Errori
Non può essere vero!
Suo padre non può essere davanti a lei. È morto d'infarto, quando aveva solo quattro anni. Non ricorda quasi nulla di lui, neppure il suo volto. Solo le foto, tenute in bella mostra nella camera da letto, richiamano alla sua memoria il volto spigoloso, le iridi azzurre che lei ha ereditato e i folti capelli castani.
L'unico ricordo che ancora serba è il suo odore, che annusava, come solo una bimba può fare, quando provava ad addormentarla tra le sue braccia.
«Posso spiegarti tutto, tesoro.»
«C... cosa?»
«Sediamoci sulla sabbia. Sarà una lunga storia. Permettimi di raccontartela, dopo puoi scegliere di odiarmi. Lasciami, però, parlare ora.»
L'uomo si avvicina sempre più a lei, che, inesorabilmente, indietreggia come a temere un fantasma.
Rassegnato, il padre si siede sulla sabbia, incrociando le gambe e battendo il palmo della mano destra accanto a sé, per invitarla a imitarlo. Trisha non raccoglie l'invito dell'uomo, restando ferma nella sua posizione.
«Prima d'iniziare, voglio informarti che non sono stato l'unico a seguirti quando sei scappata da scuola. La mia stessa foga, l'ha avuta quel ragazzo che ci sta osservando dal bordo della strada. È il tuo ragazzo?»
Lei volta il suo sguardo in direzione della statale che confina con il lembo di spiaggia deserta e davanti ai suoi occhi appare la figura di Austin, lo osserva per un solo istante prima di tornare a volgere l'attenzione all'uomo seduto sulla sabbia.
«No! Un tempo, ho conosciuto un bambino che gli somigliava, credevo fosse la stessa persona. Mi sbagliavo.»
L'uomo continua a fissare le pupille in quelle della figlia, consapevole dell'amarezza delle sue parole. «Non credo che andrà via di qua, fin quando non ti saprà al sicuro. Vuoi andare a parlare con lui per tranquillizzarlo?»
Trisha sbuffa, infastidita e impaziente di conoscere la verità, «Non ti crucciare di lui, preferisco star qui a sentire la tua storia piuttosto che zittire i suoi sensi di colpa».
«Può sembrare una storia qualunque, come ne esistono tante, eppure, per me, rappresenta l'errore più grande che abbia mai commesso. La tua nascita mi ha reso l'uomo più felice del mondo, non potevo immaginare che mi avrebbe allontanato da tua madre. Era sempre più nervosa, triste e chiusa nel suo ruolo di genitore. L'amavo, un tempo, ma non fu sufficiente. Conobbi un'altra donna durante un colloquio, io lavoravo, anzi lavoro tuttora, come direttore delle risorse umane presso un'azienda di Augusta, dove abitavamo, e lei, Carrie, era bisognosa di lavorare poiché ragazza madre di una bambina della tua stessa età. M'innamorai perdutamente di lei, così fragile e forte nello stesso tempo. Non avrei mai voluto tradire tua madre, per questo motivo le raccontai tutto subito. Volevo vivere con Carrie ed ero disposto a tutto per lei. Non potevo immaginare la reazione di Maggie, mi mise davanti a una scelta: lei oppure te. Io...»
Trisha interrompe il monologo del padre, un sorriso amaro le modella le labbra, «Tu hai scelto lei. Non sono stata abbastanza neppure per te. Non sono mai stata abbastanza per nessuno: per te, per mia madre che mi ha usata come arma di ricatto, per le mie amiche, per Austin...» riporta i suoi occhi, annebbiati dalle lacrime, in direzione di Austin, scoprendo che è ancora lì.
«Lasciami finire, ti prego. Non potevo soccombere al ricatto di tua madre, volevo stare accanto a Carrie. Sono andato a vivere con lei e la sua bambina, Meredith. Non volevo abbandonarti e, i primi tempi, mi rivolsi a un avvocato per far valere i miei diritti. Sarebbe stata una lunga ed estenuante causa, io volevo solo vivere la mia vita accanto alla donna che amavo e donarle la serenità di cui aveva bisogno. Rinunciai a te, pentendomi ogni giorno. Tua madre andò via da Augusta, lasciando persino i suoi genitori, e rifugiandosi su quest'isola dove abitava un'anziana zia. Ti ha allontanata da tutti, i tuoi nonni materni desiderano tanto conoscerti, sono rimasto in contatto con loro. Cosa ti ha detto Maggie di loro, ha finto anche la loro morte?»
Un tribolo sfigura il volto dell'uomo, mentre lei scuote il capo in segno di diniego, «Mi ha raccontato di essere in disaccordo con loro».
«Qualche settimana fa, troppo desideroso di conoscerti, ho incontrato tua madre per informarla delle mie intenzioni. Questa volta sono stato irremovibile, per nulla al mondo avrei rinunciato a conoscerti, implorando di concedermi un'opportunità. Perdonami, Trisha.»
Le lacrime hanno smesso di solcare le guance della ragazza, al punto di farle temere che si siano esaurite oppure presume di essere divenuta immune al dolore.
«Ritorna dalla tua famiglia, ho fatto a meno di te in tutto questo tempo, posso benissimo continuare.»
L'uomo scatta in piedi e cerca di agguantare le sue mani, ma lei riesce a scansarlo, indietreggia ancora rischiando di cadere. «Trisha, ascoltami...»
«No! Mi hai chiesto di ascoltarti e poi decidere liberamente se odiarti o no. Ho scelto, voglio fingere di non averti mai incontrato. Tu non immagini minimamente cosa si prova a essere sempre secondi a qualcun altro, a non essere mai la prima scelta di nessuno!»
Queste ultime parole, urlate dalla disperazione, sono state udite anche da Austin, avvicinatosi appena ha notato l'ira di Trisha rivolta all'uomo davanti a sé.
«Tranquillo, ragazzo, non potrei mai farle del male», suo padre rivolge la parola ad Austin che, intanto, continua a fissarlo, cercando di carpirne l'identità.
«L'hai già fatto, invece. Tutti commettiamo degli errori ma non a tutti gli sbagli c'è rimedio. Oramai è tardi.»
Austin, sopraggiunto accanto a lei, s'irrigidisce nell'udire le sue parole, pronunciate con l'indifferenza di chi ha accettato il dolore inflittole, ancora una volta.
«Non puoi andar via da sola nelle condizioni in cui sei. Permettimi di accompagnarti.»
Il padre china il capo dopo aver notato il suo diniego, manifestato scuotendo la testa. «Almeno, lascia che sia lui ad accompagnarti», muove il dito per indicare Austin, che li osserva confuso poiché non ha capito quanto accaduto.
«Ti ho già detto di non conoscerlo. È un estraneo. Anzi, fatemi la cortesia di andarvene entrambi.»
«Trisha...» la ragazza non sa chi dei due l'abbia detto per prima, ha un'unica certezza: non lasciarli parlare.
«Andate via!»
L'uomo esegue, svilito, l'ordine impartito dalla figlia, si allontana percorrendo questo pezzo di spiaggia col capo chinato. Austin procede dopo di lui, silente.
Trisha li osserva fintanto raggiungono le loro auto, nelle quali si addentrano, sparendo dalla sua vista e dalla sua vita; si accascia, poi, sulla sabbia, sopraffatta dal dolore.
La mente della giovane è offuscata dal sovrapporsi d'immagini della sua esistenza e, con gesti meccanici, si priva degli indumenti, restando in biancheria intima.
Il suo intento è concedersi una nuotata al largo, cancellando, almeno per un attimo, la giornata di oggi. S'immerge lentamente, quasi a voler assaporare ogni momento.
Arrivata alla profondità che reputa sufficiente, si tuffa e inizia a nuotare, s'immerge e, poi, risale in superficie, compie la medesima azione ripetutamente. Si ferma, esausta, in un punto qualsiasi, scoprendo di non riuscire a toccare il fondale. È soltanto la testa a emergere dall'acqua. La voce del padre rimbomba nelle sue orecchie, sovrastata da quella di Austin, della madre, di Bryanna e Rose, persino da quella di Luke.
S'immerge nuovamente sott'acqua per non doverle udire ancora. Trattiene il respiro, continuando a concedersi pochi secondi prima di risalire, consapevole, però, che dov'è non esistono le bugie di suo padre, il tradimento di Austin, l'egoismo di sua madre, l'allontanamento di Rose, l'indifferenza di Bryanna e le offese di Caroline. La testa è svuotata da ogni emozione.
Nessun dolore riesce a penetrarla, immersa nel fondale marino. In un gesto istintivo, schiude la bocca che si riempie d'acqua. Un battito di ciglia, prima di sentire un peso stringerle sul ventre.
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