazie prime che girino l'angolo.

<<ti adoriamo baby!>>urlano e poi spariscono dietro il muro seguiti dall'agente di polizia.
Rido per la buffa scena e vado a fare i biglietti.

Scendo finalmente dalla metropolitana dove ormai non c'è nessuno.
Salgo le numerose scale e timbro il biglietto d'uscita, fuori sta ancora nevicando ma non posso non andare ora che sono qui.
Sono le 6:30 ho ancora mezz'ora per arrivare a casa di Grace, Google maps dice che mi bastano dieci minuti ma conoscendo il mio senso dell'orientamento ne dubito fortemente.
<<okay... andiamo>>
Sussurro e vado a destra.

<<fare inversione e proseguire dritto>>
Dice l'app di Google maps, sospiro e mi volto per poi andare avanti.

Tre volte, ho sbagliato tre volte la casa, ma non è colpa mia... più o meno.
Semplicemente ho perso il fogliettino e l'unica cosa che mi ricordo è l'indirizzo, come se non bastasse queste case sono tutte uguali.
Perché se fossero state diverse saresti riuscita a riconoscere la casa di una sconosciuta incinta.
Si... si certo.
Busso alla quarta porta sperando che non sia sbagliata pure questa e incrocio le dita.

<<si? Chi è?>>
Il fatto che sia la voce di una donna a rispondere e non di un uomo, vecchietta o bambino mi infonde un po' di speranza.

<<Grace? Sono Jennifer...la ragazza della libreria>>
Ti prego fa che sia lei.
La porta viene aperta e la prima cosa che vedo è un enorme pancione.
Si è lei.

<<Jennifer cara, grazie per avermi fatto questo favore! Vieni entra!>>
Sì fa da parte per farmi entrare e come varco la soglia della porta il caldo mi attraversa.
<<i bambini stanno dormendo entrambi quindi non devi fare molto, vieni ti faccio vedere la casa e i bambini intanto che aspettiamo che mio marito si decida a scendere!>>

Grace mi porta velocemente in giro per la casa, questa ha due piani entrambi molto grandi e ben arredati, molto stanze sono ancora vuote visto che, così mi ha detto, sono in questa casa da qualche mese e quelle stanze saranno per i loro figli quando diventeranno più grandi, per ora li fanno dormire in un unica grande stanza così almeno se piangono entrambi è più facile.

<qui invece è dove stanno dormendo quei piccoli diavoli vestiti da angeli>>Dice sussurrando e pian piano apre la porta.
Davanti a me ci sono due culle, in una c'è un bambino di circa tre anni dai capelli rossi e folti come la madre, nell'altra c'è una bambina vestita in rosa con i capelli, anche se ancora pochi, rossi come quelli del fratello.

<<Jacopo è il più grande, ha tre anni, spera che non si svegli è una missione farlo dormire, ma una volta che si addormenta nessuno lo sveglia più>>
Sussurra per non svegliarli.
<<la più piccola è Kora, ha nove mesi e lei è il contrario del fratello ha i sonno molto... molto leggero, vieni andiamo>>
Mi fa cenno con la testa di uscire dalla camera dei bimbi e io la seguo.
Scendiamo le scale e mi dice dove poggiare giubbotti e borse.

<<okay, allora noi andiamo, torniamo per le dieci o undici, pensavamo che già che c'eravamo di fare una cena tra noi due>>
Dice Grace.

<<tranquilli, non avevo comuqnue programmi>>
Rispondo io.
Loro annuiscono ed escono fuori casa.
Come chiudo la serratura un pianto di neonato rimbomba in tutta la casa.

<<come fai a sapere che sono usciti?!>>sussurro tra me e Kora al piano di sopra.

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