Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Chapter thirty-five


Era sempre stato così fin da quando ne avevo memoria e capivo qualcosa della vita: io, come la maggior parte delle persone naturalmente, odiavo i funerali. L'ultimo funerale al quale avevo partecipato era quello dello zio Jeral Bledel, il fratello maggiore di Simon, morto di Leucemia. Zio Jeral era un uomo goffo con una pancia da birra, divorziato due volte e un comico nato. Non aveva mai preso sul serio nulla nella vita, nemmeno la sua malattia. A quei tempi però io non capivo questo suo essere indifferente, ma ora che ci penso zio Jeral aveva guardato la sua malattia con superficialità perché sapeva di non avere un futuro. Leucemia non voleva lasciar andare zio Jeral e lui dopo anni di chemioterapia aveva accettato leucemia come parte della sua vita e si era lasciato distruggere da essa.

Era trascorso così tanto tempo da quel giorno, ma ricordo benissimo ancora oggi quanto piansi, anche se zio Jeral ci aveva chiesto di non piangere durante il suo funerale. Nessuno di noi, nemmeno Simon, aveva visto zio Jeral piangere. No, lui non piangeva. Lui era forte e capace di reprimere i sentimenti dietro un goffo sorriso o una barzelletta. Avrei tanto voluto che insegnasse anche a me reprimere i miei sentimenti.

-Lady Talitha, è ora.- la tenue voce di Charlotte sussurrò alle mie spalle e io strinsi in mano la rosa bianca senza spine. Sentii lo sguardo di tutti i presenti su di me, aspettavano che facessi io il primo passo. Aspettavano che fossi io la prima a dire addio. Sentii le lacrime pungermi gli occhi e la vista diventò confusa e offuscata davanti alla bara di vetro all'uranio dove Maryssa giaceva senza vita. L'avevano vestita in un abito di seta bianco, semplice, che le arrivava appena sopra i suoi piedi nudi. La sua pelle azzurra aveva preso un colorito grigiastro e il labbro inferiore che di solito era dipinto di un rosso scarlatto, ora aveva perso il suo colore. L'aria intorno a me diventò oppressiva e soffocante, quasi velenosa.

Così come gli altri si aspettavano da me, feci il primo passo. Un uomo vestito tutto di nero e con il viso completamente coperto tranne per i suoi occhi, mi porse un calice con dentro della sabbia color crema pasticciera. I suoi occhi gelidi attraversarono il tessuto del vestito che indossavo per darmi una serie di brividi d'inquietudine. Afferrai di fretta e furia una manciata di sabbia in mano e mi piegai sui talloni davanti alla bara dove Maryssa giaceva, distogliendo subito lo sguardo dagli occhi raccapriccianti dell'uomo. Charlotte mi aveva spiegato il Rituale dell'Addio durante i funerali. Aveva detto che il Rituale serviva per offrire il corpo esanime e l'anima dei deceduti agli angeli. Non avevo mai preso in considerazione la teoria degli angeli, non sono mai stata religiosa o credevo fermamente all'esistenza di Dio o cose del genere quando vivevo sulla Terra, ma una cosa era certa: le anime di tutti i magici che avevano perso vita durante la battaglia, avevano bisogno di pace.

-Questo non è un addio.- mormorai a bassa voce alzandomi in piedi e allungai la mano sulla sua bara. Strinsi il pugno fino a quando sentii i granelli di sabbia graffiare la mia pelle. -Ci incontreremo di nuovo, quando arriverà il mio momento e il cielo mi riprenderà lassù con lui e mi porterà da te, io brillerò nell'oscurità come un diamante proprio accanto a te. Ci incontreremo di nuovo nel cielo come stelle.- narrai come mi aveva detto Charlotte mentre lasciai i granelli di sabbia scivolare tra le dita sulla bara di vetro. Aveva detto che era il Canto d'Addio, ma per me quello era un arrivederci, e non un addio. Zio Jeral disse che ci avrebbe aspettati lassù. Per alcune persone la morte era come una serenità definitiva, una sensazione di pace provata senza limiti dove si esce di scena lontano dai problemi della vita. Io però, la morte non consideravo come un addio. Non uno definitivo.

Quando tornai al posto, il re Marcus andò dopo di me per predicare il Canto d'Addio e così dopo di lui i familiari dei deceduti iniziarono, l'uno dopo l'altro, a predicare il Canto. Io ero l'unica oltre a Charlotte ad aver detto addio a Maryssa. Pensavo che la sua famiglia avrebbe partecipato al funerale, ma invece non era venuto nessuno.

-Milady Talitha.- una voce roca alle mia spalle catturò la mia attenzione. Quando mi voltai vidi un uomo di mezz'età, dai capelli rossi scarlatti raccolti dietro la nuca in una bassa coda di cavallo e una barba folta che circondava il suo viso. I suoi occhi color oliva erano penetranti, attenti e angusti, come qualcuno abituato a giudicare silenziosamente le altre persone. -Lord Louis mi ha riferito che Voi vi unirete a Samurai Rossi e io essendo il braccio dentro di Lord Louis, sono venuto a porgere il mio più sincero benvenuto tra i Samurai Rossi. Sono sicuro che Voi riuscirete ad arrivare a conquistare i Vostri obiettivi stando nei Samurai Rossi.- disse poi facendo un inchino leggero con la testa con una voce piena di orgoglio ogni qualvolta che pronunciava Samurai Rossi, poi si avvicinò a me. Era alto, molto altro, quasi doppio della mia altezza. Le spalle larghe e possenti mantenevano ferma l'armatura color rosso rame che indossava e in mano destra teneva ben salda l'elsa della spada posata dentro il fodero di cuoio marrone, il quale emanava una strana aura.

-Oh...- dissi solo quella parola, trovando la gola stranamente asciutta. Ingoiai la saliva sentendo il peso del suo sguardo intimidatorio capace di penetrare fin dentro le ossa del cranio. -Sono... anche io contenta di essermi unita ai Samurai Rossi. Grazie per il tuo... ehm benvenuto.-

Ma perché diavolo sei nervosa?, ammonì la me interiore. Tu sei la Dodicesima Strega, non farti intimidire da un tuo sottoposto!

Un sottoposto?, ridacchiai.

Schiarii la gola, alzai il mento e gli feci un sorriso leggero seguito da un inchino piegando blandamente le ginocchia e tirando su l'orlo del vestito tanto da far vedere le gli stivali neri che indossavo. Erano un sacco scomodi, non tanto per via della lunghezza del tacco o del fatto che ero in un cimitero con addosso dei stivali a tacchi e ogni volta che camminavo mi sembrava di sprofondare a terra insieme ai essi, ma per il fatto che il vestito lungo e aderente non facilitava le cose.

-Con permesso, vorrei andare a coricarmi. Le mie ferite non sono guarite del tutto.- mentii cercando una buona scusa per andare a cercare la tanto temuta Bestia. Trovare la Bestia significava fare un passo in avanti, un passo in avanti per fermare Ren.

-Ma certo, Vi domando scusa per avervi trattenuta più del dovuto Milady Talitha.- l'uomo si scusò spostandosi di lato e con le mani incrociate dietro alla schiena. -Ah, Vi domando di nuovo scusa per la mia imperdonabile maleducazione: mi sono dimenticato di presentarmi. Il mio nome è Castiel De Vea, è un mio onore conoscervi.- Nonostante la sua presentazione e il tono di voce cortese con il quale si era presentato, il suo atteggiamento e la freddezza dei suoi occhi ostili non erano cambiati, come se volesse tenermi a distanza di sicurezza. Infondo lo capivo: io ero pur sempre un BlackSider.

-Altrettanto.- proferii facendo un inchino con la testa e camminai velocemente fuori dal cimitero prima che qualcun altro potesse fermarmi. Una volta superato l'angolo del vialetto che imboccava verso il cimitero presi una grossa boccata d'aria. Mi appoggiai al tronco di un albero portando la mano sul petto e strinsi il vestito. La bara di Maryssa aveva solo due rose, eppure lei era una cittadina di Seylan, un insegnate di Magia del Buio e aveva insegnato a Louis e Charlotte. Come era possibile che ciò nonostante le discriminazioni non erano finite? Come era possibile che le persone osavano a discriminare pure i deceduti? Emily diceva spesso che in questo mondo c'erano alcune cose che non puoi mai far tornare indietro, non importa quanto ti sforzi e poi c'erano questi sentimenti di disperazione e afflizione, che non potrai mai e poi mai scrollarti di dosso. La morte di Maryssa insieme alla mancanza di rispetto per chi non era un Magico forse erano tra queste cose. Quelle cose forse non riavremmo mai.

-Milady, ecco dove eravate! State bene?- la voce di Charlotte mi fece trasalire. Annuii muovendo la testa mentre cercavo di ritirare le lacrime che mi erano spuntate agli angoli degli occhi. Ormai Charlotte mi aveva vista piangere troppe volte, ma a me dava lo stesso sui nervi il fatto di essere stata debole e di aver pianto davanti altre persone.

-Sto... sto bene.-

-Siete sicura? Vi ho visto parlare con Castiel prima. Non fatevi ingannare dal suo sorriso e il suo fare gentile. In lui non c'è assolutamente nulla di gentile!- mi avvertì Charlotte socchiudendo i suoi occhi e corrugando la fronte e due rughe si formarono sulla sua fronte. Quasi mi venne da ridere: Castiel che conobbi io qualche minuto prima era tutto altro che gentile. Lui era un uomo dal cuore pieno di pregiudizi.

Iniziando a camminare verso il castello seguita da Charlotte, avvertii la sua agitazione come un serpente che striscia nascosto tra le foglie.

-C'è qualcosa che devi dirmi, Charlotte?- incitai a parlare, come per soffiare sul fuoco. Lei si fermò sul posto di scatto, come se le avessi accusata di tradimento. Poi a piccoli passi venne vicino a me e mi allungò la sua mano pallida nella quale nascondeva una piccola spilla celeste a forma di due nuvole. Io quella spilla la conoscevo benissimo. Era sempre attaccata sul colletto del corpetto che Maryssa indossava.

-Non dite a nessuno, ma io questa spilla l'ho recuperata dalla spazzatura dove avevano buttato anche i suoi vestiti, poiché nessuno dei suoi famigliari sono venuti al funerale o a recuperare i suoi averi. Avrei voluto prendere anche la collana di perle ma c'erano molte guardie...- mentre Charlotte raccontò di come aveva rubato la spilla, io chiusi le dita intorno alla spilla che afferrai dalla mano di Charlotte, sentendo la tristezza e il dolore uscire dal mio corpo come un aura lasciando loro una bollente ira tra le vene. Con che cuore avevano buttato gli averi di una persona che aveva perso la vita cercando di aiutare la sua stessa gente?

-E Milady so che Voi avete accettato la proposta di mio fratello di unirsi a Samurai Rossi, ma vorrei avvertirvi di guardarvi le spalle quando sarete lì. Non mi garba di parlare male di Samurai Rossi poiché mio fratello stesso è il generale e lui li guida.-

-Non capisco a dove vuoi arrivare Charlotte. Mi stai dicendo di riconsiderare la mia decisione?-

Gli occhi della ragazza si spalancarono e le pupille divennero piccole e scosse la testa velocemente: -Assolutamente no Milady. Non mi premetterei mai di mancarvi di rispetto in questo modo.- disse abbassando la testa. -Quello che voglio dirvi è che l'esercito di Samurai Rossi, da quando è stata formata cinquanta anni fa non ha mai perso una battaglia. C'è un significato nascosto se l'esercito ha acquistato l'aggettivo "Rossi". Secondo varie leggende metropolitane che si raccontava quando ero piccola, a quanto pare la prima battaglia che i Samurai Rossi combatterono fu contro un esercito... numeroso, formato da più soldati del attuale esercito di Samurai Rossi.- la sua voce si fece sottile e fiacca. Nervosamente si massaggiò le dita battendo il tacco del suo stivale al suolo. -E ciò nonostante l'esercito tornò a Marabashi vincitore, ma tornarono a casa bagnati del sangue dei nemici che da lontano sembravano corpi in fiamme. I loro corpi erano rossi così come la tenuta di battaglia che indossavano, non si erano degnati di lavarsi. Indossavano il sangue dei nemici come la loro armatura più potente. Ecco perché Vi dico di guardarvi le spalle. I samurai Rossi sono forti, non parlo solo delle loro azioni, ma del loro cuore. Non ci pensano due volte prima di uccidere il nemico.-

"Devi uccidere prima che il nemico uccida te e devi diventare un mostro se vuoi uccidere un altro mostro. " Di colpo le parole che il Fuoco mi disse quella volta mi tornò in mente. Si trattava di solo e semplice sopravvivenza. La gente avrebbe fatto di tutto pur di sopravvivere, era un primordiale istinto umano, la sopravvivenza. In questo mondo subdolo dove l'odio regnava sopra l'amore e indulgenza bastava un passo falso ed eri vicino nel diventare un mostro.

Sospirai. In qualche modo dentro di me sapevo queste cose. Sapevo che i Samurai Rossi non erano un gioco e che non dovevo prendere questa decisione con leggerezza. Ma sapevo anche che stando lì sarei riuscita a superare me stessa e diventare forte. Non potevo e non volevo fare affidamento su Louis o su Ashton quando le cose iniziavano a complicarsi.

-Lo so perfettamente che tipo di esercito è quello di Samurai Rossi. Ma non posso avere paura di diventare un mostro, se lo sono già.- dissi e ripresi a camminare. Ora l'unica cosa importante era di trovare la bestia. -Charlotte ho bisogno che tu mi accompagni in un posto.-

-Certo Milady, dove?-

-Alla prigione di massima sicurezza che c'è a Seylan.- risposi senza voltarmi verso lei che molto probabilmente si era fermata sul posto a ripetere le mie parole cercando di capire il senso logico di quello che avevo detto.

-Milady Talitha!- la voce che pronunciò il mio nome però non apparteneva a Charlotte. Quando fui costretta a girarmi davanti a me trovai Zelias che sfoggiava il suo sorriso migliore, ma in quel momento l'unica cosa volevo fare era di tirargli un pugno in faccia.

-Cosa sei venuto a fare qui?- sbottai mandando a quel paese le formalità mentre ogni fibra del mio corpo tremava anche se non sapevo il perché.

-Oggi è il funerale dei deceduti che hanno perso la vita durante la battaglia. Sono venuto a porgere le mie condoglianze per le famiglie...-

-Oh finiscila! Tu le tue condoglianze le puoi infilarti su per il...- di colpo mi fermai. Non era il caso di perdere la lucidità e non era assolutamente il caso di fare di Zelias un nemico anche se ogni cosa che lui faceva mi provocava ira. Chiusi gli occhi e presi un grosso respiro. Quando aprii gli occhi Charlotte mi fissava spaventata nel essere accanto a un membro del Circolo. -Puoi evitare di sparare sentenze e le tue false condoglianze tienitele per te stesso.-

-Non sono false le mie condoglianze. Non capisco il Vostro rancore contro di me, non mi ricordo di averVi fatto nulla di male.-

Alzai un sopracciglio incrociando le braccia al petto. Il clima era di colpo cambiato, aveva iniziato a fare freddo. Il cielo era pervaso da nuvole grigie e pesanti, quasi pronti a piovere. Seylan era situato a Nord della Valle di Arran, circondato dalla catena di Montagne Alte innevate durante tutti i giorni dell'anno. Nessuno sapeva cosa c'era oltre alle Montagne Alte. Nessuno si era avventurato fuori dalla Valle di Arran. Si poteva dire che a Zarah c'erano ancora posti inesplorati.

-Oh... okay...- ridacchiai di istinto divertita alle sue parole. -Io non ho tempo di di spiegarti i motivi per cui mi stai antipatico, se avessi tempo lo farei e lo farei nel ordine alfabetico, ma ora se vuoi scusarmi, ho meglio da fare! Con permesso.- un sorriso ferino apparì sulle mie labbra quando vidi la sua espressione sbigottita. Presi sottobraccio Charlotte e proseguii.

-Milady, a me sinceramente non importa se Voi mi odiate per ragioni ancora oscuri a me. Voglio avvertirVi di non cacciarVi nei guai e di stare al sicuro! Se Seylan stesso, che un tempo era ritenuto un regno impenetrabile per via della barriera di protezione ora è diventato pericoloso e al centro di attenzione, per come io vedo le cose il posto più sicuro per Voi è il Palazzo del Sole.-

-Ah sì? E cosa ti fa credere che questo Palazzo del Sole sia un posto sicuro?-

-Perché il Palazzo del Sole è casa mia ed è protetto da un incantesimo di sangue.- a quelle parole quasi inciampai sui miei stessi passi. Faticai a credere a quello che avevo appena sentito, stava cercando di limitare la mia libertà solo con il scopo di tenermi al sicuro. -Non voglio obbligarVi, ma se vi caccerete in qualche guaio o sarete in pericolo in futuro ancora una volta, siate pronti a lasciare questo posto. Io non prendo un no come risposta.-

Sentii il suono di lui sparire e il suo mana insieme al suo odore dolciastro scomparirono. Ingoiai saliva serrando la mascella mentre una grossa lacrima cadde dagli occhi.

-Andiamo Charlotte, dobbiamo liberare La Bestia e tu mi aiuterai.- La ragazza non mi fece alcuna domanda, in silenzio si limitò ad annuire con la testa e mi seguì. Non servivano parole, avevo solo bisogno di lei al mio fianco. Avevo il cuore scombussolato in quel momento, ma nonostante ciò mi venne da sorridere. Trovare La Bestia e averla dalla nostra parte significava che avevamo in coltello dalla parte del manico. La Bestia era la nostra carte vincente.

Salimmo e scendemmo le scale che portavano verso Ovest per la terza volta. Charlotte aveva detto che la prigione di massima sicurezza aveva un porta secondaria la quale era situata nella ala proibita del castello. Non avevo la più pallida idea di come quel giorno ero finita in quella stanza. Avevo corso senza voltarmi in dietro per vedere se ero inseguita o meno, aprendo porte a caso e passando attraverso corridoi che nemmeno sapevo che esistessero in questo castello.

-Allora Charlotte, è la terza volta che passiamo per questo corridoio polveroso, ti viene in mente qualcosa?- domandai sentendo la pazienza uscire dal mio corpo come un demonio che esce dal corpo della posseduta dopo un esorcismo. Charlotte, stanca e irritata da se stessa, scosse la testa.

-Mi dispiace deluderVi Milady. L'ultima volta che ero in questa parte del castello era quando avevo undici anni e avevo seguito mio fratello di nascosto mentre portava un prigioniero. Mi ricordo vagamente una porta verde con un serpente di bronzo scolpito.-

-Una porta verde con un serpente. Cerchiamola!-

-No! La porta, la vera porta in realtà è nascosta da un incantesimo. Se non spezzi l'incantesimo entri in una normale stanza.- confessò la ragazza mordendo le unghie corte smaltate di rosa antico.

Stanca ed esasperata la presi per le spalle e la scossi: -Charlotte per favore, cerca di ricordarti qualcosa! È una questione di vita e morte questa, vai in dietro con i ricordi. Usa la magia o altro, ma ricorda dove è la porta!-

Appena finii di parlare vidi i suoi occhi farsi grandi. -Ma certo, che sciocca come ho fatto a non pensarci prima! C'è un incantesimo per leggere i ricordi vecchi.-

Credetti per un instante che si fosse ricordata di dove era situata la porta, ma era sempre meglio di niente.

-Fantastico! Fallo.- la incoraggiai sentendo l'adrenalina salire, però lei scosse la testa come per spegnere quella piccola e debole luce di speranza che si era accesa dentro di me.

-C'è un tranello: io non posso fare questo incantesimo. Nemmeno Voi potete farlo...-

-Perché no? Se tu mi insegni posso farlo!- ribattei nel secondo dopo, interrompendola come una pazza che stava perdendo la lucidità mentale. Ormai ero stufa di questi tranelli e gente che mi mettevano bastoni fra le ruote, sempre pronti a prendere decisioni sulla mia vita al mio posto. L'unica persona che per ora mi aveva dato una scelta era Louis. Nonostante quello che Charlotte mi disse riguardo l'esercito di Samurai Rossi la mia voglia di unirsi alla gilda non era passata nemmeno un po'. Forse la parte masochista in me voleva unirsi alla gilda dei Samurai Rossi per pura e semplice ragione di spingere me stessa oltre ogni limite.

-Milady, l'incantesimo di cui parlo è una magia riservata solo ai Magici della Luce e pertanto anche seguenti istruzioni più accurate non potremmo mai farlo.- la voce piena di delusione con il qualche mi spiegò la situazione provocò in me una forte tristezza. Perché ogni volta che mi mettevo in testa di fare qualcosa e mi impegnavo nel dare del mio meglio poi tutto andava a quel paese? Forse tutti i multi universi si erano messi d'accordo di essere contro di me da quando ero nata. Trovare la Bestia poteva essere la carta vincente e poteva essere il mio trampolino per ottenere la fiducia di Ashton che ora come ora mi guardava ancora come se fossi la sciocca e superficiale ragazza viziata che ero abituata a essere. Ma non lo ero. Io volevo per davvero aiutare questa gente e togliere di mezzo Ren e i suoi malsani piani nel distruggere la Luce dalla Valle. Io volevo bene a queste persone anche se questo sentimento non era reciproco da alcuni. Eppure, in qualche modo ogni volta che facevo un passo in avanti in realtà mi sembrava di fare altri mille passi all'indietro.

-Okay, allora... allora... umm...- balbettai cercando di trovare una soluzione immediata. Non sono mai stata brava a ragionare sotto pressione.

-Potremmo chiedere aiuto alla principessa Ellen.- suggerì Charlotte mentre la mia mascella toccò il pavimento. Ellen? La principessa Ellen che era peggio di me di quando ero ancora Sunshine Bledel? Per carità non la stavo giudicando, non potrei mai per delle semplici due ragioni: per primo lei era la principessa e secondo: io ero esattamente come lei un tempo. Viziata, prepotente e una ragazzina che si credeva di essere più importante degli altri. Sarebbe stato da incoerenti giudicare Ellen per queste cose quando io per prima ero come lei. -Sì, forse dal suo aspetto esteriore non sembra, ma la principessa è una Strega della Luce eccellente.-

-Certo che lo sono!- sentimmo la sua voce provenire alle nostre spalle e quasi sentii dei brividi sulle mie spalle. Allora era un vizio, la gente aveva davvero preso gusto di cogliermi alle spalle. -Cosa credevate? Che io sia la classica principessa viziata che aspetta il suo principe azzurro sul destriero bianco?- mettendosi davanti a me, mi sfidò con lo sguardo arricciando le sue labbra carnose dipinte di un rossetto rosa luccicante. Il vestito nero semplice ma elegante che indossava le cadeva alla perfezione lungo le sue sensuali gambe lunghe e toniche arrivando fino alle caviglie con uno strappo che partiva dal ginocchio della parte destra dell'abito. Indossava un copri spalle di pizzo nero che accentuava la sua carnagione chiara e il corpetto a cuore del vestito faceva intravedere un po' del suo seno lasciando del abbondante spazio all'immaginazione e lei sfoggiava quel vestito con un' estrema confidenza, come se quello che indossava fosse un abito da sera. Indossava un cappello da cerimonia dalla lavorazione raffinata ed elegante con sopra un fiocco e piume che erano plausibilmente attaccate a un cerchietto nero.

-Comunque...- camminò in avanti lasciando dietro un dolce odore del suo profumo al gelsomino e il suono dei tacchi. -Sono disposta a dimenticare tutto se mi spiegate cosa sta succedendo e del perché siete scappate dal funerale. E quando dico tutto intendo che voglio sapere tutto tutto: del tipo chi è la Bestia e su quello che quello stregone idiota del Circolo vi ha detto.-

Almeno eravamo d'accordo sul fatto che Zelias fosse un'idiota.

-Ci hai spiate?-

-Certo, avevo capito da già un bel po' che voi due e sopratutto tu Talitha, stavate combinando qualcosa.- rispose lei camminando avanti e in dietro assicurando di avere tutta la nostra attenzione su di sè. -Ma non riuscivo a capire cosa, perciò sì, vi ho spiate.1-

Prima che io potessi aprire la bocca, Charlotte intervenne mettendosi in mezzo tra me e la principessa Ellen che, di colpo in bianco aveva iniziato a comportarsi come Regina George e le spiegò in poche parole tutto sulla Bestia e io non azzardai a fermarla. Ellen poi mi riservò una strana occhiata: le sue sopracciglia erano curvate in basso e occhi tristi di un gattino bisognoso di amore.

Questa ragazza sì che cambiava la pelle velocemente. Altro che camaleonti.

-Perché voi mi avete esclusa da questa cosa?- domandò mentre io iniziai a camminare per non sentire i sensi di colpa. Era vero: mi ero confidata solo con Charlotte e non con Ellen. In realtà non sapevo il perché, forse avevo paura che lei essendo la principessa potesse anche lei mettermi bastoni fra le ruote. Ellen a differenza di Charlotte non era ritenuta ad obbedire ai miei ordini e seguirmi. Ellen era la principessa e Charlotte era la mia dama di compagnia.

-Ellen, se vuoi essere parte di questo prima di tutto aiutaci a trovare l'ingresso secondario che porta alla prigione di massima sicurezza. Tu sei una strega della Luce, tu puoi vedere nei ricordi di Charlotte e condurci lì.-

Ellen sorrise guardandoci con un sorriso so tutto io sulle labbra glossate. -Non c'è ne bisogno. Charlotte non è unica che ha disobbedito alle regole imposte dal padre di Edward. Anche io ho avuto il mio periodo di avventura nel esplorare anche parti più bui di questo castello e a differenza di qualcuno io non dimentico le cose.- proferì guardando Charlotte che a sua volta abbassò la testa per non mostrare la sua irritazione davanti alla principessa.

-Seguitemi e... ah ho una piccola sorpresa!- disse lei e poi lanciò qualcosa di piccolo e quadrato in dietro, sopra la sua testa, verso noi. La afferrai. Era un piccolo taccuino con la copertina rivestita di cuoio verde scuro consumata soprattutto sugli angoli. In mezzo alla copertina c'era una scritta in corsivo: Incwadi Emnyama.

Oh, fantastico ancora la Lingua Antica!

-Che cosa significa?-

-Libro Nero. Incwadi Emnyama significa letteralmente Libro Nero.- commentò Ellen senza voltare verso noi. -L'ho rubato a Louis, chiedi scusa a tuo fratello da parte mia Charlotte.- ridacchiò facendo l'occhiolino mentre Charlotte roteò gli occhi. -In quel libro ci sono tutti i criminali con il bollino rosso, tra cui anche Ren. Magari c'è anche questa Bestia. Avete detto che non ha un nome vero?-

Annuii contenta per il libro e per il fatto che alla fine Ellen si era rivelata una donna piena di risorse. Mentre Ellen continuò a camminare lungo il vuoto corridoio dove l'unico rumore era l'eco del rumore delle nostre scarpe che battevano sul parquet di legno scricchiolante, noi la seguimmo in silenzio fiduciose del fatto che lei ci stesse portando al posto giusto e sopratutto senza sapere cosa ci aspettava dentro la prigione. Ellen poi si fermò. Charlotte voltò il suo viso verso me e io alzai le spalle non sapendo che cosa stava succedendo. Perché Ellen si era di colpo fermata in mezzo al corridoio?

-Cosa c'è?- domandai titubante. Non mi piace la sensazione che avevo nel petto, quella sensazione di inquieto e di continua ansia e preoccupazione che pesava dentro di me. Odiavo quei tipo di sentimenti.

Elle non rispose, si girò verso la sua destra dove vi era una lunga rampa di scale. I suoi occhi guardavano le scale con evidente contentatura sul viso, quel tipo di espressione, quel tipo di soddisfazione però su di era sembrava estranea. Poi senza proferire una parola corse su per le scale tirando su l'orlo del suo vestito per non inciampare, mentre io mi guardai intorno. Io e Charlotte non avevamo passato per questo corridoio, eppure vagamente mi ricordavo le scale e la carta da parati. Con la mano accarezzai leggermente il muro quando una sensazione funebre nacque in me. Ritrassi la mano di scatto capendo del perché questo corridoio mi sembrava famigliare.

-Allora? Venite o no? Ho trovato la porta!- la voce di Ellen esclamò facendomi sussultare e mi sbrigai a salire le scale mentre Charlotte mi fissò con un sorriso di pietà e di cortesia. Lei aveva capito tutto. Lei aveva detto che era insieme alle guardie durante le ricerche dopo la battaglia. Probabilmente mi avrà anche visto ricoperta di sangue, anche se poi non aveva menzionato nulla riguardo a quello che era successo da ieri sera.

Ellen era in piedi davanti a una porta che apparentemente sembrava una qualunque, fatta di legno con la maniglia di ferro. Ma dietro a quella porta si trovava la soluzione per i nostri problemi. Quando anche Charlotte ci raggiunse Ellen si posizionò davanti alla porta dove aver detto che avrebbe lanciato lei l'incantesimo, sfoggiando un grosso sorriso orgoglioso. Aveva posato le sue mani sul legno della porta e una scia di luce rosa corse sotto la sua pelle; il suo palmo destro fece un mezzo giro in senso antiorario arrivando alla sinistra del suo palmo sinistro mentre il suo palmo sinistro fece il mezzo giro in senso orario per arrivare dove prima era la sua mano destra fino a completare un cerchio completo.

-Ngalolu rune, ngikubiza uBlazar ukuba acele imvume yokuba singene ngaphakathi ejele.-

-Immagino che quello che ha detto non sia "apriti sesamo".- sussurrai a Charlotte, la quale si trattenne a fatica dal ridere. Alla sommità della porta qualcosa d'indeterminato comparve per poi cadere a terra come un telo invisibile e scomparire in un fumo grigio e dinanzi a noi la porta massiccia risplendeva di verde lucido con il serpente di bronzo che teneva la sua bocca aperta mostrando i suoi canini. Il serpente aveva occhi trasparenti come blocchi di vetro.

-Charlotte...- cominciò la principessa guardando la ragazzina che poi si mise davanti alla porta tirando fuori da chissà dove un piccolo taglierino. Che cosa stava facendo? Non ebbi nemmeno tempo di ribadire che Charlotte con il taglierino fece un taglio profondo sul palmo e versò il sangue sulla bocca del serpente. La vista del sangue non mi dava alla testa come una volta, non dopo quella macabra scena alla quale, stando intrappolata nel mio corpo stesso, avevo assistito. Gli occhi del serpente diventarono rossi dopo aver assorbito il sangue di Charlotte, la quale alla sua volta non mostrava alcun segno di dolore per il taglio che si era inflitta.

"Clic!" fu il rumore che fece il lucchetto della porta prima di spalancarsi e mostrare a noi la via che conduceva alla prigione.

Ormai non si torna più in dietro!, gridò l'avventuriera dentro di me.

Una volta varcata la soglia vi era una piccola rampa di scale da scendere. Il posto davanti a noi sembra un giardino interno, mal curato con i fiori morti e piante secche. Per terra vidi un sacco di blatte e lucertole insieme tante formiche. L'aria oppressiva poi non aiutava la situazione e non migliorava la sensazione schifata che provavo per gli insetti.

-Ricordate: una volta entrati dentro i nostri poteri vengono annullati. Quindi se ci saranno dei imprevisti siate a pronte a combattere.- la voce di Ellen risuonò come un eco anche se non c'erano delle mura.

Avvertii l'agitazione di Charlotte accanto a me. -Hai paura?-

-No, sto bene.-

-Sei hai paura puoi rimanere qui, non ce nessun problema.-

-No!- esclamò la ragazzina. -Sto bene, io non ho paura. Poi questa è la cosa più eccitante che mi è successa dopo anni. Con un fratello come Louis potete immaginare quanto è noiosa la mia vita.- rise guardandomi con i suoi occhi che luccicavano di voglia di avventura e scese le scale di corsa, ma poi di colpo cadde a terra.

-Charlotte!- gridai seguendola e quando scesi l'ultima scala sentii una strana pressione sul corpo come se avessi attraversato una barriera invisibile e una sensazione di déjà vu si insinuò in me mentre il mio potere da strega uscì dal mio corpo lasciando il mio corpo caldo come un pane appena sfornato. Sembrava che avessi la febbre alta da punto in bianco.

-Wow... allora è così che si sentono i NonMagici!- nonostante la perdita dei suoi poteri magici, Charlotte sorrise quando anche Ellen entrò dentro oltrepassando la barriera.

Davanti a noi, per terra c'era una botola, una porta metallica in mezzo al pavimento di roccia.

-Ci siamo, ora o mai più.- dissi mormorando tra me e me mentre curvai le mie dita in un pugno per mandare via la sensazione del fuoco che correva tra le mie vene liberamente ora che la Magia del Buio era sparita. L'unica cosa sicura di quello che sarebbe successo da quel momento in avanti era, il fatto che almeno adesso avevo il totale controllo del fuoco.

//



Ditemi nei commenti cosa pensate del personaggio della Principessa Ellen e del nuovo personaggio di Castiel. ;) 

Ah sì, e riguardo i Samurai Rossi. ( Io personalmete adoro i Samurai Rossi più dei Ribelli lol )


Buona lettura! :)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro