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Castelli di sabbia

La speranza mette radici pure nella roccia.
Jozéf Bulatowicz

Il sangue macchia la camicia immacolata e il petto s'innalza e si abbassa a ritmo irregolare, sono le ultime immagini del suo amico che torturano la mente di Trisha, nel frattempo due bracciali di ferro si posano intorno ai polsi di Mason.

Il giovane sfila accanto a lei, affiancato dagli agenti giunti in rinforzo. I suoi occhi sono impressi in quelli di Trisha, le labbra mimano frasi a discolpa, implorando di esser creduto.

Lei muove la testa, un lieve accenno con cui gli manifesta il suo appoggio, certa che non sarebbe capace di far del male ad anima viva, osserva la figura provata e accompagna i suoi passi sino alla pattuglia sopraggiunta; trattiene il fiato in gola quando ode il suono di due sirene che si sovrappongono: quella dell'auto che condurrà il suo amico nel luogo ove poco prima rivelava l'oltraggio subito e quella dell'ambulanza su cui non ho posato gli occhi, per silenziare la mortificazione che sente avvampare nelle viscere.

«Trisha, noi dobbiamo andare in ospedale e subito dopo in centrale. Non voglio farti ulteriori pressioni, ma domani mattina dovrai trovarti lì per fornire chiarimenti. Il movente potrebbe essere...»

«No, non è stato lui!» un urlo fuoriesce dal petto e graffia le corde vocali, interrompendo le supposizioni dell'agente Morris, che ha intuito con arguzia il coinvolgimento emotivo di Mason nella violenza perpetuata ai suoi danni.

Il poliziotto annuisce, sebbene palesi incertezza, «Dovrai recarti anche in ospedale, abbiamo bisogno di un medico che certifichi la violenza subita. Non temere, ventiquattr'ore non cancelleranno i segni. Possiamo rimandare a domani.»

«A domani, ragazze.» Morris è trascinato via dalla sua collega, di cui Trisha scorge la premura di terminare il suo supplizio quanto prima, come già aveva dimostrato durante la confessione.

«Trisha, torniamo a casa. Resterò con te, oggi e pure domani. Ti accompagnerò in centrale e sarò lì con te quando dovrai parlare con i tuoi nonni. Abbiamo ancora ventiquattr'ore prima del loro rientro, devi riposare un po' adesso. Vuoi andare in ospedale per avere informazioni su Cody?»

Il tremore che scuote il corpo illividito di Trisha nell'udire la sua domanda induce Meredith a desistere dal ripeterla. L'amica la sostiene per le braccia mentre la conduce in casa, dove un'altra notte d'incubi e urla soffocate attendono con solerzia la violata ragazza.

È una nottata oscurata dal dolore e dalla compassione, il primo iniettato come veleno letale nel corpo martoriato e la seconda raschia la consueta allegria di Meredith.

Il grigiore di un nuovo giorno di febbraio dissipa le tenebre della notte, dimenticando di portar via con sé quelle che circondano l'anima di Trisha. Nessun incubo o urla si è impadronito dei suoi sogni, solo il buio è dinanzi ai suoi occhi schiusi, confondendosi con il ricordo dell'orrore.

Entrano, meste, nello stesso ufficio del giorno precedente, ove trovano i medesimi agenti: Morris e Grey; i genitori di Mason accasciati sulle sedie della sala d'attesa è la prima immagine a palesarsi innanzi a Trisha, che sgattaiola via, senza farsi notare, con il timore di essere additata come unica responsabile.

È una scena già vista, nell'ampia stanza c'è Morris seduto dietro la scrivania e la Grey poggiata sul bordo della stessa, che sorride loro. «Buongiorno, ragazze. Sedetevi.»

Morris saetta lo sguardo dalle sopraggiunte alla sua collega prima di iniziare un monologo che sconvolgerà l'esistenza di Trisha, già a lungo provata.

«Patel ha subito due interventi, utili per estrarre le tre pallottole che hanno perforato entrambi i polmoni e la milza. I medici hanno indotto il coma farmacologico, attenderanno la stabilizzazione dei parametri vitali per svegliarlo e accertarsi dell'entità del danno.»

Un sospiro stizzito di Meredith è l'unico suono che interrompe l'agente Morris, mentre nessuna emozione è tatuata sul volto di Trisha.

«Mason Wood è stato trattenuto qui stanotte, ha raccontato di aver cercato, invano, Patel per tutto il pomeriggio, durante il ritorno a casa ha scorto la sua figura sulla riva del Kennebec. Conferma di essersi avvicinato per accertarsi delle condizioni e allertare i soccorsi, la pistola era accanto al corpo del ragazzo e Wood l'ha raccolta. Siamo in attesa dell'esito dello stub per decidere le sue sorti. Abbiamo, però, indagato tutta la notte anche in altre direzioni. Abbiamo scoperto elementi interessanti. Trisha, sapevi che Cody possedeva due computer?»

È stanca finanche di parlare, scuote la testa per dissentire e attende di sapere ciò che il poliziotto sembra avere sulla punta della lingua. Morris, compreso di avere la sua attenzione, si alza per prendere delle foto, mentre la Grey è ancora seduta sul bordo della scrivania, con le braccia incrociate e le gambe accavallate.

«La madre di Patel ha raccontato che suo figlio aveva da poco acquistato un nuovo computer che purtroppo non è stato trovato. In soffitta, abbiamo trovato, invece, il vecchio pc, notando al suo interno una cartella protetta da password. La scientifica è riuscita a decifrarla scoprendone il contenuto: fotografie. Ritraggono un ragazzo che, di notte, trascina il corpo di una ragazza. Abbiamo ingigantito i volti dei due. Potresti dirci se conosci qualcuno dei due?»

Una prima foto è poggiata sul legno della scrivania e cattura la curiosità di Trisha, è una giovane ragazza dai lineamenti delicati: ha occhi chiusi, gli zigomi pronunciati, le labbra piene e lunghi ricci castani incorniciano il volto. Lei scava nei meandri dei suoi ricordi, tentando di associare un nome a quel viso che le giunge familiare.

Un'altra foto viene poggiata sulla precedente, eclissandola; Trisha incunea le unghie nel palmo della mano, i denti mordono l'interno della guancia, martoriandola, mentre lei ingoia, silente, il sapore metallico del sangue prima di sputare a labbra serrate parole strozzate: «No, non li conosco!»

Castelli di sabbia, abilmente costruiti da due bambini felici, si sgretolano lentamente dinanzi ai suoi occhi, soffiati via da una leggera brezza trasformatasi, in un batter di ciglia, in un uragano impetuoso. Un cumulo di sabbia è ai suoi piedi e le rammendano un passato effimero.

Il volto di chi le ha insegnato a respirare per, poi, soffocarla, stringendo con possanza i palmi caldi intorno al suo collo, è impresso sulla fotografia ingrandita.

Austin.

Spazio Autrice
Vi scongiuro, salvate questa poveraccia dalle mie grinfie.

Trovato ieri in un gruppo Facebook


Credo di essermi dimenticata di far scendere Trisha dall'albero.

Scherzi a parte, vorrei conoscere le vostre opinioni.

Scopriamo in questo capitolo che Cody aveva fotografie che ritraevano Austin mentre trascina il corpo di una ragazza, cui viso è familiare a Trisha. Chi sarà?

Perché Cody aveva queste foto?

Chi ha cercato di ucciderlo?

Austin o Mason? Oppure qualcun altro?

La risposta è lì, tra chi abbiamo già conosciuto.

Trisha ha mentito per lui. Perché?

Baci
Mariarosaria

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