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Chapter One.

Diciotto anni dopo.

Seattle, USA.

Continuai a correre come una pazza su quel marciapiede gelido, di notte mentre qualcosa dietro di me mi stava seguendo. Anzi qualcuno. Non indossavo le scarpe, i miei piedi erano gelati e avevo addosso ancora la mia vecchia camicia di notte rosa. Non si vedeva bene la sua faccia dato che era nascosta dal cappuccio della sua felpa nera, ma riuscii lo stesso vedere quella grande e strana spada che portava.

Ma chi era? Perché mi perseguitava?

Le mie gambe urlavano di fermare, tremavano per il freddo e il dolore ma io continuavo a correre senza sapere dove stavo andando. La strada dove correvo non mi sembrava familiare e per di più era tutto buio che non riuscivo a capire un accidenti.

"Ti ho trovata Talitha, non puoi sfuggirmi!" gridò quello, ma chi era Talitha?

"Fermati!" ordinò lui.

Le mie gambe si immobilizzarono all'istante e quel uomo incappucciato si avvicinò a me estraendo una grande spada a doppia lama che brillava al chiaro di luna. Il cuore cominciò a battere velocissimo terrorizzato e sentivo uno strano calore e tremavo tutta. Si poteva dire che stavo sudando freddo. Lo sconosciuto si portò la mano sui suoi capelli per togliere il cappuccio e rivelare la sua vera identità, ma all'improvviso tutto intorno a me divenne sfocato e la terra cominciò a girare. Prima che tutto intorno a me diventasse buio le uniche cose che riuscii a vedere erano i suoi occhi dorati.

Aprii gli occhi spaventata e di scatto mi sedetti sul letto faticando a respirare. Avevo il viso bagnato di lacrime e di sudore. Gli occhi erano rossi per aver pianto troppo nel sonno. Ormai erano mesi che facevo lo stesso sogno ed era davvero snervante il fatto che io svenga proprio quando quel tizio misterioso stava per rivelare la sua vera identità. Ero stufa. Tutto era cominciato sette mesi fa, nel giorno del mio diciottesimo compleanno.

Ma chi cavolo era quel tipo? E perché mi chiamava con quel nome a dir poco orribile?

Decisi di alzarmi, non potevo non andare a scuola, non oggi che c'era lo spettacolo organizzato da Thessa e Cassie. Poi a causa della mia sospensione prolungata non ho potuto vedere Jeremy da giorni e mi mancava da morire, anche se la cosa non sembrava reciproca visto che il signorino aveva sempre una scusa pronta per non vedermi. Va bene che avevamo preso una pausa e intanto sono uscita con Stefan e tutto, ma questo non era una buon motivo per non vedermi. Non ci eravamo mica lasciati. Se solo penso che sono stata sospesa perché stavo letteralmente massacrando quella sgualdrina che ci provava con il mio Jeremy, quindi in parte era anche colpa sua visto che non le aveva mai detto di no. Sembrava quasi che gli piacesse.

Dopo un lungo bagno caldo e rilassante, indossai la mia divisa scolastica che, se devo essere sincera, era orribile per i miei gusti. La divisa scolastica era formata da una gonna lunga fino a metà coscia di un nero opaco e una camicia bianca per le ragazze e dei pantaloni neri per i ragazzi sempre con la camicia bianca. E tutti dovevano portare una cravatta nera a righe rosse e una giacca color rosso scuro. Grazie a dio che era l'ultimo anno e dopo di che sarei andata alla Brown. Odiavo questa stressante Seattle chiusa e soffocante.

Parcheggiai la mia Audi rossa al posto migliore, assicurandomi di avere l'attenzione di tutti. Ero abbastanza popolare a scuola, uscivo con Jeremy Flynn che era il capitano della squadra di Lacrosse, ero una delle cheerleader della squadra insieme alla mia amica Thessa ed ero ricca. Amavo la mia vita, amavo andare alle feste e divertirsi fino a crollare. No, se pensate che io sia una oca vanitosa non lo ero. Me lo tiravo un po' e spesso usavo i soldi, la fama e il potere dei miei genitori per ottenere ciò che volevo, ma avevo la testa sulle spalle e piedi per terra. Quella oca montata era Danielle, la troietta della intera scuola che la dava in giro come una oca in calore.

-Sun!- Thessa mi saltò addosso con troppo entusiasmo raggiante e bellissima con addosso la divisa delle cheerleader eppure nei suoi bei occhi da cerbiatto lessi qualcosa di strano. La paura.

Quando mai Theresa RosyMargeret Lumbert aveva paura? , la mia coscienza rise di me.

-Hey.- dissi allisciando la gonna della divisa.

Ero ancora scossa da quel incubo.

-Dove è la tua divisa da cheerleader?- mi domandò mettendo la chiave della macchina dentro la sua borsa e io indicai la mia.

Lei si fermò di scatto e mi guardò corrugando la fronte come per decifrare l'espressione che avevo sul viso.

-Oh no l'hai fatto di nuovo?-

Annuii sospirando. C'era da dire che Thessa era abbastanza brava a capire le persone.

-Fatto cosa?- Cassie era la solita ritardataria. Aveva una bellissima macchina, ma sportiva com'era preferiva andare in giro con la sua amata bicicletta, principale motivo per cui arrivava sempre in ritardo dappertutto.

-Quei incubi.-

-Oooh il ragazzo dagli occhi dorati?- rise facendo delle virgolette in aria mentre sfoggiava i suoi capelli tinti di biondo grano. Il ragazzo dagli occhi dorati, era così che lo avevamo soprannominato. Sospirai cercando di non pensare a lui. Insomma perché dovevo preoccuparmi infondo? Lui era solo un personaggio dei miei sogni, inventato da me.

Dopo tre ore di lezione e la pausa pranzo c'era lo spettacolo inventato dalla compagnia teatrale tra cui facevano parte anche Cassie e Thessa. Quest'anno la compagnia teatrale faceva Romeo e Giulietta. Un classico. Tutti stavano andando al auditorio, ma in quel momento sentii una presenza ambigua alle mie spalle seguita da un sospiro freddo sul collo e nel secondo dopo tutto intorno a me si fermò, letteralmente. I ragazzi che c'erano nel corridoio erano fermi e immobilizzati al posto come delle statue di marmo, come se fosse per magia.

Ma che stava succedendo?

Sentii ancora una volta quel leggero sospiro sul collo e delle dita freddissime toccare il mio braccio.

Un fantasma?

-Sono tornato.-

Sentii una voce mormorare dietro di me. Una voce molto familiare e al quanto spaventosa. Mi girai di scatto. Gli occhi si spalancarono e il cuore iniziò a battermi per la paura. Una strana sensazione di dolore si insinuò nel mio stomaco quando mi resi conto chi era quella persona.

'Il ragazzo dagli occhi dorati'

O stavo diventando pazza o stavo ancora sognando.

-Non stai sognando, Talitha!- disse quello come se avesse letto nei miei pensieri.

-Lasciami stare, tu non sei reale, tu non sei reale, tu non sei reale!- mormorai tappandomi le orecchie con entrambe le mani.

-Interessante il tuo modo per convincerti che io non esista ma, ma Talitha io sono qui e non me ne andrò senza di te!-

Il panico si impossessò in me. Lo guardai aggrottando le sopracciglia per un attimo: era un bel ragazzo. Anzi era bellissimo e per carità non c'era nulla da dire al riguardo, con quelle poche ciocche di capelli mori tendenti al biondo sporco che riuscii a vedere mentre fuoriusciva dal suo cappuccio nero. I suoi occhi arroganti erano di un castano chiaro, quasi d'oro con delle sfumature verdi, le sue labbra sottili e rosse circondate da un leggero velo di barba gli dava un aspetto ancora più arrogante e autoritario, ma anche maturo. Gli zigomi e la mascella erano strette, come se stesse trattenendo tanta rabbia.

-Io non vengo da nessuna parte con te!- dissi decisa. -Ma chi ti credi di essere?-

Lui era solo un'illusione. O magari stavo ancora sognando.

L'uomo rise. Era una risata altrettanto arrogante e borioso ma giurai che mi ero persa in quella risata. Aveva delle adorabili fossette sulle guance, gli occhi luccicanti, un sorriso stupendo e... e cosa?

Ma che fai? Ti metti ad ammirarlo adesso?, la mia coscienza rise di me. Di nuovo.

-Ahh Talitha non puoi nemmeno immaginare quante cose cambieranno d'ora in poi e credimi quando ti dico che non ti lascerò nemmeno per un secondo!- rise ancora. Mi accarezzò il collo con il suo pollice che al contatto con la sua pelle ebbi una lunga serie brividi sulla schiena. Poi lui sparì davanti ai miei occhi, come polvere nel aria, in una nuvola di fumo viola.

La gente cominciò a muoversi di nuovo. Alcuni mi vennero addosso e altri mi guardavano ridendo perché ero ferma in mezzo al corridoio con una faccia a dir poco spaventosa pensando a quel pazzo, mentre sul collo, il punto il cui mi aveva accarezzato pizzicava come se avessi l'orticaria.

Ashton.

Un nome cominciò a rimbombare nella mia mente.

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