Capitolo 3
Mentre avanzo per il corridoio, nei miei abiti regali, non posso fare a meno di osservare il mio enorme palazzo, colmo di pietre preziose.
I muri fatti di marmo bianco sono ben decorati, con disegni scolpiti di grandi vittorie nella nostra mitologia. Dal grande Hercules, che piantò la spada nel terreno del Regno qui accanto, quello che dovremmo incontrare oggi; fino al mio bis-bis-bis... nonno Narciso, che, si specchiò nel lago del bosco sacro e protetto del mio Regno.
So che non dovrei essere felice di essere nato come figlio di un tizio maledetto, uno troppo vanitoso, che, per non aver aiutato e aver preso in giro la povera Eco, ci ha rimesso la vita.
Io, però, ne vado fiero.
Tutti i membri della mia famiglia, tranne mio fratello e mia madre (che non ha sangue reale), sono nati con una bellezza unica, ed io sono riuscito a raggiungere la vetta, come il mio antenato.
Ecco, perchè, non posso essere battuto, certo, da una falsa leggenda.
Continuo, in silenzio, ad avanzare ammirando, ovviamente, il mio riflesso su ogni oggetto, che luccica.
Arrivo nella sala del trono, dove, i miei tre familiari, si girano ad osservarmi prendere posto.
Mentre mio padre e mio fratello mi guardano poco, per poi alzare gli occhi al cielo, mia madre mi sorride leggermente.
Rapidamente mi metto seduto sul mio trono azzurro e con decorazioni d'oro, i miei due colori preferiti. Osservo come la sala del trono è stata decorata divinamente.
Ovunque c'è il rosso e l'azzurro i colori rispettivi del loro e del nostro Regno, insieme a bandiere con una nuvola e un tuono, rispettivamente color oro e rosso sangue, e la nostra, con narcisi bianchi e gialli, a sfondo azzurro.
Adoro quei fiori, che, insieme ai girasoli sono i miei fiori preferiti.
Dopo poco nella sala rimbomba il suono di trombette, che mi fanno saltare sul trono.
Le porte si spalancano, e fa la sua entrata un uomo dai capelli rossi, ma con delle sfumature rosa. Sui suoi occhi rossastri indossa un paio di occhiali rettangolari e neri, che gli danno un aspetto intellettuale.
Con abiti rossi e bianchi, tipici dei vecchi imperatori romani, quando ancora gli dei non si furono arrabbiati una seconda volta.
Con passo lento si avvicina, seguito da cinque soldati, armati fino all'osso.
Dopo poco arriva una donna con un abito rosso, lungo fino alle caviglie. Velocemente si mette al lato di quello che dovrebbe essere il marito.
"Reali di Ahel... " Inizia il sovrano, "Io sono Shinomiya, e lei è mia moglie: Hinako"
"Piacere! " Esclama lei sorridente.
Annoiato dalla conversazione, che è passata subito ai trattati di pace, noto, osservando quelli dell'altro Regno, una specie di gigante gabbia ricoperta da un telo bianco.
Curioso di cosa ci possa essere all'interno, comincio a guardarla attentamente, non ottenendo, ovviamente, alcun risultato.
Continuo a fissarla, non accorgendomi che hanno concluso la discussione è il trattato di pace, in quello che sono stati poco più di trenta minuti.
È quello che mi piace di più di questo nuovo mondo, e cioè che non ci vuole chissà che cosa per fare le cose, anche quelle più importanti.
"Vedo che ti interessa il mio trofeo, Urano" Mi dice ad un tratto il reale di Nankai.
Ci fa il segno di alzarci, e, io e la mia famiglia ci avviciniamo alla grande gabbia misteriosa.
"Di sicuro sai, Takumi, che tu sei considerato il secondo con gli occhi più belli al mondo, secondo solo ad il grande Icore, il così detto essere nato dal sangue dell'essere primordiale." Mi dice riferendosi a me.
"Sì, ma non credo ad una stupida leggenda... " Riaffermo io sicuro di me
All'improvviso toglie la tenda, mostrandoci cosa c'è sotto.
Un ragazzo con il busto appoggiato alle sbarre, e le gambe distese davanti a se.
Per coprirsi ha una misera maglia con dei miseri pantaloni, entrambi bianchi, ma di un bianco sporco.
I capelli sono rossi, rossi come il fuoco più puro, o come il sangue più chiaro.
"Trofeo" lo chiama il suo sovrano, "Alza la faccia e apri gli occhi"
"Tsk, e io dovrei vedere uno sch-" iniziai a dire, ma mi bloccai appena le mie iridi incontrarono le sue, che erano splendenti.
Le sue, che erano brillanti
Le sue che erano decisamente più belle delle mie
Le sue che erano la cosa più bella che avessi mai visto.
Le sue, che erano color oro.
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