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dodici

Caleb alza lo sguardo dal libro che ha in mano e posa gli occhi su di me.
Accenno un sorriso per salutarlo e, mentre chiudo la porta, mi viene in mente la colonna sonora di Jules&Jim, che istintivamente inizio a canticchiare.
<<Bambinetta...>>
Non faccio caso alla sua vice fino a quando lui non alza il tono.
<<ehi! Mocciosa!>>
Sbotta.
Sobbalzo dal sorpresa e mi volto verso di lui come per chiedergli il perché abbia alzato la voce.
Lui indica con lo sguardo il libro, ma io continuo a non capire.

<<cosa?>>
Chiedo.

<<sto studiando...>>

<<no... non è vero, tu studi nella tua stanza, da solo, al buio>>
Indico la porta di camera sua con fare ovvio.
Non hai fame?
Che?
Ho voglia di pasticcini al cioccolato... ciò vuol dire che tu hai voglia di pasticcini al cioccolato, magari quelli che hai comprato ieri...dai, Jen, vai verso il frigo.

<<non è vero... studio sempre sul divano!>>
I miei pensieri vengono interrotti da Caleb che mente spudoratamente.
Lo guardo severamente per fargli capire che so che mi sta nascondendo qualcosa.
Lui contreccambia il mio sguardo e alza le spalle.

<<cosa c'è?!>>sbotta <<non posso studiare sul divano? Mi è forse proibito?>>

Sto per rispondere la porta della sua camera viene aperta bruscamente, esce poco dopo una ragazza dallo sguardo imbronciato, si tira su la spallina destra della maglietta e ci fissa per qualche secondo facendo passare gli occhi da me a Caleb.
La osservo bene e mi accorgo di conoscerla...Keisy, credo, forse si chiama così... insomma, il punto è che mi ricordo di lei.
Mi mordo le labbra per cercare di non ridere e far sapere che ho capito perché stesse studiando sul divano.
La ragazza sembra molto arrabbiata al contrario di Caleb che è del tutto impassibile alla situazione.

<<la prossima volta che ci provi con qualcuna cerca di non scaricarla verso la fine!>>
Urla con la sua vice stridula, si vede che cerca di trattenere le lacrime.
Cammina decisa verso la porta e poco prima di uscire si ferma a guardare il mio coinquilino un ultima volta.

<<addio Caleb!>>
Dice infine a testa alta con tono drammatico.
Sbatte la porta violentemente e fa muovere la cassetta portachiavi attaccata al muro.
Guardo Caleb che fissa la porta ancora con gli occhi sbarrati dallo stupore, che poco dopo incrociano i miei.
Entrambi scoppiamo in una grossa risata, mi tengo la pancia mentre
cerco di dire qualcosa di sensato che dovrebbe somigliare ad un "poverina", ma non ci riesco, le risate sono troppi forti.

<<oh mio Dio...>>
Dico appena posso.
<<mai vista una scena del genere>>
Sospiro e torno a respirare regolarmente.
<<cosa tutto hai fatto per farla arrabbiare così?>>

<<perché parti dal presupposto che sia stata colpa mia?>>
Sì difende sorridendo.

<<è sempre colpa tua!>>

<<be', questa volta no!>>

<<quindi? Che è successo?>>

Lo sento sospirare e poco dopo si mette a sedere sul divano poggiando il libro alla sua destra.
<<ecco... noi stavamo per scopare->>

<<Caleb! Puoi essere un po' più delicato?>>

Sbuffa rumorosamente e alza gli occhi al cielo, per poi ricominciare a parlare.

<<insomma... stavamo per... emh... andare a letto insieme>>dice, anche se suona più come domanda che come affermazione << e avevamo finito i preservativi, per lei andava bene anche senza, ma io non sono un amante dei bambini, quindi sono andato al distributore qui difianco e quando sono salito l'ho trovata curiosare tra le mie cose,sai quanto lo odio>>si ferma a guardarmi un attimo, come per farmi ricordare i primi giorni di convivenza in cui ficcavo il naso ovunque pur di scoprire qualcosa in più<<poi ha trovato il regalo di natale che avrei dovuto darti, ha iniziato a chiedere spiegazioni e io le ho iniziato a urlare contro di farsi i cazzi suoi, lei si è messa a piangere perché le ho urlato contro, io l'ho ignorata, ho preso un libro e mi sono messo sul divano, poi sei entrata tu e, si, il resto lo sai...>>

<<il mio regalo di natale?>>
Chiedo stupita, natale è passato da un bel po' ormai e noi non stavamo insieme in quel periodo.

<<mi hai ascoltato o ti sei fermata lì?>>

<<no, ho ascoltato, solo mi chiedevo... perché...non stavamo insieme>>

<<lo avevo preso a Manhattan, insieme al ciondolo a forma di libro... poi è rimasto nel cassetto>>

Devo sapere cos'è... infondo non può stare in quel cassetto per sempre, però sarebbe maleducato chiederglielo... ma tecnicamente è destinato a me.
Sto per aprire bocca ma Caleb è già in piedi davanti a me che mi porge una scatoletta blu scuro con un nastro rosso.

<<tieni>>
Dice guardando altrove, le guance sono diventate rosse, probabilmente come le mie.
Dubito un po' e faccio passare lo sguardo dalla scatoletta a Caleb.
<<ti decidi o no?!>>
Sbotta senza voler incrociare il mio sguardo.
Afferro la scatoletta.

<<io non ti ho preso niente>>
Lo avverto.

<<non mi aspettavo niente>>
Dice.
<<sei tornata qui... è già abbastanza>>
Sussurra così a bassa voce che credo di averlo immaginato.
Tolgo il nastro rosso dalla scatola e poi la apro.
All'interno c'è una sottile catenina d'argento con in mezzo un piccolo cuore dorato non stilizzato.
È uno dei bracciali più belli che abbia mai visto.
<<è stupendo>>
Dico sorridendo.

<<lo so... non lo avrei preso altrimenti>>
Risponde ovvio.

<<grazie...>>
Finalmente si decide a guardarmi.
Non avrebbe dovuto.
I nostri occhi si incrociano e la mia schiena viene attraversata da una scarica elettrica.
Caleb stringe i denti e lo vedo irrigidirsi.
Il battito inizia ad aumentare e so che sta succedendo la stesa cosa anche a lui, che intando si passa la lingua sulle labbra secche.
I nostri volti senza volerlo si sono avvicinati, le nostre labbra non si sono ancora sfiorate anche se a un millimetro di distanza.
Questo momento sta tutto nel desiderio dello sfioramento.
Ci stiamo trattenendo entrambi, avevamo detto basta...di fermarci ma sembra impossibile.

Il telefono nel giubbotto inizia squillare e mi accorgo solo dopo che starò trattenendo il respiro.
Caleb si allontana e si gratta dietro la testa imbarazzato.
Sbatto le palpebre un po' di volte per tornare me stessa e analizzo la situazione.

<<pensi di rispondere? Da sui nervi>>
Sì lamenta Caleb indicando la giacca del mio giubbotto.

Prendo il telefono e con un groppo in gola rispondo.

<<pronto?>>

<<Auguri!>>
Urla una voce infantile.

<<Keira sta zitta! Non è ancora il suo compleanno!>>

<<ciao amore della mamma! Stai mangiando? Mi senti? Senti tutti?>>
Dice la voce di mia madre.

<<allora come va con il tuo fustacchione?>>
Chiede mia nonna.

<<allora tesoro... si avvicina il tuo compleanno?>>

<<ciao papà...>>
Merda.

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